ADALINDA GASPARINI                PSICOANALISI E FAVOLE
Il fiore chiuso
Dubbi sulla tentazione

di crescere
DA: IL FIORE CHIUSO
L'ADOLESCENZA E IL TEMPO DELLE STORIE VERE
CHE SEMBRANO FALSE
A cura di Silvana Caluori
Collana Rappresentazioni
Edizioni ETS, Pisa 2000;
pp. 253-295

  • 1. Baseless
  • 2. Né carne né pesce
  • 3. Storie vere che sembrano false
  • 4. In stercore invenitur
  • 5. Favole e favole
  • 6. La via di Nessuno (pp. 290-294)



6. La via di Nessuno

Mentre il più dei Pokémon e dei tatuaggi resta incomprensibile, e quando sarà tutto chiaro nuove storie e nuove mode saranno lì a interrogarci e a eludere il sapere che abbiamo accumulato, possiamo ben comprendere che i bambini, come gli adolescenti, fuggano dalle storie che gli adulti dedicano loro. La frase non sei né carne né pesce, nonostante la sua crudeltà ha un carattere paradossale che lascia al soggetto uno spazio, più evidente nella formula inglese, to be neither fish, flesh, nor good red herring (non essere né pesce, né carne, né un buon diversivo, - ma, letteralmente, aringa affumicata). C'è ancora spazio, perché c'è ancora della metafora, mentre lo spazio si restringe penosamente quando le descrizioni evolutivistiche classificano l'adolescenza come se la questione della crescenza non riguardasse ogni tempo, se non ogni giorno, dell'essere umano.
Costruire un ambito di osservazione e definirne i contorni è il solo modo di procedere nella ricerca scientifica, ma dimenticare che questo atto di delimitazione è una necessità dell'indagine, e non una struttura a priori della realtà, comporta la sostituzione della ricerca con volgari trovate. Se la successione delle forme avesse una regolarità, un ordine visibile, non ci sarebbe bisogno di alcuna scienza, che soddisfa il bisogno di descrivere e prevedere qualcosa altrimenti oscuro e imprevedibile, come osserva René Thom:

È curioso osservare, a questo proposito, che la scienza, che, in linea di principio, nega l'indeterminismo, ne è effettivamente la figlia, figlia ingrata che ha la sola funzione di distruggere suo padre! (Stabilità strutturale e morfogenesi, cit.; p. 4)

La negazione dell'indeterminismo è analoga alla negazione dell'inconscio, e ha la funzione di fissare una coincidenza tra una rappresentazione della realtà - elaborata in ambito personale o collettivo, scientifico o religioso - e la realtà stessa. Non vogliamo ricordare ciò che l'esperienza passata ci offrirebbe, e la mancanza di elaborazione ci condanna a una coazione a ripetere, favorendo il dispiegamento di Thanatos nella storia personale e in quella culturale. Ad ogni passo la storia umana ci mostra trasformazioni catastrofiche e capovolgimenti nelle religioni, nelle ideologie e nelle teorie scientifiche, abbastanza da lasciarci prevedere che le nostre certezze di oggi saranno domani considerate visioni parziali, se non superstizioni o errori. L'affermazione della coincidenza tra una rappresentazione della realtà, esterna o intrapsichica, e il suo oggetto, esige di operare la rimozione dell'indeterminismo, analoga alla negazione dell'inconscio, per sostenere una verità assoluta, cioè sciolta dalle relazioni intrapsichiche e interpersonali all'interno delle quali è pronunciabile, condivisibile, criticabile. Si rimuove l'inconscio sperando di dar corpo all'illusione che si possa ottenere una purezza come quella che perseguita l'adolescente colonizzato Sanjay:
katharòs, dèi èinai ò kòsmos... katharòs, katharòs...
Si tratta di rinunciare, per procedere nell'indagine senza impedire adolescenza, crescenza, alla pretesa di raggiungere una stabilità identitaria, che si fonda più sul narcisismo che sulla consapevolezza e l'ascolto di parti diverse e diversamente presenti. Il compito riguarda allo stesso modo il lavoro clinico che la ricerca psicoanalitica, e gli analisti non sono certo immuni dalle necessità identitarie che caratterizzano tutta la loro cultura di appartenenza. Si tratta di rinunciare alla certezza e alla verità assolute, ma anche alla certezza che vi si possa rinunciare, e la seconda rinuncia è necessaria a procedere quanto la prima, e più difficile. La posizione è sostenibile se la pensiamo come un'oscillazione, del tipo di quella teorizzata da W.R. Bion tra posizione schizoparanoide e posizione depressiva. Occorre oscillare tra la possibilità di trovare un luogo e quella di riconoscerne l'inconsistenza. Qualcosa, come ci ha insegnato Freud, possiamo chiederlo ai poeti, le cui immagini offrono al ricercatore errante almeno un sollievo temporaneo.
I romanzi di Salman Rushdie spesso iniziano con un io narrante moribondo, un soggetto che, non avendo trovato un luogo nel quale vivere, ha però il tempo di narrare una storia di molte centinaia di pagine. In uno di questi romanzi il protagonista, giunto in Spagna dall'India alla ricerca delle origini, tenta verso la fine della storia di definire la propria identità:

"Sono un ebreo venuto dalla Spagna, come il filosofo Maimonide", mi dissi, per vedere se le parole suonavano sincere. Mi parvero vuote. Lo spettro di Maimonide rise di me. "Sono come la moschea cattolicizzata di Còrdoba", provai. "Un pezzo di architettura orientale con una cattedrale barocca ficcata nel mezzo". Anche questo non suonava bene. Io ero un nessuno che non veniva da nessun posto, come nessuno, e che non aveva nessuna patria. Questo suonava meglio e sembrava vero. Avevo raggiunto un'anti-Gerusalemme: non una patria, ma un "via". Un posto che non vincolava, ma dissolveva. (L'ultimo sospiro del Moro, Mondadori, Milano 1995; p. 428)

Un passaggio, non un posto. Un nessuno, non qualcuno. Accettando di essere Nessuno il greco eroe del pensiero riesce a battere il gigantesco Polifemo, monocolo, salvando la maggior parte dei suoi compagni. Ulisse ha tutte le identità auspicabili nel suo tempo, perché è un eroe, un re, uno sposo e un padre. Inoltre ha qualcosa che lo distingue da tutti gli altri che combattono a Troia: una particolare acutezza della mente, per la quale gli convengono gli stessi epiteti di Prometeo, polümètis e poikilomètis, dalla molta mètis, dalla mètis variegata, e anche ankülomètis, dalla metis che serpeggia, che gira gli angoli. Tradotto con intelligenza, il termine greco perde una connotazione che è resa parzialmente da astuzia. Mètis indica l'attitudine della mente a risolvere problemi di per sé impossibili, a trovare un sentiero, un guado, dove le mappe e la tradizione non indicano alcun percorso certo. Possiamo considerare il pensiero designato da mètis come il pensiero nell'accezione bioniana, e più in generale come il pensiero che non rimuovendo l'inconscio ne trae possibilità creative. E' il caso di ricordare che la dea Mètis è madre di Pòros, il cui nome significa ricchezza, guado, sentiero, soluzione, che incontrato da Pènia - mancanza, povertà - generò Eros.
Siamo partiti da una costruzione senza fondamento, baseless, insubstantial, per giungere a un soggetto capace di chiamarsi nessuno. Il guado, il pòros indicato da Freud a proposito dell'inconscio, tracciabile e percorribile, mai definibile o misurabile in modo da essere rappresentato su carte corrispondenti a scale stabili, corrisponde alla via che l'antico navigatore greco individuava nell'elemento àporos per eccellenza, il mare senza vie tracciate, in opposizione alla terra, Gaia dalle molte strade.
La rimozione dell'inconscio, come la rimozione dell'indeterminismo nella scienza, impedisce di percorrere campi per i quali non esistono percorsi prestabiliti. Come quello che riguarda il fiore chiuso, rispetto al quale occorrono molte cure, mentre è nefasto il giardiniere che ne tocchi i petali per accellerarne o rallentarne l'apertura. Quando parliamo quindi di educazione, come insieme degli atteggiamenti auspicabili in chi si occupa di esseri umani crescenti, adolescenti, pensiamo a un'educazione psicoanaliticamente ombreggiata, come un passaggio, non un posto, che rinunciando all'identità segnata dal narcisismo si curi della possibilità di ascoltare, per accogliere il bisogno di essere ascoltati, anziché colonizzati, degli adolescenti, come dei bambini, come del fiore che sempre nuovo e antico cerca di sbocciare ogni giorno nella vita dell'uomo.


Penultima revisione 4 novembre 2018
ultima revisione 3 ottobre 2022