Ai tempi dell'Alhambra e di BoccaccioRisalgono al XIV secolo i manoscritti arabi più antichi delle Mille e una notte, tra i quali il manoscritto siriano conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi è considerato il più bello. Risalgono al X secolo riferimenti a una raccolta di storie col numero mille nel titolo, e abbiamo qualche manoscritto successivo al sec. XIV che si dichiara copia fedele di un testo anteriore, ma nessuna storia dell'opera può cominciare prima del Trecento. Tutti i manoscritti del XIV secolo contengono meno di trecento notti di racconto, e nessuno di loro ha un finale. Ai tempi del Re Sole e degli IlluministiAll'inizio del Settecento Antonie Galland, un erudito arabista di umili origini, vedendo come Parigi amasse le fiabe di Perrault, ricordò le storie meravigliose che aveva sentito in Medio Oriente e si fece mandare un manoscritto dalla Siria, proprio quello tuttora conservato a Parigi. Lo tradusse in francese con grande sensibilità e la sua opera ebbe un successo tale che diede seguito alla traduzione con un gruppo di storie che gli aveva raccontato a Parigi un cristiano maronita di Aleppo. Tra queste la fiaba di Aladino e quella di Alì Babà, che da allora per il pubblico sono parte integrante della raccolta. Di Galland è il primo finale dell'opera, con il sultano guarito dalla sua mania crudele che vivrà felice e contento con Shahrazàd. Le Mille e una notte, tradotte in oltre cinquanta lingue diverse in numerosissime edizioni, furono il best seller del Secolo dei Lumi. Nel secolo del Romanticismo e del PositivismoVengono pubblicate le prime edizioni arabe della raccolta, in India (Calcutta, 1814-1818 e 1839-1842) in Germania (Breslavia, 1826-1843) in Egitto (Bulàq, 1835). Escludono alcuni materiali inseriti da Galland, ne accolgono altri, e moltiplicano per quattro le dimensioni dei manoscritti trecenteschi per compiere le mille notti di racconto, inserendo materiali eterogenei, dalle piccole storie sapienziali ai romanzi epici delle crociate. Arabisti inglesi, tedeschi e francesi traducono da queste edizioni, senza preoccuparsi della loro eterogeneità, sia operando integrazioni e tagli, sia riplasmando le storie, secondo il loro gusto, con risultati a volte splendidi in senso letterario. Innumerevoli poi le traduzioni che si dichiarano condotte sul testo arabo, e che invece ritraducono disinvoltamente altre versioni europee. Nel 1839 un altro erudito orientalista, Pétis de La Croix, pubblicò a Parigi i Mille e un giorno, nel quale compare per la prima volta la storia di Turandot. Verso la fine dell'Ottocento inizia il lavoro filologico sulla raccolta, che mette ordine fra i manoscritti e le edizioni, datandole e ordinandole per pruppi di storie. Il secolo appena trascorsoNel 1948, sotto la direzione del
nostro grande arabista Francesco Gabrieli, si stampa
la prima traduzione italiana da un'edizione araba,
quella egiziana. Nel 1963 (The Art of Story-telling,
M.I. Gerhardt, Leiden) si pubblica un lavoro
filologico ampio ed esauriente, dopo il quale nessun
traduttore o studioso dovrebbe ignorare la storia
della raccolta. Ma le edizioni successive delle
Mille e una notte ignorano gli studi filologici
rigorosi: è il caso del traduttore in francese René
Khawam, che dà alle stampe una versione di Aladino
in cui afferma che risalirebbe alla cultura islamica
del sec. XI, mentre il testo più antico che abbiamo
è quello di Antoine Galland (A. Gasparini, Una
storia della storia di Aladino. Kabikàj, in Aladino
e la lampada, meravigliosa. Viaggio psicoanalitico,
Firenze 1993). La dizione che figurava per Aladino
"Testo stabilito sui manoscritti originali", è la
stessa che figura sulla versione francese delle
Mille e una notte, tradotta in italiano e pubblicata
nel 1989 con una prefazione di G. Manganelli e
distribuita nel 2002 da un quotidiano di grande
diffusione, senza che si sia levata una voce
significativa sulla disinvoltura della definizione e
della traduzione, che allude fra l'altro a un
manoscritto del XII secolo, che non esiste. Il nostro secoloPossiamo esser certi che la raccolta
di Shahrazàd, della cultura indoiranica, di Antoine
Galland, degli arabi dell'India e dell'Egitto, degli
imbroglioni e dei fedeli traduttori, dei filologi e
dei truffatori, sarà un best seller anche nel nostro
secolo. Speriamo che all'affermazione ossessivamente
ripetuta a ogni nuova traduzione, che il pubblico
potrà gustare per la prima volta le vere, originarie
e originali Mille e una notte, subentri il desiderio
e il piacere di osservare che questa raccolta, come
l'insieme delle fiabe di tutto il mondo, non
appartiene a un tempo piuttosto che a un altro, né a
un popolo più che ad altri. Il racconto, come il
linguaggio, trovandosi preso dalle menzogne o dalle
rigidità degli studiosi come dei lettori, si libera
dai loro lacci in un batter d'occhio, con la grazia
dei racconti che tutto il mondo ama e ricorda e
trasforma, anche quando si illude di trovarne le
mitiche origini. Nota aggiunta il 7 ottobre 2016
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