L'ORO DEL RENO 1869 |
Riassunto dell'opera con le immagini di
Arthur Rackham vedi anche il Libretto di Wagner, con traduzione italiana a fronte di Guido Manacorda |
Preludio e scena I Nel fondo del Reno |
Crepuscolo verdastro, più chiaro verso l'alto, più scuro verso il basso. La parte superiore è piena d'acqua fluttuante, che corre senza posa da destra a sinistra. Verso il fondo, le onde si sciolgono in una nebbia umida sempre più tenue. Dappertutto si ergono dal fondo scabre scogliere. |
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Tutto il fondo è un selvaggio dentato
groviglio. Intorno ad uno scoglio nel mezzo della scena,
che con punta sottile si erge fino all'acqua corrente più
densa ed in più chiara luce crepuscolare, una Figlia del
Reno nuota in cerchio con mossa graziosa. Al canto di
Woglinde si accompagna quello della sorella Wellgunde.
Esse si danno la baia e cercano di afferrarsi per gioco.
Flosshilde, la terza Figlia del Reno, ammonisce le sorelle
di non dimenticare il loro compito, che consiste nel
custodire “l' oro del Reno" nascosto nello scoglio;
ma alla fine si unisce anch'ella ai giochi delle sorelle.
Così guizzano, simili a pesci, di scoglio in scoglio
scherzando e ridendo |
Nel frattempo, attraverso un oscuro anfratto
è salito dall'abisso Alberich, arrampicandosi ad uno
scoglio. Egli s'arresta, avvolto ancora dall'oscurità, e
contempla il gioco delle Figlie del Reno con crescente
compiacenza. Il nano, dall'aspetto ripugnante, vorrebbe
unirsi anch'egli ai giochi delle tre graziose sorelle e
cerca di attirare su di sé la loro attenzione. Le
fanciulle interrompono il gioco, non appena odono la voce
di Alberich. Subito sospettose e memori del proprio
compito, esse si raccolgono sullo scoglio per impedire ad
Alberich l'accesso al tesoro. Ma le dichiarazioni amorose
del nano deforme suscitano ben presto l'ilarità delle tre
fanciulle, che non gli risparmiano i loro strali pungenti.
Sottovalutando con troppa leggerezza il loro goffo
spasimante, esse prendono a farsi beffe di lui in una
schermaglia che diviene sempre più crudele. Si separano
nuotando in qua e in là, ora più basso, ora più alto, per
eccitare Alberich alla loro caccia. |
"Furore ed amore" lo spingono a strenui
quanto inutili tentativi di afferrarle. Con terribile
rapidità dà la scalata ad uno scoglio dopo l'altro, cerca
di prendere ora l'una ora l'altra fanciulla; ma sempre gli
sfuggono con strilli di gioia. - Incespica, precipita al
fondo, poi di nuovo si lancia a nuova caccia verso l'alto.
Finalmente Alberich si rende conto di essersi prestato
involontariamente allo scherno delle tre fanciulle. Rimane in muto furore, lo sguardo rivolto in alto, là dove viene poi improvvisamente attratto e vincolato dallo spettacolo che segue. Attraverso la corrente è penetrata dall'alto una luce sempre più chiara, che poco per volta, in un punto elevato dello scoglio di mezzo, si accende in un sfolgorio d'oro dai chiari raggi abbaglianti. |
Le fanciulle si sperdono con stridi e
risalgono verso la superficie in direzioni diverse.
Attonite, le tre custodi dell'oro ascoltano adesso
Alberich, da loro finora crudelmente deriso, maledire
l'amore. Strappa con terribile violenza l'oro dallo
scoglio e rapido precipita con esso verso il fondo, dove
subito scompare. Improvvisamente si forma una densa notte.
Le fanciulle scendono precipitosamente verso il fondo,
dietro al rapitore. Le onde precipitano con loro verso il
fondo. Gli scogli scompaiono nella profondissima tenebra, l'intera scena si riempie da cima a fondo di nere ondate. Nell'albore del giorno si rende visibile una regione aperta su vette montane. Wotan, ed accanto a lui Fricka, ambedue nel sonno, giacciono da una parte sul suolo fiorito. |
Scena II Regione libera su vette montane |
Il
giorno sorgente illumina con crescente splendore una
rocca dai merli scintillanti, che si erge nello sfondo
su una vetta rocciosa. Tra di essa e la parte anteriore
della scena, è da supporre una valle profonda,
attraverso la quale scorre il Reno. |
Fricka
si sveglia: il suo sguardo cade sulla rocca. Il dio Wotan,
parlando nel sonno, rivela di desiderare ardentemente una
roccaforte per gli dei, che sia testimonianza di "umano
onore" e di "potenza eterna". Sua moglie Fricka lo
sveglia; il suo sguardo viene subito trattenuto dalla
vista della rocca, la realtà sembra ora dar corpo ai
vagheggiamenti del sogno. Ma Fricka gli ricorda a qual
prezzo tutto ciò è avvenuto: Wotan ha incaricato i due
giganti Fasolt e Fafner di costruire la fortezza; senza
far sapere nulla a Fricka ed alla sorella Freia, la
custode degli "aurei pomi" dell'eterna giovinezza, il dio
si è impegnato in gran segreto a dare ai giganti Freia
come compenso del loro lavoro. Wotan si difende dalle
accuse di Fricka ricordandole che è stata proprio lei ad
avergli suggerito l'idea di erigere una rocca: preoccupata
unicamente dalla fedeltà del consorte, sempre errante per
il mondo, Fricka sperava di stringerlo a sé allettandolo
con la "superba dimora" e le "molli suppellettili". Ma al
posto della agognata dimora, ammonisce Fricka, Wotan si è
fatto erigere una vera e propria roccaforte a difesa del
dominio degli dei, cosa che tuttavia non gli impedisce
assolutamente di cercare altrove, come sempre ha fatto,
"mutamento e vicenda". Wotan rammenta allora alla moglie
che per ottenerla in sposa ha dovuto dare in offerta un
occhio; ma comunque, aggiunge Wotan per calmarla, quando
ha dato la sua parola ai giganti non parlava sul serio e
ora non ha la benché minima intenzione di rispettare i
patti convenuti. Wotan tuttavia si trova costretto prima
del previsto a rendere ragione dell'una o l'altra delle
sue asserzioni. |
Sopraggiunge infatti Freia in cerca di
aiuto. Wotan le chiede bruscamente di Loge, il dio del
fuoco e dell'astuzia, accrescendo ulteriormente
l'agitazione e la sfiducia di Fricka. Loge non solo gli ha
dato il consiglio di stringere il patto coi giganti, ma
gli ha anche promesso che avrebbe escogitato una
scappatoia per eluderlo. Entrano Fasolt e Fafner, ambedue
in figura di giganti, armati di forti randelli. Wotan li
esorta senza mezzi termini a scegliere un'altra ricompensa
al posto di Freia. Fasolt ingenuamente cerca di esporre al
dio la sua differente concezione del diritto e del
rispetto degli accordi stabiliti. Fafner, più realista del
fratello, ritiene invece che sia meglio rapire a forza
Freia; egli sa bene infatti che alla dispensatrice degli
"aurei pomi" dell'eterna giovinezza gli dei non possono
assolutamente rinunciare. Fasolt e Fafner si slanciano
verso Freia. Froh e Donner accorrono in fretta e si
portano davanti alla sorella per proteggerla. Donner
brandisce il martello. Wotan, interponendo la lancia fra i
contendenti, tra lo stupore attonito di Fricka e Freia
impedisce che la discussione degeneri ulteriormente. Con
suo grande sollievo giunge infatti Loge, salito su dalla
valle nello sfondo. Il dio del fuoco ha esaminato pietra
per pietra la grandiosa costruzione, trovandola eretta a
dovere e senz'alcuna ombra di imperfezioni. Non vi è
quindi alcuna ragione per venir meno all'impegno preso con
i giganti. Wotan dapprima accusa Loge di voler declinare
su di lui tutte le responsabilità e in questo modo di
voler trarsi d'impaccio, ma poi finisce per difenderlo
quando Donner minaccia di colpirlo con il suo pesante
martello. Loge propone esitante una differente soluzione. |
In tutto il mondo, nell'acqua, nell'aria,
sulla terra, egli è andato alla ricerca di un solo uomo
che non tenesse in sommo grado "la donna e l'amore". Dopo
una lunga ricerca però, quando ormai disperava, ha
incontrato finalmente le Figlie del Reno; esse gli hanno
raccontato di Alberich, il cui amore avevano schernito, ma
che alla fine aveva maledetto l'amore impadronendosi
dell'oro. Loge ha promesso alle fanciulle che avrebbe
chiesto a Wotan di aiutarle a ritornare in possesso del
tesoro. Più rapidamente dello stesso Wotan, i giganti
fiutano la proposta di Loge. Egli infatti spiega che il
possessore dell'anello forgiato con quell'oro godrà di un
potere illimitato. Fricka, che subito fa cadere le sue
precedenti riserve nei confronti dell'astuto semidio, si
fa confermare da questi che, se si ornerà dell'oro del
Reno, potrà finalmente essere sicura della fedeltà del
proprio marito. Wotan stesso, come sotto l'influsso di un
crescente incantesimo, vuole sapere come si fa ad ottenere
un anello dall'oro. La spiegazione di Loge, che solo la
solenne rinuncia all'amore dà potere sulla "magia di rune"
che "costringe l'oro in anello", finisce però per
scoraggiare Wotan. |
Ma alla notizia che un altro - il nano
Alberich - ha già compiuto il sacrificio ed ha forgiato
l'anello, Wotan si sente sempre più attratto dall'idea di
rubare il magico monile. Tuttavia egli non ne vuole sapere
del consiglio di Loge di restituire poi l'anello alle
Figlie del Reno, ed ancor meno della proposta dei giganti,
che si dichiarano disposti a rinunciare a Freia in cambio
dell'oro. Accecato dall'improvvisa sete di ricchezza e di
potere, il dio non interviene nemmeno quando Freia viene
trascinata via dai giganti in gran fretta: sarà tenuta in
pegno da loro finché non riceveranno l'oro. |
Gli dei, che quel giorno ancora non si sono
nutriti dei pomi di Freia, rapidamente ne sentono le prime
conseguenze. Una livida nebbia riempie la scena con
densità crescente; attraverso di quella, gli dei prendono
un aspetto sempre più pallido e invecchiato; tutti
guardano con ansia ed aspettazione a Wotan, il quale tiene
fisso lo sguardo al suolo. Loge, che in quanto semidio
meno risente della mancanza degli "aurei pomi", fa forza
su Wotan perché egli si decida a scendere nel regno
sotterraneo del Nibelheim e a strappare l'oro ad Alberich.
Ma il consiglio di restituire alle Figlie del Reno il
tesoro, una volta strappatolo ad Alberich, continua ad
essere rifiutata bruscamente dal signore degli dei. Loge
tuttavia si dichiara disposto ugualmente ad aiutarlo. Procede e scompare lateralmente in un crepaccio, dal quale subito emana un vapore di zolfo. Wotan scende nel crepaccio seguendo Loge; il vapore di zolfo, che da quello esce impetuosamente, si diffonde su tutta la scena e la riempie di una fitta nuvola. Da diverse parti si nota in lontananza una luce crepuscolare d'un rosso scuro: crescente fragore, come di fabbri, si fa intendere dovunque. Si perde il rombo delle incudini. Si rende visibile una caverna sotterranea che si stende a perdita d'occhio, e sembra sboccare in tutte le direzioni in stretti pozzi. |
Scena III Nibelheim |
Alberich, trascina fuori da una stretta
laterale Mime, strillante. Il nano, fino a poco prima
umile e sottomesso, infierisce ora sul fratello, merito
dell'anello e del potere magico che esso gli ha conferito. Minacciato dalla frusta di Alberich, un esercito di Nibelunghi fruga continuamente nelle viscere della terra alla ricerca del metallo che poi provvede a lavorare. |
Il dominatore di questo mondo sotterraneo strappa
violentemente a Mime il magico elmo d'oro, che questi ha
forgiato con grande abilità e che ora vorrebbe
furtivamente tenere per sé. Alberich mette alla prova la
capacità dell'elmo di trasformare chi lo porta. La sua
figura scompare; in vece sua si vede una colonna di
nebbia. Resosi invisibile punisce il fratello per aver
cercato di occultare l'elmo. Mime si torce sotto i colpi
di frusta, il cui rumore s'intende, senza che si vegga
neppure la frusta. Alberich si volge verso i Nibelunghi
intenti al lavoro sfogando su di loro tutta la sua
improvvisa ebbrezza di potere. La colonna di nebbia si
dissipa verso il fondo; si ode in sempre maggior
lontananza Alberich che fa chiasso e contesta.
Mime dal dolore si è abbattuto al suolo. Wotan e
Loge scivolano giù dall'alto per un crepaccio. Il
lamento di Mime per la brutale tirannia del fratello
viene accolto dagli ospiti divini più con ilarità che
con compassione. Al ritorno di Alberich Mime è in preda
al panico. Corre spaurito qua e là.
|
Alberich, che si è tolto l'elmo magico dal capo e
l'ha appeso alla cintura, spinge avanti a sé, dalle più
profonde cavità inferiori verso l'alto, una schiera di
Nibelunghi, brandendo la frusta. Essi sono carichi di
oggetti d'oro e d'argento, che, sotto la costante
costrizione di Alberich, raccolgono tutti in un mucchio,
e così cumulano un tesoro. Alla vista dei due intrusi
Alberich si insospettisce. Egli mostra loro qual'è l'uso
che sa fare dell'anello e del potere che esso gli
conferisce.
Trae l'anello
dal dito, lo bacia e lo protende minaccioso. Con ululi e
stridi i Nibelunghi - e tra essi Mime - si
disperdono e sgattaiolano in tutte le direzioni, giù verso
i pozzi. |
Wotan
e Loge, rendendosi conto di essere ospiti indesiderati,
cercano di placare la collera di Alberich, il quale
reagisce minacciandoli e assumendo un arrogante
atteggiamento trionfalistico. Loge deve fare ricorso a
tutta la sua abilità diplomatica per frenare Wotan, che
vorrebbe scagliarsi sul nano, e per lasciare cullare
Alberich nella sua illusione di superiorità. Questo nano
vanaglorioso infatti non riesce a resistere alla
tentazione di ostentare i poteri magici che gli conferisce
il suo elmo e di impressionare i due ospiti mostrando loro
ciò che sa fare con esso. Subito scompare. In vece sua un
immane gigantesco serpente si torce al suolo; si erge e
protende le fauci spalancate verso Wotan e Loge. Sempre
più inorgoglito e blandito nella sua vanagloria da Loge,
Alberich si lascia convincere a dare una seconda prova,
questa volta fatale, della sua abilità di trasformista.
Scompare; gli dei scorgono sulla roccia un rospo che
striscia verso di loro. Wotan pone il piede sul rospo.
Loge si accosta alla sua testa e prende in mano l'elmo
magico. Alberich improvvisamente è tornato visibile nella
sua reale figura, e in atto di torcersi sotto il piede di
Wotan. Loge ha tirato fuori una corda di corteccia e con
essa lega ad Alberich mani e piedi. Ambedue afferrano il
nano ben legato, che cerca furiosamente di riluttare, e lo
trascinano insieme con loro per lo stesso crepaccio donde
sono scesi. Colà essi dispaiono, salendo verso l'alto. Il
mutamento porta ancora una volta davanti alle fucine. |
Scena IV Regione libera su vette montane |
La vista è ancora velata dalla nebbia livida come alla fine della seconda scena. Wotan e Loge, recando con sé Alberich legato, emergono dal crepaccio. Gli dei deridono il loro prigioniero e gli dicono qual'è il prezzo del riscatto che dovrà pagare per riavere la libertà: il tesoro accumulato col lavoro dei Nibelunghi. Alberich cerca di consolarsi fra sé e sé col pensiero che l'anello compenserà ogni perdita. Loge gli scioglie il nodo della mano destra. Alberich tocca l'anello con le labbra e mormora segretamente un comando. I Nibelunghi salgono dall'abisso carichi degli oggetti del tesoro. Alberich subisce l'onta di essere visto prigioniero dai suoi sudditi; ordina quindi ad essi, non appena hanno terminato di consegnare il tesoro e di ammassarlo dinanzi a Wotan e Loge, di tornare immediatamente al Nibelheim al lavoro. Bacia il suo anello e lo protende con atto imperioso. Come colpiti dal fulmine, i Nibelunghi timidi e paurosi fanno ressa verso il crepaccio, nel quale rapidi discendendo s'insinuano. Per sommo scorno di Alberich, Loge, dopo che tutto l'oro è stato versato, mette insieme al riscatto anche l'elmo magico, mentre Wotan, con grande sgomento del nano, pretende pure l'ultima cosa rimastagli: l'anello. Il prigioniero cerca invano di opporsi al dio; Wotan gli strappa violentemente il gioiello dal dito. Finalmente libero il nano maledice solennemente l'anello, da lui stesso ottenuto in seguito ad una maledizione; poi scompare rapido nel crepaccio. La densa nebbia del fondo si chiarisce a poco a poco, Wotan sprofondato nella contemplazione dell'anello infilato alla sua mano, non ha prestato attenzione alle ultime parole di Alberich. Dalla nebbia sempre più diradatasi appaiono Donner, Froch e Fricka, che apprendono con sollievo che è stato procurato l'oro per riscattare Freia. Il davanti della scena è tornato nuovamente del tutto luminoso; l'aspetto degli dei riconquista con la luce la primitiva freschezza; sullo sfondo tuttavia permane ancora un velo di nebbia, così che la rocca lontana rimane invisibile. |
Fasolt
e Fafner entrano conducendo Freia in mezzo a loro. La
quantità del riscatto sarà stabilita, secondo quanto
ordina Fasolt, ammucchiando il tesoro dei Nibelunghi fino
a fare scomparire interamente la figura di Freia. Freia
viene posta nel mezzo dai due giganti. Essi conficcano
quindi ai due lati di Freia i loro randelli nel suolo, in
modo da misurare un'altezza e larghezza eguale alla
persona di lei. Loge e Froch ammucchiano in fretta gli
oggetti preziosi tra i due pali. Impotenti e sdegnati gli
dei, sono costretti ad assistere al triste spettacolo di
come Freia rappresenti per gli avidi giganti una mera
merce di scambio. Wotan si trova ora a patire gli stessi
tormenti di Alberich per coprire le ultime fessure che
ancora si intravedono nel tesoro. I giganti chiedono
infatti l'elmo magico ed infine lo stesso anello. Ma
Wotan, costi quel che costi, non ha la minima intenzione
di rinunciare anche ad esso; Fasolt allora fa atto di
voler riprendere in pegno Freia, questa volta per sempre.
Fafner trattiene Fasolt che continua ad incalzare; tutti
assistono costernati. Wotan si ritrae in disparte
incollerito. La scena si è nuovamente oscurata. |
Dal
crepaccio laterale nella roccia rompe un bagliore
azzurrino; nel quale appare improvvisamente Erda, che sale
dal fondo, ergendosi fino a mezza persona. La dea della
terra e madre delle tre Norne che tessono il filo del
destino, mette in guardia Wotan dal trattenere per sé
l'anello, su cui grava la maledizione del Nibelungo. Prima
che il dio possa farle alcuna domanda, Erda scompare
nuovamente donde era venuta. Wotan vuol precipitarsi nel
crepaccio dietro la sparente, per trattenerla. Froch e
Fricka gli si gettano incontro e lo trattengono. Wotan
medita, fisso lo sguardo avanti a sé. Tutti guardano
ansiosi verso Wotan, il quale tornando in sé dopo un
profondo meditare, afferra la sua lancia e la vibra quasi
a segno di eroica deliberazione. Getta l'anello sul
tesoro. I giganti liberano Freia, ella s'affretta
lietamente agli dei. |
Fafner
apre subito un sacco enorme e si appressa al tesoro per
ammassarvelo dentro. Fasolt reclama inutilmente dal
fratello la sua parte, e a nulla gli giova l'appellarsi al
giudizio degli dei. Seguendo il subdolo consiglio di Loge,
Fasolt cerca di prendersi per lo meno l'anello. La
maledizione di Alberich comincia già a colpire. Fafner,
vibrando il randello con un colpo stende Fasolt al suolo;
strappa quindi in fretta l'anello al morente, lo chiude
nel sacco, poi, a suo agio, v'insacca tutto il tesoro. |
Tutti gli dei assistono atterriti in
silenzio solenne. Wotan vorrebbe inseguire Erda e
chiederle ulteriori consigli, ma Fricka gli ricorda la
rocca appena costruita, che appartiene finalmente agli dei
e che attende ancora di essere presa in possesso da loro.
La costruzione è tuttora avvolta da un "afoso vapore" e da
una "livida nuvolaglia". C'è bisogno di un temporale che
porti via l'atmosfera opprimente. Donner sale su un'alta
roccia sul declivio che scende a valle, e di là vibra il
martello; durante quel che segue, le nebbie si addensano
intorno a lui. Donner scompare interamente in una nuvola
temporalesca, che si addensa sempre più scura. Si ode il
martello di Donner cadere pesantemente sulla roccia. Un
potente fulmine sfugge alla nuvola; segue un tuono
violento. Froch è scomparso anche lui nella nuvola.
Durante "l'incantesimo della tempesta" Fafner ha raccolto
nel sacco tutto il tesoro dei Nibelunghi e si è quindi
allontanato con il suo bottino. |
Donner esorta suo fratello Froch a tracciare
un ponte che li conduca alla montagna antistante ed alla
rocca sita su di essa. Improvvisamente la nuvola si
dissipa; dai loro piedi con luce abbagliante parte un
arcobaleno a foggia di ponte, sopra la valle su fino alla
rocca; la quale, illuminata dal sole che tramonta, raggia
nel più vivo splendore. Wotan e gli altri dei si perdono
muti nella mirabile visione. Wotan, come preso da un gran
pensiero, saluta la fortezza dove troverà sicura dimora
insieme a Fricka e gli altri dei, e le dà il nome di
Walhalla. Prende Fricka per la mano e s'avvia lentamente
con lei verso il ponte; Froch, Freia e Donner seguono.
Loge non è affatto convinto di questa pace apparente e
nutre il presentimento che gli dei si stiano avviando
lentamente verso la loro fine. Seguendoli ad una certa
distanza e con aria dinoccolata si ricongiunge infine agli
altri dei. Dal fondo della valle si odono le voci delle
Figlie del Reno. Il loro ammonimento di restituire l'oro
sottratto suona quanto mai sgradevole alle orecchie di
Wotan. Loge consiglia sarcasticamente alle fanciulle di
consolarsi della perdita dell'oro rimirando il "nuovo
splendore degli dei". Gli dei ridono e passano sul ponte.
Accompagnati dal lamento delle Figlie del Reno, si avviano
verso la rocca. |
L'ORO
DEL RENO |
LA VALCHIRIA | SIGFRIDO | IL
CREPUSCOLO DEGLI DEI |