6. Un fuoco, un tornio, un banco da
ebanista
Il mondo delle fiabe di magia, e
quello dei sogni notturni, appaiono a prima vista
bizzarri, vi accadono vicende e trasformazioni che
tendiamo a definire immotivate e aleatorie.
L'indagine psicoanalitica vi individua invece un
senso rigoroso: si può dire che le fiabe e i sogni
non conoscano il caso. Le loro leggi non sono come
quelle della coscienza, non tengono conto del
principio della non contraddizione, né della
stabilità delle forme, né della divisione regolare
del tempo e dello spazio che ci consente di
orientarci nella realtà comune a tutti. In sogno
possiamo trovarci bambini in una casa che non
esiste più, incontrare una persona perduta, che
però è contemporaneamente un passante incontrato
il giorno prima. Nelle fiabe un genio la cui testa
sfiora le nuvole può entrare in una bottiglia, e i
morti possono tornare in vita.
Applicare la psicoanalisi a un oggetto come la
fiaba significa individuare un senso e un
significato dove sembrava manifestarsi un gioco
incoerente e irrealistico. Potrebbe apparire
immotivato, casuale, il fatto che alla fine il
Giovannino russo e quello dei Grimm, oltre ad
essere guariti della loro mancanza di paura, siano
ricchissimi e sposi della figlia del re, mentre
Giovannino-Flamminio se ne torna a casa a mani
vuote, nonostante entrambi sentissero il bisogno
di incontrare la paura. Se torniamo all'inizio
delle storie vediamo che il Giovannino del
Cinquecento è descritto come un vagabondo senza
interessi e un po' sciocco; non ha famiglia, non
saluta nessuno partendo, e nessuno lo aspetta: la
sua identità è povera, ed è privo di nessi con il
suo contesto affettivo. Tutt'altro che isolato e
incapace era il Giovannino russo, di cui Afanasjev
racconta che è figlio di un mercante, forte e
ardito. Quando si mette in viaggio, ha un suo
lavorante come fedele compagno: si descrive
un'identità più strutturata, un punto di partenza
meno debole.
Lungo la via sconfigge grazie alla sua mancanza di
paura una banda di briganti, e giocando d'astuzia
ottiene in sposa la figlia del re. Agisce con le
connotazioni dell'eroe, di cui è privo
Giovannino-Flamminio, e questo rappresenta la
condizione per sposare una principessa di sangue
reale.Anche il Giovannino dei Grimm ha dei legami
affettivi, si parla di un fratello e del padre,
che pur senza successo cerca di educarlo. Il
Giovannino dei Grimm non libera il castello dagli
spettri come per caso, ma dopo aver saputo che se
riuscirà otterrà in sposa la figlia del re. Se il
re ha offerto la sua stessa figlia in premio a chi
libererà il castello, dobbiamo pensare che
nell'economia della fiaba si tratti di un impresa
di valore fondamentale. Giovannino è il prescelto,
quello che soddisfa i requisiti richiesti dal
bando regale, è simile agli eroi, il sui compito
essenziale è di sconfiggere i mostri.
Inoltre, per quanto non conosca ancora la pelle
d'oca, Giovannino non ignora la potenza degli
spettri, quando si presenta per affrontare la
prova:
Il re
lo guardò, lo trovò simpatico e disse: - Puoi
chiedermi anche tre cose e portarle nel castello
con te, ma devono essere cose non vive -. Il
giovane rispose:
- Chiedo un fuoco, un tornio e un banco da
ebanista col suo coltello. (Grimm, Jakob e
Wilhelm [1812-1819], Fiabe per i fanciulli e
le famiglie, Mondadori, Milano 1980; 3
voll.; p. 18)
A che servono strumenti come questi
per affrontare spiriti maligni e morti? Da un
punto di vista razionalistico a niente, ma la loro
importanza, che ha riscontro nella loro efficacia,
è comprensibile se pensiamo alle valenze
simboliche del fuoco, e a cosa significa il suo
possesso, sia nei miti che nella storia dell'uomo.
Gli altri oggetti richiesti sono strumenti che
l'uomo ha formato col suo ingegno, con i quali
modella la creta creando vasi e lavora il legno
per trarne preziosi manufatti. Giovannino chiede
dunque al re il fuoco e alcuni strumenti che
mediano il rapporto tra l'uomo e la natura,
consentendogli di trasformarla. Con una dotazione
simbolica come questa il Giovannino dei Grimm è
destinato a un grande successo. Andiamo a leggere
come l'intrepido Giovannino nel castello affronta
due gattacci infreddoliti, ai quali dice di
scaldarsi al suo fuoco.
E come
l'ebbe detto, due grossi gatti neri
s'accostarono d'un balzo, gli si posero ai lati
e lo guardarono ferocemente con i loro occhi di
fuoco. Dopo un po', quando si furono riscaldati,
dissero: - Camerata, vogliamo giocare a carte? -
Perché no? - egli rispose, - però fatemi vedere
le zampe -.
Essi allungarono le grinfie. - Oh, - disse il
giovane, - che unghie lunghe! aspettate, prima
devo tagliarvele -. Li prese per la collottola,
li sollevò sul banco, e avvitò le zampe. (Ivi)
In ogni raccolta di fiabe, a
Oriente come a Occidente, l'incontro con le forze
perturbanti della natura, mostri, spiriti o
giganti, ha successo se è mediato dall'astuzia,
dalla capacità di pensare, e dall'uso di oggetti
che l'ingegno umano ha forgiato per domare la
materia. Diciamo spesso che i giovani oggi hanno
tutto, e ci stupiamo che non si godano la vita:
quando i più sfortunati di loro si lanciano a
velocità folle contro un muro o gettano massi su
sconosciuti automobilisti, dovremmo chiederci se
mai abbiano conosciuto un fuoco, un tornio, un
banco da ebanista. E se chiedercelo ci fa
soffrire, perché neppure noi sappiamo se abbiamo
qualcosa per affrontare gli eventi più
terrificanti della vita, possiamo almeno
domandarci cosa sono questi simboli, gli stessi di
cui parlano i nostri sogni e le fiabe antiche.
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