L'ORO DEL RENO 1869 |
Vedi anche il Libretto di Wagner, con traduzione italiana a fronte di Guido Manacorda |
Preludio e
scena I Nel fondo del Reno |
Crepuscolo verdastro, più chiaro verso l'alto, più scuro verso il basso. La parte superiore è piena d'acqua fluttuante, che corre senza posa da destra a sinistra. Verso il fondo, le onde si sciolgono in una nebbia umida sempre più tenue. Dappertutto si ergono dal fondo scabre scogliere. |
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Tutto il fondo è un
selvaggio dentato groviglio. Intorno ad uno scoglio nel
mezzo della scena, che con punta sottile si erge fino
all'acqua corrente più densa ed in più chiara luce
crepuscolare, una Figlia del Reno nuota in cerchio con mossa
graziosa. Al canto di Woglinde si accompagna quello della
sorella Wellgunde. Esse si danno la baia e cercano di
afferrarsi per gioco. Flosshilde, la terza Figlia del Reno,
ammonisce le sorelle di non dimenticare il loro compito, che
consiste nel custodire “l' oro del Reno" nascosto
nello scoglio; ma alla fine si unisce anch'ella ai giochi
delle sorelle. Così guizzano, simili a pesci, di scoglio in
scoglio scherzando e ridendo |
Nel frattempo, attraverso un
oscuro anfratto è salito dall'abisso Alberich,
arrampicandosi ad uno scoglio. Egli s'arresta, avvolto
ancora dall'oscurità, e contempla il gioco delle Figlie del
Reno con crescente compiacenza. Il nano, dall'aspetto
ripugnante, vorrebbe unirsi anch'egli ai giochi delle tre
graziose sorelle e cerca di attirare su di sé la loro
attenzione. Le fanciulle interrompono il gioco, non appena
odono la voce di Alberich. Subito sospettose e memori del
proprio compito, esse si raccolgono sullo scoglio per
impedire ad Alberich l'accesso al tesoro. Ma le
dichiarazioni amorose del nano deforme suscitano ben presto
l'ilarità delle tre fanciulle, che non gli risparmiano i
loro strali pungenti. Sottovalutando con troppa leggerezza
il loro goffo spasimante, esse prendono a farsi beffe di lui
in una schermaglia che diviene sempre più crudele. Si
separano nuotando in qua e in là, ora più basso, ora più
alto, per eccitare Alberich alla loro caccia. |
"Furore ed amore" lo spingono
a strenui quanto inutili tentativi di afferrarle. Con
terribile rapidità dà la scalata ad uno scoglio dopo
l'altro, cerca di prendere ora l'una ora l'altra fanciulla;
ma sempre gli sfuggono con strilli di gioia. - Incespica,
precipita al fondo, poi di nuovo si lancia a nuova caccia
verso l'alto. Finalmente Alberich si rende conto di essersi
prestato involontariamente allo scherno delle tre fanciulle.
Rimane in muto furore, lo sguardo rivolto in alto, là dove viene poi improvvisamente attratto e vincolato dallo spettacolo che segue. Attraverso la corrente è penetrata dall'alto una luce sempre più chiara, che poco per volta, in un punto elevato dello scoglio di mezzo, si accende in un sfolgorio d'oro dai chiari raggi abbaglianti. |
Le fanciulle si sperdono con
stridi e risalgono verso la superficie in direzioni diverse.
Attonite, le tre custodi dell'oro ascoltano adesso Alberich,
da loro finora crudelmente deriso, maledire l'amore. Strappa
con terribile violenza l'oro dallo scoglio e rapido
precipita con esso verso il fondo, dove subito scompare.
Improvvisamente si forma una densa notte. Le fanciulle
scendono precipitosamente verso il fondo, dietro al
rapitore. Le onde precipitano con loro verso il fondo. Gli scogli scompaiono nella profondissima tenebra, l'intera scena si riempie da cima a fondo di nere ondate. Nell'albore del giorno si rende visibile una regione aperta su vette montane. Wotan, ed accanto a lui Fricka, ambedue nel sonno, giacciono da una parte sul suolo fiorito. |
Scena II Regione libera su vette montane |
Il giorno sorgente illumina con crescente
splendore una rocca dai merli scintillanti, che si erge
nello sfondo su una vetta rocciosa. Tra di essa e la parte
anteriore della scena, è da supporre una valle profonda,
attraverso la quale scorre il Reno. |
Fricka si sveglia: il suo sguardo cade sulla
rocca. Il dio Wotan, parlando nel sonno, rivela di
desiderare ardentemente una roccaforte per gli dei, che sia
testimonianza di "umano onore" e di "potenza eterna". Sua
moglie Fricka lo sveglia; il suo sguardo viene subito
trattenuto dalla vista della rocca, la realtà sembra ora dar
corpo ai vagheggiamenti del sogno. Ma Fricka gli ricorda a
qual prezzo tutto ciò è avvenuto: Wotan ha incaricato i due
giganti Fasolt e Fafner di costruire la fortezza; senza far
sapere nulla a Fricka ed alla sorella Freia, la custode
degli "aurei pomi" dell'eterna giovinezza, il dio si è
impegnato in gran segreto a dare ai giganti Freia come
compenso del loro lavoro. Wotan si difende dalle accuse di
Fricka ricordandole che è stata proprio lei ad avergli
suggerito l'idea di erigere una rocca: preoccupata
unicamente dalla fedeltà del consorte, sempre errante per il
mondo, Fricka sperava di stringerlo a sé allettandolo con la
"superba dimora" e le "molli suppellettili". Ma al posto
della agognata dimora, ammonisce Fricka, Wotan si è fatto
erigere una vera e propria roccaforte a difesa del dominio
degli dei, cosa che tuttavia non gli impedisce assolutamente
di cercare altrove, come sempre ha fatto, "mutamento e
vicenda". Wotan rammenta allora alla moglie che per
ottenerla in sposa ha dovuto dare in offerta un occhio; ma
comunque, aggiunge Wotan per calmarla, quando ha dato la sua
parola ai giganti non parlava sul serio e ora non ha la
benché minima intenzione di rispettare i patti convenuti.
Wotan tuttavia si trova costretto prima del previsto a
rendere ragione dell'una o l'altra delle sue asserzioni. |
Sopraggiunge infatti Freia in
cerca di aiuto. Wotan le chiede bruscamente di Loge, il dio
del fuoco e dell'astuzia, accrescendo ulteriormente
l'agitazione e la sfiducia di Fricka. Loge non solo gli ha
dato il consiglio di stringere il patto coi giganti, ma gli
ha anche promesso che avrebbe escogitato una scappatoia per
eluderlo. Entrano Fasolt e Fafner, ambedue in figura di
giganti, armati di forti randelli. Wotan li esorta senza
mezzi termini a scegliere un'altra ricompensa al posto di
Freia. Fasolt ingenuamente cerca di esporre al dio la sua
differente concezione del diritto e del rispetto degli
accordi stabiliti. Fafner, più realista del fratello,
ritiene invece che sia meglio rapire a forza Freia; egli sa
bene infatti che alla dispensatrice degli "aurei pomi"
dell'eterna giovinezza gli dei non possono assolutamente
rinunciare. Fasolt e Fafner si slanciano verso Freia. Froh e
Donner accorrono in fretta e si portano davanti alla sorella
per proteggerla. Donner brandisce il martello. Wotan,
interponendo la lancia fra i contendenti, tra lo stupore
attonito di Fricka e Freia impedisce che la discussione
degeneri ulteriormente. Con suo grande sollievo giunge
infatti Loge, salito su dalla valle nello sfondo. Il dio del
fuoco ha esaminato pietra per pietra la grandiosa
costruzione, trovandola eretta a dovere e senz'alcuna ombra
di imperfezioni. Non vi è quindi alcuna ragione per venir
meno all'impegno preso con i giganti. Wotan dapprima accusa
Loge di voler declinare su di lui tutte le responsabilità e
in questo modo di voler trarsi d'impaccio, ma poi finisce
per difenderlo quando Donner minaccia di colpirlo con il suo
pesante martello. Loge propone esitante una differente
soluzione. |
In tutto il mondo,
nell'acqua, nell'aria, sulla terra, egli è andato alla
ricerca di un solo uomo che non tenesse in sommo grado "la
donna e l'amore". Dopo una lunga ricerca però, quando ormai
disperava, ha incontrato finalmente le Figlie del Reno; esse
gli hanno raccontato di Alberich, il cui amore avevano
schernito, ma che alla fine aveva maledetto l'amore
impadronendosi dell'oro. Loge ha promesso alle fanciulle che
avrebbe chiesto a Wotan di aiutarle a ritornare in possesso
del tesoro. Più rapidamente dello stesso Wotan, i giganti
fiutano la proposta di Loge. Egli infatti spiega che il
possessore dell'anello forgiato con quell'oro godrà di un
potere illimitato. Fricka, che subito fa cadere le sue
precedenti riserve nei confronti dell'astuto semidio, si fa
confermare da questi che, se si ornerà dell'oro del Reno,
potrà finalmente essere sicura della fedeltà del proprio
marito. Wotan stesso, come sotto l'influsso di un crescente
incantesimo, vuole sapere come si fa ad ottenere un anello
dall'oro. La spiegazione di Loge, che solo la solenne
rinuncia all'amore dà potere sulla "magia di rune" che
"costringe l'oro in anello", finisce però per scoraggiare
Wotan. |
Ma alla notizia che un altro
- il nano Alberich - ha già compiuto il sacrificio ed ha
forgiato l'anello, Wotan si sente sempre più attratto
dall'idea di rubare il magico monile. Tuttavia egli non ne
vuole sapere del consiglio di Loge di restituire poi
l'anello alle Figlie del Reno, ed ancor meno della proposta
dei giganti, che si dichiarano disposti a rinunciare a Freia
in cambio dell'oro. Accecato dall'improvvisa sete di
ricchezza e di potere, il dio non interviene nemmeno quando
Freia viene trascinata via dai giganti in gran fretta: sarà
tenuta in pegno da loro finché non riceveranno l'oro. |
Gli dei, che quel giorno
ancora non si sono nutriti dei pomi di Freia, rapidamente ne
sentono le prime conseguenze. Una livida nebbia riempie la
scena con densità crescente; attraverso di quella, gli dei
prendono un aspetto sempre più pallido e invecchiato; tutti
guardano con ansia ed aspettazione a Wotan, il quale tiene
fisso lo sguardo al suolo. Loge, che in quanto semidio meno
risente della mancanza degli "aurei pomi", fa forza su Wotan
perché egli si decida a scendere nel regno sotterraneo del
Nibelheim e a strappare l'oro ad Alberich. Ma il consiglio
di restituire alle Figlie del Reno il tesoro, una volta
strappatolo ad Alberich, continua ad essere rifiutata
bruscamente dal signore degli dei. Loge tuttavia si dichiara
disposto ugualmente ad aiutarlo. Procede e scompare lateralmente in un crepaccio, dal quale subito emana un vapore di zolfo. Wotan scende nel crepaccio seguendo Loge; il vapore di zolfo, che da quello esce impetuosamente, si diffonde su tutta la scena e la riempie di una fitta nuvola. Da diverse parti si nota in lontananza una luce crepuscolare d'un rosso scuro: crescente fragore, come di fabbri, si fa intendere dovunque. Si perde il rombo delle incudini. Si rende visibile una caverna sotterranea che si stende a perdita d'occhio, e sembra sboccare in tutte le direzioni in stretti pozzi. |
Scena III Nibelheim |
Alberich, trascina fuori da
una stretta laterale Mime, strillante. Il nano, fino a poco
prima umile e sottomesso, infierisce ora sul fratello,
merito dell'anello e del potere magico che esso gli ha
conferito. Minacciato dalla frusta di Alberich, un esercito di Nibelunghi fruga continuamente nelle viscere della terra alla ricerca del metallo che poi provvede a lavorare. |
Il dominatore di questo mondo
sotterraneo strappa violentemente a Mime il magico elmo
d'oro, che questi ha forgiato con grande abilità e che ora
vorrebbe furtivamente tenere per sé. Alberich mette alla
prova la capacità dell'elmo di trasformare chi lo porta.
La sua figura scompare; in vece sua si vede una colonna di
nebbia. Resosi invisibile punisce il fratello per aver
cercato di occultare l'elmo. Mime si torce sotto i colpi
di frusta, il cui rumore s'intende, senza che si vegga
neppure la frusta. Alberich si volge verso i Nibelunghi
intenti al lavoro sfogando su di loro tutta la sua
improvvisa ebbrezza di potere. La colonna di nebbia si
dissipa verso il fondo; si ode in sempre maggior
lontananza Alberich che fa chiasso e contesta.
Mime dal dolore si è abbattuto al
suolo. Wotan e Loge scivolano giù dall'alto per un
crepaccio. Il lamento di Mime per la brutale tirannia del
fratello viene accolto dagli ospiti divini più con ilarità
che con compassione. Al ritorno di Alberich Mime è in
preda al panico. Corre spaurito qua e là.
|
Alberich, che si è tolto l'elmo magico
dal capo e l'ha appeso alla cintura, spinge avanti a sé,
dalle più profonde cavità inferiori verso l'alto, una
schiera di Nibelunghi, brandendo la frusta. Essi sono
carichi di oggetti d'oro e d'argento, che, sotto la
costante costrizione di Alberich, raccolgono tutti in un
mucchio, e così cumulano un tesoro. Alla vista dei due
intrusi Alberich si insospettisce. Egli mostra loro qual'è
l'uso che sa fare dell'anello e del potere che esso gli
conferisce.
Trae l'anello dal dito, lo bacia e lo protende minaccioso.
Con ululi e stridi i Nibelunghi - e tra essi Mime - si
disperdono e sgattaiolano in tutte le direzioni, giù verso i
pozzi. |
Wotan e Loge, rendendosi conto di essere
ospiti indesiderati, cercano di placare la collera di
Alberich, il quale reagisce minacciandoli e assumendo un
arrogante atteggiamento trionfalistico. Loge deve fare
ricorso a tutta la sua abilità diplomatica per frenare
Wotan, che vorrebbe scagliarsi sul nano, e per lasciare
cullare Alberich nella sua illusione di superiorità. Questo
nano vanaglorioso infatti non riesce a resistere alla
tentazione di ostentare i poteri magici che gli conferisce
il suo elmo e di impressionare i due ospiti mostrando loro
ciò che sa fare con esso. Subito scompare. In vece sua un
immane gigantesco serpente si torce al suolo; si erge e
protende le fauci spalancate verso Wotan e Loge. Sempre più
inorgoglito e blandito nella sua vanagloria da Loge,
Alberich si lascia convincere a dare una seconda prova,
questa volta fatale, della sua abilità di trasformista.
Scompare; gli dei scorgono sulla roccia un rospo che
striscia verso di loro. Wotan pone il piede sul rospo. Loge
si accosta alla sua testa e prende in mano l'elmo magico.
Alberich improvvisamente è tornato visibile nella sua reale
figura, e in atto di torcersi sotto il piede di Wotan. Loge
ha tirato fuori una corda di corteccia e con essa lega ad
Alberich mani e piedi. Ambedue afferrano il nano ben legato,
che cerca furiosamente di riluttare, e lo trascinano insieme
con loro per lo stesso crepaccio donde sono scesi. Colà essi
dispaiono, salendo verso l'alto. Il mutamento porta ancora
una volta davanti alle fucine. |
Scena IV Regione libera su vette montane |
La vista è ancora velata dalla nebbia livida come alla fine della seconda scena. Wotan e Loge, recando con sé Alberich legato, emergono dal crepaccio. Gli dei deridono il loro prigioniero e gli dicono qual'è il prezzo del riscatto che dovrà pagare per riavere la libertà: il tesoro accumulato col lavoro dei Nibelunghi. Alberich cerca di consolarsi fra sé e sé col pensiero che l'anello compenserà ogni perdita. Loge gli scioglie il nodo della mano destra. Alberich tocca l'anello con le labbra e mormora segretamente un comando. I Nibelunghi salgono dall'abisso carichi degli oggetti del tesoro. Alberich subisce l'onta di essere visto prigioniero dai suoi sudditi; ordina quindi ad essi, non appena hanno terminato di consegnare il tesoro e di ammassarlo dinanzi a Wotan e Loge, di tornare immediatamente al Nibelheim al lavoro. Bacia il suo anello e lo protende con atto imperioso. Come colpiti dal fulmine, i Nibelunghi timidi e paurosi fanno ressa verso il crepaccio, nel quale rapidi discendendo s'insinuano. Per sommo scorno di Alberich, Loge, dopo che tutto l'oro è stato versato, mette insieme al riscatto anche l'elmo magico, mentre Wotan, con grande sgomento del nano, pretende pure l'ultima cosa rimastagli: l'anello. Il prigioniero cerca invano di opporsi al dio; Wotan gli strappa violentemente il gioiello dal dito. Finalmente libero il nano maledice solennemente l'anello, da lui stesso ottenuto in seguito ad una maledizione; poi scompare rapido nel crepaccio. La densa nebbia del fondo si chiarisce a poco a poco, Wotan sprofondato nella contemplazione dell'anello infilato alla sua mano, non ha prestato attenzione alle ultime parole di Alberich. Dalla nebbia sempre più diradatasi appaiono Donner, Froch e Fricka, che apprendono con sollievo che è stato procurato l'oro per riscattare Freia. Il davanti della scena è tornato nuovamente del tutto luminoso; l'aspetto degli dei riconquista con la luce la primitiva freschezza; sullo sfondo tuttavia permane ancora un velo di nebbia, così che la rocca lontana rimane invisibile. |
Fasolt e Fafner entrano conducendo Freia in
mezzo a loro. La quantità del riscatto sarà stabilita,
secondo quanto ordina Fasolt, ammucchiando il tesoro dei
Nibelunghi fino a fare scomparire interamente la figura di
Freia. Freia viene posta nel mezzo dai due giganti. Essi
conficcano quindi ai due lati di Freia i loro randelli nel
suolo, in modo da misurare un'altezza e larghezza eguale
alla persona di lei. Loge e Froch ammucchiano in fretta gli
oggetti preziosi tra i due pali. Impotenti e sdegnati gli
dei, sono costretti ad assistere al triste spettacolo di
come Freia rappresenti per gli avidi giganti una mera merce
di scambio. Wotan si trova ora a patire gli stessi tormenti
di Alberich per coprire le ultime fessure che ancora si
intravedono nel tesoro. I giganti chiedono infatti l'elmo
magico ed infine lo stesso anello. Ma Wotan, costi quel che
costi, non ha la minima intenzione di rinunciare anche ad
esso; Fasolt allora fa atto di voler riprendere in pegno
Freia, questa volta per sempre. Fafner trattiene Fasolt che
continua ad incalzare; tutti assistono costernati. Wotan si
ritrae in disparte incollerito. La scena si è nuovamente
oscurata. |
Dal crepaccio laterale nella roccia rompe un
bagliore azzurrino; nel quale appare improvvisamente Erda,
che sale dal fondo, ergendosi fino a mezza persona. La dea
della terra e madre delle tre Norne che tessono il filo del
destino, mette in guardia Wotan dal trattenere per sé
l'anello, su cui grava la maledizione del Nibelungo. Prima
che il dio possa farle alcuna domanda, Erda scompare
nuovamente donde era venuta. Wotan vuol precipitarsi nel
crepaccio dietro la sparente, per trattenerla. Froch e
Fricka gli si gettano incontro e lo trattengono. Wotan
medita, fisso lo sguardo avanti a sé. Tutti guardano ansiosi
verso Wotan, il quale tornando in sé dopo un profondo
meditare, afferra la sua lancia e la vibra quasi a segno di
eroica deliberazione. Getta l'anello sul tesoro. I giganti
liberano Freia, ella s'affretta lietamente agli dei. |
Fafner apre subito un sacco enorme e si
appressa al tesoro per ammassarvelo dentro. Fasolt reclama
inutilmente dal fratello la sua parte, e a nulla gli giova
l'appellarsi al giudizio degli dei. Seguendo il subdolo
consiglio di Loge, Fasolt cerca di prendersi per lo meno
l'anello. La maledizione di Alberich comincia già a colpire.
Fafner, vibrando il randello con un colpo stende Fasolt al
suolo; strappa quindi in fretta l'anello al morente, lo
chiude nel sacco, poi, a suo agio, v'insacca tutto il
tesoro. |
Tutti gli dei assistono
atterriti in silenzio solenne. Wotan vorrebbe inseguire Erda
e chiederle ulteriori consigli, ma Fricka gli ricorda la
rocca appena costruita, che appartiene finalmente agli dei e
che attende ancora di essere presa in possesso da loro. La
costruzione è tuttora avvolta da un "afoso vapore" e da una
"livida nuvolaglia". C'è bisogno di un temporale che porti
via l'atmosfera opprimente. Donner sale su un'alta roccia
sul declivio che scende a valle, e di là vibra il martello;
durante quel che segue, le nebbie si addensano intorno a
lui. Donner scompare interamente in una nuvola temporalesca,
che si addensa sempre più scura. Si ode il martello di
Donner cadere pesantemente sulla roccia. Un potente fulmine
sfugge alla nuvola; segue un tuono violento. Froch è
scomparso anche lui nella nuvola. Durante "l'incantesimo
della tempesta" Fafner ha raccolto nel sacco tutto il tesoro
dei Nibelunghi e si è quindi allontanato con il suo bottino.
|
Donner esorta suo fratello
Froch a tracciare un ponte che li conduca alla montagna
antistante ed alla rocca sita su di essa. Improvvisamente la
nuvola si dissipa; dai loro piedi con luce abbagliante parte
un arcobaleno a foggia di ponte, sopra la valle su fino alla
rocca; la quale, illuminata dal sole che tramonta, raggia
nel più vivo splendore. Wotan e gli altri dei si perdono
muti nella mirabile visione. Wotan, come preso da un gran
pensiero, saluta la fortezza dove troverà sicura dimora
insieme a Fricka e gli altri dei, e le dà il nome di
Walhalla. Prende Fricka per la mano e s'avvia lentamente con
lei verso il ponte; Froch, Freia e Donner seguono. Loge non
è affatto convinto di questa pace apparente e nutre il
presentimento che gli dei si stiano avviando lentamente
verso la loro fine. Seguendoli ad una certa distanza e con
aria dinoccolata si ricongiunge infine agli altri dei. Dal
fondo della valle si odono le voci delle Figlie del Reno. Il
loro ammonimento di restituire l'oro sottratto suona quanto
mai sgradevole alle orecchie di Wotan. Loge consiglia
sarcasticamente alle fanciulle di consolarsi della perdita
dell'oro rimirando il "nuovo splendore degli dei". Gli dei
ridono e passano sul ponte. Accompagnati dal lamento delle
Figlie del Reno, si avviano verso la rocca. |