ADALINDA GASPARINI                PSICOANALISI E FAVOLE
Da LIBeR, n. 24
AMORE DI FIABA
Campi Bisenzio 1994
[...]

Immaginazione e realismo

[...]
Accade qualche volta che siamo innamorati e consideriamo il nostro oggetto d'amore l'essere più ricco e importante del mondo. E se siamo ricambiati ci sentiamo altrettanto belli e preziosi. La realtà di queste sensazioni, la loro intensità gioiosa, corrispondono al finale felice delle fiabe di magia: l'uomo e la donna diventano re e regina, nell'unione è vinta la solitudine, superata per sempre l'angoscia dell'abbandono, non manca nulla, o non c'è cosa davvero desiderabile che non si possa trovare. Chi accusa il lieto fine di essere troppo lontano dalla realtà, eccessivamente ottimistico, letteralizza la sua portata e non comprende che si rappresenta un vero senso di pienezza, che fa dilatare il ritmo regolare dell'orologio e del calendario. Nel momento in cui se ne fa esperienza ci si esprime secondo il carattere iperbolico e assoluto del finale felice della fiaba: per sempre. Il cammino psichico che la fiaba ha rappresentato porta i protagonisti a raggiungere l'unione eterosessuale costituendo una nuova coppia: i principi collettivi dominanti del passato, la vecchia coppia regale, si rinnovano, nella gioia e nella prosperità generale.
A meno che non siano stati cresciuti in un iper-realismo, che forma il bagaglio più povero per interagire con la complessità della vita interiore, i bambini comprendono molto meglio degli adulti la profonda verità delle fiabe, senza letteralizzarla né confonderla con la concreta esperienza di ogni giorno.
[...]
Lettore appassionato delle storie delle Mille e una notte, attento più di chiunque altro alla loro profonda verità psicologica, Proust scrive:

...La letteratura che s'accontenta di "descrivere le cose", di darne appena un miserabile rilievo di linee e di superfici, è, pur chiamandosi realista, la più lontana dalla realtà, quella che più ci impoverisce e ci rattrista, perché interrompe bruscamente ogni comunicazione del nostro io presente con il passato, di cui le cose serbavano l'essenza, e con il futuro, dove ci incitano a goderne nuovamente. (Op. cit., vol. 4, p. 565)

Le fiabe descrivono un percorso eroico del protagonista, perché il raggiungimento di un'identità personale solida, rappresentato nella fiaba dall'accettazione e dal superamento di prove, fatiche, combattimenti con mostri e draghi, attraverso misconoscimenti, travestimenti e metamorfosi, precede l'unione regale. Che il protagonista sia maschile o femminile, non conta: il finale felice rappresenta il risultato di una trasformazione profonda per la quale il compimento del percorso eroico è solo una condizione preliminare. In alcune fiabe capita che i protagonisti si sposino anche se il percorso non è completo, ma in questo caso la loro felicità è di breve durata: può accadere, come in una fiaba del Cinquecento, che mentre il giovane re è in guerra la vecchia regina fa sparire i principini neonati, accusando la nuora di aver partorito tre cani. Toccherà ai figli, aiutati dall'Uccello Belverde, continuare il percorso eroico e riunire i loro genitori (Straparola, op. cit., pp. 176 sgg.).
Uno dei genitori - la madre del protagonista in questo caso - cerca di distruggere la nuova unione, approfittando della temporanea assenza, o della scarsa attenzione, del figlio. La fiaba rappresenta una unione incompleta, perché una figura genitoriale è rimasta troppo potente: la fissazione al legame edipico costituisce un'ipoteca sul futuro della nuova coppia.
Nella realtà gli antichi conflitti rimossi riattivandosi possono condannare al fallimento la nuova unione, o riprodursi nei rapporti con i figli. Se le componenti creative del rapporto - i figli, dice la fiaba - entrano positivamente in gioco, il conflitto può essere affrontato e risolto, altrimenti non finirà bene per nessuno dei personaggi in gioco.
[...]

[...]
pp. 86-87


Penultima revisione 3 novembre 2018
Ultimarevisione 3 ottobre 2022