ADALINDA GASPARINI              PSICOANALISI E FAVOLE

APPUNTI DI LETTURA WAGNERIANA
N.B.
Le parti in corsivo sono citate dal testo di cui si tratta.
Se fra parentesi quadre ne rappresentano una sintesi.
Le parti in tondo sono appunti di lettura di chi scrive.
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Fonte per i libretti

http://www.dicoseunpo.it/W_files/Rheingold.pdf

http://www.dicoseunpo.it/W_files/Walkiria.pdf

http://www.dicoseunpo.it/W_files/Siegfried.pdf

http://www.dicoseunpo.it/W_files/Gotterdammerung.pdf

Adalinda: Ipotesi: la fiaba come best-seller europeo
Alain Badiou, Cinque lezioni sul "caso" Wagner, 2010
William Cole, Wagner, Freud and what it means to be human. 2013
Carlo Gozzi, Il corvo
Leitmotiv. Definizione
Jamie MacGregor, Two Rings to Rule Them All: A Comparative Study of Tolkien and Wagner, 2011
Thomas Mann, Dolore e grandezza di Richard Wagner, 1934
Giorgio Pestelli, L'anello di Wagner. Musica e racconto nella tetralogia dei Nibelunghi
Alex Ross, The Ring and the Rings. Wagner vs. Tolkien.
Alexander H. Shapiro, The Consolation of History: Themes of Progress and Potential in Richard Wagner's Götterdämmerung
George Bernard Shaw, The Perfect Wagnerite: A Commentary on the Niblung's Ring, 1883
Adalinda, Il Figlio Salvatore
Michael Tanner, I migliori libri su Wagner
Tommaso Tuppini, Transizione assoluta. Badiou e Wagner, 2017

Wagner, Racconti lirici: Rienzi, Il vascello fantasma, Tannhauser, Lohengrin, Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga, L'Oro del Reno, La Valchiria, Sigfrido, Il crepuscolo degli dei, Parsifal
Richard Wagner, TETRALOGIA
L'oro del Reno
La Valchiria
Sigfrido
Il crepuscolo degli dei
Richard Wagner, Le fate, 1833
Richard Wagner, L'arte e la rivoluzione, 1849
Adalinda: L'oro di Wagner: Amor vincit omnia? Mors omnia vincit? 2020
Luca Zoppelli, Cosmogonia politica: Das Rheingold e le forme del mito, 2011
Efesto/Afrodite, Pan-Fauni-Satiri/Ninfe, Alberich/Figlie-del-Reno, Fasolt-Fafner/Freia
APPUNTI

Adalinda, Ipotesi: La fiaba come best seller europeo

Ipotesi: la fiaba, best seller europeo sia per Le piacevoli notti di Straparola (1551-1554) che per Basile (1632-1634) che per Perrault (1697 e continua), per Le mille e una notte, per le fiabe dei Fratelli Grimm, ha svolto per il teatro d'opera, opera totale, precursore delle attuali serie seriali che sono la dimensione narrativa dell'immaginario mondiale, la stessa funzione che ha svolto la poesia d'amore islamico-beduina per la letteratura europea, inaugurata dai trobadores, continuata con lo Stil Novo, e poi con la Divina Commedia e il Decameron. In questo modo il filone letterario culminato con la Legenda Aurea, dipendente dall'autorità ecclesiastica, viene destituito dalla fama raggiunta da queste strutture narrative, a loro volta genitrici dell'immensa fioritura novellistica italiana ed europea successiva al Decameron, senza il quale non esisterebbero Le piacevoli notti, e quindi le fiabe, come genere. I genitori non sono causa dei figli come Jahvè è causa del mondo, ma passatori da comprendere, senza i quali è impossibile comprendere la propria storia.
Non c'è fenomeno culturale che non abbia bisogno di un orizzonte di speranza, come recita il frammento di Eraclito. Anche i racconti distopici prendono vita dalla certezza che si debba attaccare chi promette un lieto fine, considerato responsabile del rischio che si attraversa.
La fiaba sarebbe a monte dell'immaginario moderno, sia delle ultime opere di Shakespeare (v. F. Yates), sia dei libretti a partire da Abu Hassan di Weber, per continuare con Le fate di Wagner ecc. Ripensando al teatro d'opera italiano, si tratta di fiabe senza lieto fine, dove il soggetto emerge solo parzialmente, come Renza e Cecio, come Giulietta e Romeo, come la Sulamita e il suo signore, che sia o non sia Salomone. Nella fiaba il soggetto non cede mai sul suo desiderio. In questo consiste la laicità della fiaba. Non c'è spauracchio né aiutante che faccia cedere l'attante sul suo desiderio, ed è sufficiente che uno dei due amanti non ceda perché si abbia il lieto fine: vedi ad esempio I tre cedri, dove basta la costanza dell'attante femminile, che appare nel racconto grazie alla costanza dell'attante maschile, che finisce nel momento in cui il suo desiderio - una sposa bianca come la ricotta e rossa come il suo sangue - si realizza.
La fedeltà al desiderio implica la laicità. Per questo motivo nessun attante o intreccio fiabesco può essere annesso alla retorica del politico, più o meno dittatore. Il riso che già l'ipotesi suscita spiega, se si ha la pazienza di interrogarlo, questa differenza. Ma anche il fantasy condivide questa funzione con la fiaba: a differenza del mito, non legittima nessuno. L'attante fiabesco si legittima da sé. Credo sia il solo modello al quale ci si potrebbe riferire per la questione della trasmissione della professione psicoanalitica. Implica che non si ceda MAI sul proprio desiderio, nemmeno per salvaguardare il desiderio del proprio analista, che è di esercitare la funzione analitica, prevalendo sull'allievo. Impossibile che sia l'analista a cedere sul suo desiderio, come il genitore col figlio, è l'allievo, è il figlio, a separarsi nel momento in cui il suo psicoanalista, come il suo genitore, non cedendo - come è giusto - sul proprio desiderio, costringe alla separazione l'allievo, come il figlio, che dovrebbe rinunciare al proprio desiderio per salvaguardare quello del proprio genitore/psicoanalista. Se il desiderio fosse solo desiderio del desiderio dell'altro, nessuna separazione sarebbe mai possibile. O, in  altri termini, esiste una fonte interiore del desiderio, che porta acqua al desiderio del desiderio dell'altro, ma che può smettere di portargli/portarle acqua nel momento in cui salvaguardare il desiderio dell'Altro (analista, genitore) implica la rinuncia al proprio desiderio. La questione della luna e del lampione la notte di San Giovanni con S. in questo senso è paradigmatica. Perché salvaguardare il suo desiderio implicava la rinuncia al mio pensiero autonomo, come salvaguardare il desiderio del babbo rispetto al vocabolario significava rinunciare alla mia competenza linguistica,  competenza che avevo acquisito proprio grazie all'insegnamento del babbo. In questo senso la relazione fra Brunilde e Wotan è estremamente profonda sul desiderio. Il legittimatore - il dio, il padre - pensa che Brunilde - la figlia, la walkiria - debba rinunciare al desiderio che lui stesso ha generato insieme alla figlia stessa, in cambio della legittimazione. La figlia rappresenta la libertà, come scrive uno dei critici che ho letto -  Shapiro, se non ricordo male - non il discendente senza paura, Sigfrido. Perché Brunilde è fedele per essere infedele, ed è infedele per essere fedele.
La chiave è nelle parole di Wotan a Fricka: tu pensi alla legge, io penso al futuro. Generativa è la posizione che si apre al discendente come rischio, sia un'opera d'arte, sia un figlio. Perché il discendente, come l'opera, non discende solo da un genitore, come dall'artista, ma da una catena indefinita, virtualmente infinita, di genitori, come di artisti. Ciò che li lega, ciò che li rende solidali è la rinuncia al controllo, sia del figlio, sia dell'opera. L'incredibile percentuale di figli illegittimi fra i più grandi artisti, o l'incertezza sulla loro identità, la dice lunga su come la rinuncia a una completa legittimazione, o la sua mancanza o impossibilità di fatto, implichi l'urgenza di seguire il proprio desiderio, di non cedere sul proprio desiderio. In psicoanalisi la questione della legittimazione è al cuore della teoria come della pratica, e la questione non riguarda solo la pratica psicoanalitica, ma la trasmissione in genere.
Credo che la potenza della fiaba nel lavoro della versione collettiva, o del fantasy, riguardi proprio il fatto che si tratta di forme narrative che irridono qualunque pretesa di rivendicare una potenza autoriale - fa ridere Tolkien quando afferma che il suo Ring e quello di Wagner non hanno altro in comune che di essere rotondi.
Filo d'Arianna che ha almeno gli stessi quarti di nobiltà di qualunque altra formazione culturale, e che per questo non deve nulla agli idoli idiomatici, locali. Filo d'Arianna che si dipana nel labirinto in ogni paese del mondo, in ogni tempo della storia.


Vittorino Andreoli, Passioni che sgorgano dal profondo. Sulla Walkiria

«Questa è un’opera di un’attualità sconfinata. Da sola, può riscattare il giudizio impietoso che la storia ha affibbiato a Richard Wagner. Non c’è nemmeno lontanamente l’idea di nazismo, di uomo perfetto, di quella malattia di cui secondo Nietzsche era infetta la musica del maestro: Walkiria è passione, femminilità, inconscio». Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore, stende sul lettino i temi wagneriani che apriranno la stagione scaligera. «Prendiamo Siegmund, nel primo atto, l’uomo in fuga, in cerca di radici e famiglia: c’è la nostalgia omerica, quella tensione verso il ritorno a casa, una questione così calda, perché è il tema di un’intera generazione. Abbiamo perso le radici, e sappiamo che soltanto cercandole troviamo gli affetti, la famiglia. Siegmund è Wagner, anche il compositore perse il padre quando era ancora un bambino».
Melomane convinto, dopo aver dedicato una vita allo studio della follia, e alla follia nell’arte, Andreoli si concentra da appassionato sulle note di scena di questa edizione di Walkiria, diretta da Daniel Barenboim, con la regia di Guy Cassiers. Riconosce nei bozzetti le suggestioni artistiche dei secessionisti viennesi, i volti scavati di Egon Schiele, le donne dai profili taglienti di Gustav Klimt. Ma vede, da psicologo, soprattutto l’inconscio. «Walkiria nasce quasi 50 anni prima che Freud dia alle stampe l’Interpretazione dei sogni, però è vero che di inconscio si discuteva già nella seconda metà dell’Ottocento. Qui Wagner parla addirittura di inconscio degli Dei. Nel terzo atto, quando Wotan, padre e dio, accusa Brünnhilde, la walkiria prediletta, di aver disobbedito perché ha aiutato Siegmund, lei si lancia in quella difesa bellissima: "Ho fatto ciò che tu pensavi nel profondo. Ho fatto la tua volontà". C’è una motivazione persino inconsapevole, che può essere opposta al nostro agire».

Il ruolo predominante nel dramma, secondo Andreoli, è quello della passione, il filo rosso che lega tutta l’opera e collega questa prima giornata dell’Anello del Nibelungo al prologo, L’oro del Reno, al secondo e al terzo giorno, Sigfrido e Il crepuscolo degli dei. «Walkiria è contrapposizione tra legge e passione, tra amore e ragione. Chi gestisce i sentimenti? La donna. Gli uomini sono solo vittime. Sieglinde a un certo punto, lasciandosi trasportare dalla passione per il suo amato, dice "se lui muore, voglio morire anch’io", ma quando sa di avere un bimbo nel ventre, che poi sarà Sigfrido, cambia idea. Le donne in tutto questo dramma sono portatrici di eternità, l’uomo invece è caduco, come se fosse incapace di vivere; la donna è una figura completa, sorella e madre oltre che amante. Sono le walkirie, tutte insieme, a decidere di dare una chance a Siegmund, rallentando l’arrivo di Wotan, perché la legge è secondaria, l’amore deve vincere e le walkirie sono pronte ad usare le armi per questo. La ragione e la legge, che qui coincidono con le figure maschili, muoiono con gli uomini».

Ed è sul filo di questo ragionamento che persino l’incesto, nell’opera di Wagner risulta naturale. Siegmund e Sieglinde sono fratelli gemelli, innamorati. «I due si compensano a vicenda, sono uno lo specchio dell’altro ed è bellissimo il gioco di sguardi, di occhi che s’intendono: del resto, anche la fine del dramma, con Wotan che addormenta la figlia, si chiude con un bacio paterno sugli occhi. Un passaggio straordinario, Sieglinde cede al sonno in attesa del bimbo che verrà: un uomo nuovo, ma anche l’uomo che l’andrà a svegliare». Le critiche, antiche e moderne, sembrano lontanissime. «Questo dei due fratelli è l’amore perfetto. Quando si amano, scoppia la primavera, finisce il temporale. Perché quando c’è l’amore, c’è anche un’esplosione di vita. Del resto, nella cultura nordica, non è estraneo il tema dell’incesto: pensiamo a Goethe e alla sorella quasi gemella Cornelia, di soli 15 mesi più piccola, o al compositore Mendelssohn e a sua sorella Fanny. In generale, anche nella cultura contadina, pure quella italiana, toccava al padre educare nell’esperienza erotica la figlia ». C’è persino un’attualità politica nel testo wagneriano, Andreoli la ravvede nell’attacco al potere. «Cos’è il potere in questa storia? È un anello rotto, quello dei nibelunghi. Oggi sarebbe il denaro. L’inizio del terzo atto, con la celebre cavalcata delle Walkirie, è una sorta di marcia funebre, anticipa la guerra assoluta, cioè quelle del passato e, insieme, quelle che conosciamo noi, adesso, in Iraq e Afghanistan, per esempio; non solo il testo, ma il tema musicale, anche, è così calzante che non a caso è usato per opere modernissime come "Apocalypse Now", il film di Coppola».

Il messaggio è chiaro, per Andreoli, anche perché la storia, alla fin fine, è semplice: «È una storia d’amore tra due fratelli e d’amore di un dio per la propria figlia. Attorno, le leggi, il potere, la razionalità di cui il dio si stufa. È l’apocalisse di adesso, la fine di tutto. Le donne lo sanno: le nuove generazioni si salvano solo se seguono i sentimenti». La maestosità dell’impalcatura wagneriana emerge alla fine, quando si tratta di fare il punto sulla divinità. «Wotan è un dio che fa pietà - dice ancora Andreoli - e nel mondo occidentale non siamo mai stati capaci di provare compassione per gli dei. Wotan desidera morire, perché si vergogna di essere dio. "Ho un solo desiderio, quello della mia fine", dice. Gli dei sono corresponsabili della condizione umana, fatta di leggi che però non rispettano i sentimenti. La guerra che gli dei caldeggiano, impedisce l’amore e contraddice le stesse leggi divine. È qui, in questo passaggio, che nell’opera di Wagner il mito si fonde con la psicologia».

Olga Piscitelli: Padre & figlio. Nella complessità dei rapporti psicologici all’interno del «Ring» spiccano i conflitti tra padre e figli. In «Die Walküre» esplode subito quello tra Wotan, signore degli dei, e il figlio Siegmund, generato con una donna mortale insieme alla gemella Sieglinde. Wotan, pur avendogli fornito una spada fatata, dovrà abbandonarlo alla morte in duello.



Badiou, Alain, Cinque lezioni sul "caso" Wagner, 2010

A dispetto dell'incertezza,
bisogna postulare l'esistenza futura
di una qualche cerimonia.



Badiou [rivendica a Mallarmé] il merito di [aver] affermato per primo [il principio lacaniano] per cui la verità si può dire solo a metà. || L'incompatibilità tra verità e totalità costituisce senza dubbio l'elemento decisivo - post hegeliano - della modernità.


56 La complicità wagneriana che mi lega a Žižek è per certi apetti paradossale. Può apparire incomprensibile che i due filosofi che al giorno d'oggi animano la resurrezione della parola "comunismo" siano anche coloro che seguono con grande passione il destino pubblico di Richard Wagner e lottano, scontrandosi con l'opinione pubblica prevalente, contro l'anatema lanciato nei suoi confronti sia da parte dei progressisti che sostengono la causa dei palestinesi, sia da parte dello Stato di Israele, sia da parte del superficiale razionalismo della filosofia analitica, sia, infine, da parte degli ermeneuti, profondi figli di Heidegger. [Conclude la prefazione ricordando come Sviatoslav Richter sia un fervente sostenitore di Wagner]

63 [Citando Lacoue-Labarthe:] Se è vero che la musica svolge un ruolo estetico assolutamente essenziale nel mondo d'oggi, Wagner può legittimamente essere considerato quale il vero precursore di questo fenomeno.

pp. 64- 65 Wieland Wagner [riaprendo Bayreuth nel 1951 ha liberato la produzione di Wagner] da ogni riferimento a una mitologia nazionale. Al suo posto egli propone ciò che si potrebbe chiamare un puro "mythème", un mitema 65 che grazie ad un processo di astrazione non ha più il minimo rapporto con la nazione.
66 [L]a produzione Boulez-Chéreau-Regnault [direttore d'orchestra-regista-consigliere musicale, come François Nicolas, alla fine degli anni Settanta] è anche una produzione smitizzata di Wagner [ma non da un mito nazionalista a un mito non nazionalista, bensì a una teatralizzazione di Wagner] 67 che si sforza realmente di articolare in modo diverso i principi di continuità e di discontinuità della musica wagneriana [per far emergere] la loro relazione nel quadro della tecnica vocale ed orchestrale di Wagner.

67 [Nel 1991 si pubblica] Musica ficta di Philippe Lacoue-Labarthe [scritti degli anni Ottanta, che trattano dei quattro grandi casi di conflitto e ammirazione - Baudelaire, Mallarmé (aperta rivalità, che afferma come il poema abbia più frecce al suo arco del dramma wagneriano per] 69 assolvere ai compiti del suo tempo, [Heidegger-Nietzsche (necessità di rompere con lui) e Adorno (necessità di superarlo) e dimostra] che l'antiwagnerismo di questi pensatori è nei fatti del tutto inadeguato e che essi non sono riusciti a cogliere il vero cuore dell'opera wagneriana.

69 [Il cuore sarebbe fascista:] l'insieme della "macchina wagneriana" ("appare il wagnerien") [è concepito] come veicolo di estetizzazione della politica [la musica è trasformata in operazione ideologica] protofascista [in quanto] avrebbe presumibilmente inventato un modello di chiusura dell'opera, con l'esclusivo compito di 70 configurare un destino nazionale, un ethos. [Seguendo la lezione di Adorno, dopo aver considerato Wagner come il restauratore] 71 della "grande arte" [afferma che l'arte contemporanea esige sobrietà, modera le sue ambizioni. Un'opera di questo genere oggi non può non ridursi] ad operazioni politiche estremamente reazionarie, pericolose, ossia segretamente criminali. || [A]ll'inizio del libro egli dichiara "Non è Wagner in quanto tale, il vero oggetto di questo libro, ma piuttosto l'effetto che egli produce": un effetto veramente enorme, dal momento che Lacoue-Labarthe afferma che Wagner ha fondato la prima arte di massa.

L'ostilità verso Wagner potrebbe dipendere dal fatto che l'etica di Wotan, se venisse seguita, impedirebbe agli intellettuali di considerarsi profeti e aspiranti alla guida del mondo come della Repubblica di Platone. Se Dio - Wotan, Zeus, Jahvè, Gesù Cristo - è morto, e non torna perché ha voluto morire come atto etico, e se l'ideale dell'amore è un elemento della sua morte - sia il desiderio di sparire di Wotan, sia il sacrificio di Brunilde e la morte di Sigfrido - nessuna profezia è più possibile perché nessuna certezza ideologica o religiosa è più valida. Nemmeno la profezia 'memento mori', che Troisi promette di segnare per ricordarselo (Non ci resta che piangere, 1984).

72 [Come Adorno, Lacoue-Labarthe opera una] precisa scelta filosofica e speculativa che permette di considerarlo quale l'artefice di una confusione tra politica e religione artistica che è plausibile definire fascismo.

Si pensa hegelianamente (?) che gli intellettuali possano guidare la storia, mentre nella migliore delle ipotesi possono comprenderla e aiutare gli altri ad aver coscienza di quanto loro stessi dicono, vedono, fanno. Wagner apre all'immaginario moderno, mondiale e compromesso con tanta mitologia precedente. Tolkien sembra pensare di aver aperto lui questa strada, come se Wagner non avesse influito su di lui. Le serie e i videogiochi esistono senza che si sappia di Wagner e di Tolkien, ma se gli intellettuali fossero onesti e rinunciassero all'inesistente scranno di profeta - o perfino di messia in qualche caso - potrebbero operare con la loro vera misura, anziché vaneggiare con una misura che è stata vagheggiata ma che non si è realizzata mai, se non quando gli intellettuali si sono messi a servizio di regimi fascisti o comunisti.

[Badiou contesta Lacoue-Labarthe con quattro mosse]
[1. Il] ruolo del mito [La produzione citata della fine degli anni Settanta mostrava che il mito non era l'ingrediente essenziale di Wagner] Al giorno d'oggi, come nel passato, ci sono stati tentativi di presentare Wagner liberandolo da tutta questa paccottiglia mitologica, il che mostra come una delle potenzialità dell'impresa wagneriana non sia strettamente tributaria della mitologia, intesa nel senso in cui la intende Lacoue-Labarthe.

[2. Il ruolo della tecnologia. 74 Wagner si è fatto costruire un nuovo teatro, ha voluto un gran numero di musicisti e cantanti con capacità superiori a quelle comuni, ma questo non dipende dal caso né da] 75 motivi stilistici secondari, ma [d]al fatto che la correlazione tra amplificazione delle tecniche musicali ed effetti da riprodurre era l'essenza stessa della sua arte. [Per Nietzsche dall'ouverture del Don Giovanni di Mozart nasce] il declino della musica occidentale [dato che l'orchestra è potenziata per] produrre un effetto di terrore e di sacralità. [Il riferimento ci può piacere, intendendolo ovviamente in maniera diversa da Lacoue-Labarthe. 76 Il fatto che Wagner produca effetti non si spiega tautologicamente con la produzione di effetti, ma la sua orchestrazione] è elaborata nel suo insieme per mezzo di cesure secche, di ramificazioni estremamente diversificate; non si manifesta mai come una massa monolitica. [Come il ruolo del mito, il ruolo della tecnologia non è dominante]

[3. Il ruolo della totalizzazione. Il desiderio enunciato di Wagner,] 77 di creare l' "opera d'arte totale" [viene letto da Lacoue-Labarthe come] un gesto di chiusura: "Il gesto totalizzante è un gesto di chiusura" [Ma le intenzioni dichiarate dall'artista non equivalgono alla sua opera] È impossibile mantenere al contempo la tesi che l'opera d'arte non sia l'espressione diretta della sua psicologia e la tesi che le intenzioni espresse dall'artista rivelino la verità dell'opera. || 79 [L]a sistematicità di Wagner diventa l'equivalente musicale del sistema hegeliano e Wagner è sospettato di aver posto fine ad un certo tipo di opera caratteristica della musica occidentale, esattamente come Hegel ha messo fine ad un certo tipo di metafisica. [Come Hegel ha lasciato ai posteri un compito impossibile in campo filosofico, Wagner avrebbe] lasciato alla posterità una missione senza effettivo contenuto ... missione che consiste nel far sopravvivere qualcosa al di là della sua fine. [Lacoue-Labarthe considera l'opera di Wagner un'illusione programmatica o qualcosa che è esistito nei fatti? Qui c'è] una sorta di incapacità di decidere, tipica ai miei occhi di un certo pensiero heideggeriano: un'incapacità di scegliere tra 80 un elemento che nei fatti è soltanto programmatico e un fatto storico reale.

[4. Il ruolo dell'unificazione] 84 Quando affermate, come fa Lacoue-Labarthe, che in ultima analisi i temi conduttori costituiscono nella costruzione del tessuto musicale un'imposizione mitologica, il ruolo di questi moduli musicali, che al livello cellulare sono in realtà discontinui e il cui principio di trasformazione struttura il discorso musicale wagneriano, viene del tutto annullato. || 85 La questione del tema conduttore è cruciale, perché pone Wagner al cuore di quella che, forse, è la sua vera innovazione, ed è qui che emerge un particolare tipo di ambiguità. [Che non è però riducibile] alla configurazione unidimensionale che Lacoue-Labarthe le attribuisce. L'ambiguità wagneriana acquista un carattere sistematico nella duplice funzione assunta da ciò che Wagner fa emergere non solo dal suo materiale musicale, ma anche da quello scenico o narrativo, ossia da quello poetico, dove possiamo trovare - ben al di là di una funzione narrativa, dichiarativa ed esplicativa - una funzione ritmica, ripetitiva, particolarmente appropriata alla declamazione musicale.

[L'ideale dal quale muove Lacoue-Labarthe, che coincide con Adorno, è quello di Hölderlin]
[L'imperativo della sobrietà si presenta] 86 come una teoria del poema contemporaneo 87 che considera elemento essenziale della poesia moderna il] "divenire-prosa" del poema. Nella misura in cui si ritiene che questa demarcazione tra poema e prosa sia proprio ciò che il poema mette in causa, l'essenza del poema consisterà nel rendere se stesso impuro: nel diventare prosa piuttosto che nell'aspirare ad essere il puro o il grande poema. Analogamente si deve rinunciare alla forma immediata del sublime, al sublime in quanto effetto sublime: in una parola si deve rinunciare agli effetti.
|| 88 [Wagner diventa quindi tutto ciò che non rinuncia a nulla di quel che dovrebbe costituire l'etica moderna]

Adalinda: Calvino invece accetta tutto, ad esempio nelle Lezioni americane.
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15 giugno 2020

129 [N]ulla mai salverà Auschwitz. Ogni riconciliazione con questa negatività radicale o assoluta è inconcepibile; ogni proposta conclusiva deve dunque essere evitata. 131 [Riguardo alle varie soluzioni, silenzio, suono non organizzato, conclusione, aperto] Nel quadro della dialettica negativa tutti questi parametri convenzionali sono ripresi e trattati in una dimensione negativa.

Molto  modestamente: mi pare che i propositi o le ingiunzioni di Adorno siano l'ultimo - in ordine di tempo - tentativo di colonizzazione di zone finora ignote, zone interiori, organizzate secondo geometrie topologiche, comunque non euclidee, alle quali il costruttore euclideo apre l'accesso mentre lo chiude - o chiude l'accesso mentre lo apre - credendo che lo sguardo posato sul disastro di Auschwitz possa venire a capo del trauma - o sparire. Ma sparisci te, Adorno, e tutti quelli che non hanno capito che la differenza tra prima e dopo Auschwitz era solo nel ritmo degli eventi e nella loro visibilità universale. Perché non possiamo ricordare la violenza con la quale abbiamo sempre segnato la storia e torturato e soppresso altri esseri umani, evitando farisaicamente di considerarci peggiori o migliori dei nostri antenati? Se siamo peggiori di loro implicitamente siamo migliori perché più consapevoli della nostra natura. Quindi il bilancio resta pari, cosa che pare inevitabile, cambiano solo i rivestimenti.

[C'è in Adorno, dal suo 'saggio su Wagner' una polemica primordiale con il musicista, che si inscrive in quella di Nietsche e nella quale si pone Lacoue-Labarthe.] Wagner rappresenta una delle loro ossessioni musicali.
136 [Riguardo a Heidegger, quando parla di musica] c'è sempre un pretesto per condannare  ... [F]atto ricco di suggestive riflessioni se si considera la benevolenza che egli ha nutrito per un certo periodo nei confronti del nazismo [che si è impegnato per recuperare sia Wagner sia Nietzsche] [C]i troviamo con un elenco molto complicato di dibattiti su Wagner, con il risultato che Nietzsche, Heidegger, Adorno e Lacoue-Labarthe, seguendo le tracce di Mallarmé o di Baudelaire ... alla fine si sono trovati tutti impegnati in una storia di controversie 137 attorno a Wagner [e le controversie filosofiche sulla musica] sono piuttosto rare. | La mia tesi è che Wagner ha creato una posizione nuova nei rapporti tra filosofia e musica. [Tutti questi intellettuali hanno preso Wagner come rivale]

Dovrei leggere ancora prima di esprimermi, anche se lo faccio per il momento solo fra me e questo .txt, ma quel che penso è che l'operazione di Wagner metta fine alla neutralità fra le arti e le scienze da una parte e la cultura di massa dall'altra. Per questo è celebrato dai totalitarismi, che vedono in Wagner il pioniere della cultura di massa, e odiato dalle anime belle come Adorno & Co., che non riconoscendo la loro responsabilità (in questi giorni in cui esplode il Covid, a questo proposito, vedi Agamben) e credendo di occupare ancora una stanza o almeno un posto letto - senza servizi - nella torre d'avorio nella quale si sono ritirati dopo l'ebbrezza illuministica della rivoluzione francese, aspettando magari il tramonto del sol dell'avvenire mai sorto, parlano dal finestrino lasciato da Prezzemolina, mentre la strega perplessa e divertita va su e giù con l'ascensore, parlano tra loro lamentandosi se nessun altro li ascolta. Wagner si occupa dell'immaginario popolare, di quel popolo che aveva a cuore insieme a Bakunin prima del 1848, lo stesso popolo che ora guarda le serie seriali, il cui immaginario è per la prima volta nella storia l'immaginario dei popoli di tutto il globo terrestre. Adorno e Agamben non li hanno mai sentiti nominare, pure talvolta scrivono su loro, annoiandosi.

140 Nonostante il discorso musicale di Wagner possa essere giudicato come molto elaborato e la differenziazione costituisca uno dei suoi tratti immutabili, nonostante abbia spinto il cromatismo al limite del discorso tonale, e di conseguenza possa essere considerato artefice di un nuovo modo di trattare la differenza, viene avanzato un contro-argomento, che sostiene nientemeno che questo modo di trattare la differenza non deve essere considerato come autentico poiché non è una differenziazione intrinseca, ma consiste semplicemente nel procrastinare eternamente o nel ritardare il finale. [Nietzsche, con i toni delle] 141 liti fra innamorati [attribuisce alla musica di Wagner una qualità] "snervante" ... Wagner gioca con i nostri nervi precisamente perché crea un sentimento di assenza che, a differenza dell'attesa vana di cui parla Adorno, è attesa solo perché ci porta ad attendere una risoluzione che ci è rifiutata fino al momento in cui cala il sipario. [Vale a dire che] [d]opo aver dato un lungo spettacolo sull'assenza della colomba, alla fine la tira fuori dal cappello per il più grande piacere di un uditorio stupito e con i nervi esauriti.

141 [Nietzsche accusa Wagner di teatralizzazione della musica, agendo sul pubblico con la seduzione di una donna isterica] 142 Si potrebbe rispondere senza dubbio che la teatralizzazione è indubbiamente presente in una musica mossa da una pulsione teatrale potente. Ma l'obiettivo polemico di coloro che avanzano questo argomento è il fatto che la musica stessa è teatralizzata fin nella sua più intima natura.

Vorrei indagare su quanto Wagner c'è nelle colonne sonore di Guerre stellari e nel Signore degli anelli.

143 [Wagner è accusato da Adorno di] spettacolarizzazione della sofferenza. [C'è nel teatro di Wagner] una forma di dolore, di separazione, di tensione, molto più profonda di quel sentimentalismo di cui solitamente lo si accusa.

Wagner sa o non sa - non importa - dare una risposta alla questione di come l'immaginario si strutturi in assenza di Dio, La scelta di sparire di Wotan/Zeus/Jahvè è il riconoscimento etico dell'impossibilità dopo il 1848 - figuriamoci dopo Auschwitz! - di affidarsi a Dio, che, o manca, o si è ben nascosto. L'attesa definita 'snervante' da Nietzsche è la sola posizione lucida che possiamo avere. Wagner ci porta al culmine di questa attesa, e ci dice, in anticipo, probabilmente basandosi sull'esperienza diretta del '48 e di quel che ne è seguito, che quel che speravamo sarebbe venuto al posto di Dio - la rivoluzione francese, il nazionalsocialsmo, il socialismo reale - erano chimere, i cui effetti disastrosi non si sono fermati ad Auschwitz e a Norimberga. D'altra parte il Dio del monoteismo sparisce col popolo eletto, come col popolo eletto si innalza fino al cielo o dal cielo discende, e non torna in un mondo dove il riconoscimento dell'unica razza umana è la conquista della scienza e della storia degli ultimi secoli. Wagner non sa cosa succeda dopo che cala il sipario sulla Tetralogia, ma pensa che valga la pena coltivare la consapevolezza di questa ignoranza, che è la sola sapienza umana, quella socratica. Wagner non offre soluzioni, ma mina alla base qualunque soluzione possibile e immaginabile, compresa quella che afferma che non esistono soluzioni, generando distopie per tutti i gusti e tutte le tasche, con profeti come Adorno e Agamben, e seguaci come Bilal e la commessa della Saida. E anche onorati colleghi che possono vantare laurea e specializzazione. La loro comunità sorprendentemente unanime corrisponde a quella che segue con passione e apprezzamento Game of Thrones, che comprende specializzandi a Cambridge e in Fisica teorica, e sciampiste, fascistoidi e comunistoidi. Trent'anni fa era stupefacente RP, poveretto, che amava le uniformi militari naziste e i campeggi estivi dei giovani comunisti in qualche modo vicini alle BR. Oggi la mescolanza di simboli è la norma, e nessuno si stupisce più. Ma questo va compreso, e non è detto che sia un segno di degenerazione, a meno che non si creda ancora in un Dio unico che, voltatosi a causa nostra o sua sponte, riprenderà a vegliarci, a premiarci, a punirci.

143 Si potrebbe dunque considerare Wagner come un formidabile musicista della sofferenza, non tanto per i suoi libretti, anche se questi non sono estranei ad essa, ma piuttosto per il fatto che egli ha creato una musica che turba profondamente, una musica che non si presenta in alcun modo come risolutiva, ma che al contrario rivela, fin nel suo intimo, questo turbamento. Da questo punto di vista le dissonanze cromatiche non si risolvono in una serie di gesti o in una teatralizzazione 144 della sofferenza, ma sono al servizio di un'autentica musica della sofferenza.

Non dimenticare che Wagner ha scritto i libretti prima della musica, e che se questo non significa che il progetto narrativo prevalga, non significa di certo che sia subordinato al progetto musicale. In Wagner il narratore formidabile, come Basile, Perrault e Collodi - maneggia come un giocoliere materiali solitamente gestiti dal GNC, Grande Narratore Collettivo.
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145 Wagner usa e abusa del materiale religioso e si può obiettare che, guardando la cosa più da vicino 145, lo usa come materiale mitico. Detto in altri termini: fa dell'ampio ventaglio del simbolismo cristiano lo stesso uso che fa del simbolismo pagano.

Allo stesso tempo usa miti classici e nordici insieme alle fiabe. Proprio come nel fantasy contemporaneo, di cui è il precursore.

154 Wagner è stato per lo più interpretato come uno che annegava la discontinuità nella continuità (questo è un altro dei temi ricorrenti in Lacoue-Labarthe). Da parte mia penso che Wagner abbia dislocato la discontinuità in modo tanto radicale da farla infine operare come una forma nuova della mescolanza inestricabile tra il lirico e il recitativo, tra la musica e il dramma: facendo ciò egli ha inventato un nuovo modello di relazione fra continuità e discontinuità.
[Conclusione della terza lezione, Wagner come questione della filosofia]

Credo che la grande questione sia la fine dei generi, ovvero il sovvertimento del progetto illuministico di isolare settori del sapere e dell'arte per sottrarli alla visione religiosa/ideologica del mondo.

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Quarta lezione
Riapertura del "caso Wagner"

163 Per Wagner la funzione dell'arte era, senza tentennamenti, quella di creare una nuova mitologia. [In accordo con Nietzsche ] Wagner sarebbe all'origine di una nuova specie di sensualità, mirante a mantenere gli spettatori inchiodati alla loro sedia, ad unirli, in risposta alla seguente domanda: cosa si deve fare per riunire lo spirito del popolo e l'Idea? Ecco qual era il suo programma. [Il pubblico deve rimanere] affascinato, rapito, in modo che si possa imporre a tutta l'impresa la soluzione proto-fascista: una 164 soluzione che si suppone reintrodurre una nuova mitologia [su questo parte la critica di Lacoue-Labarthe & Co.] destinata a porsi al di là della frontiera tra gli antichi dei e il Dio nuovo del cristianesimo. [La sensualità di Wagner, con tutte le sue tecniche, tende a] mantenere l'auditorio in uno stato ipnotico che renda possibile il suo assoggettamento a queste nuove forme mitologiche.

165 Ci viene quindi proposta una teleologia dell'arte [arte totale] il cui scopo è quello di imporre una mitologia finalmente capace di superare l'opposizione tra la Grecia e il cristianesimo ... legata ad un radicalismo politico, ad un radicalismo rivoluzionario pronto a misurarsi con l'affermazione della nazione. ... Nell'opera di Wagner, Benjamin coglie l'intersezione di una teleologia mitologica dell'arte con un radicalismo che alla fin fine rimanda la rottura rivoluzionaria alla costituzione della Nazione. [Partendo da questa accusa di] spudorata seduzione [Wagner usa tecniche] intrinsecamente impure o pericolose nei confronti dello sviluppo della musica.

175 [Le accuse mosse a Wagner nascono dall'ipotesi] della grande arte come qualcosa con cui abbiamo chiuso.

Dopo Auschwitz, beninteso, vale a dire dopo la scoperta che artisti e filosofi e scienziati hanno la stessa competenza di tutti di fronte al criminale statista, sia Hitler, sia Mussolini. Di fronte a questo bisognerebbe elaborare il lutto, invece interviene la negazione: non l'illusione di un ruolo di primo piano dell'intellighentzia è da riconoscere, ma l'arte stessa è finita come grande arte. Se non siamo riusciti a diffondere l'arte - se insieme a noi sono saliti al potere Mussolini, Hitler e Stalin - allora non la diffondiamo più. Perché non interrogarsi sul valore dell'arte, sul suo senso? sul fatto, ad esempio, che non ha padroni?

175,  Ora, se la grande arte è nello stesso tempo un progetto creatore per l'avvenire e non solo la fine di qualcosa, se il suo rinnovamento spunta all'orizzonte - anche se la vita artistica di oggi è in certa misura in preda a difficoltà ed errori inevitabili in rapporto a ciò che potrebbe essere una grande arte amputata della totalità - allora Wagner può essere fatto rinascere e quindi avremo a che fare con un secondo Wagner. Abbiamo bisogno di considerare Wagner come qualcuno che ha detto sulla grande arte qualcosa che oggi si può comprendere in un modo diverso da quello in cui egli stesso la comprendeva, o in un modo diverso da quello in cui la comprendevano coloro che hanno costruito il "caso Wagner". Questa è la mia ipotesi.

180 [Nell'opera intera di Wagner c'è un solo] brano musicale a cinque voci [ed è] legato all'instabilità tipica che accompagna l'instaurazione di una pace dettata dalla rinuncia più che dalla affermazione,
Nei Maestri cantori di Norimberga si tratta del tema della successione, con Sachs che lascia l'amata e la carica al giovane.

191 [Tannäuser va dal papa in pellegrinaggio per chiedere l'assoluzione, ma invece viene condannato alla dannazione eterna.]

Badiou si chiede perché Wagner abbia introdotto questo motivo, io credo che dipenda dalla storia di Hartmann von Aue, nella quale Gregorio - Der gute Sünder - viene perdonato e diventa papa.

194 [In Wagner la sofferenza è] una reale presenza, un "esser-là". [Si tratta di una scissione non dialettica, e 195 la sofferenza è monumentale] Si possono immaginare altre possibili versioni della sofferenza, ma in Wagner la sua presenza equivale veramente alla presentazione delle conseguenze distruttrici di una lacerazione non dialettica del personaggio.

196 [Wagner come Marx, Darwin e altri ha] proposto grandi visioni o teorie sull'evoluzione della specie o su quella della storia e dell'umanità [dando vita a] una sorta di escatologia politica, a qualcosa di simile a una teoria del progresso. [L'opera di Wagner è stata] un terreno di esplorazione delle possibilità implicite in un fine: però questi fini sono stati per lui molto divergenti. Non si trova in lui un polo unico, unificatore, verso il quale la musica sarebbe orientata; si trova piuttosto l'esplorazione quasi anarchica delle diverse possibilità.

199 [D]opo gli dei ... sopraggiunge l'umanità. Si può rivoltare la faccenda come si vuole, ma rimane il fatto che le cose si concludono in questo modo e che la responsabilità del mondo, un tempo governato da Wotan e dagli dei con i loro trattati e i loro accordi, è ormai caduta nelle mani dell'umanità rappresentata dalla folla [nel finale del Ring], senza che venga chiaramente espresso in che cosa consiste questa responsabilità. [Ed è] un'umanità che deve prepararsi a prendere nelle mani il suo destino. ... [D]opo gli dei viene l'umanità, considerata in senso rivoluzionario, del tutto generico e non specificato.

204 Il grande discorso [finale di Bruunilde] ha per scopo di annunciare la distruzione degli dei e di porre l'avvenire nelle mani dei soli sopravvissuti, gli uomini. || 205 Questo finale non racconta in alcun modo la creazione di una nuova mitologia; al contrario racconta la distruzione di tutte le mitologie, poiché il tentativo di Wotan di creare un eroe libero che possa salvare la mitologia si è rivelato ... uno scacco totale [Dopo la morte degli dei] la mitologia non può più essere la soluzione.
L'umanità rimane, insieme alla possibilità dell'amore che si libra su di essa [col tema] chiamato "la redenzione attraverso l'amore". 206 [Ma è un tema oscillante, sospeso, la Tetralogia come] storia impietosa della vecchia natura di tutte le ideologie, compresa l'ideologia della "sostituzione" che il povero Sigfrido avrebbe potuto incarnare, e che, dobbiamo ben riconoscerlo, ha portato solo alla distruzione. 

Non vi sono più né mitologie né eroi. Tutto ciò che rimane è l'umanità, ridotta ai suoi poveri mezzi. Quel che è finito è l'illusione di non essere poveri, di essere assistiti - guidati o puniti, raddrizzati, messi in riga - da un Dio onnipotente, onnisciente, immortale, felice, perfetto... Col corona virus la maggioranza si divide fra complottisti e negazionisti, in ogni caso la maggioranza rimuove, scotomizza, la percezione della solitudine della condizione umana che è nel finale del Ring dopo il sontuoso funerale di Sigfrido, il sacrificio di Brunilde e la dissoluzione del Walhalla. E non mi pare che Auschwitz sia più crudele della distruzione delle città della storia passata, dello sterminio dei popoli amerindi, dell'avvelenamento degli aborigeni australiani come se fossero topi. La differenza è che non si può non saperlo, e che non si può non sapere che non si vuole sapere, anche quando viene documentato puntualmente. Ricordo la mamma di un bambino ustionato nel giorno che Federico passò al vecchio Meyer, che pensava che il caldo insopportabile servisse a combattere i germi, mentre sferruzzava serena accanto alla porta della stanzetta dirimpetto a quella di Federico. Se non si può combattere il male, se ne nega la presenza, o si attribuisce all'intenzione malefica di un nemico al di là della nostra portata come è al di là della nostra portata il genitore quando siamo bambini.

L'oro del Reno è l'oro alchemico, che diventa nelle mani di Alberich aurum vulgi. Il suo segreto è nel fiume, che scorre e torna al mare, ciclicamente. La morte di Dio illude sulla possibilità che l'oro torni all'uomo (al superuomo? Nietzsche?). Come non lo possiede più Dio, così non può possederlo l'uomo. E il possesso amoroso, o l'estasi mistica, completamente appaganti, esigono la fine. Non ha un oltre, un aldilà. Richiama la fine, perché nessuna vita, e nessuna immortalità è più desiderabile dell'amore illimitato: così mostrano Sigmund e Siglinde.
Nel post-umanesimo si passa dall'alchimia alla chimica volgare, e dalla chimica volgare al nostro antropocene. Che comincia quando il Walhalla svanisce. Non un nuovo mito, ma una caotica mescolanza di miti, rispetto alla quale la Tetralogia è un'opera musicale classica!

208 [Maestri cantori di Norimberga. Il geniale innovatore Walter rifiuta di far parte dei Maestri cantori come suggerisce Sachs, ma] ha torto quando disprezza i Maestri cantori [che] 209 danno prova di una grande saggezza salutando questa rottura: Walter è effettivamente  l'innovatore che si oppone alle vedute tradizionali. Ma l'arte è comunque una realtà storica: non potrebbe consistere unicamente in una rottura con il passato. ... [U]na innovazione è tale solo se si basa su qualcosa che non è nuovo [ed è] questa dialettica che deve ricevere la sanzione dell'arte, [perché] è questa dialettica che crea la potenza dell'arte. [L'arte tedesca esiste se compie questa operazione, anche se l'impero tedesco scompare, e diviene arte universale]. || 210 [Per Carl Schmitt] "il sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione" [per Wagner la sovranità nel mondo dell'arte è tale che] il maestro è colui che è capace di sacrificarsi al momento opportuno affinché il nuovo possa essere incorporato nell'antico e possa 211 operare la sintesi tra innovazione e tradizione. È in conseguenza di ciò che egli diventa il maestro del popolo, proprio perché è il maestro dell'arte [quindi la maestria non si riduce alla genialità, ma è qualcosa che emerge come] dialettica tra genio e maestria artistica.

212 [Il cristianesimo è moribondo perché] si è preoccupato troppo di sopravvivere, [sia Titurel, sia Amfortas] 217 [Jean-Luc Nancy considera] la decostruzione del cristianesimo ... come un compito fondamentale della nostra epoca, un compito che deve ancora essere portato a buon fine. [Parsifal sarebbe] né più né meno che un tentativo di decostruire il cristianesimo. [La decostruzione non è semplicemente  una  critica] 218 poiché la riaffermazione è ben più radicale della semplice critica. [La redenzione del redentore] raccomandata da Wagner è irrealizzabile, poiché l'epoca che renda possibile una pura e semplice trasformazione del cristianesimo in un mito non è ancora arrivata. [Per Badiou Wagner opera sul cristianesimo come sul mito germanico, intendendo mostrare] che il cristianesimo poteva essere trasceso attraverso la riaffermazione inusuale del suo essere disponibile per noi.

221 [Come in Eschilo c'è in Wagner una disposizione] a raccontare ed a raccontare una volta ancora la storia ... una disposizione di cui molti si sono fatti beffe. [Non è una soluzione di comodo, Wagner sapeva] che queste ripetizioni risultavano un po' opprimenti. E tuttavia raccontare le vicende fa parte integrante del discorso del personaggio. La condizione della sua soggettività non può essere chiarita se non ritornando una seconda volta sul racconto di ciò che è passato, e ciascuno di questi racconti è unico perché apporta alla storia il chiarimento di un nuovo punto di vista soggettivo. 222 Non è quindi una semplice ripetizione. [Il soggetto racconta la storia dichiarando il ruolo che pensa di svolgervi, e per Badiou] questi brani non [sono] deboli, ma pieni di forza [e dovrebbero] essere compresi come tali dal punto di vista musicale e drammatico. [La musica sarà quindi una] musica della metamorfosi: attraverso questa metamorfosi noi vediamo come un soggetto, raccontando la storia, trasforma del tutto la sua situazione, o tiene un discorso che cambia la sua situazione. La musica è ciò che trasforma la storia del mondo nel turbamento del soggetto.

223 [Nel discorso di Wotan a Brunilde] Incontriamo ... una questione centrale per il Ring, quello [sic!] della critica della legge. La legge, nel senso in cui la intendiamo in questo contesto, cioè i trattati, i contratti, è un mondo asservito nel quale il desiderio è privo di ogni forza creatrice autentica. 224 [Wotan sviluppa qui due temi filosofici:] - nel mondo della legge, il desiderio non può servire a cambiare le cose; | - creare la libertà non è una scelta autentica. La sola cosa da fare è dunque attendere la fine, attendere il sopraggiungere della caduta. || 225 "Io, che grazie a questi trattati sono il signore, grazie a questo trattati sono un servo".

Il soggetto è allo stesso tempo il protagonista, l'attante, e l'assoggettato. La libertà umana è un dissoggettamento che presuppone una soggezione, alla quale succede una nuova soggezione che apre un nuovo dissoggettamento. Solo in questo momento, in questa condizione dinamica, si dà la possibilità di non cedere sul proprio desiderio. La differenza tra prima e dopo il Seicento, o tra prima e dopo Wagner, è che il Dio pensato e progettato come soggetto non assoggettabile diventa assoggettato alle sue proprie regole, alle sue proprie contraddizioni. Come Wotan.

229 [Ci sono tre forme di tempo in Wagner, la prima è] il tempo dei mondi disparati, il tempo di transizione da un mondo all'altro, un tempo creato dall'allontanamento dei mondi [Può chiamarsi il tempo di transizione o dell'errare. La seconda forma deriva dalla prima ma se ne differenzia: è] il tempo del periodo di incertezza ... quando la creazione di una possibilità non ha ancora preso una forma compiuta e vi è qualcosa di incerto che ci tormenta. Infine il tempo del paradosso tragico [Queste sono creazioni di Wagner e tolgono valore alle critiche sulla lunghezza delle opere. La musica può essere lunga o corta] ciò che conta è che essa si situi sempre nel quadro di questa nuova esperienza del tempo.

235 Tutti gli dei sono ossessionati all'idea di generare dei figli per trovare in loro un aiuto nella lotta degli uni contro gli altri. Dopo tutto, è proprio così che funziona la guerra: sono i figli 236 che vengono inviati al fronte. [Sigfrido e Hagen non amano i loro padri, e sono piuttosto indipendenti da loro] l'occulta influenza paterna si manifesta nel fatto che entrambi hanno problemi con il proprio padre.

Alla mia generazione - ai maschi della mia generazione di essere pronti, e alle femmine di concedersi ai maschi pronti, buoni per il re e quindi per la regina - non è stato chiesto di andare in guerra, e quando ci è stato chiesto è nata la contestazione, a proposito del Vietnam. Ma allora cosa si chiede ai figli e alle figlie, se non si mettono al mondo per fare quel che noi non siamo riusciti a fare? Noi chiediamo loro di sopravviverci, e nient'altro. Ma questo è troppo poco rispetto alla richiesta di Alberich a Hagen e di Wotan/Sigmund/Mime a Sigfrido, nel senso che non è strutturante. Ora i figli non si ribellano, almeno chi è nato negli ultimi anni del secolo scorso. Ma sono disillusi prima di illudersi. In questo senso non si tratta nemmeno di disillusione, perché di questa si può parlare solo se si è data illusione. L'animosità e il tormento degli attuali quarantenni è la risposta al fatto che, modellandosi sui nostri desideri, si sono però trovati senza alcun compito da svolgere, e allo stesso tempo senza compiti da rifiutare.

239 [L'idea di crerare una grande arte è di tutto il XIX secolo, ma] ciò che possiamo trarre dall'opera di Wagner consiste in cinque regole [o direzioni o chiavi] riguardanti ciò che può essere la grandezza distinta dalla totalità o dalla volontà messianica. GRANDEZZA DISTINTA DALLA TOTALITA' O DALLA VOLONTA' MESSIANICA.
1. CREAZIONE DI UNA POSSIBILITA' [La strategia wagneriana - che non è affatto hegeliana o dialettica - mostra come possa emergere] nel momento stesso in cui si manifesta, una nuova possibilità per il soggetto.
2. MOLTEPLICITA' DELLE IPOTESI  [Wagner non cerca mai un'ipotesi unificante o un progetto che raggruppi tutte le ipotesi: questo può produrre esitazione] Per essere grande l'arte deve, fino ai limiti dell'esitazione, avventurarsi nelle possibilità di cui essa stessa si fa garante e che da essa sono generate.
3. ACCETTAZIONE DI UNA SCISSIONE PRESENTE IN UN SOGGETTO 240 Il soggetto non è mai una struttura che si realizza compiutamente, né un episodio particolare della vicenda: al contrario, la scissione del soggetto, nel momento in cui si manifesta, è l'essenza stessa della soggettività. E questa, per Wagner, crea sofferenza. [In confronto a questo è ridicolo il monito dell'impossibilità della poesia dopo Auschwitz come le critiche che danno forma al Caso Wagner]
4. LA NON DIALETTICITA' DELLE RISOLUZIONI 241 Io penso che l'approccio di Wagner [che vi sia sempre riuscito o no] sia quello di ricercare delle figure risolutive che non interrompano la musica in quanto tale, ma che nemmeno impongano necessariamente una possibilità unilaterale o una sola idea. Rimane sempre un elemento di esitazione.
5. TRASFORMAZIONE SENZA FINALITA' Queta ultima regola riguarda la nozione di trasformazione senza finalità quale principio di sviluppo: questo è possibile quando si può trovare nelle risorse stesse della trasformazione il materiale necessario a conferire una forma allo sviluppo.

243 [La lezione di Wagner consiste] dapprima nella rinuncia alle divisioni classiche dell'opera a profitto della melodia infinita, e poi nella loro unione, nella loro tessitura per mezzo dei temi conduttori: [questo] segna nonostante tutto un passo in avanti nella direzione di una grandezza liberata dalla totalità. Per noi ciò che conta al di sopra di tutto è precisamente il suo percorso: esser stato l'ultimo ad aspirare alla grandezza ed aver saputo rinunciare alla totalità che pure costituiva il suo obiettivo principale. 
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17 giugno 2020

259 [Un'angoscia notturna attraversa tutto il Don Giovanni di Mozart, che] fallisce tutto ciò che intraprende. L'Ouverture presenta tutto il materiale sonoro dell'Opera, e quel che accade nell'ultima scena manifesta questa particolarità, che caratterizza un soggetto tipico del Settecento:] l'idea che si possa sfidare il soprannaturale, che ci sia questa possibilità. || [S]e il soprannaturale può essere sfidato, allora tutte le imprese umane sono sotto il segno della totale incertezza e dell'angoscia.


Don Giovanni: incertezza, angoscia, sfida
L'incertezza e l'angoscia derivano dalla transizione da uno stato analogo all'infanzia, nel quale un Superiore, genitore o Dio, veglia e indirizza e premia e punisce, e se il premio non è visibile in questo mondo (per Dante stesso, anzitutto, come per tanti suoi personaggi, da Guido da Montefeltro a Manfredi a Cunizza da Romano ecc.) non per questo si deve dubitarne, perché il premio o la punizione avverranno nell'altro mondo. In questo senso la riverenza di Boccaccio per la Divina Commedia è pienamente comprensibile, perché l'atto di un poeta e politico condannato a morte, di manifestare la giustizia divina senza alcuna autorizzazione da parte dell'autorità religiosa, precede e rende possibile la laicità di Boccaccio, della sua opera: ser Ciappelletto in apertura, talmente indifferente all'ipotesi di una punizione nell'Aldilà che muore con un'ultima straordinaria beffa, che oltretutto produce anche miracoli veri, dello stesso ordine di quelli visti accadere alla Salpêtriere dal giovane Freud. E se è Ciappelletto ad aprire una raccolta che non chiede più nessuna legittimazione a nessuno, rivolgendosi al suo pubblico e dedicandosi alle donne che quando soffrono per amore non hanno il sollievo di dedicarsi a passatempi come la caccia, è Gualtieri a chiuderla, il signore che secondo il suo arbitrio senza giudici infligge sofferenze terribili alla sposa che ha scelto, avendola vincolata a un'assoluta obbedienza. Nella relazione di dominio della donna Gualtieri trova quella certezza che ser Ciappelletto aveva definitivamente perduto. Tramontato il Dio/Genitore/Punitore/Premiatore/Onnisciente/Onnivedente, il maschio ne assume le prerogative riguardo alla donna. La cui libertà consiste nel ricordargli che la sua crudeltà può essere mortale. Come non pensare al delitto d'onore, come non pensare ai delitti perpetrati dagli uomini contro le loro mogli, amanti, figlie, compagne? L'ultima rinuncia a Dio è la rinuncia al potere che il maschio adulto pretende, prima legalmente, di esercitare sui figli e sulle donne a lui legate dalla nascita o dalle nozze. Tramontato questo potere, tocca a Griselda raccontare la sua storia, e anche la storia di Gualtieri, allo stesso modo in cui alla fine del Ring gli esseri umani guardano in assoluto silenzio verso il pubblico. Se il kyklos mytikos antico finisce la notte in cui tornano a parlare e dormire insieme Ulisse e Penelope, col tempo alterato da Athena che ferma il carro di Aurora, insieme al ciclo ventennale di lukabantos, un nuovo kyklos mytikos finisce con la prima guerra mondiale. Si opera presto un misconoscimento della sua novità: della crudeltà che si racconta, che rivela la follia di chi tiene le fila di milioni di giovani, mandandoli al macello della guerra in maniera più insensata delle giovenche al macello bovino. La seconda guerra mondiale, i campi di concentramento e di sterminio, la stessa cosa umana e disumana che accade oltrecortina, mostrano, amplificato, lo stesso orrore della prima guerra mondiale: non più due popoli, per i quali la guerra era già totale, ma solo nel poema di uno dei due - l'Iliade è il poema dei Greci rappresentati dagli eroi a Troia, il Mahabharata degli indiani rappresentati dai Pandava - ma letteralmente tutti i popoli del mondo. Si sono visti morire tanti giovani uomini al fronte, e tanti di ogni età, anche bambini, nelle città ancora non invase dai nemici, sotto i bombardamenti, e alla fine si sono processati i colpevoli di questo orrore, come se fosse la prima volta che si verificava, come se i vincitori potessero ancora, come gli antichi greci nei miti e tutti i vincitori nella storia scritta da loro, assolversi. Con gli stessi mezzi di comunicazione di massa hanno celebrato il processo, condannato e giustiziato i colpevoli, e accreditato se stessi come giudici. Non c'è da meravigliarsi del silenzio calato su quanto accadeva oltrecortina, analogo a quello sui campi di sterminio prima del 1946, e sul silenzio, poco interrotto, calato sugli orrori perpetrati dai vincitori, come il bombardamento di Dresda nel 1945 e la bomba atomica su Hiroshima e su Nagasaki nel 1946, soprattutto la seconda, visto che come messaggio deterrente al Giappone la prima poteva bastare.
Se c'è una cosa che non ci deve stupire è la reazione giovanile alla guerra in Vietnam, all'arruolamento per combattere in Vietnam: i giovani chiamati a combattere, la mia generazione, nata durante o subito dopo la guerra, è stata cresciuta da genitori che vantavano come credito quello di aver sconfitto i dittatori e aver posto fine alle guerre ingiuste. La mia generazione in gran parte non ha creduto che la guerra in Vietnam fosse giusta, ma penso anche che mancasse la convinzione che fosse accettabile andare a farsi ammazzare. La reazione alle guerre combattute da volontari o da mercenari, certo non più giuste di quella in Vietnam che apre la contestazione giovanile del Sessantotto, iniziata con la protesta giovanile statunitense nel 1964, è meno violenta. Non si tratta di ipotizzare che la pace stia a cuore perché la guerra implica il rischio personale di combattere e morire. Si tratta di comprendere che il senso che nel passato ha indotto a partire per il fronte i giovani maschi - inducendo parallelamente le femmine ad amare chi partiva, anche perché si diceva che chi non era buono per il re non era buono per la regina - si è dissolto come il Walhalla alla fine della Tetralogia del Ring.
Quel che era chiaro per il genio di Wagner - il genio non è, come si crede, chi ha una vista particolarmente acuta e quindi penetrante, ma è colui che resiste alla tentazione di chiudere gli occhi, qualunque sia il motivo per cui ha questa rara prerogativa - era presente nei giovani contestatori, prima negli USA, poi in tutta Europa: non c'è nessuna ragione perché i padri mandino a morire i figli, perché il loro ordine è discutibile come ogni tipo di ordine, che riguardi la stabilità del singolo, quella della sua comunità, quella del mondo stesso.
Senza porre rimedio alla scotomizzazione generale delle conseguenze della rivoluzione francese, del fallimento dei moti del 1848, e della semaine sanglante del 1871, quando l'esercito prese il controllo di Parigi uccidendo più di 30.000 cittadini, menzogna si aggiunge a menzogna, perché la nostra condizione trova quasi impossibile e quasi insopportabile rinunciare a credere che manchi un Dio, e che al suo posto non ci sia un principio collettivo dominante, come il fascismo, il nazismo, il socialismo reale. La sconfitta insanguinata di regimi come il fascismo e il nazismo, il tramonto del sole dell'avvenire, avvenuto prima che sorgesse, a parte le menzogne della propaganda, ha prodotto la frammentazione delle ideologie totalitarie, e le forme di neotribalismo figlie del pensiero new-age, paragonabile al discorso di un ubriaco che ha ascoltato discorsi filosofici, teologici, politici. Le forme di neotribalismo, rispetto ai movimenti delle grandi ideologie e alla contestazione del Sessantotto e a quella del Settantasette, hanno carattere locale, la loro sostenibilità esige un numero ridotto di aderenti, siano vegani, neo-buddisti occidentali, animalisti, antivaccinisti, ecc. Un numero limitato di partecipanti permette di sostenere più facilmente un insieme di teorie e ipotesi e di considerarle sensate, e così il gruppo come insieme sostiene l'identità dei singoli e i singoli sostengono il gruppo.
Il covid-19 ha mostrato la consistenza di questi neo-tribalismi - sempre prossima a uno stato di dissoluzione, come quello del Walhalla nella grande illustrazione di Rackham - perché né il pericolo né gli strumenti per proteggersi erano in alcun modo prevedibili né spiegabili da nessun neo-tribalismo. Ha mostrato anche, allo stesso modo, che l'ideologia del capitalismo avanzato è inconsistente: avere successo, sia fama, sia denaro, non ha costituito una protezione, perché si è ammalato lo stagionato principe ereditario d'Inghilterra come il primo ministro che voleva che i suoi concittadini si preparassero a salutare i loro cari anziani e già malati in attesa della risolutiva immunità di gregge. Questa somiglia alla comunità sana degli ariani vagheggiata da Hitler con quasi tutti i tedeschi, in via di ottenimento grazie all'eliminazione di malati di mente, portatori di handicap, omosessuali, dissenzienti politici - quindi pazzi - ecc. Non si rifletterà mai abbastanza sul paradosso dei due leader di questa teoria sociale centrata sulla purezza della razza ariana, il cui aspetto non aveva nulla di ariano: un'occhiata a Hitler e a Mussolini è sufficiente a mostrarlo e a dimostrarlo.
Ma guai a slittare in una lamentazione sulla tendenza a scotomizzare quel che Wagner ci mostra con gli esseri umani in silenzio dopo il rogo di Sigfrido e il satī di Brunilde (qualche animalista non ha pensato che Grane probabilmente non aveva voglia di morire tra fuoco e acqua?). Bisogna capire che la nostra identità si struttura grazie al genitore quando siamo prole inetta, e grazie a una figura che ne prende il posto quando siamo un po' meno inetti, vale a dire capaci di camminare senza passeggino, una figura immaginaria come Dio che però può essere proiettata su una persona 'reale', come lo psicoanalista. Accade facilmente che si riesca a vedere la sciocchezza e la cecità di chi fa pericolosi equilibrismi a occhi chiusi pur di non accorgersi, cosa di cui Wagner era consapevole, che da prole inetta non diventiamo se non con tanto tempo e tanto lavoro quel che speriamo di diventare da bambini semplicemente crescendo, adulti capaci di vivere nella realtà, utili a noi stessi e agli altri. Sorridere o ridere di chi sbaglia equivale a sbagliare, perché induce a trascurare la ragione umanissima dell'errore, che può farci cadere come è caduto chi stiamo criticando.

Vale la pena, dice Don Giovanni, sfidare il Commendatore, anche se in questo modo si perde la vita. Altrimenti la perdita sarebbe la definitiva perdita della propria libertà, del proprio diritto a pensare autonomamente. Leporello e tutti gli altri riprendono la loro vita, come se nulla fosse. Siamo tutti discendenti della compagnia che sopravvive, come siamo tutti discendenti di Caino, questo dice il mito.

264 [I]l soggetto del Parsifal consiste nel sapere se una cerimonia moderna sia possibile. ... Una questione distinta da quella della religione, poiché se la cerimonia può essere considerata come un modo di autorappresentazione per una collettività, o addirittura per la comunità, la trascendenza non ne fa necessariamente parte. ... Senza trascendenza, ma, ciò nonostante, non rivolta alla sopravvivenza o all'interesse, come ha finito col diventare la "cerimonia" originaria di Montsalvat, ormai traviata perché ridotta alla sola sopravvivenza di Titurel. | Detto en passant, non è questa la questione di cui ci stiamo occupando? Come può la comunità attiva rappresentare se stessa, assistere attivamente alla rappresentazione della propria capacità inventiva, senza alcuna trascendenza, neanche quella, prima di tutto, del Partito o del Dirigente Supremo, e senza sprofondarsi, come tutte le cerimonie del nostro mondo, nel ridicolo mondo della moneta e nello scambio accelerato degli interessi più vili? È possibile immaginarsi una vera cerimonia del comunismo, capace di rilanciare il movimento comunista e non votata a celebrare l'immobilità dispotica di uno Stato? 265 Questa questione della cerimonia è egualmente distinta dalla questione del sublime, alla quale spesso si è voluto ridurla.

267 ["L]aico" è una parola 268 che non ha alcun significato preciso e pertanto esclude la possibilità di immaginare, in corrispondenza a questo nome, un luogo in cui si possa realizzare la presentazione della collettività in quanto tale. | Diciamo, en passant, che oggi "laico", il cui unico significato è "anti-musulmano", è diventato il nome repressivo della paura che attanaglia la piccola borghesia dei paesi occidentali di vedersi sommersa dai proletari venuti da fuori: una paura che stupidamente chiama con il nome di "guerra di civiltà", mentre in realtà si tratta di una banale guerra di classe dell'età post-imperialista. [Per Wagner, come per Mallarmé, la nuova cerimonia, se deve superare la religione] sarà poetica. [Una cerimonia moderna deve avere un carattere artistico. Mallarmé scrive nel 1895:] "Una magnificenza si dispiegherà, di qualsivoglia tipo, simile all'Ombra di un tempo" 269 [Nel 1882, anno della prima rappresentazione del Parsifal] Wagner si immagina che si sia già realizzato. [Ma] in quale forma precisa esiste? Esiste come teatro per la cerimonia [Bayreuth. Ma] si tratta della cerimonia tale e quale a quella rappresentata a Bayreuth o è questo Bayreuth stesso una cerimonia in quanto luogo della cerimonia? 270 [Wagner pensava che il Parsifal potesse essere rappresentato solo a Bayreuth].
271 [C]iò che è in gioco è un problema fondamentale e del tutto legato alla contemporaneità: sapere, cioè, se possa essere preso in considerazione il progetto di una cerimonia nuova, che non sia né una restaurazione, né il desiderio nostalgico di preservare o di riprodurre l'antica cerimonia. [Nella prima cerimonia, celebrata da Amfortas per ordine di Titurel, e nella seconda, celebrata da Parsifal] 272 la scena e la struttura del luogo rimangono invariate. [Le modifiche introdotte da alcuni registi sono indifendibili] || Il protocollo formale è lo stesso: il Graal deve essere esposto. Gli oggetti non sono cambiati: sono il Graal e la lancia. [Amfortas si rifiuta di esporre il Graal per le sofferenze che questo gli provoca, e per questo gli succede come re Parsifal consacrato da Gurnemanz. E Parsifal 273 fa] esattamente la stessa cosa di prima! ... scopre il Graal e lo mostra ai cavalieri. 274 [Per Mallarmé] Il poeta sarà il prete della cerimonia del futuro. Parsifal è il poeta della redenzione del Redentore? Ma allora, non è Wagner stesso il celebrante?

280 La dichiarazione del popolo, la dichiarazione della folla non potrebbe essere soddisfatta dalla sola rivolta anarchica. Essa deve anche progettare, esaminare e produrre la sua propria forza.

281 Siamo dunque sospesi tra nostalgia ed intrusione, ma l'intrusione nelle cerimonie future è, non di meno, qualcosa di più desiderabile della pura restaurazione. Mallarmé e Wagner rappresentano per noi, alla fine del secolo XX, il bilancio delle difficoltà che riguardano la questione della cerimonia. Questo bilancio contiene al contempo una incertezza ed un imperativo. L'incertezza poggia sulla relazione tra le cerimonie del futuro e la lunga storia delle cerimonie della religione e degli stati. Siamo sicuri di poter sfuggire alla potenza simbolica di questa storia? L'imperativo può essere così espresso: a dispetto dell'incertezza, bisogna postulare l'esistenza futura di una qualche cerimonia. [fine del libro]


William Cole, Wagner, Freud and what it means to be human. 2013

One of the theories as to why the works of Wagner so polarise opinion is that they articulate and give expression to some of our most powerful instinctual desires, desires that in modern society, according to the theories of modern psychology, especially Siegmund Freud, we have to suppress below the level of consciousness. These desires are often to do with what are in our society taboo subjects – powerful sexual feelings towards members of our family, for example. These issues, questions of parenthood, of family, of organised society’s hostility to passionate love, are central to the subject matter of The Ring. Act One of Die Walküre closes with the two siblings, Siegmund and Sieglinde, about to make love. Wotan is forced by circumstances of his own creation to relinquish his daughter, Brünnhilde. Siegfried spends his early life coming to terms with the lack of his mother, and eventually finds the love (that will of course bring about his death) in his half-sister Brünnhilde.
Ma non è sua zia?


Ai tempi di Freud si poteva pensare che il sesso fosse tutto, ora occorre riformulare la cosa: ciò che ci spinge a cambiare, dopo averci messi in ansia, è la crisi del modo consensuale di accedere a Eros, vale a dire di consentire l'attivazione della supermappa erotica. Se la mappa erotica si attiva scissa dalla Legge, è la morte degli amanti e il lutto di tutti gli altri. Si alimenta la mappa erotica tributando nel deserto un culto alle tombe degli amanti come Giulietta e Romeo. Si alimenta la mappa erotica attraverso l'arte e la ricerca scientifica, per la quale l'artista non può non trascurare quanto nella vita ostacola la sua dedizione all'arte, e se trascura l'arte è malattia melanconica nel soggetto.

Ai tempi dell'Università. esame di Storia Moderna, ho studiato la Melencolia 1 di Dürer e alcune delle sue interpretazioni. A me piace vedere in questa opera quel che ho appreso su me stessa e attraverso il lavoro analitico con persone dotate di un'attitudine artistica o di ricerca, in entrambi i casi una tendenza alla sublimazione lasciata da parte per rispondere alle esigenze del comune buon senso della famiglia, quella d'origine e quella alla quale si è dato vita da adulti. L'opera di Dürer potrebbe significare il momento in cui le esigenze comuni a tutti prendono la scena, sono in primo piano, come gli strumenti del mestiere e quelli delle scienze di cui l'artista dispone, un artista come Dürer, grande come Leonardo. L'angelo/artista/femmina ha compreso i bisogni della Hausfrau, del tecnico, del committente, di tutti. Dispone di tutti gli strumenti considerati necessari, anche da lui stesso, che lo impegnano tanto che non ha tempo per contemplare all'orizzonte la terra promessa dell'estasi artistica, di quella condizione nella quale non manca nulla, sperimentata dagli amanti e dal mistico.  Eros bambino guarda una tavoletta, non meno annoiato della figura alata, mentre la scala e il solido di pietra nascondono l'orizzonte della terra al di là del mare, circoscritta dall'arcobaleno. Il titolo è portato da una creatura chimerica, se non diabolica, un piccolo mostro sfuggito all'ordine del compasso e della squadra, la creatura fantastica e deforme - mentre in primo piano le figure viventi sono belle - definisce lo stato che è incomprensibile per il senso comune, come la pagina ostinatamente bianca dello scrittore. Gli strumenti sono preziosi, necessari, utili, ma la luce viene da un luogo che nessun senso comune può raggiungere, perché è al di là dell'ordine comune. Il lavoro dell'artista come essere umano diverso e uguale a tutti gli altri è di trovare un equilibrio fra gli strumenti che anche gli artigiani possiedono, che si possono comprare avendo il tempo o i soldi per farlo - tempo e soldi sono accessibili a tutti - e il desiderio che nulla di concreto soddisfa. Quando è dato per realizzato, come nel finale di quasi tutte le fiabe, segue la pagina bianca, non si può più dire nulla che preservi il finale felice.



Definizioni di Leitmotiv

https://en.wikipedia.org/wiki/Leitmotif

In The Lord of the Rings film trilogy, composed by Howard Shore, the dramatic orchestral score has about a hundred leitmotifs recurring throughout, which are mostly associated with the protagonists, villains, locations, objects and moods. Furthermore, Shore created over 65 new leitmotifs for The Hobbit film trilogy.

In the Harry Potter film series, "Hedwig's Theme", composed by John Williams, is the dominant leitmotif for the film series and it has been interpolated throughout the rest of the Harry Potter film scores, including in those by Patrick Doyle, Nicholas Hooper, and Alexandre Desplat. In Philosopher's Stone and Chamber of Secrets, Williams makes use of principal motifs associated with characters, ideas and locations, which are repeated in both films.

http://www.magistralinuoro.it/files/09_Wagner.pdf
Liceo Musicale Sebastiano Natt, Nuoro

Definizione di leit-motive
E’ questo, nella tecnica wagneriana, un breve tema musicale (in italiano possiamo chiamarlo motivo conduttore) molto elementare nella costruzione iniziale, ma in grado di “evolversi” nel corso dell’opera e di combinarsi con altri motivi. Ogni leit-motive è associato ad un personaggio, ad un oggetto, una situazione, che viene richiamata alla mente con la riproposta del leit-motive stesso, sia nelle parti vocali che in quelle strumentali: l’orchestra assume così in Wagner un preciso ruolo di commentatrice dell’azione, simile a quello che il coro aveva nella tragedia greca.
I motivi sono 134 nella Tetralogia.


Jamie MacGregor, Two Rings to Rule Them All: A Comparative Study of Tolkien and Wagner, 2011

Abstract: A close comparison of Wagner’s Ring Cycle and the history of the One Ring in Tolkien’s legendarium which goes far beyond the usual shallow or dismissive comparison between the two. Here we see Tolkien, as he frequently did, absorbing the influence of an earlier author and responding in the form of a correction based on his sense that Wagner had, as Shippey put it, “got something very important not quite right”

Using this generic plot outline as a framework, I comment at each stageon the similarities and differences between the two lovers with a view to suggesting that an important part of what Tolkien was trying to do in °The Lord of Rings° was indeed to offer a correction of (and possibly a corrective to) Wagner's Tetralogy.

A. L'anello è la forza della natura, che si perverte posseduta dall'uomo. Il suo ritorno alla natura pare il risultato di una coscienza ecologica che è anche economica, in senso freudiano, perché pretendere di dominare quel che Dio dominava porta alla morte degli dei e degli eroi, l'ultimo dei quali è Sigfrido. Ma Sigfrido pecca di ybris, perché non teme i nani né Wotan. E' dello stesso tempo ateo come Alberich. Il possesso dell'anello è possibile se non c'è un dio a punire il peccato di ybris. Ma possederlo illude sull'essere superumani se non divini, come ereditare dal Padre Celeste le sue prerogative. Anche il diritto di vita e di morte esercitato senza attenuanti da Hitler come da Stalin implica l'eredità del potere divino. In fondo il padre mandava il diluvio, o le sette piaghe d'Egitto.

Morgan quotes one of his most revealing letters, which asserts that the desire to "rebel against the laws of Creator - especially against mortality [...] will lead to the desire for Power, for making the will more quickly effective, - and so to the Machine (or Magic)" (Letters 145; Morgan 26). What Tolkien can hardly have known was that Wagner, also in a letter, had described the moral of the Ring as being that "dread of the end is the source of all lovelessness" (1.260) Bearing in mind that the Ring presents a diametric opposition betwenn power and love, it is clear that "lovelessness" here is equivalent to the "desire for Power," suggesting that Wagner and Tolkien equally see the lust to dominate as originating in the fear of death ("Dread of the end" / "rebel[ion] [...] against mortality"), an impulse that leads to a futile substitution of material possessions for the irreplaceable value of life itself. [il riferimento all'anello al singolare non è casuale, tutt'altro] At the end of the day, the Two Rings are One after all. [fine del saggio]

A. Non è che l'essere umano è oggi più avido di potere di un tempo, né peggiore di un tempo. E' che la mancanza del garante divino implica la necessità di reperire un garante, perché senza garante non si struttura il soggetto, né una volta strutturato riesce a restare compatto. Anche il consumismo è un garante, come il dittatore. Come i miti diventati ideologie assolute, come i fanatismi salutistici. Come gli innamoramenti, forti come quelli degli amanti dei beduini del deserto. L'uomo è accusato – si auto-accusa – a torto. E' che senza garante – e senza nemico – il soggetto non può sussistere. Farlo sentire in colpa  funziona se recitando l'atto di dolore e promettendo di emendarsi merita un premio nell'Aldilà. Se il premio non c'è, la recitazione dell'Atto di dolore non porta da nessuna parte se non al suicidio o all'omicidio.



Thomas Mann, Dolore e grandezza di Richard Wagner, 1934

Dal canto loro, Tristano e Isotta, pur richiudendosi nel loro indubbio egoismo, abiurano ogni ambizione di gloria e di potenza, mentre la "grande idea" di Wotan potrebbe essere benissimo scaricata da ogni allusione alla Germania e ribaltata in chiave universale, laddove egli dice, a Fricka: "Solo la tradizione riesci a comprendere. Il mio pensiero mira a tutto ciò che ancora non è avvenuto". A questo proposito, così si legge nel libro di Thomas Mann Dolore e grandezza di Richard Wagner, in cui lo scrittore, wagneriano e antinazista, riporta ciò che ammise nella sua conferenza Richard Wagner und Der Ring des Nibelungen tenuta a Zurigo il 16 novembre 1937, ovvero che il nazionalsocialismo sarebbe una sua naturale derivazione: «Il ritorno al mondo romantico e leggendario si lega alla conquista di elementi puramente umani. Questo rivolgersi al passato significa il distacco dal mondo borghese di una corrotta cultura, dominata dal capitalismo, per far ritorno al popolo come forza etnica, elemento redentore e purificatore. Oggi, nell'esperimento politico che si tenta in Germania, non è difficile trovare tali impronte, ma le fiabe, nel campo della politica, diventano altre cose e prendono altro nome: menzogne. L'autore della Tetralogia, con la sua arte ebbra di passato e di futuro, non si staccò dalla cultura borghese per scambiarla con uno stato totalitario che annulla lo spirito. Lo spirito tedesco era per lui tutto, lo stato tedesco nulla, come egli scrive nel testo dei Maestri Cantori: "Se anche andasse in polvere il Sacro Romano Impero, ci resterebbe la Sacra Arte Tedesca!».


Giorgio Pestelli, L'anello di Wagner. Musica e racconto nella tetralogia dei Nibelunghi

È l’opera della vita per Wagner. I quattro drammi che compongono L’anello del Nibelungo impegnano il compositore tedesco per quasi trent’anni (1848-1876). Una lunga gestazione, durante la quale la riscrittura del mito germanico e la messa in musica si trasformano in un diario spirituale. Wagner intraprende questa impresa in uno dei momenti più inquieti della storia europea:] «Il suo temperamento – scrive Giorgio Pestelli – era di quelli che creano meglio sotto la pressione degli eventi, se non degli affanni. Ma che Wagner abbia avuto la costanza di completare il monumento dopo tanti anni, fra ostacoli di ogni sorta, malattie, dubbi, crisi, inimicizie, tracolli finanziari, è uno spettacolo di forza e determinazione che ancora lascia meravigliati».
I fermenti rivoluzionari dell’epoca ispirano l’allontanamento dalla realtà al mito: così Wagner può osservare l’uomo in assoluto, affrancato dalla storia, penetrandone le passioni, prima fra tutte quella per l’«oro», il potere, che conduce solo a morte e rovina. È proprio dalla fine, dalla caduta degli dei che Wagner aveva iniziato il racconto. Presto però si rende conto che l’argomento che ha sottomano, la morte dell’eroe, per essere compreso appieno ha bisogno dell’antefatto. Da qui prende avvio una lievitazione della materia fino alle origini della vicenda: nasce così L’oro del Reno, e via via le altre opere dell’Anello. In questo andare a ritroso nella composizione Wagner inventa una dimensione del tempo narrativo che dal passato fluisce nel presente e viceversa, esercitando un influsso incalcolabile sulla narrativa di fine secolo. Ma in questo cammino a ritroso il grande impianto che aveva ideato, nemico al divino e celebrativo della libertà dell’uomo e delle leggi del cuore, entra in crisi: le inquietudini di Wotan, il padre degli dei, la sua lacerazione interiore, sono il segnale più evidente che qualcosa si è rotto nelle certezze dell’esistenza. È vero, l’anello esprime al massimo grado la concezione wagneriana di «dramma musicale», simbiosi assoluta tra testo e musica, in cui tutto si tiene, tutto è necessario; anche i dialoghi e i monologhi sono cruciali; e nel volume, in cui Pestelli segue passo passo narrazione e sviluppo musicale, anche quei dialoghi e monologhi vengono aperti e spiegati, svelando un meccanismo teatrale dalla logica serrata. Qua e là, tuttavia, nel grandioso edificio dell’Anello, si scorgono crepe, fratture, cose non rifinite, dovute soprattutto a quella creatività impaziente di perfezioni formali con cui Wagner getta un ponte fra tardo romanticismo e decadentismo.

Scrive l'A. che non si occuperà delle 'radici mitologiche' e degli 'innumerevoli influssi culturali', per i quali rimanda a Quirino Principe, Maurizio Giani, Mario Bortolotto, e ai saggi capitali di Carl Dahlhaus.


Alex Ross, The Ring and the Rings. Wagner vs. Tolkien.

Tolkien refused to admit that his ring had anything to do with Wagner’s. “Both rings were round, and there the resemblance ceased,” he said. But he certainly knew his Wagner, and made an informal study of “Die Walküre” not long before writing the novels. The idea of the omnipotent ring must have come directly from Wagner; nothing quite like it appears in the old sagas. True, the Volsunga Saga features a ring from a cursed hoard, but it possesses no executive powers.

[...]
For Tolkien, myth is a window on an ideal world, both brighter and blacker than our own. For Wagner, it is a magnifying mirror for the average, desperate modern soul.
[...]
Tolkien believes in the forces of good, in might for right. Wagner dismisses all that—he had an anarchist streak early on—and sees redemption only in love.

Ma redenzione fino a un certo punto, visto che tutti muoiono. Dell'amore umano poi non si racconta nel Ring. Anche Andreoli vede la donna come più forte e capace dell'uomo, dimenticando che muore anche lei come l'uomo. È la stessa dimenticanza di quando si parla del femminicidio, senza ricordare che l'assassino si suicida o comunque la sua vita finisce lì.



Shapiro, Alexander H. The Consolation of History: Themes of Progress and Potential in Richard Wagner's Götterdämmerung

In this book on Richard Wagner's compelling but enigmatic masterpiece Goetterdammerung, the final opera of his monumental Ring tetralogy, Alexander H. Shapiro advances an ambitious new interpretation which uncovers intriguing new facets to the work's profound insights into the human condition. By taking a fresh look at the philosophical and historical influences on Wagner, and critically revaluating the composer's intellectual worldview as revealed in his own prose works, letters, and diary entries, the book challenges a number of conventional views that continue to impede a clear understanding of this work's meaning. The book argues that Goetterdammerung, and hence the Ring as a whole, achieves coherence when interpreted in terms of contemporary nineteenth-century theories of progress, and, in particular, G.W.F. Hegel's philosophies of mind and history. A central target of the book is the article of faith that has come to dominate Wagner scholarship over the years - that Wagner's encounter in 1854 with Arthur Schopenhauer's philosophy conclusively altered the final message of the Ring from one of historical optimism to existential pessimism. The author contends that Schopenhauer's uncompromising denigration of the will and denial of the possibility for human progress find no place in the written text of the Ring or in a plausible reading of the final musical setting. In its place, the author discovers in the famous Immolation Scene a celebration of mankind's inexhaustible capacity for self-improvement and progress. The author makes the further compelling case that this message of progress is communicated not through Siegfried, the traditional male hero of the drama, but through Brunnhilde, the warrior goddess who becomes a mortal woman. In her role as a battle-tested world-historical prophet she is the true revolutionary change agent of Wagner's opera who has the strength and vision to comprehend and thereby shape human history. This highly lucid and accessible study is aimed not only at scholars and researchers in the fields of opera studies, music and philosophy, and music history, but also Wagner enthusiasts, and readers and students interested in the history and philosophy of the nineteenth century.

As a result of Hegel's influence, "confidence in the march of civilization reached an unprecedented peak" in the nineteenth century.
[...]
The Poem of the Ring is singular for having been written in reverse order from 1848 to 1852 and then set to music in logical sequence over a period of over 20 years from 1853 to 1874. As a result,the last opera of Tetralogy, Götterdämmerung, curiously encapsulates both Wagner's first germinal intentions for the work, as well as his mature conclusions.
[...]
The purpose of this book is to attempt to rehabilitate the fourth opera of the tetralogy, by giving greater credence to its dramatica and philosophical aims, and thus rescue it from the critial disdain it has received over the years.
[Il giudizio di G.B.Shaw: Wagner celebra la forza della vita che mai si arresta e appare ottocentesca e darwiniana, mentre è settecentesca, legata a Kant e Lebniz, e considera immanente nella Natura un progresso continuo. Il Ring per Shapiro corrisponde alla filosofia della storia di Hegel, e la Götterdämmerung e il Ring come un insieme coerente esprimono le teorie progressiste del XIX secolo.
[...]
Wagner's earliest creative efforts were based directly on the bard's work.

Perché ignorare Carlo Gozzi? Gli pare che tutto sia stato fatto in inglese, o nell'Europa nordica e protestante?

Citato in bibliografia: Michael Evans, Wagner and Aeschylus: The Ring and the Oresteia. London: Faber and Faber 1982


  George Bernard Shaw, The Perfect Wagnerite: A Commentary on the Niblung's Ring, 1883

2 giugno 2020
 [Parlando del furto dell'oro del Reno da parte di Alberich] It is just as if some poor, rough, vulgar, coarse fellow were to offer to take his part in aristocratic society, and be snubbed into the knowledge that only as a millionaire could he] ever hope to bring that society to his feet and buy himself a beautiful and refined wife.
[La morte di Dio si compie con l'affermarsi del capitalismo e significa la crisi, l'incrinatura, dell'ideale. Senza ideale, funzione ammirata dal Superio e nutrita dall'Eros, che ha la potenza di sublimazione, lo scacco di Alberich si traduce in ferocia capitalistica. Fino al 1848 i detentori del potere potevano sembrare i custodi dell'ideale, dopo il 1848 è evidente che Alberich comanda. Come possono allora sottrarsi alla sua conquista gli dei del Walhalla, se non fading, dissolvendosi? Lasciando cioè Alberich solo e nudo, incapace di conquistare le magnifiche figlie del Reno, così che almeno si possa vedere chi è e cosa rappresenta?]

[Inutilmente le figlie del Reno gridano: Fermati ladro!]

L'incapacità di vedere la possibilità del tradimento e la potenza del traditore è uno dei mali del nostro tempo, è l'agonia del potere antico, che compiva i crimini più efferati, pari ai peggiori crimini del nazismo e del socialismo reale, in nome dell'ideale. Nel momento in cui ricordiamo questo ideale, ci ammantiamo di quell'antico manto e preferiamo soccombere ad Alberich piuttosto che prendere atto della sua vittoria e ribellarci.

If we were a race of poets we would make an end of them before the end of this miserable century. Being a race of moral dwarfs instead, we think them highly respectable, comfortable and proper, and allow them to breed and multiply their evil in all directions. If there were no higher power in the world to work against Alberic, the end of it would be utter destruction.

Cosa vuol dire che Alberich si impossessa dell'oro del Reno e forgia l'anello del potere assoluto - lo stesso di Tolkien - determinando tutto il casino che è argomento del Ring di Wagner e delle innumerevoli saghe che ne sono seguite? Mi torna ora in mente Gollum, così vecchio e così neonato, una creatura che non ha ancora e non ha più i limiti dell'adulto, qualcosa che non si è ancora e non si è mai umanizzato, qualcosa che ambisce al potere assoluto COME SE questo garantisse qualunque altro possesso altrimenti inaccessibile a un mostriciattolo come lui.

Wotan dovrebbe pagare per il suo potere olimpico quello che paga Alberich per avere l'oro del Reno: la rinuncia all'amore. Fricka rimprovera a Wotan di aver promesso Freia ai giganti, ma Wotan chiama in suo aiuto the Lie (Lassalle lo ha definito a European power)
[I giganti] There stands their part of the contract fulfilled, stone on stone, port and pinnacle all faithfully finished from Wotan's design by their mighty labor.

Questa parte negli antefatti dell'Iliade è di Apollo e Poseidon, e la parte di Wotan è di Laomedonte figlio di Ilio. Poseidone inondò le campagne e mandò un mostro che divorava gli abitanti, e si sarebbe placato solo col sacrificio della principessa Esione, che Eracle arrivando da quelle parti trovò legata a una roccia. Si offrì di liberarla uccidendo il mostro in cambio delle due cavalle che Troo aveva ricevuto da Zeus stesso. Ma Laomedonte cercò di ingannare Eracle dandogli due comuni cavalle e facendolo infuriare. Allora Eracle uccise tutti tranne Esione, che diede in sposa all'amico Telamone, e lasciò in vita solo Priamo (il nuovo nome, che significa il salvato), che tra i figli era stato l'unico a chiedere a Laomedonte suo padre di onorare il patto con Eracle.

The castle has been duly built: he has tried every stone of it, and found the work first-rate: there is nothing to be done but pay the price agreed upon by handing over Freia to the giants. The gods are furious; and Wotan passionately declares that he only consented to the bargain on Loki's promise to find a way for him out of it. But Loki says no: he has promised to find a way out if any such way exist, but not to make a way if there is no way. He has wandered over the whole earth in search of some treasure great enough to buy Freia back from the giants; but in all the world he has found nothing for which Man will give up Woman.

'Nulla al mondo è abbastanza per comprare la donna dall'uomo'. Ed è la donna - il suo amore - alla quale ha rinunciato Alberich per avere l'oro del Reno. Ma perché il Reno - il flusso eracliteo? - custodisce il pericolosissimo oro? e perché ne affida la custodia alle figlie giocherellone? Perché l'oro è tutelato solo da chi gioca e si diverte. Infatti, quando Alberich si impadronisce dell'oro, tutto si oscura, come gli dei invecchiano e svaniscono quando i giganti si allontanano con Freia. Se l'oro rappresenta l'amore, Freia rappresenta la fecondità. Se la fecondità manca, l'invecchiamento e la scomparsa sono inevitabili. Friday, Freitag, da Freya, venerdì, da Venere. Fecondità come uscire da se stessi, comprendere che nulla è bello come il nostro germoglio, sia i figli in carne ed ossa - e i figli dei figli - sia i figli dello spirito, quelli di cui parla Socrate nel Simposio. L'enorme importanza dell'innamoramento dipende dallo scarso investimento erotico sullo spirito. Se Dio non esiste, cosa mai può essere lo spirito?

A little cunningly disguised flattery makes short work of Alberic. Loki pretends to be afraid of him; and he swallows that bait unhesitatingly. But how, enquires Loki, is he to guard against the hatred of his million slaves? Will they not steal from him, whilst he sleeps, the magic ring, the symbol of his power, which he has forged from the gold of the Rhine? "You think yourself very clever," sneers Alberic, and then begins to boast of the enchantments of the magic helmet. Loki refuses to believe in such marvels without witnessing them. Alberic, only too glad to show off his powers, puts on the helmet and transforms himself into a monstrous serpent. Loki gratifies him by pretending to be frightened out of his wits, but ventures to remark that it would be better still if the helmet could transform its owner into some tiny creature that could hide and spy in the smallest cranny. Alberic promptly transforms himself into a toad. In an instant Wotan's foot is on him; Loki tears away the helmet; they pinion him, and drag him away a prisoner up through the earth to the meadow by the castle.

È esattamente il metodo adottato dal pescatore delle Mille e una notte contro il jinn, più precisamente nella versione elaborata da Perrault per il Gatto con gli stivali, che aggiunge la lotta del gatto contro l'orco proprietario del castello, quando lo fa trasformare in topo - qui in rospo. Là lo mangia, qui lo cattura.
Ma senza l'anello l'oro che Wotan dà ai giganti il trucco non basta a nascondere la bellezza di Freia, il suo splendore, e Wotan è persuaso a darlo solo da Erda, la prima madre.

Fafnir uccide Fasolt e si vota a guardiano dell'oro, trasformandosi in drago.

Farther on in The Ring we shall see the Hero arrive and make an end of dwarfs, giants, and gods. Meanwhile, let us not forget that godhood means to Wagner infirmity and compromise, and manhood strength and integrity. Above all, we must understand— for it is the key to much that we are to see—that the god, since his desire is toward a higher and fuller life, must long in his inmost soul for the advent of that greater power whose first work, though this he does not see as yet, must be his own undoing.


Il Figlio salvatore

Da una parte l'azione di Wotan riprende quella del Dio cristiano, che scende a fecondare la vergine sulla terra per rinascere come uomo, ma come uomo e come dio. E in ogni caso il cristianesimo primitivo è incluso e come soffocato dalla religione di stato che è il cristianesimo dopo l'Editto di Costantino. Wagner quindi comprende che l'uomo generato dai gemelli che Wotan ha avuto con una mortale distrugge certamente gli dei, il cui Walhalla si dissolve con tutti gli dei mentre la pira brucia Sigfrido e Brunilde e l'oro torna in fondo al Reno, con le deliziose ondine come liete custodi, che non possono pensare al pericolo rappresentato da chi non accede al loro divertimento e alla loro bellezza. Il Reno custodisce l'arte con le sue figlie? Le sue figlie sono le Muse, l'arte stessa, e il suo oro solo con l'arte brilla per tutti, come il sole in cielo? E se qualcuno cerca di appropriarsene finisce come Alberich, come Fafner e come Wotan? Perché la sua natura è tale che se si crede di possederlo lo si perde? Perché come Eros, il quarto increato della Teogonia esiodea, ha potere egualmente sugli immortali e sui mortali?
Se fosse Eros l'artefice della supermappa, quella che ordina gerarchicamente le mappe locali e permette quindi di agirle contemporaneamente, non ci sarebbe potere capace di assolvere la sua funzione. La mitologia dell'anello che dà il potere sul mondo, e permette anche di 'comprare' l'amore, è la confusione tra libido maschile e gerarchia maschile. La seconda è un sottoprodotto della prima, che, se esclude la prima per avere la seconda, come Alberich rifiutato dalle figlie del Reno e come Wotan che darebbe via Freia, non ha più né potere né amore. Al massimo può ottenere di essere il drago Fafner che ha ottenuto l'oro solo per consacrarsi all'oro come guardiano.
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01/05/2022
Come guardiano: come guardia a servizio dell'oro. Feticismo?
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Le Valkirie

Loki è parente di Prometeo, un Prometeo che non rifiuta di soccorrere Wotan/Zeus.
Ma veniamo alla Walkiria Addormentata. La parentela con la fiaba di Perrault, che a sua volta l'ha tratta da Basile, a sua volta ispirato da Zellandina in Perceforest, è innegabile. Il sonno di Brunilde deriva dal mancato riconoscimento del potere di Frika, che è causa della sua punizione, come il mancato riconoscimento di una dea a lei preesistente è fatale a Zellandina, come il mancato invito alla tredicesima fata è fatale alla principessa di Perrault, che Disney chiamerà Aurora.
Il fuoco illusorio che protegge e isola Brunilde corrisponde alle spine e ai rovi assassini dei Grimm. Che Wagner fosse interessato alla fiaba lo sappiamo dal suo primo lavoro, dedicato alla Donna Serpente di Gozzi, vale a dire all'opera dell'autore di teatro che più di ogni altro ha usato la fiaba, italiana e araba, di Basile e delle Mille e una notte, che al tempo di Wagner erano già il best seller europeo.
Il principe valente che penetra senza vibrare un colpo e senza esser ferito la barriera che difende e isola la Bella addormentata è l'antenato di Sigfrido e ne è l'erede.
Quindi Wotan non può eliminare Brunilde, che è ciò che la sua anima desidera, ma la isola, rendendola inaccessibile agli uomini comuni. Ma allora, che significa il quadro di Joseph Cornell? Che significa che le spine, i rami secchi, sono all'interno? L'uomo ha potuto assoggettare la Natura perché ha posto il potere di dare e togliere la vita in seno alla donna, assumendo per sé il potere di toglierla con le armi, estensione feroce del suo organo, che dà la morte in guerra o con la legge come la donna la dà nel suo seno, organo che dà la vita - l'homunculus sarebbe nel pene come la morte legittima nell'arma brandita dal boia e dal guerriero. Ma ci sono una morte e una vita che la donna dà nel suo seno come la terra dentro di sé, e per quanto l'uomo instauri un controllo fallico sulla donna, c'è qualcosa del potere femminile - e della terra - che gli sfugge. Così è da leggere l'azione di Gaia contro Urano in accordo con Cronos, così quella contro Cronos in accordo con Rea per salvare Zeus, così quella con Zeus contro colei che è destinata a generare un figlio più potente del padre, Teti o Metis. E infine Gaia non esita a unirsi con il suo corrispettivo primigenio, fino ad allora senza generazione, Tartaros, il sotterraneo, per generare Tifeo o Tifone, che per poco non ingoierebbe il mondo intero con tutte le sue creature mortali e immortali.
Questo ordine, accettato dagli uomini come dalle donne, con una divisione di compiti tramontata - a parte i sussulti che durano ancora e dureranno fino a chissà quando - quando gli uomini hanno smesso di mettere loro stessi, anima e corpo, fra la terra madre e il nemico, come le donne la mettono, anima e corpo, nel parto, con la prima guerra mondiale - a parte il primo bombardamento, italiano, su popolazione civile nella guerra di Spagna, è saltato e siamo in una confusione che sembra irrimediabile, se non fosse che le risorse umane sono inconsce più che coscienti, e quando la coscienza fa atto d'umiltà, senza però annichilirsi - suicidarsi come nella depressione melanconica - l'inconscio entra in scena dalle sue innumerevoli quinte, senza rovinare lo spettacolo, condividendo la regia con la coscienza: quando la regia non è per nulla della coscienza, lo spettacolo è potente e ripetitivo, è lo spettacolo della follia, della psicosi. L'inconscio entra in scena come nella follia, quando la pressione della gerarchia fra mappe è intollerabile. Se entra in scena come amour fou modifica il nostro assetto senza distruggerci, se entra in scena come estasi mistica modifica la relazione fra singolo e gerarchia religiosa, se entra in scena senza permettere la relazione con l'altro - innamoramento - o col potere religioso - estasi mistica - è la follia. Resta però l'arte, diversa dalla follia che è mancanza d'opera, mentre l'arte è di per sé opera
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Sigfrido

...Siegfried comes from the cave with the ring and the helmet, not much impressed by the heap of gold, and disappointed because he has not yet learned to fear.
Wagner aveva a disposizione la versione di Wilhelm Grimm (Märchen von einem, der auszog, das Fürchten zu Lernen, 1818), nella quale il protagonista chiede al re un fuoco, un tornio e un banco da ebanista col suo coltello. L'attante scopre la paura solo quando la cameriera della principessa che ha sposato avendo liberato il castello dai fantasmi prende un secchio pieno di ghiozzi e glieli butta addosso mentre dorme.

Sigfrido, dopo aver ucciso il drago Fafner, aver preso l'elmo e l'anello, lascia tutto l'oro, e he casts himself wearily down, and again appeals to his friend the bird, who tells him of a woman sleeping on a mountain peak within a fortress of fire that only the fearless can penetrate.
Nella storia della Bella prigioniera di Straparola si trova l'uomo selvatico, che ha passato tanto tempo nei boschi da imparare il linguaggio degli uccelli, e che per questo permette ai fratelli, col loro aiuto, di liberare la Bella prigioniera e prendere il suo tesoro, guardato da un basilisco. Questa storia potrebbe essere incrociata con la Bella Addormentata di Perrault, meglio, con Rosaspina dei Fratelli Grimm.

Sigfrid as Protestant

It was under the influence of these ideas that we began to hear about the joy of life where we had formerly heard about the grace of God or the Age of Reason, and that the boldest spirits began to raise the question whether churches and laws and the like were not doing a great deal more harm than good by their action in limiting the freedom of the human will.
Sembra Freud nel Piccolo Hans.

La perdita di memoria di Sigfrido, che scorda Brunilde e si innamora di Gutrune, ha il suo riscontro in innumerevoli fiabe, che finiscono male se la memoria non torna in tempo, come è il caso di Renza e Cecio in Basile. In tutti gli altri casi la memoria torna in tempo e si ha il finale felice. Nella fiaba dell'ultima parte della tetralogia come in Renza e Cecio né Sigfrido né Brunilde agiscono perché la memoria sia recuperata. Pertanto il finale è tragico.

3 giugno 2020
EROSÜBERALLES Wagner: "It is only in the union of man and woman by love (sensuous and supersensuous) that the human being exists; and as the human being cannot rise to the conception of anything higher than his own existence—his own being—so the transcendent act of his life is this consummation of his humanity through love."
Traduco: i problemi connessi al distacco dalla ciclicità dell'estro e alla convivenza permanente fra sessi e generazioni diverse è possibile grazie a una supermappa della quale dispongono anche gli animali che sognano - il sogno rappresenta l'allisciamento dei bordi taglienti della catastrofe. Ma il linguaggio verbale, vale a dire un linguaggio che allo stesso tempo è di specie ed è massimamente differenziato, rende potentissima la supermappa, condannando allo stesso tempo all'insignificanza quanto la mappa non può significare. Il rimosso è ciò che è stato scartato dalla supermappa, mentre il forcluso è ciò che mai ha avuto accesso al regno della parola. Il mio dolore di fronte ai gattini arrotati sulla strada delle vacanze, il mio ricordo del cane che cammina pelato sulla via di campagna per Castelnuovo, e in entrambi i casi non potevo aiutarli, tengono il posto di un dolore senza nome che appartiene al tempo senza parola. Credo che questo dolore sia la perdita di via Milanesi, e non a caso ci sono tornata come studentessa universitaria. La mia casa con i suoi burattini, la psicoanalisi stessa, i miei studi, sono un ritorno parziale, il solo possibile escludendo la follia, a quel posto perduto senza rimedio. Il rapporto infernale con Alessandro era un abbandono ripetuto per il quale non potevo fare nulla.
Il mio lavoro di psicoanalista è fare qualcosa per questi abbandoni.
Ma è nell'unione di cui parla Wagner, che molti non hanno mai sperimentato, che si scopre un punto che supera tutte le contraddizioni, che racconta come questo superamento sia possibile. La stessa cosa la racconta il mistico, la cosa per la quale si canta e si parte e si torna. Difficile accettare che sia temporanea, come l'estro nei nostri simili animali 'superiori', difficile accettare che possa avvenire una sola volta e non tornare mai, a differenza dell'estro nei nostri simili animali. Ma la memoria la rappresenta: è l'arte. L'artista è qualcuno che non ha rinunciato a questa unione, e in effetti nell'espressione artistica giovane/vecchio, eterno/effimero, maschio/femmina si uniscono, o, per meglio dire, rivelano che la loro divisione procede dalla loro unità, un'unità che l'arte, l'unione mistica, gli amanti, sperimentano. Ma occorre, per accedere all'arte, intendendo arte come tutto il lavoro umano che non tende all'accumulo, riconoscere il valore di questa esperienza. Se Raffaele nel 1983 l'avesse riconosciuta non ci saremmo lasciati. La chiamava dolcezza, non ne riconosceva il privilegio raro.
Educare significa non rendere impossibile questa esperienza fondamentale. Brunilde e Sigfrido la fanno e poi la perdono. Nel Gotterdammerung si celebra, insieme alla loro perdita, la fine del mondo.
Il danaro e il potere che ne deriva offrono un sostituto, come illusione di ottenere uno stato col quale si possa comprare questa arte di vivere come si compra all'asta un quadro dal valore inestimabile. Ma come il protagonista del film di Tornatore La migliore offerta (2010) si possono collezionare ritratti di donna, ma non si può comprare la donna amata. Di fronte al capolavoro desiderato il protagonista è pronto a dimenticare tutta la sua collezione. Mi chiedo se il libertino Don Juan nel Don Giovanni all'inferno di Rostand non somigli al protagonista del film di Tornatore: ha sedotto donne come l'altro ne ha comprati i ritratti, ma non conosce la vita, non come la conosceva la nonna Linda, non come l'ho conosciuta io ricordando le sue parole, e per questo sfida la morte. Perché col Commendatore può conoscere l'assoluto che distrugge come possibilità collezionando donne come nel film di Tornatore colleziona ritratti.

5 luglio 2020 Ho letto che l'Eros viene sopravvalutato nei momenti di crisi, intendendo l'osservazione come un ripiego, come una persona che non potendo fare nulla di degno si dedicasse al proprio innamoramento. Si potrebbe ipotizzare che nel momento in cui diminuisce l'investimento erotico sui valori canonici difesi dal senso comune, si torni all'eros dove sempre si manifesta, nella relazione fra esseri umani che è fisica e psichica - anima e corpo - o nell'estasi mistica, perché non si può far altro che tornare alla sorgente se si è inaridito il fiume. Si deve fare questo per non morire di sete.


Tanner, Michael, I migliori libri su Wagner

He thought that the arts should be absolutely central in the life of everybody which was, of course, extremely idealistic of him. The Ring, for example, which is the work that he wrote under the impact of the failed revolution, grew and grew and grew, as everyone knows. His original idea for that, as amazing as it seems, was that it should be performed in a wooden structure by the Rhine. There should be three cycles of The Ring, and then the festspielhaus that was built for it should be burnt down and so should the score. And that would be the end.
He actually saw The Ring as a kind of ritual which would inaugurate a new age. His idea of art was apocalyptic enough for him to think that a work of art could effect an overall change in society. He probably needed to believe something like that in order to undertake such a gigantic project.


Tommaso Tuppini, Transizione assoluta. Badiou e Wagner, 2017

Quello che nella musica di Wagner fa l'impressione di un tutto coerente, di un monumento che mima in modo patetico la "grande arte" di cui noi non siamo e non vogliamo essere capaci, è in realtà un'altra cosa: la continuità della metamorfosi.

Qual è il nome musicale della continuità? Wagner lo dice in una lettera a Mathilde von Wesendonck: il principio della sua musica è «l’arte più profonda e delicata, l’arte della transizione».

Accosterei questo passaggio a René Thom, che individua nel cambiamento catastrofico la ricorrenza che possiamo indagare, senza pensare all'I Ching che tratta le trasformazioni, più regolari e ricorrenti degli stati stabili, e anche a Eraclito: nel mutamento incessante riposa.

La musica di Wagner è una testa di serpente che scava gallerie in terra, nel mare e nel fuoco: né sviluppo né melodia, dice Badiou, ma metamorfosi. La metamorfosi è l'invariante della quale "sviluppo" e "melodia" diventano funzioni. In Wagner il flusso sonoro non ha un modello e nemmeno un destino (la metamorofosi non è una serie di "variazioni sul tema"), le metamorfosi non muovono da un'arché verso un télos, vanno avanti senza battute d'arresto: musica come progresso assoluto, trans-gressione continua, transizione soltanto, "tenersi" reciproco di ciò che dilegua, con-tinuità.

Badiou: "La musica è ciò che trasforma la storia del mondo nel turbamento del soggetto» e, aggiungiamo, trasforma il turbamento del soggetto nella storia del mondo. La “storia del mondo” viene riproposta in modo diverso da tutti i personaggi della tetralogia, il che però ci fa dubitare che il Ring sia qualche cosa come una “storia intera” (di qui l’impossibilità e inutilità di trovare il senso complessivo di un lavoro sul quale naufragano tutte le nostre malriposte speranze ermeneutiche) e tanto meno che alla fine sia possibile sapere com’è fatta la “storia del mondo”. La metamorfosi che l’interezza della vicenda (e non soltanto le singole parti) non smette di subire, mette infatti in discussione il nómos del mondo, il mondo come Uno, il nostro modo consueto di abitare il tempo e raccontare storie.
 

Il primo a essersi espresso con un gergo deleusiano a proposito di Wagner è stato Baudelaire: "In effetti, senza poesia, la musica di Wagner resterebbe un'opera poetica, essendo dotata di tutte le qualità che costituiscono una poesia ben fatta; che ha in se stessa la propria spiegazione, perché tutte le cose dentro la poesia stessa sono unite, congiunte, adattate reciprocamente, e, se è permesso fare un barbarismo per esprimere il superlativo di una qualità, prudentemente concaténées" (Baudelaire 1869, p. 244)

Dunque non c’è più l’Uno. Vuol dire che ci sono soltanto le parti? Che la distribuzione ordinata del nómos si è trasformata nell’anarchia di un molteplice assoluto? No, perché scomparso l’Uno, non c’è neppure il molteplice. Se l’Uno è diventato il processo della trasformazione vuol dire che non c’è l’insieme T e non ci sono nemmeno gli elementi t1 , t2 , t3 , tn in quanto segni della differenza. La continuità del flusso non appartiene al regime dell’unità. Ma la continuità non è neppure il “molteplice puro” dell’impresentabilità, refrattario a subire l’azione di una sintesi. Il teatro di Wagner è al di là del legame unitario e dello slegamento del molteplice, al di là di presentazione e impresentazione. In Wagner, al posto dello slegamento del molteplice c’è la continuità della transizione e invece del legame unitario c’è l’affermazione soggettuale: la continuità del transito produce il soggetto che abita il transito.
La transizione assoluta, la transizione che si è liberata di ogni cornice di riferimento, progredisce e corre, ma getta anche lo sguardo all’indietro: questa retrospezione produce il soggetto del flusso. La transizione mette in scena di volta in volta uno «strano soggetto, senza identità fissa […] che raccoglie ovunque il premio di un divenire o d’una metamorfosi, e che nasce dagli stati che consuma e rinasce a ogni stato. […] È come dire che il soggetto è prodotto come un resto» [La citazione è di Deleuze-Guattari, L'anti-Edipo]

Das ganze Theater verwandelt sich in eine Sonne (Tutto il teatro si trasforma in un sole), si legge nel libretto del Flauto magico.

La fine del Ring non è la morte di Brunilde,  Se è vero che «tutti gli elementi non umani sono così distrutti, […] ciò che rimane è l’umanità.

L’allestimento teatrale curato da Boulez e Chéreau ci offre un
“gesto teatrale” del tutto inaudito: la folla degli uomini e delle donne che si trova sulla scena si alza lentamente, si volge verso il pubblico e pone all’incirca questa domanda: “Che è di voi? Ecco dove siamo rimasti, noi e voi”»20. Badiou ha in mente il Ring di Bayreuth del 1976, che è uno dei pochi fedeli alle indicazioni registiche di Wagner per il finale della Götterdämmerung, nel quale non c’è – come molti fanno ancora mostra di credere – una conflagrazione universale che spazza via tutto, ma (cito dal libretto) «uomini e donne [che] atterriti fan ressa verso il margine estremo del proscenio. Mentre l’intero proscenio appare ancora occupato dal solo incendio, il bagliore della vampa improvvisamente si spegne, così che rimane subito soltanto una nuvola di vapore, la quale, perdendosi verso il fondo, si posa all’orizzonte a guisa di cupa nuvolaglia. […] Dalle macerie della reggia crollata, uomini e donne, al colmo dell’angoscia, guardano il bagliore del fuoco che va crescendo sul cielo».
La fine del Ring non è la morte di Brunilde, e fu rappresentata nel 1976 a Bayreuth, né una conflagrazione che spazza via tutto, ma: "uomini e donne [che] atterriti fan ressa verso il margine estremo del proscenio.  C'è il fuoco e ci sono i superstiti. Chi sopravvive? Uomini e donne. Alla fine del Ring si affaccia un' "umanità generica" - anonima, oltreché anomica - che "deve imparare a vivere, se possibile, senza l'oro", una umanità espropriata di tutto, espropriata del Tutto e delle parti, un'umanità muta. Un'umanità nella transizione, capace di imitare la natura, la physis. Grazie alla musica questa "umanità" "si immerge nell'aurora, nella foresta, nella nebbia, nel burrone, nella cima del monte, nel brivido della notte e nello splendore della luna, e scopre in loro un desiderio segreto: essi vogliono risuonare" (Nietzsche, Scritti su Wagner). Il fuoco della transizione si propaga tra gli uomini e le donne capaci di un mutamento antropologico, capaci di dismettere gli abiti della vecchia humanitas per farsi homines naturae.
Che è di loro, che è di noi? Il pubblico, il mondo, non sono il luogo da preda della musica, perché Wagner, anzi, ci chiede di collaborare, di continuare la sua opera di trasformazione. 




Carlo Gozzi, Il corvo

     NORANDO: Dopo tante vicende a un Corvo estinto.
     Dopo tanti prodigi di Norando,
     Tai ricerche si fanno! È il verisimile
     Al proposito nostro? E lo trovate
     Forse in qualch’opra, in cui vi par vederlo?
     (Atto V, Scena ottava)

L'opera di Carlo Gozzi (1762) è un adattamento della favola di Giambattista Basile, Il corvo (https://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Corvo/mobile/index.html
)
Il testo della fiaba che si può leggere in rete (https://it.wikisource.org/wiki/Il_Corvo_(Carlo_Gozzi)/Personaggi) corrisponde perfettamente a quello di Basile, con qualche taglio e qualche accelerazione. Tutti i personaggi sono rispettati, tranne il sacrificio dei due bambini neonati qui sostituito dal sacrificio di Armilla, sposa del re Mino e cognata di Jennaro.


Wagner, Racconti lirici: Racconti lirici: Rienzi, Il vascello fantasma, Tannhauser, Lohengrin, Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga, L'Oro del Reno, La Valchiria, Sigfrido, Il crepuscolo degli dei, Parsifal




TETRALOGIA, APPUNTI VARI

L'ORO DEL RENO
ALBERICH
Guai! oh guai! O dolore! O dolore! La terza, sì cara, mi tradì anche lei? O vituperosa e scaltra e sconcia e vile razza di luce! Tradimento solo nutrite, traditrice genía di nixe?




LA VALCHIRIA
WOTAN
Nulla apprenderesti, se ti volessi insegnare quel che non potrai comprendere, prima che non si compia la gesta. Il tradizionale sempre e soltanto tu puoi comprendere: ma quel che mai non avvenne, a questo il mio spirito aspira. Questo solo ascolta! Un eroe necessita, che, privo di protezione divina, dalla legge divina si sciolga. Solo così egli varrà ad operare la gesta, la quale, mentre necessita agli dèi, agli dèi tuttavia è proibito di operare.
FRICKA
Con misterioso senso mi vuoi illudere: che di eroico dovrebbero gli eroi mai operare, che fosse proibito ai loro dèi, il cui favore soltanto opera in loro?
WOTAN
Il personale loro valore non pregi?
FRICKA
Chi l’ispirò agli uomini? Chi ai ciechi illuminò lo sguardo? Sotto il tuo schermo sembrano saldi, per il tuo pungolo verso l’alto tendono: tu solo li inciti, coloro che eterni così a me esalti. Con nuova astuzia tu mi vuoi mentire, con nuovi raggiri a me ora sfuggire; però cotesto wälside non te lo conquisterai: in lui, solo te colpisco, poiché solo per te inorgoglisce.
WOTAN (commosso)
In crudeli dolori, crebbe lui a se stesso: mai lo schermì il mio schermo.
FRICKA
Non schermirlo dunque neanche oggi! La spada prendigli, che gli hai donato!
Ricorda la collera di Era contro Eracle.


SIGFRIDO

Sigfrido/adolescenza Nasce l'adolescenza con Sigfrido? Nasce un tempo in cui non si è bambini e non si è adulti? Un tempo di apprendimento del mondo nel quale il racconto è il phantasy che procede da Wagner con il progetto di arte totale?

Come giocondo il pesce guizza nell’onda, come libero il fringuello via si slancia in volo, così di qui io m’involo e me ne scorro via; come il vento sulla selva spiro via lontano per non mai più vederti, o Mime!

L'uccello parla e Sigfrido comprende:
fuoco arde intorno alla sua dimora: se l’incendio attraverserà, se la sposa sveglierà, Brünnhilde allora sarà sua!
Anche ne La Bella prigioniera il protagonista comprende dal canto dell'uccello l'esistenza della bella prigioniera controllata e difesa dal basilisco. Da dove Straparola potrebbe aver (ap)preso questo motivo?

Così vita a me suggo dalle dolcissime labbra, dovessi io anche nella morte svanire!
Sigfrido sveglia Brunilde col bacio, lo stesso bacio che hanno inventato i Grimm per Rosaspina.

F.lli Grimm: Giaceva là, ed era così bella che egli non riusciva a distoglierne lo sguardo. Si chinò e le diede un bacio.
E, come l'ebbe baciata, Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e lo guardò tutta ridente.


IL CREPUSCOLO DEGLI DEI


Richard Wagner, Le fate, 1833
La trama è quella della bellissima storia delle Mille e una notte del mortale la cui fanciulla alata divenuta sposa dell'essere umano che le ha sottratto l'abito di piume fugge nel regno del padre, re dei jinn e il protagonista Hasan di Bassora - se ricordo bene il nome - fatica parecchio per riaverla. Altra dimostrazione che Wagner parte dalle fiabe.
La donna serpente (1763) e Il corvo (1762) di Carlo Gozzi sarebbero le fonti di Wagner, ma la fiaba delle Mille e una notte dovrebbe essere la fonte di Carlo Gozzi. Magari incrociata con Melusina.


Richard Wagner, L'arte e la rivoluzione, 1849

L’arte rimane tuttavia di per sé sempre ciò che è: dobbiamo dire soltanto che non esiste nella vita pubblica moderna, ma vive ed è sempre vissuta come arte unica, bella, indivisibile, nella coscienza dell’individuo. La differenza dunque è soltanto questa: presso i Greci essa esisteva nella coscienza pubblica laddove oggi esiste soltanto nella coscienza del singolo in antitesi all’incoscienza generale. Nei suoi tempi migliori l’arte era dunque presso i Greci conservatrice perché esisteva nella coscienza pubblica come espressione valida e adeguata della realtà; presso di noi la vera arte è invece rivoluzionaria perché esiste soltanto in antitesi ad essa. (p. 17)

Con la successiva decadenza della tragedia l’arte cessò sempre più di essere espressione della coscienza pubblica; il dramma si scisse nelle sue componenti: retorica, scultura, pittura, musica e così via, che abbandonarono la loro unione per andare ciascuna per la propria via e svilupparsi indipendente ma solitaria ed egoista. E così avvenne che nella rinascita delle arti incontrassimo anzitutto queste arti greche isolate, quali si erano sviluppate dalla dissoluzione della tragedia: la grande opera d’arte totale dei Greci non poté in un primo momento presentarsi nella sua ricchezza al nostro spirito inselvatichito, smarrito, dubbioso di sé e smembrato: e come avremmo potuto comprenderla? Ben sapemmo invece impadronirci dei singoli mestieri artistici; come mestieri nobili infatti, al cui livello erano già discese nel mondo grecoromano, quelle arti non erano molto lontane dal nostro spirito e alla nostra natura: lo spirito corporativo e artigiano della nuova borghesia era vivo nelle città; prìncipi e nobili si compiacevano di far costruire con maggiore garbo e abbellire i loro castelli, di fare decorare le sale con dipinti più attraenti di quanto non avesse aputo fare la rozza arte medievale. I preti adottarono la retorica sul pulpito, la musica nel coro; e il nuovo mondo dei mestieri s’insinuò validamente nelle varie arti dei Greci fin dove essi potevano capirle e ritenerle utili. Ciascuna di queste arti, doviziosamente alimentata e coltivata per il divertimento dei ricchi, ha riempito abbondantemente il mondo coi suoi prodotti; grandi spiriti vi hanno creato opere grandiose, ma l’arte vera e propria non è ancora rinata in virtù del Rinascimento.
Infatti l’opera d’arte perfetta, la grande espressione propria di una vita pubblica bella e libera, il dramma, la tragedia, sebbene di tanto in tanto si siano avuti tragedi cospicui, non è ancora rinata appunto perché non deve rinascere, ma nascere ex novo. [...]
Soltanto la rivoluzione, non la restaurazione, può restituirci quella suprema opera d’arte. Il compito che abbiamo davanti a noi è infinitamente più grande di quello che è già stato risolto una volta. Se l’opera d’arte greca comprendeva lo spirito di una bella nazione, quella dell’avvenire deve comprendere lo spirito dell’umanità libera al di sopra di tutte le barriere di nazionalità; il carattere nazionale non potrà essere che un ornamento, un’attrattiva della varietà individuale, mai un ostacolo inibitore.
[Così anche Thomas Mann sullo spirito del racconto.]
No, non vogliamo ridiventare Greci; perché ciò che i Greci non seppero – e fu proprio per questo che dovettero perire – noi lo sappiamo. La loro caduta, della quale conosciamo la causa dopo il lungo periodo di miseria e di sofferenza, ci indica chiaramente che cosa  dobbiamo diventare: ci insegna che dobbiamo amare tutti gli uomini per riamare noi stessi e recuperare la gioia di noi stessi. Dalla schiavitù disonorante dei mestieri, con la loro pallida brama di lucro, vogliamo elevarci alla libera umanità artistica con la sua radiosa anima universale; di oppressi operai dell’industria vogliamo diventare tutti uomini belli e forti ai quali il mondo appartenga come fonte perenne di supremo piacere artistico. (pp. 18-19)
[...]
Se la civiltà, partendo dall’idea cristiana che la natura umana sia riprovevole, ha rinnegato l’uomo, si è creata un nemico che un giorno la dovrà distruggere in quanto l’uomo non vi troverà spazio: questo nemico infatti è la natura vivente ed eterna. La natura, la natura umana, annuncerà alle due sorelle, cultura e civiltà, questa legge: “Fin dove sono contenuta in voi, potrete vivere e fiorire; fin dove non sono in voi dovrete invece inaridire e trovare la morte”.
[...]
In queste condizioni future possiamo riconoscere gli uomini liberati da un’ultima superstizione, dal misconoscimento della natura, da quella superstizione appunto per cui l’uomo si è considerato finora solo strumento di un fine al di fuori di lui. Quando egli abbia preso coscienza del fatto di essere l’unico fine della propria esistenza e comprenda di poter raggiungere questo fine nel modo più perfetto, soltanto in comune con tutti gli uomini, la sua professione di fede sociale non potrà che consistere in una positiva conferma della dottrina di Gesù che avvertiva: “Non preoccupatevi di che cosa mangeremo, di che cosa berremo, né di che ci vestiremo, perché tutte queste cose ve le ha date spontaneamente il vostro Padre celeste”.  Questo Padre celeste non sarà altro che la ragione sociale dell’umanità che si impadronisce della natura e delle sue ricchezze per il bene di tutti. (p. 20)
[...]

Žižek, Slavoj, Variazioni Wagner,  2010

La modernità comincia - lo scrive Campbell - con Eloisa, che non esaurisce il suo statuto esistenziale quando Abelardo dal convento le dice di volgere il pensiero ormai a Dio. Lo Stil Novo, e la poesia trobadorica che lo precede, cantano la donna irraggiungibile come la donna raggiunta, l'amore che si fa, come quello di Cecco Angiolieri, e quello eternamente vagheggiato, che porta fino al Paradiso, come quello di Dante e Beatrice.
Con Wagner l'amore, così secondo Zizek, è amore per la morte, e coincidono Eros e Thanatos, o almeno si implicano a vicenda, come in Freud (Jenseits des Lustprinzips)

IPOTESI
I momenti di crescita civile e sociale prospettano unioni felici
I momenti o periodi di regressione prospettano unioni tragiche, come quelle del Ring wagneriano o di Solaris di Andrej Tarkovskij.
È indubbio che la contrapposizione/unione maschio/femmina è un filo che ininterrottamente intesse la nostra storia, l'arte, la mitologia, la politica, la religione, tutto.
La narrazione laica - quella che per sostenersi non necessita di legittimazione esterna - comincia con Giovanni Boccaccio, che pensa alle donne che soffrendo per amore non hanno le possibilità di svago accessibili agli uomini, come la caccia e la vita politica. Senza questa mossa anarchica è impossibile pensare alla nascita della fiaba come genere, ovvero a una narrazione che non serve niente e nessuno e non serve a nessuno: la sua esistenza testimonia l'esistenza di qualcosa di indomito e indomabile. Infatti ogni dittatura sostiene una narrazione unica e proibisce le altre, compresi il dottor Zivago e il Decameron.

TESI
La civiltà umana esige la convivenza di maschi e femmine, di bambini e giovani e vecchi, comprende il crimine e la cura, la condanna e l'assoluzione, nello stesso tribunale, nello stesso giorno, nella stessa persona. Sulla possibilità di una convivenza armonica fra maschi e femmine, gli opposti per eccellenza,  si può giocare la possibilità di composizione di tutti gli opposti, felicità/infelicità, prosperità/carestia, salute/malattia, giustizia/ingiustizia. La civiltà, il genere umano stesso, nascono secondo i grandi miti da un dio unico - Genesi - o dall'unione degli dei abbinata alla partenogenesi, mentre fra esseri umani la nascita viene solo dall'unione fra maschi e femmine, della quale è signora Venere/Afrodite.
Riflessione a margine: il fatto che oggi i bambini si concepiscano senza l'unione letterale fra maschi e femmine appartiene allo stesso insieme nuovo che cambia le regole del rapporto fra maschi e femmine.
Prima di leggere Zizek su Wagner - lo sto facendo ora - pensavo che il Ring fosse un insieme di fiabe a tragico fine, perché gli amanti non sono fedeli uno all'altro - come Sigfrido e Brunilde - o dipendono dal genitore, come Brunilde con le Walkirie dal padre Odino.
Porre l'unione fra i generi diversi come il bene più grande, ed essere fedeli a questa unione, prima di ogni altra fedeltà, come i beduini del deserto, questo fa la poesia europea per nascere, questo fanno le fiabe: si pensi alla mancanza della femmina che fa abbandonare la casa ai sei fratelli, si pensi al viaggio che lei affronta, si pensi al silenzio della sorella che deve cucire per i fratelli cigni sei camicie di astri, si pensi alla bella del terzo e ultimo cedro, trasformata in colomba e poi messa a lessare e poi rinata come pianta di cedro, si pensi a Caterina la sapiente che viaggia per tutto il mondo per conquistare il marito che vorrebbe imporsi con la forza.
Maschile e femminile rappresentano l'opposto per eccellenza, e la loro unione è come il paradigma dell'unione degli opposti. Senza questa unione la civiltà umana si disgrega, perché essa rappresenta la compresenza e l'intersezione fra le mappe locali che si alternano nella vita degli animali sessuati. Mi riferisco al concetto di mappe locali che il matematico René Thom riprende dal biologo Waddington.

La natura cinematografica del Ring, ad esempio la cavalcata delle Walkirie attraverso le nubi, è stata spesso osservata, ed 'è noto che il libro di Tolkien ha preso in prestito il suo titolo dall' "Oro del Reno", dove Alberico è indicato come il "Signore dell'anello".


1848    Nel primo progetto del Ring, Il mito dei nibelunghi come abbozzo di un dramma (Der Nibelungen-Mythus. Als Entwurf zu einem Drama), Brunilde e Sigfrido si ergono al di sopra della pira funeraria di lui per raggiungere il Walhalla e salvare gli dei purificando Wotan dal suo crimine.
1849    L'anno dopo Wagner scrive una seconda versione intitolata "La morte di Sigfrido", con Brunilde che nella preghiera finale sottolina l'effetto purificatore della morte dell'eroe, che ha assunto su sé la colpa degli dei, liberandoli. Così finisce la schiavitù dei Nibelunghi e Alberico sarà liberato. Alle figlie del Reno ("sagge sorelle delle profondità delle acque") Brunilde chiede di far fondere l'anello che restituisce loro: "fatelo fondere e vegliate affinché nulla gli accada".
1851     Gli dei sono redenti solo nella morte, con queste parole di Brunilde: "Andatevene, scomparite nella gioia davanti alle azioni dell'Uomo, questo eroe che voi avete creato. Grazie alla felice redenzione nella morte vi dichiaro liberati da ogni timore".
1852    Discutendo con Bakunin (che parla del ruolo purificatore della distruzione radicale, che libera il terreno per un nuovo inizio) e leggendo Feuerbach (gli dei come prodotto dell'immaginazione umana e l'amore sessuale come la più grande delle azioni umane) Wagner scrive un finale nel quale gli dei sono distrutti e al loro posto subentra una comunità umana retta dall'amore."Non vi saranno più né ricchezze, né oro, né dei splendenti, né case, né palazzi,né esibizioni sontuose. Sono finite le violazioni dei trattati menzogneri, finito il regno incrollabile delle abitudini arroganti: felici nella gioia e nel dolore, solo l'amore sopravvivrà".
1856     Wagner riscrive il finale sotto l'influsso di Schopenhauer e della lettura dei testi buddisti. Così risuona il discorso finale di Brunilde: "Se non potessi più raggiungere la fortezza del Walhalla, sapete dove andrei? Abbandonerei la casa del desiderio, fuggirei per sempre dalla casa dell'illusione: ora chiudo dietro a me le porte dell'eterno divenire. Da donna che ha visto la luce, liberata dal desiderio e dall'illusione, redenta dalla incarnazione, dirigo ora i miei passi verso la terra eletta, la più sacra, meta di ogni migrazione dei terrestri. Sapete voi come io ho raggiunto questa fine colma di tutte le cose eterne? I miei occhi si sono dischiusi ed io ho visto la fine del mondo attraverso i dolori profondi che l'amore dà".
1874     Wagner finisce la composizione del Ring e toglie dal libretto il testo del 1856. Forse per lasciare, secondo un vecchio canone, alla musica e non al testo la conclusione dell'opera?

A proposito del finale,  le variazioni sono potenzialmente infinite - nel senso che finiscono con la morte di Wagner. Del resto, nemmeno noi, a distanza di un secolo e mezzo, riusciamo a immaginare come andremo a finire dopo la fine degli dei e degli eroi. I finali distopici, nei quali la specie umana finisce, almeno come la conosciamo (vedi Avatar, James Cameron, USA 2009), sono finali analoghi a questo di Wagner nella Tetralogia. Mi vengono alla mente Die endliche und unendliche Analyse, S. Freud 1937, e Neverending Story (M. Ende 1983), ma soprattutto le serie televisive, tutte dotate della possibilità di riprendere la produzione, quindi senza fine, per non dire della loro lunghezza. In confronto alle centinaia di puntate di serie dal successo mondiale (Game of Thrones si è svolto in 73 episodi di durata minima di 49 minuti, massima di 81 minuti: se tutte le puntate avessero avuto una durata minima la serie sarebbe durata 60 ore circa), le 17 ore suddivise in tre giornate del Ring sono brevi. Mai come ora abbiamo conoscenza scientifica delle nostre origini, sapendo che se Dio ha presieduto al processo che in milioni di anni ci ha portato a questo punto dev'essere un personaggio più bizzarro e contraddittorio di Wotan e dello stesso Wagner.

Badiou ricorda che non vanno prese alla lettera le dichiarazioni programmatiche di Wagner: occorre fare lo sforzo di "metterle alla prova attraverso un'analisi dettagliata di ciò che poi Wagner fa in realtà" (p. 48)


Nel Saggio su Wagner Adormo ipotizza che Wagner non sapesse come concludere il Ring e che abbia pertanto "intersecato un certo numero di motivi fin troppo noti. Le ultima battute del Ring secondo Adorno erano usate solo per la bellezza sonora,  e G.B. Shaw scriveva: "l'effetto di estasi, che è la sua unica qualità apprezzabile, è raggiunto con mezzi talmente facili che non si esagera definendolo la frase più chiassosa ed eccessiva di tutta la Tetralogia".

I libretti furono scritti a ritroso, mentre le musiche in progressione dall'Oro del Reno alla Gotterdammerung

13 giugno 2020
In questi ultimi anni, dopo la pubblicazione delle lettere di Jürgen Habermas, di Jacques Derrida, di Richard Rorty e di 163 altri filosofi, abbiamo assistito a numerose discussioni sul rinnovamento dei valori europei fondamentali quale antidoto al nuovo ordine mondiale americanizzato. Se vi è un evento culturale nel quale, al giorno d'oggi, questa tradizione europea si condensa e s'incarna, questo è Bayreuth. Così, per parafrasare Max Horkheimer, coloro che non vogliono parlare di Bayreuth dovrebbero egualmente tacere sull'Europa. (Intr. p. 9)

(p. 32) Horkheimer: Chi non ha nulla da dire sul capitalismo deve tacere anche sul fascismo.[1]
D'altra parte, il più autentico spirito europeo non è caratterizzato dal rinnegamento della dottrina biblica, sviluppatasi da radici sociali e assurta in seguito a verità assoluta, bensì da un continuo e tormentoso dubitare. La volontà di sradicare il Dubbio dalle masse è stata matrice di violenza, e ha prodotto quel connubio di fanatismo e di crudeltà che è stato la nota distintiva della storia europea.[2] (https://it.wikiquote.org/wiki/Max_Horkheimer)

Lontana da ogni orpello storico, l'opera di Wagner è al contempo l'incarnazione di una certa visione e la risposta all'impasse in cui è finita l'Europa moderna: visione e risposta che in nessun modo potrebbero essere congedate come proto-fasciste. (32) Hagen è il ritratto di un leader populista fascista, e il legame del Graal - considerato legame omosessuale maschile - mostra i contorni di un collettivo rivoluzionario post-patriarcale. (p. 33)

(p. 46) [Nel 1852 Wagner scrive un finale feuerbachiano, nel quale] Brunilde annuncia la distruzione degli dei e la loro sostituzione con una comunità umana retta dall'amore: "Non vi saranno più né ricchezze né oro, né dei splendenti, né case, né palazzi, né esibizioni sontuose. Sono finite le violazioni dei trattati menzogneri, finito il regno incrollabile delle abitudini arroganti: felici nella gioia e nel dolore,  solo l'amore sopravvivrà". (p. 46) [Nel 1856 W. scrive un finale schopenhaueriano - pp. 46-47 - che però non mette in musica. Feuerbach, Bakunin e Schopenhauer caratterizzano i tre finali, che] rimandano rispettivamente all'amore umano, alla distruzione rivoluzionaria del vecchio mondo, e alla rassegnazione, ossia all'estraniarsi dal mondo. [Che cos'è la folla di uomini e donne testimoni della distruzione del fuoco e dell'acqua? gli uomini che possono superare contingenze storiche sfavorevoli ed essere quindi felici? Testimoniano che la realtà è miserevole per l'uomo in quanto tale, e per questo] la sola vera redenzione consiste nel ritirarsi nell'abisso della "notte del mondo"[?] || [Nell'intrigo di motivi del finale non c'è forse l'incertezza dello stesso W.] sul significato dell'apoteosi finale? 48
[Adorno, come G.B.Shaw considera il finale del Ring un sandwich musicale kitsch] (p. 49)

Lei [Brunilde] agisce e il suo atto è la multiforme incarnazione delle molteplici facce dell'amore [...] lei non fa che vedere la fine del mondo. Lei lo vendica anche, illuminandolo nuovamente ed offrendogli la possibilità del suo rinnovamento. (p. 52)

[Il racconto del Ring] va letto come una successione di tentativi per trovare una forma di vita che abbia senso.
Perché senza Dio è il senso che stenta a manifestarsi, e che, trovato, appare precario, effimero, se non addirittura finito e falso.

59 [Le espressioni di disgusto che Sigfried ha verso Mime sono quelle di un neonazista nei confronti di un] operaio immigrato turco morto di fatica. (p. 59)

73 "Il bisogno più elevato dell'amore consiste nel rinunciare al potere che gli è proprio". È ciò che Lacan chiama la "castrazione simbolica": se si vuole 74 rimanere fedeli all'amore di qualcuno non bisogna porlo al centro del proprio amore, bisogna rinunciare alla sua centralità.

82 Il ritorno su se stesso dello Spirito è ciò che crea la vera dimensione verso la quale lo Spirito fa ritorno. (Ciò vale per tutti i "ritorni alle origini": quando, a partire dal XIX secolo, i nuovi stati-nazione si sono costituiti nell'Europa centrale e nell'Europa del'Est, sono stati la riscoperta delle "antiche radici etniche" ed il ritorno ad esse che hanno generato queste radici).

[La celebre domanda di Brecht:] "Che cos'è l'effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?: "Che cos'è il furto dell'oro ad opera di un povero ebreo di fronte alla violenza della creazione nel regno della Legge ad opera degli ariani (di Wotan)?

126 [Talora si difende Wagner affermando che non si possono giudicare le opere] del secolo XIX gettando su di loro l'ombra dell'Olocausto, bisognerebbe rispondere che è precisamente su questo punto che si deve applicare l'idea di Benjamin, secondo il quale certi testi sono come la struttura non conclusa di tracce o di film non sviluppati: testi che divengono interamente leggibili solo più tardi, in un'epoca successiva, quando si sono realizzate le loro concatenazioni.

[L'amore viene subordinato al potere, da Alberich e anche da Wotan unito a Fricka dal vincolo legale del matrimonio] Brunilde rende vana quest'ultima subordinazione - perché la sua forza è dirompente. Negarla è depressivo, affermarla è rivoluzionario. In ogni caso il potere recupera il controllo.
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14 giugno 2020

134
"Non è un uomo!
Un fascino bruciante
investe il mio cuore;
un'angoscia ardente
colpisce i miei occhi:
io vacillo, sono preda alla vertigine!
Chi chiamare in soccorso,
chi può aiutarmi?
Madre! Madre!
Pensa a me!"

[poi decide di baciare Brunilde]

135 "Allora, desidero la vita
sulle tue dolci labbra,
anche se per questo devo morire!"
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133 Scrive Slavoj Žižek, "Variazioni Wagner", Trieste 2012, a pagina: 133
[La ricerca di una donna da parte di Sigfrido è anche la ricerca della paura, e va intesa] nel senso della castrazione. Ma [in Freud, ultimo testo sul feticismo, 1927, si tratta della scoperta di] un'assenza là dove si sperava in una presenza (del pene), qui lo sguardo di Sigfrido scopre una presenza in eccesso [dei seni, Žižek a questo punto osserva che i soprani wagneriani hanno seni prosperosi, e che Sigfrido a questo punto, affermando] "Das ist kein Mann" scatena di solito le risa sincere del pubblico. [Žižek nota quindi una] contraddizione manifesta presente nel libretto che indica la direzione per una corretta interpretazione della scena: perché Sigfrido è sorpreso di non incontrare un uomo, quando prima insisteva sul fatto di voler attraversare il fuoco proprio allo scopo] di trovare dall'altra parte una donna? Egli dice al Viandante [Wotan] "Fermati spaccone! Io voglio andare là dove il fuoco brucia, io voglio andare verso Brunilde!"

Sigfrido ha una parentela con l'attante protagonista della fiaba di Wilhelm Grimm "Märchen von einem, der auszog, das Fürchten zu lernen" (Berlino 1818), tradotta da Antonio Gramsci, "Storia di uno, Giovannin senza paura, che partì di casa per sapere che cos'è la pelle d'oca" (http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Pelledoca/mobile/index.html#p=1). Wagner doveva conoscere le fiabe dei Grimm, e come Giovannino Sigfrido è incosciente, e come lui capace di sopportare prove che hanno fatto morire di paura tutti gli altri. Per inciso: quel che affronta con successo Sigfrido, come Giovannino, ha una forte somiglianza con la barriera di rovi che circonda - imprigiona e protegge - la Bella Addormentata nella versione dei Fratelli Grimm (Berlino 1812, anch'essa tradotta da Antonio Gramsci, http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Rosaspina/mobile/index.html#p=1). Tornando a Sigfrido/Giovannino, l'eroe/attante si differenzia dall'attante Giovannin senza paura (http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Giovannino/mobile/index.html#p=1) perché a differenza del protagonista della fiaba popolare rinarrata da Italo Calvino non cerca la paura. L'attante di questa fiaba muore di paura vedendo la propria ombra, dopo aver conquistato grandi ricchezze riuscendo a dormire in un castello infestato dai fantasmi (http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Fairinfo-IT.html#Giovannino).
Il rapporto di Wagner con la fiaba dei Grimm è - a mio modesto parere - evidente, e non a caso la prima opera di Wagner, "Die Feen" (Le fate) è tratta dall'opera teatrale di Carlo Gozzi "La donna serpente", fiaba teatrale che rielabora piuttosto fedelmente altre fiabe (in questo caso "La donna serpente" [1763], ispirata a storie delle Mille e una notte,  e "Il Corvo" [1762] dal "Lo cuorvo" di Basile [http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Corvo/Corvo-IT.html]). Wagner scrisse "Die Feen" a vent'anni (nel 1833) ma l'opera fu rappresentata per la prima volta a Monaco nel 1888, cinque anni dopo la sua morte.
Ora, il Giovannino di Grimm/Gramsci superando la stessa prova di coraggio - ma, per meglio dire, di assenza di paura - del Giovannino di Calvino, ottiene in sposa la figlia del re, ma si lamenta, come Sigfrido dopo aver ucciso il drago/Fafner, di non conoscere ancora la paura. La principessa si stanca di sentire le sue continue lamentele sulla sua ignoranza della pelle d'oca, ovvero della paura, e a questo pone rimedio la sua cameriera, andando a prendere una secchiata di acqua con ghiozzi dalla fontana del castello e buttandogliela addosso mentre dorme. Giovannino si sveglia con la pelle d'oca, gridando felice che finalmente ha ottenuto quel che cercava. I pesciolini viscidi e guizzanti che colpiscono il suo corpo nel sonno costituiscono l'imprevisto (das Unheimliche) per Giovannino come la vista dei seni di Brunilde per Sigfrido che credeva di essere di fronte a un uomo. Vedendo l'armatura Sigfrido immagina che rivesta un maschio e immagina di soccorrerlo aprendola sul torace. Non è una contraddizione, è che Sigfrido non può pensare a una donna armata, come l'attante maschile della fiaba non può pensare di conoscere la paura nel comodo letto nuziale, dopo che non ha avuto la pelle d'oca nel castello infestato dai fantasmi, né, prima, in compagnia dei cadaveri degli impiccati. L'imprevisto è quel che accade vedendo la donna, giacendo con la donna, vivendo accanto alla donna: qualcosa che la donna ha e che all'uomo manca. Il seno di Brunilde per Sigfrido, il trucco dei pesciolini guizzanti per Giovannino. È appena il caso di osservare, per concludere e giustificare questa nota, che il seno, che esiste ed è visibile nella donna, rimanda alla vulva, il cui volume è significativo quanto quello del pene, nella bambina come nella donna. Equiparare al pene solo la clitoride permette - non solo a Freud - di teorizzare che l'angoscia di castrazione afferri il bambino osservando nella bambina - come Hans di fronte alla sorellina - la mancanza del suo organo. Per non parlare del sentimento di inferiorità della bambina - e della donna - irrimediabilmente delusa dalle dimensioni del suo sesso - la clitoride - rispetto a quella del maschio, che avrebbe come unica cura dare vita a un figlio maschio, vale a dire far uscire dal proprio corpo un - essere dotato di - pene, organo della libido unica che ancora Freud vede, come tutti i millenni precedenti, da quando l'essere umano ha lasciato testimonianza di sé. Qui osiamo ipotizzare che ci sia poco da ridere all'esclamazione di Sigfrido: "È una donna!", e molto da riflettere sul fatto che ora conosca la paura che non lo ha sfiorato combattendo col drago Fafner. Ricordando la paura del Giovannino di Grimm/Gramsci, l'analogia con quella di Sigfrido è nel fatto che un escamotage femminile - la cameriera della principessa che gli rovescia addosso un secchio d'acqua piena di ghiozzi - costituisce l'imprevisto e l'imprevedibile: qualcosa guizza nell'acqua, come i bambini potenziali nel grembo femminile, secondo Melanie Klein ricorrenti nelle fantasie infantili sulla potenza materna. La presenza dei pesciolini, come dei seni - grandi nel soprano wagneriano, mai visti da Sigfrido - di Brunilde, della vulva sporgente di Hanna, la sorellina di Hans, spaventa l'eroe come il bambino perché contraddice il possesso esclusivo di un genitale fra le gambe, come dell'unicità della libido maschile, che di per sé colloca la donna irrimediabilmente a un gradino - o a più gradini - sotto a quello dell'uomo. Se la donna rivendica il diritto alla parità senza tener conto della presenza di quanto è esclusivo del femminile, resta nel recinto della libido unica, vale a dire di un sistema fallocentrico, nel quale solo a colpi di accuse e querele può costringere l'uomo ad astenersi dal gioco della sua 'superiorità'. Se la libido maschile ha avuto parola e presenza/evidenza a patto di un'esclusione della libido femminile - e delle parti visibili del suo genitale, ma rimandiamo a fra poco il discorso su quelle invisibili - una cultura radicalmente diversa non può avere come perno ancora il fallo e il pene come suo significante corporeo, né può avere, conseguentemente, la riduzione del valore del fallo e del pene suo referente corporeo come strumento per ottenere una parità del fallo/pene con il fallo/clitoride. Occorre chiamare nel campo del linguaggio quanto è stato rimosso, dalle donne come dagli uomini, e precocemente, ma non automaticamente, dalle bambine come dai bambini.

Quando Wotan punisce Brunilde comincia la sua erranza, che ha come conclusione la sua volontà di dissolversi, realizzando pienamente il fading degli dei magistralmente rappresentato da Rackham nell'episodio dell'Oro del Reno in cui Fafner e Fasolt portano via Freia. La parola, con il suicidio di Brunilde e il ritorno dell'oro alle figlie del Reno, passa agli esseri umani, ma Wagner non la pronuncia, perché non la conosce. La sola parola è la tetralogia stessa, la sua esistenza nonostante la dissoluzione - o la dissolvenza - di tutti i personaggi, come la poesia che è possibile - necessaria - dopo Auschwitz. Quel che non è possibile è la mancanza di poesia, o di arte, e di un'arte che leghi tutti gli abitanti della terra.
Poi occorre aprire il discorso sulla presenza dell'invisibile potenza vitale della donna, quella del suo utero, che accoglie il seme che tocca il suo ovulo - la bambina nasce col suo corredo completo di potenziali ovuli, che matureranno lungo tutto l'arco di tempo della sua fertilità, e in nove mesi, un ciclo più breve di quello che separa la presenza e l'assenza di frutti maturi sui ciliegi o sui peschi - dà alla luce un bambino, che somiglia e non somiglia ai genitori, ai nonni, a chissà chi, portando un complicatissimo corredo genetico che contiene magicamente la memoria di antenati di tempi remoti, irrealistici e certi.

Per me l'angoscia nel bambino - raramente o mai superata nell'adulto - dipende dalla scoperta di una presenza - la vulva - estranea al suo proprio corpo. La femmina, questo vede il bambino, come Sigfrido, e fa di tutto per dimenticarlo/rimuoverlo, vede che ha qualcosa che lui non ha, la vulva prima del seno e, soprattutto, prima dell'organo invisibile, interno, dove il seme germoglia e diventa un nuovo essere umano. La supervalutazione del pene e dello sperma ha una storia che - letta ora - provoca il riso almeno quanto l'esclamazione di Sigfrido quando scopre Brunilde, ma il prestigio di chi l'ha affermata è indiscutibile. Per limitarci a un solo personaggio, citiamo Dante (Purgatorio, XXV, vv. 37-45) quando descrive la sostanza più preziosa del corpo umanio:

Sangue perfetto, che poi non si beve
da l’assetate vene, e si rimane
quasi alimento che di mensa leve,                              

prende nel core a tutte membra umane
virtute informativa, come quello
ch’a farsi quelle per le vene vane.                                 

Ancor digesto, scende ov’è più bello
tacer che dire; e quindi poscia geme
sovr’altrui sangue in natural vasello.

Non prenderemo la via della lamentela per la sottrazione a noi donne del contributo che abbiamo sempre dato ai nuovi esseri umani, pari a quello dato dai padri, né ci rammaricheremo di una cultura per la quale noi abbiamo sempre avuto come gli uomini un nome, ma non un cognome: quello, fino al nuovo diritto di famiglia (1975), era del padre prima e del marito poi, e ce lo davano se volevano, con un atto giuridico preciso. La scienza oggi non difende questo potere solo maschile, di dare e togliere legittimazione alle donne. Ho letto di una signorina di provincia, di professione barista, che essendo rimasta incinta ha fatto fare l'esame del patrimonio genetico a un numero superiore alle dita di una mano di suoi amanti, scoprendo chi era il padre di suo figlio, al quale è spettato l'onore e l'onere di questa paternità.
Non è qui che diremo come la negazione maschile della presenza visibile del genitale esterno, come se consistesse solo nel clitoride, analogo del pene ma di dimensioni abbastanza ridotte da consolare anche chi soffre del complesso di un pene di misura modesta, abbia la funzione di bilanciare la potenza segreta del grembo femminile, invisibile e misterioso come le creature magiche che escono ed entrano, scendono e salgono da altri mondi nel nostro, nelle storie fondatrici della religione, nei miti, nelle fiabe, nelle leggende.
La fantasia maschile di un potere generante che prescinde da un potere equivalente femminile - pari contributo genetico - dà forma al Dio della Genesi che col soffio dà vita ad Adamo ed Eva il sesto giorno. Egualmente solo divina e maschile è la creazione di Eva come lato/fianco/costola di Adamo addormentato. Nella Genesi quindi la donna emerge da un Dio di genere maschile prima, e poi come parte del primo uomo. Il corpo di Adamo quando Dio mette al mondo Eva si riproduce per talea, come tante piante. 
Interrompiamo questa divagazione e torniamo a Sigfrido, la cui esclamazione fa ridere il pubblico, ma ci sarebbe poco da ridere se riflettessimo sulla difficoltà dei maschi e delle femmine a riconoscersi veramente, a vedersi, a mirare la loro diversità come la loro somiglianza. Quando accade a Sigfrido, quando accade a Brunilde, cosa non tanto frequente, soprattutto se accade a entrambi contemporaneamente, si apre l'esperienza dell'incontro erotico, forse quello che faceva elevare e venerare le tombe degli amanti nel deserto ai beduini, culto espresso nel Cantico dei Cantici e parte essenziale dell'immaginario islamico, della poesia amorosa che gli arabi hanno portato in Europa dando un contributo decisivo alla nostra invenzione della poesia europea, trobadorica e stilnovista, e al tema novellistico e fiabesco degli amanti, che solo la morte unisce, come Giulietta e Romeo, Oppure, se non sono personaggi di tragedia o di novelle ma attanti fiabeschi, guadagnano il lieto fine delle fiabe, che è il nome del paradiso che nessuno descrive, quello che comincia e finisce con la pagina bianca, il paradiso che possiamo immaginare dopo che quello delle religioni è svanito, come l'Empireo nell'infinito mondo.
Fra il 1473, anno di nascita di Niccolò Copernico (m. 1543), e il 1642, anno della morte di Galileo Galilei (n. 1564), nascono e muoiono Tycho Brahe (1546-1601) e Giovanni Keplero (1571-1630). Nello stesso arco di tempo nascono e muoiono Giovan Francesco Straparola (1480-1557), che per primo pubblicò delle fiabe - nel senso moderno del termine - nella sua raccolta di racconti, e Giovan Battista Basile (1566-1632) che scrisse e pubblicò la prima e fondamentale raccolta di fiabe. Questa è una storia europea, ed è una storia comune che perde significato se viene sezionata per sostenere identità nazionali. Ma quel che a noi interessa particolarmente è la perdita di significato che comporta la separazione della nascita della scienza moderna, che non ha bisogno di Dio al punto che la condanna a Galileo è stata revocata dal Papa solo nel XX secolo, dalla nascita della fiaba, che è la forma narrativa che non solo non ha bisogno della legittimazione di autorità sia politiche sia religiose, ma che vive e prospera grazie alla sua attitudine a muoversi fra ambienti colti e analfabeti, fra le aie e le stalle e le accademie letterarie.

Né Brunilde né Sigfrido accolgono la richiesta di rendere l'anello alle figlie del Reno, anche se rifiutando l'anello sanno che moriranno - Sigfrido lo sa dalle figlie del Reno - o che l'intero Walhalla scomparirà - Brunilde lo sa da Waltraute. Solo dopo la morte di Sigfrido, e dopo la morte di Brunilde, il Reno riavrà dalla walkiria l'oro la cui perdita apre la Tetralogia di Wagner, e il sipario calerà sull'opera grandiosa che apre l'immaginario europeo, e mondiale, fino a rendere comprensibili motivi narrativi e personaggi del fantasy contemporaneo.

[Brunilde dopo il colloquio con Wotan offre l'immortalità, nel Walhalla a Sigmund, ma lui rifiuta se non va con lui Siglinde. E Brunilde gli parla proprio come Calipso parla a Ulisse:] "Attribuisci così scarsa importanza alle beatitudini eterne? È tutto per te questa povera donna che, pallida e triste, giace inanimata tra le tue braccia?" 136 [Rituale montenegrino in vigore fino alla fine del XIX secolo: la prima notte di nozze lo sposo si stendeva accanto a sua madre, che se ne andava in silenzio quando lui si addormentava, lasciando il posto alla sposa. Al mattino lo sposo doveva fuggire dal villaggio e restare in montagna per alcuni giorni, da solo] allo scopo di abituarsi alla vergogna di essersi sposato.
  
[G. K. Chesterton:] il romanzo poliziesco "in un certo senso fa presente alla nostra mente che la stessa opera di incivilimento è la più sensazionale avventura e più la romantica [sic!] delle ribellioni. Quando in un romanzo poliziesco il detective affronta con temerarietà pugni e coltelli per scovare i ladri, questo ha assolutamente il merito di ricordarci che chi nella società persegue la giustizia è la figura originale e poetica, mentre gli scassinatori e i banditi sono soltanto dei vecchi conservatori imperturbabili e inossidabili, soddisfatti della rispettabilità di cui le scimmie e i lupi godono da tempo immemorabile. [Il romanzo poliziesco è basato sul fatto che la moralità è la più oscura e audace delle cospirazioni]. (1946) p. 149

[Madame Bovary è stata portata in tribunale non per via dell'adulterio, ma perché] priva l'individuo borghese dell'ultima speranza di poter sfuggire alle costrizioni della vita quotidiana priva di senso. 150

Il grande monologo di Wotan durante il secondo atto della Walkiria è al riguardo esemplare: il Wotan che emerge come risultato del suo proprio racconto non è lo stesso Wotan cbe aveva cominciato a raccontare, ma un Wotan deciso ad agire in modo diverso: Wotan vede ed accetta il suo ultimo scacco, e decide di desiderare la propria fine... 159

In questi ultimi anni, dopo la pubblicazione delle lettere di Jürgen Habermas, di Jacques Derrida, di Richard Rorty e di 163 altri filosofi, abbiamo assistito a numerose discussioni sul rinnovamento dei valori europei fondamentali quale antidoto al nuovo ordine mondiale americanizzato. Se vi è un evento culturale nel quale, al giorno d'oggi, questa tradizione europea si condensa e s'incarna, questo è Bayreuth. Così, per parafrasare Max Horkheimer, coloro che non vogliono parlare di Bayreuth dovrebbero egualmente tacere sull'Europa. (p. 162-163, è la conclusione del libro)


Adalinda, L'oro di Wagner: Amor vincit omnia? Mors omnia vincit?

A me pare, solo a guardare, che non vinca nessuno. Resta aperta la questione degli esseri umani senza Dio, quindi senza Walhalla, senza eroi. Di certo l'esperienza erotica, come quella mistica, come quella dell'arte, non dipende da un ordine trascendente e gerarchico, che, semmai, ha la funzione di proteggere il bene comune, il buon senso e il senso comune - dalle bizzarrie dell'artista, come da quelle del folle.
L'anello che travolge il mondo per il potere che promette si trova al dito di Brunilde, che per amore e gelosia condanna a morte Sigfrido, e muore lei stessa con lui. Alla fine l'unione degli amanti che vince la morte, così come dalla morte sono vinti - avvinti anche - è l'estrema esperienza del divino. Pensando alla mappa erotica come organizzatore delle altre mappe, la cui organizzazione esige la subordinazione alla mappa erotica stessa, se Dio si eclissa, la mappa erotica non per questo esaurisce la sua potenza, che si presenta svincolata dalle altre mappe, anzi, solo svincolata dalle altre mappe, che inutilmente tentano di inserirla nella gerarchia del potere - stringerla con l'anello. Nel flusso eterno del Reno, dove giocano le ninfe, indifferenti alla seduzione maschile come le ninfe devote a Diana, si reimmerge l'anello. Sì, Wagner ci racconta che torna nel flusso che non dipende più da dei/dee né da eroi/eroine. Se il venire ad essere mitico degli dei, delle dee, del dio unico, preesiste all'essere umano, come il genitore preesiste al figlio, come possiamo sopportare la vita senza la sua legittimazione? Eppure non siamo morti, non ancora, e continuiamo ad ammirare le chiese.


Zoppelli, Luca, 2011, "Cosmogonia politica: Das Rheingold e le forme del mito"
Non tutti i miti hanno una pretesa totalizzante, non tutti aspirano a render conto del sistema dell’essere. Ma Wagner non voleva un mito qualunque: lo voleva universale, un ‘supermito’ fabbricato artificialmente, in cui l’immaginazione romantico-simbolista potesse ritrovare la propria idea di una cifra del tutto, mentre i miti ‘veri’ – quelli fabbricati dalle culture reali – sono sempre sghembi, parziali, assemblati a partire dai motivi che ciascuno ha più a portata di mano (Lévi-Strauss parlava di «bricolage»). Il mito di Wagner si vuole totale e cosmogonico...

Tutti i miti hanno una pretesa totalizzante: il popolo che si racconta e si legittima attraverso il suo mito si legittima in quando umanità - Sioux, Cristiani o Musulmani. Questa legittimazione implica l'esistenza di un nemico, - un po' - meno umano. Wagner fa un mito totalizzante per l'Europa, perché considera che non possa esserci in Europa un popolo che si fonda sull'opposizione a un altro popolo.


Adalinda, Efesto/Afrodite, Pan-Satiri-Fauni/Ninfe, Alberich/Figlie-del-Reno, Fasolt-Fafner/Freia
Il rapporto del nibelungo Alberico con le bellissime figlie del Reno ripete il mito dei satiri e di Pan che rincorrono le ninfe.
È comunque la personificazione del maschile che si considera importuno rispetto al femminile, è il maschile che non potendo raggiungere la bellezza femminile intende dominarla con la forza o con l'oro. Il dominio maschile si realizza con l'arte di Efesto, l'artefice fra gli dei, colui che forgia i metalli, che piega col fuoco quanto è rigido: infatti Afrodite è sposa a Efesto, come Venere è sposa a Vulcano, Nel film di Terry Gilliam (Il barone di Münchausen) Venere annoiata riceve diamanti dal barbuto sposo, e li butta nel mucchio. C'è nell'uomo la percezione del proprio desiderio come importuno e rozzo. L'artefice si vergogna di violare la perfezione della natura: per questo il forgeron, il fabbro, secondo quanto scrive Eliade, non fa parte della comunità, perché viola la natura, le strappa i suoi figli, che continuerebbero a crescere come le pietre preziose se restassero nel suo seno.
Nella Genesi la prima donna non è fatta di fango, ma di carne, viene dal fianco del primo uomo.
Fornari scrive Carmen, scrive dell'uomo che assume su di sé la violenza necessaria per domare la natura, scrive che così, domando il toro nella corrida - e, aggiungerei, castrando il toro e aggiogando il bue, nell'agricoltura - prende su di sé una parte della violenza e alleggerisce la donna, che così può sopportare il parto. La finzione - nel senso primario, come da fingulus - alleggerisce la femmina della violenza che è necessario esercitare sulla natura - sia gli animali e le piante, sia gli altri uomini - e permette al maschio di considerare se stesso, in quanto dotato di pene che eretto è sia vomere, sia arma, sia strumento per coltivare sia strumento per uccidere, di considerarsi dotato del diritto di dare vita e morte.
Considero in questo contesto natura tutto ciò che l'uomo non riconosce come proprio frutto. Tutto ciò che non è legittimato da lui. Ciò che l'uomo produce - figli, piante coltivate - lo protegge, tutto ciò che gli è estraneo è da combattere e da eliminare.

Fasolt: Noi goffi ci diamo tormento sudando con mano callosa, una donna per conquistare, la quale mite, voluttuosa, con noi, poveri, abiti

Questa è la parte del maschile che percepisce il proprio desiderio come qualcosa che sporca la donna, che veste di bianco come un angelo per il matrimonio, la cui verginità insanguina la bianca camicia la prima notte di nozze, mostrando che la violenza del desiderio maschile è accettata, al punto che è resa accettabile dal sangue stesso. Come se versarne una parte permettesse di non versarlo tutto, come se la macchia sulla biancheria intima da notte mostrasse sia l'efficacia dell'arma maschile, sia la cavità aperta dall'arma, con violenza, e quindi la disponibilità della sposa ad accettare questa violenza. Questo dà forma al naturale masochismo femminile di cui parla Freud, che implica l'altrettanto naturale sadismo maschile.












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ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2024