Capitolo
nono
L'UOVO DELL'UCCELLO ROC
Dove
si racconta di un nuovo mago che imbroglia la
principessa Chiardiluna e di come Aladino scopra
finalmente che non si può chiedere tutto al genio
della lampada meravigliosa.
Aladino era riuscito a sfuggire per
la seconda volta a un pericolo mortale, ma non
doveva essere l'ultima, perché il mago africano
aveva un fratello minore, altrettanto esperto di
magie e sortilegi, e addirittura superiore a lui per
cattiveria e idee malefiche. I due maghi non stavano
insieme, vivevano anzi spesso lontanissimi, uno a
oriente e uno a occidente. Ovunque si trovassero,
almeno una volta l'anno ciascuno faceva un
sortilegio geomantico per sapere in quale parte del
mondo era l'altro fratello, come stava, e se aveva
bisogno di aiuto.
Era passato un po' di tempo dopo che il mago
africano era finito male cercando di distruggere la
fortuna di Aladino, quando all'altro mago, che si
trovava in un paese lontanissimo, venne voglia di
guardare in quale parte del mondo viveva e cosa
faceva il suo fratello maggiore. Prese il quadrato
magico che anche lui portava con sé, accomodò la
sabbia, gettò i punti, e formò le figure. In una
casa dell'oroscopo vide che suo fratello non c'era
più, in un'altra che era morto avvelenato, in una
terza casa scoprì che era stato in quella capitale
della Cina, e in un'altra ancora vide il suo
uccisore Aladino, un miserabile che aveva avuto
tanta fortuna da sposare la figlia del sultano.
Avendo saputo della morte di suo fratello, il mago
non perse tempo a disperarsi, non potendo farlo
rivivere, ma decise immediatamente di vendicare la
sua morte. Montò a cavallo e prese la via della
Cina, attraversando pianure e fiumi, montagne e
deserti, senza mai fermarsi, e percorse tutta quella
distanza con uno sforzo sovrumano. Arrivò nella
capitale della Cina, sicuro di non sbagliare, e si
trovò un alloggio.Il giorno dopo il mago andò a
passeggiare per la città, della quale non gli
interessavano le bellezze, per cercare il mezzo di
cui aveva bisogno per realizzare il suo terribile
piano. Entrava nei luoghi più affollati, tendendo
l'orecchio a tutto quello che si raccontava in giro,
e si fermò in un posto in cui alcuni passavano il
tempo con tanti giochi diversi, mentre altri stavano
a parlare del più e del meno. Il mago sentì che
stavano raccontando delle virtù e della bontà di
Fatima, una donna eremita che aveva lasciato il
mondo e faceva miracoli. Pensando che questa donna
poteva servirgli per il suo piano, chiamò in
disparte la persona che ne parlava, e gli chiese chi
era questa santa donna e che miracoli faceva. Quello
esclamò: "Che cosa? non l'hai mai vista e non ne hai
nemmeno mai sentito parlare? Tutti l'ammirano per i
suoi digiuni, i suoi sacrifici e la sua santa vita.
Sta sempre nel suo piccolo eremo, che lascia per
farsi vedere in città qualche giorno ogni settimana,
e quando viene fa del bene a tutti, in particolare,
quelli che hanno male alla testa guariscono appena
lei pone le sue mani sulla loro fronte". Il mago gli
chiese dove si trovaval'eremo di questa Fatima e
quando l'ebbe saputo se ne andò.
Pensò al suo piano terribile in tutti i particolari,
e per essere sicuro che tutto andasse come voleva
aspettò che si facesse vedere Fatima in città. Si
mise a osservarla seguendola passo dopo passo dalla
mattina, e le stette dietro fino a sera, quando la
vide rientrare nel suo eremo. Dopo aver visto tutto
quello che gli serviva andò in uno posto in cui si
prendeva una certa bevanda calda, e ci restò fino a
notte inoltrata.Intorno alla mezzanotte il mago
uscì, e si diresse all'eremo della la santa donna.
Non ebbe difficoltà ad aprire la porta più esterna,
chiusa solo con un chiavistello, e appena entrato
larichiuse senza far rumore. Intravide Fatima al
lume del chiaro di luna, coricata all'aperto, che
dormiva su un sofà coperto da una povera stuoia e
appoggiato contro la sua cella. Si avvicinò a lei, e
dopo aver estratto un pugnale che portava al fianco
la svegliò: la povera donna aprì gli occhi e rimase
sbalordita vedendo un uomo che stava per ucciderla.
Ma lui, premendole la lama sul cuore, le disse; "Se
gridi o fai il minimo rumore, ti uccido: alzati e
obbediscimi".
Fatima, che dormiva vestita, si levò tremando di
paura. "Sta' tranquilla," le disse il mago, "voglio
solo diventare come te.Dammi il tuo vestito e
mettiti il mio". Fecero lo scambio, e quando il mago
ebbe indossato quello di Fatima le disse: "Ora
colorami il viso perché diventi come il tuo, con una
tinta che non vada via". Accorgendosi che Fatima
stava ancora tremando, per rassicurarla e farle fare
meglio quello che voleva lui, il mago disse: "Ti
ripeto che non devi aver paura, e ti giuro che se
fai quello che ti ordino ti lascerò la vita".
Allora Fatima lo fece entrare nella sua cella,
accese una lampada, prese un vaso che conteneva del
liquido, con un pennello glielo stese sul viso, e
gli disse che con quel colore aveva la pelle uguale
alla sua. Poi gli mise il suo copricapo con un velo,
e gli insegnò come doveva coprirsi il viso andando
per la città. Dopo avergli messo al collo una grossa
corona, che gli pendeva davanti fino alla vita, gli
diede anche il bastone al quale si appoggiava sempre
per camminare. Alla fine gli presentò uno specchio e
disse: "Guarda, vedrai che mi somigli tanto che di
più è impossibile". Il mago si vide come aveva
voluto, ma non mantenne il giuramento che aveva
fatto alla povera Fatima. Per non sporcare di sangue
la lama del suo pugnale, la strangolò; e quando vide
che era morta trascinò il suo cadavere per i piedi
fino alla cisterna dell'eremo e ce lo buttò dentro.
Poi, dopo essersi macchiato di un delitto così
orribile, passò il resto della notte nell'eremo.
L'indomani mattina andò in città mascherato da
Fatima, sicuro che nessuno lo avrebbe riconosciuto.
Siccome il mago aveva progettato di eseguire il suo
piano nel palazzo di Aladino, si diresse subito da
quella parte. Tutti quelli che lo vedevano, convinti
che fosse Fatima, si avvicinavano al mago, che ben
presto si trovò circondato da una folla. C'era si
raccomandava alle sue preghiere e chi gli baciava le
mani, altri si accontentavano di baciargli l'orlo
della veste, e altri ancora, soffrendo per il male
alla testa, gli si inginocchiavano davanti perché li
guarisse con l'imposizione delle mani. Il mago lo
faceva, borbottando qualche parola in forma di
preghiera, e imitava tanto bene la santa Fatima che
nessuno dubitava che fosse lei. Dopo essersi fermato
tante volte per le richieste di questa gente, che
non riceveva nulla di buononé di cattivo dalle sue
mani, il mago arrivò finalmente nella piazza del
palazzo di Aladino, e siccome da quella parte
passava tanta gente, la folla che gli si pigiava
intorno aumentò. I più robusti e i più convinti si
facevano strada a spinte, provocando tanti litigi
che il loro vocio arrivò fino al salone dalle
ventiquattro finestre.
La principessa Chiardiluna, che si trovava proprio
là, domandò cos'era quella confusione, e siccome
nessuno lo sapeva, ordinò che qualcuno andasse a
vedere e tornasse a dirglielo. Senza uscire dal
salone, una delle sue donne guardò da una vetrata, e
le disse che la confusione veniva dalla folla che
circondava Fatima per farsi guarire dal mal di
testa. La principessa aveva sentito parlare tante
volte della santa eremita, ma non l'aveva mai vista,
e sentì il desiderio di vederla per stare un po' con
lei. Appena ne parlò il capo degli eunuchi le disse
che era facile far venire Fatima, bastava un ordine
della principessa. Chiardiluna diede l'ordine e
quattro eunuchi si avviarono per andare a prendere
la finta Fatima. Appena uscirono dalla porta del
palazzo di Aladino, e si diressero verso il mago
mascherato, la folla si aprì, e appena il mago li
vide si mosse verso di loro, rallegrandosi perché il
suo piano si stava realizzando. Uno degli eunuchi
disse: "Santa donna, la principessa Chiardiluna
vuole vederti; vieni, seguici". "Se la principessa
vuole farmi questo onore, le obbedisco subito",
disse la finta Fatima, e andò dietro agli eunuchi,
che si erano già incamminati verso il palazzo.
Quando il mago, che sotto quella maschera da santa
nascondeva un cuore diabolico, fu portato nel salone
dalle ventiquattro finestre ed ebbe visto la
principessa, cominciò una lunghissima preghiera,
ricolma di voti e di auguri per la sua salute, la
sua prosperità, e la realizzazione di tutti i suoi
desideri. Poi adoperò bene le sue parole d'impostore
e d'ipocrita per conquistare il cuore di
Chiardiluna, fingendosi tutto pieno di pietà; gli
riuscì facilmente, perché la principessa, che era
buona d'animo, credeva che tutti fossero buoni come
lei, specialmente se erano poveri eremiti.
Quando il mago ebbe finito la sua predica, la
principessa disse: "Buona Fatima, ti ringrazio per
le tue preghiere, ho tanta fede in te e spero che
Iddio le esaudirà; vieni, avvicinati e siedi qui
accanto a me". La finta Fatima si mise a sedere
cercando di mostrarsi umile e modesta, e la
principessa le parlò così: "Mia cara Fatima, ti
chiedo una cosa che mi devi concedere, non me la
rifiutare, ti prego: voglio che tu resti qui, per
parlare con me della tua vita di eremita, così potrò
imparare da te e dai tuoi buoni esempi come si deve
servire Iddio". La finta Fatima disse: "Principessa,
ti supplico di non ordinarmi una cosa che mi farebbe
allontanare e distrarre dalle mie preghiere e dalle
mie devozioni". La principessa le rispose: "Di
questo non ti devi preoccupare, nel mio palazzo ho
tanti appartamenti liberi: sceglierai quello che ti
va meglio e ci potrai fare liberamente tutte le tue
devozioni, proprio come se fossi nell'eremo". Il
mago non chiedeva di meglio: era un'insperata
occasione per insinuarsi nel palazzo di Aladino.
Pensò che gli sarebbe stato molto più facile
realizzare il suo piano malvagio abitando lì con
l'invito e la protezione della principessa, anziché
andare avanti e indietro dall'eremo al palazzo e dal
palazzo all'eremo. Non la fece tanto lunga e rispose
così a quella gentile proposta: "Anche se sono una
povera e misera donna che ha scelto di rinunciare al
mondo, ai suoi lussi e alle sue ricchezze, non oso
disobbedire alla volontà e all'ordine di una
principessa così buona e pia".Dopo questa risposta
del mago, la principessa Chiardiluna, alzandosi in
piedi gli disse: "Vieni con me, voglio farti vederei
miei appartamenti liberi, per fartene scegliere
uno". Lui la seguì, e tra gli appartamenti che gli
fece vedere, tutti molto belli e ben arredati,
scelse quello che poteva sembrare un po' inferiore
agli altri, dicendo con ipocrisia che era troppo
bello per lui, e che lo accettava solo per
accontentarla.
La principessa voleva che il mago restasse a
pranzare insieme a lei; ma lui per mangiare avrebbe
dovuto scoprirsi il viso che aveva sempre tenuto
nascosto dal velo, e avendo paura che la principessa
si accorgesse che non era Fatima, la pregò con
insistenza di lasciarlo solo. Scusandosi col dire
che non mangiava altro che un po' di pane e di
frutta secca, chiese di mangiare quel poco in
solitudine, e lei glielo concesse. "Mia buona
Fatima," gli disse, "tu sei libera, fa' come se
fossi nel tuo eremo; vado a ordinare che ti portino
da mangiare nel tuo appartamento; ma ricordati che
ti aspetto dopo pranzo, nel salone dalle
ventiquattro finestre".
La principessa desinò, e la finta Fatima tornò da
lei appena venne un eunuco ad avvertirla che
l'aspettava. La principessa Chiardiluna allora le
disse: "Mia buona Fatima, sono felicissima di avere
una santa donna come te, che sarà la benedizione di
questo palazzo. A proposito di questo palazzo, come
lo trovi? Ma prima che te lo faccia vedere
dappertutto, dimmi, come ti pare questo salone?". A
questa domanda il mago, che per recitare meglio la
sua parte aveva tenuto la testa bassa, senza
guardare né di qua né di là, alzò gli occhi, guardò
il salone da cima a fondo, e dopo averlo ben
osservato disse: "Principessa, questo salone è
veramente meraviglioso e bellissimo. Ma per quanto
ne possa sapere un'eremita che non se ne intende
delle bellezze del mondo, mi pare che gli manchi una
cosa".
"E quale cosa, mia buona Fatima?" domandò stupita la
principessa Chiardiluna, "dimmelo, ti scongiuro.
Credevo che non gli mancasse nulla, come dicono
tutti. Se c'è un difetto, lo farò rimediare". La
finta Fatima, con grande astuzia, disse:
"Principessa, perdonami se oso dire la mia idea, che
conta pochissimo, ma se in alto, al centro di questa
cupola, fosse sospeso un uovo di roc, questo salone
non avrebbe rivali in nessuna delle quattro parti
del mondo, e il tuo palazzo sarebbe davvero la
meraviglia dell'universo".
"Buona Fatima," domandò la principessa, "che cos'è
il roc, e dove si può trovarne un uovo?". Il mago
rispose: "Il roc è un uccello di prodigiosa
grandezza, che vive sulla cima più alta del monte
Caucaso, e l'architetto del tuo palazzo può
trovartene uno". Dopo aver ringraziato più volte la
finta Fatima del consiglio, la principessa
Chiardiluna restò a parlare con lei di tante cose;
ma non le usciva dalla mente l'uovo del roc, e pensò
di parlarne con Aladino, quando sarebbe tornato
dalla caccia. Era lontano da sei giorni, e il mago,
che lo sapeva, aveva approfittato della sua assenza.
Proprio quella sera, mentre la finta Fatima salutava
la principessa e si ritirava, Aladino tornò a casa,
e andò subito nell'appartamento della sua sposa, che
vi era appena rientrata.
Ma mentre l'abbracciava gli sembrò che non lo
accogliesse tanto bene, e le disse: "Principessa
mia, non ti ritrovo contenta come sempre: è successo
qualcosa durante la mia assenza che ti ha dato un
dispiacere, un dolore o una delusione? Ti supplico,
non me lo nascondere, farei qualunque cosa per
scacciare la tua malinconia".
Chiardiluna gli disse: "E' proprio una cosa da
nulla, che mi preoccupa appena un po', e non pensavo
che si vedesse dalla mia espressione. Ma siccome ti
sei accorto che non sono allegra come sempre, te lo
dirò. Credevo che il nostro palazzo fosse il più
superbo, il più magnifico e il più completo del
mondo. Ti dico ora cosa mi è venuto in mente dopo
aver esaminato con attenzione il salone dalle
ventiquattro finestre: non trovi anche tu che non ci
sarebbe più nulla da desiderare se ci fosse un uovo
di roc sospeso al centro della cupola?". Aladino le
rispose: "Principessa adorata, se per te manca un
uovo di roc, anche per me c'è lo stesso difetto.
Farei qualunque cosa per amor tuo, e lo vedrai da
come rimedierò a questa mancanza".
Così Aladino lasciò la principessa Chiardiluna, salì
nel salone dalle ventiquattro finestre, e tirò fuori
la lampada. Dopo la sua disgrazia col mago africano
la portava sempre sotto la sua veste, dovunque
andasse. La sfregò, e immediatamente il genio
apparve davanti a lui dicendo:
Io
son lo schiavo della lampada:
comandami quello che vuoi
e in un batter d'occhio lo avrai !
Aladino gli disse: "Genio, manca un
uovo di roc sospeso al centro di questa cupola: io
ti chiedo, in nome della lampada che ho in mano, che
tu faccia in modo che questo difetto sia rimediato".
Aladino non aveva finito di pronunciare queste
parole che il genio lanciò un grido fragoroso e
terrificante, tanto che il salone tremò e Aladino
barcollò, quasi fino a crollare del tutto.
"Cosa! ah! miserabile!" gli disse il genio con una
voce che avrebbe messo il tremito all'essere più
coraggioso del mondo, "non ti basta tutto quello che
io e i miei compagni abbiamo fatto per te? Come osi
chiedermi, con un'ingratitudine folle, che ti porti
il mio Maestro e te lo appenda sotto questa cupola?
Per questo attentato meritereste di essere
inceneriti all'istante, tu, la tua sposa e il
palazzo. Sei fortunato perché l'idea non viene da
te, e questa richiesta non è tua. Sappi che l'idea è
del fratello del mago africano tuo nemico, che hai
distrutto come si meritava. E' nel tuo palazzo,
nascosto sotto l'abito di Fatima, la santa donna che
ha assassinato, e ha suggerito alla tua sposa
l'orribile richiesta che tu hai fatto a me. Il suo
piano è di farti morire: tocca a te stare in
guardia". E così dicendo sparì.
Aladino non perse nemmeno una sillaba delle ultime
parole del genio; aveva sentito parlare di Fatima la
santa donna, e sapeva che guariva il mal di testa.
Tornò nell'appartamento della principessa, e senza
parlare di quello che gli era successo si mise a
sedere con una mano sulla fronte, dicendo che
all'improvviso gli era venuto un gran dolore.
Subito la principessa ordinò che facessero venire la
santa donna, e mentre andavano a chiamarla raccontò
ad Aladino per quale caso si trovava nel palazzo,
dove lei gli aveva dato un appartamento. Il mago
arrivò, e quando fu entrata, Aladino disse: "Vieni,
mia buona Fatima, sono contento di vederti, ed è una
fortuna per me che tu sia qui: mi è venuto un
tremendo mal di testa. Chiedo il tuo aiuto e confido
nelle tue preghiere; spero che non mi rifiuterai la
tua grazia". Dopo aver detto così, si alzò chinando
la testa, e la finta Fatima venne avanti verso di
lui, ma Aladino vide che portava la mano sotto la
veste, su un pugnale che teneva alla cintura.
Aladino, gli afferrò la mano prima che lo estraesse,
e colpendolo al cuore col suo pugnale lo fece cadere
a terra morto.
"Aladino! che hai fatto?" gridò sconvolta la
principessa, "hai ucciso la santa eremita!". "No,
principessa," rispose Aladino senza scomporsi, "non
ho ucciso Fatima, ma uno scellerato che mi avrebbe
ucciso, se non lo avessi fermato. Questo malvagio
che vedi ha strangolato Fatima, e si nascondeva
sotto la sua veste per assassinarmi. Sappi,"
aggiunse levandogli il velo, "che era fratello del
mago africano nostro nemico e tuo rapitore". Aladino
le raccontò come era venuto a conoscenza di tutte
queste cose, e poi fece portar via il cadavere.
Finalmente Aladino fu libero per sempre dalla
persecuzione dei due fratelli maghi e niente venne
più a minacciare la sua vita, la sua sposa e il suo
palazzo.
Molti anni dopo, essendo ormai vecchissimo, il
sultano morì. Siccome non c'erano eredi maschi, salì
al trono la principessa Chiardiluna, e divise il
potere supremo con Aladino. Regnarono insieme e
vissero felici e contenti per tanto tempo, lasciando
una bellissima discendenza.
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