ADALINDA GASPARINI                PSICOANALISI E FAVOLE
Prefazione
di Antonio Faeti
da LA VERA STORIA DI ALADINO
Traduzione e adattamento dal francese  di Adalinda Gasparini
Bompiani
I Delfini
Milano 1995

Capitolo nono
L'UOVO DELL'UCCELLO ROC

Dove si racconta di un nuovo mago che imbroglia la principessa Chiardiluna e di come Aladino scopra finalmente che non si può chiedere tutto al genio
della lampada meravigliosa.


Aladino era riuscito a sfuggire per la seconda volta a un pericolo mortale, ma non doveva essere l'ultima, perché il mago africano aveva un fratello minore, altrettanto esperto di magie e sortilegi, e addirittura superiore a lui per cattiveria e idee malefiche. I due maghi non stavano insieme, vivevano anzi spesso lontanissimi, uno a oriente e uno a occidente. Ovunque si trovassero, almeno una volta l'anno ciascuno faceva un sortilegio geomantico per sapere in quale parte del mondo era l'altro fratello, come stava, e se aveva bisogno di aiuto.
Era passato un po' di tempo dopo che il mago africano era finito male cercando di distruggere la fortuna di Aladino, quando all'altro mago, che si trovava in un paese lontanissimo, venne voglia di guardare in quale parte del mondo viveva e cosa faceva il suo fratello maggiore. Prese il quadrato magico che anche lui portava con sé, accomodò la sabbia, gettò i punti, e formò le figure. In una casa dell'oroscopo vide che suo fratello non c'era più, in un'altra che era morto avvelenato, in una terza casa scoprì che era stato in quella capitale della Cina, e in un'altra ancora vide il suo uccisore Aladino, un miserabile che aveva avuto tanta fortuna da sposare la figlia del sultano.
Avendo saputo della morte di suo fratello, il mago non perse tempo a disperarsi, non potendo farlo rivivere, ma decise immediatamente di vendicare la sua morte. Montò a cavallo e prese la via della Cina, attraversando pianure e fiumi, montagne e deserti, senza mai fermarsi, e percorse tutta quella distanza con uno sforzo sovrumano. Arrivò nella capitale della Cina, sicuro di non sbagliare, e si trovò un alloggio.Il giorno dopo il mago andò a passeggiare per la città, della quale non gli interessavano le bellezze, per cercare il mezzo di cui aveva bisogno per realizzare il suo terribile piano. Entrava nei luoghi più affollati, tendendo l'orecchio a tutto quello che si raccontava in giro, e si fermò in un posto in cui alcuni passavano il tempo con tanti giochi diversi, mentre altri stavano a parlare del più e del meno. Il mago sentì che stavano raccontando delle virtù e della bontà di Fatima, una donna eremita che aveva lasciato il mondo e faceva miracoli. Pensando che questa donna poteva servirgli per il suo piano, chiamò in disparte la persona che ne parlava, e gli chiese chi era questa santa donna e che miracoli faceva. Quello esclamò: "Che cosa? non l'hai mai vista e non ne hai nemmeno mai sentito parlare? Tutti l'ammirano per i suoi digiuni, i suoi sacrifici e la sua santa vita. Sta sempre nel suo piccolo eremo, che lascia per farsi vedere in città qualche giorno ogni settimana, e quando viene fa del bene a tutti, in particolare, quelli che hanno male alla testa guariscono appena lei pone le sue mani sulla loro fronte". Il mago gli chiese dove si trovaval'eremo di questa Fatima e quando l'ebbe saputo se ne andò.
Pensò al suo piano terribile in tutti i particolari, e per essere sicuro che tutto andasse come voleva aspettò che si facesse vedere Fatima in città. Si mise a osservarla seguendola passo dopo passo dalla mattina, e le stette dietro fino a sera, quando la vide rientrare nel suo eremo. Dopo aver visto tutto quello che gli serviva andò in uno posto in cui si prendeva una certa bevanda calda, e ci restò fino a notte inoltrata.Intorno alla mezzanotte il mago uscì, e si diresse all'eremo della la santa donna. Non ebbe difficoltà ad aprire la porta più esterna, chiusa solo con un chiavistello, e appena entrato larichiuse senza far rumore. Intravide Fatima al lume del chiaro di luna, coricata all'aperto, che dormiva su un sofà coperto da una povera stuoia e appoggiato contro la sua cella. Si avvicinò a lei, e dopo aver estratto un pugnale che portava al fianco la svegliò: la povera donna aprì gli occhi e rimase sbalordita vedendo un uomo che stava per ucciderla. Ma lui, premendole la lama sul cuore, le disse; "Se gridi o fai il minimo rumore, ti uccido: alzati e obbediscimi".
Fatima, che dormiva vestita, si levò tremando di paura. "Sta' tranquilla," le disse il mago, "voglio solo diventare come te.Dammi il tuo vestito e mettiti il mio". Fecero lo scambio, e quando il mago ebbe indossato quello di Fatima le disse: "Ora colorami il viso perché diventi come il tuo, con una tinta che non vada via". Accorgendosi che Fatima stava ancora tremando, per rassicurarla e farle fare meglio quello che voleva lui, il mago disse: "Ti ripeto che non devi aver paura, e ti giuro che se fai quello che ti ordino ti lascerò la vita".
Allora Fatima lo fece entrare nella sua cella, accese una lampada, prese un vaso che conteneva del liquido, con un pennello glielo stese sul viso, e gli disse che con quel colore aveva la pelle uguale alla sua. Poi gli mise il suo copricapo con un velo, e gli insegnò come doveva coprirsi il viso andando per la città. Dopo avergli messo al collo una grossa corona, che gli pendeva davanti fino alla vita, gli diede anche il bastone al quale si appoggiava sempre per camminare. Alla fine gli presentò uno specchio e disse: "Guarda, vedrai che mi somigli tanto che di più è impossibile". Il mago si vide come aveva voluto, ma non mantenne il giuramento che aveva fatto alla povera Fatima. Per non sporcare di sangue la lama del suo pugnale, la strangolò; e quando vide che era morta trascinò il suo cadavere per i piedi fino alla cisterna dell'eremo e ce lo buttò dentro. Poi, dopo essersi macchiato di un delitto così orribile, passò il resto della notte nell'eremo.
L'indomani mattina andò in città mascherato da Fatima, sicuro che nessuno lo avrebbe riconosciuto. Siccome il mago aveva progettato di eseguire il suo piano nel palazzo di Aladino, si diresse subito da quella parte. Tutti quelli che lo vedevano, convinti che fosse Fatima, si avvicinavano al mago, che ben presto si trovò circondato da una folla. C'era si raccomandava alle sue preghiere e chi gli baciava le mani, altri si accontentavano di baciargli l'orlo della veste, e altri ancora, soffrendo per il male alla testa, gli si inginocchiavano davanti perché li guarisse con l'imposizione delle mani. Il mago lo faceva, borbottando qualche parola in forma di preghiera, e imitava tanto bene la santa Fatima che nessuno dubitava che fosse lei. Dopo essersi fermato tante volte per le richieste di questa gente, che non riceveva nulla di buononé di cattivo dalle sue mani, il mago arrivò finalmente nella piazza del palazzo di Aladino, e siccome da quella parte passava tanta gente, la folla che gli si pigiava intorno aumentò. I più robusti e i più convinti si facevano strada a spinte, provocando tanti litigi che il loro vocio arrivò fino al salone dalle ventiquattro finestre.
La principessa Chiardiluna, che si trovava proprio là, domandò cos'era quella confusione, e siccome nessuno lo sapeva, ordinò che qualcuno andasse a vedere e tornasse a dirglielo. Senza uscire dal salone, una delle sue donne guardò da una vetrata, e le disse che la confusione veniva dalla folla che circondava Fatima per farsi guarire dal mal di testa. La principessa aveva sentito parlare tante volte della santa eremita, ma non l'aveva mai vista, e sentì il desiderio di vederla per stare un po' con lei. Appena ne parlò il capo degli eunuchi le disse che era facile far venire Fatima, bastava un ordine della principessa. Chiardiluna diede l'ordine e quattro eunuchi si avviarono per andare a prendere la finta Fatima. Appena uscirono dalla porta del palazzo di Aladino, e si diressero verso il mago mascherato, la folla si aprì, e appena il mago li vide si mosse verso di loro, rallegrandosi perché il suo piano si stava realizzando. Uno degli eunuchi disse: "Santa donna, la principessa Chiardiluna vuole vederti; vieni, seguici". "Se la principessa vuole farmi questo onore, le obbedisco subito", disse la finta Fatima, e andò dietro agli eunuchi, che si erano già incamminati verso il palazzo.
Quando il mago, che sotto quella maschera da santa nascondeva un cuore diabolico, fu portato nel salone dalle ventiquattro finestre ed ebbe visto la principessa, cominciò una lunghissima preghiera, ricolma di voti e di auguri per la sua salute, la sua prosperità, e la realizzazione di tutti i suoi desideri. Poi adoperò bene le sue parole d'impostore e d'ipocrita per conquistare il cuore di Chiardiluna, fingendosi tutto pieno di pietà; gli riuscì facilmente, perché la principessa, che era buona d'animo, credeva che tutti fossero buoni come lei, specialmente se erano poveri eremiti.
Quando il mago ebbe finito la sua predica, la principessa disse: "Buona Fatima, ti ringrazio per le tue preghiere, ho tanta fede in te e spero che Iddio le esaudirà; vieni, avvicinati e siedi qui accanto a me". La finta Fatima si mise a sedere cercando di mostrarsi umile e modesta, e la principessa le parlò così: "Mia cara Fatima, ti chiedo una cosa che mi devi concedere, non me la rifiutare, ti prego: voglio che tu resti qui, per parlare con me della tua vita di eremita, così potrò imparare da te e dai tuoi buoni esempi come si deve servire Iddio". La finta Fatima disse: "Principessa, ti supplico di non ordinarmi una cosa che mi farebbe allontanare e distrarre dalle mie preghiere e dalle mie devozioni". La principessa le rispose: "Di questo non ti devi preoccupare, nel mio palazzo ho tanti appartamenti liberi: sceglierai quello che ti va meglio e ci potrai fare liberamente tutte le tue devozioni, proprio come se fossi nell'eremo". Il mago non chiedeva di meglio: era un'insperata occasione per insinuarsi nel palazzo di Aladino.
Pensò che gli sarebbe stato molto più facile realizzare il suo piano malvagio abitando lì con l'invito e la protezione della principessa, anziché andare avanti e indietro dall'eremo al palazzo e dal palazzo all'eremo. Non la fece tanto lunga e rispose così a quella gentile proposta: "Anche se sono una povera e misera donna che ha scelto di rinunciare al mondo, ai suoi lussi e alle sue ricchezze, non oso disobbedire alla volontà e all'ordine di una principessa così buona e pia".Dopo questa risposta del mago, la principessa Chiardiluna, alzandosi in piedi gli disse: "Vieni con me, voglio farti vederei miei appartamenti liberi, per fartene scegliere uno". Lui la seguì, e tra gli appartamenti che gli fece vedere, tutti molto belli e ben arredati, scelse quello che poteva sembrare un po' inferiore agli altri, dicendo con ipocrisia che era troppo bello per lui, e che lo accettava solo per accontentarla.
La principessa voleva che il mago restasse a pranzare insieme a lei; ma lui per mangiare avrebbe dovuto scoprirsi il viso che aveva sempre tenuto nascosto dal velo, e avendo paura che la principessa si accorgesse che non era Fatima, la pregò con insistenza di lasciarlo solo. Scusandosi col dire che non mangiava altro che un po' di pane e di frutta secca, chiese di mangiare quel poco in solitudine, e lei glielo concesse. "Mia buona Fatima," gli disse, "tu sei libera, fa' come se fossi nel tuo eremo; vado a ordinare che ti portino da mangiare nel tuo appartamento; ma ricordati che ti aspetto dopo pranzo, nel salone dalle ventiquattro finestre".
La principessa desinò, e la finta Fatima tornò da lei appena venne un eunuco ad avvertirla che l'aspettava. La principessa Chiardiluna allora le disse: "Mia buona Fatima, sono felicissima di avere una santa donna come te, che sarà la benedizione di questo palazzo. A proposito di questo palazzo, come lo trovi? Ma prima che te lo faccia vedere dappertutto, dimmi, come ti pare questo salone?". A questa domanda il mago, che per recitare meglio la sua parte aveva tenuto la testa bassa, senza guardare né di qua né di là, alzò gli occhi, guardò il salone da cima a fondo, e dopo averlo ben osservato disse: "Principessa, questo salone è veramente meraviglioso e bellissimo. Ma per quanto ne possa sapere un'eremita che non se ne intende delle bellezze del mondo, mi pare che gli manchi una cosa".
"E quale cosa, mia buona Fatima?" domandò stupita la principessa Chiardiluna, "dimmelo, ti scongiuro. Credevo che non gli mancasse nulla, come dicono tutti. Se c'è un difetto, lo farò rimediare". La finta Fatima, con grande astuzia, disse: "Principessa, perdonami se oso dire la mia idea, che conta pochissimo, ma se in alto, al centro di questa cupola, fosse sospeso un uovo di roc, questo salone non avrebbe rivali in nessuna delle quattro parti del mondo, e il tuo palazzo sarebbe davvero la meraviglia dell'universo".
"Buona Fatima," domandò la principessa, "che cos'è il roc, e dove si può trovarne un uovo?". Il mago rispose: "Il roc è un uccello di prodigiosa grandezza, che vive sulla cima più alta del monte Caucaso, e l'architetto del tuo palazzo può trovartene uno". Dopo aver ringraziato più volte la finta Fatima del consiglio, la principessa Chiardiluna restò a parlare con lei di tante cose; ma non le usciva dalla mente l'uovo del roc, e pensò di parlarne con Aladino, quando sarebbe tornato dalla caccia. Era lontano da sei giorni, e il mago, che lo sapeva, aveva approfittato della sua assenza. Proprio quella sera, mentre la finta Fatima salutava la principessa e si ritirava, Aladino tornò a casa, e andò subito nell'appartamento della sua sposa, che vi era appena rientrata.
Ma mentre l'abbracciava gli sembrò che non lo accogliesse tanto bene, e le disse: "Principessa mia, non ti ritrovo contenta come sempre: è successo qualcosa durante la mia assenza che ti ha dato un dispiacere, un dolore o una delusione? Ti supplico, non me lo nascondere, farei qualunque cosa per scacciare la tua malinconia".
Chiardiluna gli disse: "E' proprio una cosa da nulla, che mi preoccupa appena un po', e non pensavo che si vedesse dalla mia espressione. Ma siccome ti sei accorto che non sono allegra come sempre, te lo dirò. Credevo che il nostro palazzo fosse il più superbo, il più magnifico e il più completo del mondo. Ti dico ora cosa mi è venuto in mente dopo aver esaminato con attenzione il salone dalle ventiquattro finestre: non trovi anche tu che non ci sarebbe più nulla da desiderare se ci fosse un uovo di roc sospeso al centro della cupola?". Aladino le rispose: "Principessa adorata, se per te manca un uovo di roc, anche per me c'è lo stesso difetto. Farei qualunque cosa per amor tuo, e lo vedrai da come rimedierò a questa mancanza".
Così Aladino lasciò la principessa Chiardiluna, salì nel salone dalle ventiquattro finestre, e tirò fuori la lampada. Dopo la sua disgrazia col mago africano la portava sempre sotto la sua veste, dovunque andasse. La sfregò, e immediatamente il genio apparve davanti a lui dicendo:

Io son lo schiavo della lampada:
comandami quello che vuoi
e in un batter d'occhio lo avrai !

Aladino gli disse: "Genio, manca un uovo di roc sospeso al centro di questa cupola: io ti chiedo, in nome della lampada che ho in mano, che tu faccia in modo che questo difetto sia rimediato". Aladino non aveva finito di pronunciare queste parole che il genio lanciò un grido fragoroso e terrificante, tanto che il salone tremò e Aladino barcollò, quasi fino a crollare del tutto.
"Cosa! ah! miserabile!" gli disse il genio con una voce che avrebbe messo il tremito all'essere più coraggioso del mondo, "non ti basta tutto quello che io e i miei compagni abbiamo fatto per te? Come osi chiedermi, con un'ingratitudine folle, che ti porti il mio Maestro e te lo appenda sotto questa cupola? Per questo attentato meritereste di essere inceneriti all'istante, tu, la tua sposa e il palazzo. Sei fortunato perché l'idea non viene da te, e questa richiesta non è tua. Sappi che l'idea è del fratello del mago africano tuo nemico, che hai distrutto come si meritava. E' nel tuo palazzo, nascosto sotto l'abito di Fatima, la santa donna che ha assassinato, e ha suggerito alla tua sposa l'orribile richiesta che tu hai fatto a me. Il suo piano è di farti morire: tocca a te stare in guardia". E così dicendo sparì.
Aladino non perse nemmeno una sillaba delle ultime parole del genio; aveva sentito parlare di Fatima la santa donna, e sapeva che guariva il mal di testa. Tornò nell'appartamento della principessa, e senza parlare di quello che gli era successo si mise a sedere con una mano sulla fronte, dicendo che all'improvviso gli era venuto un gran dolore.
Subito la principessa ordinò che facessero venire la santa donna, e mentre andavano a chiamarla raccontò ad Aladino per quale caso si trovava nel palazzo, dove lei gli aveva dato un appartamento. Il mago arrivò, e quando fu entrata, Aladino disse: "Vieni, mia buona Fatima, sono contento di vederti, ed è una fortuna per me che tu sia qui: mi è venuto un tremendo mal di testa. Chiedo il tuo aiuto e confido nelle tue preghiere; spero che non mi rifiuterai la tua grazia". Dopo aver detto così, si alzò chinando la testa, e la finta Fatima venne avanti verso di lui, ma Aladino vide che portava la mano sotto la veste, su un pugnale che teneva alla cintura.
Aladino, gli afferrò la mano prima che lo estraesse, e colpendolo al cuore col suo pugnale lo fece cadere a terra morto.
"Aladino! che hai fatto?" gridò sconvolta la principessa, "hai ucciso la santa eremita!". "No, principessa," rispose Aladino senza scomporsi, "non ho ucciso Fatima, ma uno scellerato che mi avrebbe ucciso, se non lo avessi fermato. Questo malvagio che vedi ha strangolato Fatima, e si nascondeva sotto la sua veste per assassinarmi. Sappi," aggiunse levandogli il velo, "che era fratello del mago africano nostro nemico e tuo rapitore". Aladino le raccontò come era venuto a conoscenza di tutte queste cose, e poi fece portar via il cadavere. Finalmente Aladino fu libero per sempre dalla persecuzione dei due fratelli maghi e niente venne più a minacciare la sua vita, la sua sposa e il suo palazzo.
Molti anni dopo, essendo ormai vecchissimo, il sultano morì. Siccome non c'erano eredi maschi, salì al trono la principessa Chiardiluna, e divise il potere supremo con Aladino. Regnarono insieme e vissero felici e contenti per tanto tempo, lasciando una bellissima discendenza.


Penultima revisione 3 novembre 2018
Ultima revisione 9 ottobre 2022