Un'analisi che non si interrompa nel momento in
cui un sintomo disturbante scompare dura molti anni.
Ai tempi di Freud durava meno, ma le sedute erano
quattro ogni settimana, mentre ora sono una o due. I
maligni dicono che il ritmo di tre o quattro sedute
ogni settimana oramai è accettato obtorto collo solo
dagli aspiranti analisti di certe associazioni.
L'inconscio ha un ritmo, o, meglio, molti ritmi, che
alterna senza chiederci il permesso. Non conosce, come
ci ha insegnato Freud, il tempo, la morte, l'altro.
Non rende conto a istituzioni o persone, nemmeno alla
coscienza alla quale è irreversibilmente abbinato.
Vita e morte sono concetti relativi per l'inconscio,
dove vige, a quanto sembra, una concezione degli
opposti come quella di Eraclito. Che ai tempi di
Platone era già considerato l'oscuro: ci vorrebbe un
tuffatore delio, diceva Socrate, per toccarne il
fondo.
Ma
non c'è nessun fondo inaccessibile dove giaccia
l'ignoto, la profondità viene evocata per collocare
l'ignoto fuori dal discorso e procedere dove si può,
come se non ci fossero altre dimensioni. Quel che è
necessario in psicoanalisi – per praticarla, ma anche
per leggerla proficuamente - è un pensiero che non
eviti la contraddizione, soprattutto quando insiste e
non si fa sciogliere, come il nodo di Gordio.
Alessandro
sapeva che chi non avesse sciolto quel nodo non
avrebbe conquistato l'Oriente, e lo tagliò con la
spada. Il gesto di Alessandro sulla via dell'India è
simile alla risposta di Edipo alla Sfinge sulla via di
Tebe: gli eroi civilizzatori sono tali perché sanno
tagliare corto, con una spada e con un pensiero
affilati. O con un bisturi, come nella lobotomia.
La
loro storia ci dice che sono conquistatori, che
risolvono gli enigmi e mettono un fermo alle
contraddizioni, come ci dice che non possono evitare
la tragedia. Quel che hanno conquistato lo perdono, il
loro regno si dissolve. Il cammino eroico traccia la
storia dell'uomo escludendo quel che si sottrae alla
spada o si perde nella velocità. Nella nostra storia,
Edipo corre da Corinto a Tebe, corre assassinando
Laio, corre cercandone l'assassino, trova se stesso e
avendo visto si acceca.
Giunto senza correre nel demo di Colono, ad Atene,
dato che la città della sua sepoltura trionferà sui
nemici, sceglie di lasciare questo mondo nella città
governata da Teseo, e rifiuta di seguire, liberamente
o con la forza, uno dei suoi figli contro l'altro.
Perché
Freud non dice nulla dell'Edipo a Colono, e
della scelta di privilegiare la città giusta e
abbandonare la famiglia ingiusta? Ma l'aveva letto? E
noi, lo leggiamo?
|