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RIFERIMENTI |
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Metamorfosi,
testo latino |
Publio Ovidio
Nasone, Metamorfosi.
Testo a fronte. A cura di Piero Bernardini Marzolla.
Con uno scritto di Italo Calvino; Torino : Einaudi
1994. |
Metamorfosi,
traduzione italiana |
© Adalinda
Gasparini 2011. |
Opera omnia di
Ovidio in latino |
The Latin
Library, http://www.thelatinlibrary.com/ovid.html;
consultato il 28 ottobre 2018.. Metamorphoses (Ovidius), http://la.wikisource.org/wiki/Metamorphoseon; consultato il 28 ottobre 2018. |
The Ovid Project | The Ovid
Project: Metamorphosing the Metamorphoses; Hope
Greenberg, Humanities Computing Specialist,
University of Vermont; https://www.uvm.edu/~hag/ovid/aboutovid.html;
consultato il 28 ottobre 2018. |
Metamorfosi,
traduzione italiana sec. XVI |
Le Metamorfosi, traduzione di Giovanni Andrea dell'Anguillara (1563); http://it.wikisource.org/wiki/Le_Metamorfosi; consultato il 28 ottobre 2018. |
Metamorfosi,
traduzione italiana contemporanea in versi |
http://spazioinwind.libero.it/latinovivo/Ovidio_Metamorfosi.htm;
consultato il 28 ottobre 2011. |
Publius Ovidius
Naso |
Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-18); http://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Ovidio_Nasone; consultato il 28 ottobre 2018 |
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IMMAGINE | Bernard Salomon,
Métamorphoses,
Lyon 1557. Fonte: http://krapooarboricole.wordpress.com/2009/01/09/metamorphoses-dovide-myrrha/ consultato il 28 ottobre 2018; . |
Versioni illustrate delle Metamorfosi nei secoli | Revisioning Ovid:
Alternative Versions of Ovid's Reception in
Image and Text. Variation Thematics, or How Else
to Illustrate Ovid; site
constructed by Daniel Kinney with Elizabeth
Styron; http://ovid.lib.virginia.edu/others.html;
consultato il 28 ottobre 2018; . |
Viaggio interattivo nelle Metamorfosi di Ovidio | ICONOS,
Cattedra di Iconografia e Iconologia del
Dipartimento di Storia dell'Arte della Facoltà di
Scienze Umanistiche dell'Università di Roma "La
Sapienza"; http://www.iconos.it/index.php?id=85
consultato il 28 ottobre 2018; . |
Alberi e dintorni. L'albero della mirra | Dalle Metamorfosi di Ovidio: il Mito
di Mirra. http://alberiedintorni.blogspot.it/2017/02/dalle-metamorfosi-di-ovidio-il-mito-di.html; consultato il 28 ottobre 2018. |
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NOTE |
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In nova fert animus mutata dicere formas corpora | Ovidio intende
stupire il lettore, non per celebrare un'entità
trascendente, ma per rendergli familiare il
portento, calandolo nelle forme consuete degli
uomini, degli animali, delle piante. Non ha mai
accettato l'invito di Augusto e del suo amico
Mecenate di celebrare Roma. Il solo grande ad
accettarlo era stato Virgilio. Confrontando il mirum
di Ovidio con il miracolo evangelico, si osserva che
mentre il primo descrive i minimi dettagli della
trasformazione, il secondo avviene senza che la
narrazione ne descriva il modo. Il mirum di Ovidio
circonda il lettore come i fenomeni di ogni giorno,
e lo induce a percepire il miracolo quotidiano della
continuità e della discontinuità delle forme: il
seme che diventa pianta, e fiore dai rami secchi, il
giacinto odoroso dal bulbo simile a una come una
cipolla, e la fioritura dell'iris trasparente come
le nuvole, e la crescita di un bambino, e la mobile
morfologia dei genitali, e ancor più il cuore che
sembra ora morire per poi rivivere come se non
avesse mai avuto una pena. Linguaggio in grado massimo ecfrastico, quello di Ovidio invita a guardare con occhi di poeta narratore la formazione e la trasformazione. La natura madre è osservata nella sua mobile potenza, e le sta di fronte la parola che può muovere l'animo alla sua comprensione, alla sua definizione. Ciò a cui il poeta latino dà nome è la stessa fysis evocata da Goethe nel Faust: Siedono alcune,
altre stanno e si muovono come il caso comporta.
Formarsi, trasformarsi, eterno gioco dell'eterno
senno, intorno ad esse aleggiano le immagini di
tutte le creature.
(Regno delle Madri, Galleria Oscura, tr. it. a cura di F. Fortini, Mondadori Milano 1994; vv. 6286-6288) (cit. da Jung in Fenomenologia della fiaba, XI, p. 210) |
Le offrono le primizie dei suoi frutti e corone di spighe | e per nove notti rispettano il divieto del congiungimento... |
Dèmetra, Cerere per i latini, viveva in perfetta felicità con la figlia Kore, Proserpina per i latini: i Greci le chiamavano Le grandi dee, o semplicemente Le dee. Madre e figlia formano una diade perfetta, e quando sono unite nell'isola più fertile, la Sicilia, la terra dà spontaneamente le messi che nutrono gli esseri umani. Quando Proserpina viene rapita dal dio degli Inferi, Cerere la cerca per tutta la terra, alla quale impone di non dare più i suoi frutti. Il genere umano si estinguerebbe se la dea madre non ritrovasse sua figlia, che è stata rapita e presa in sposa dal dio degli inferi Ade, Plutone per i latini. Giove stabilisce che la dea figlia trascorrerà una parte dell'anno sulla terra, con la madre, una parte sotto terra, con lo sposo. La dea madre insegna agli abitanti di Eleusi che l'avevano accolta i suoi misteri e l'arte dell'agricoltura, e la terra fiorisce e dà frutti quando le due dee si riuniscono, mentre diventa fredda e spoglia quando sono separate. La castità da osservare durante le feste di Cerere ricordano una completezza femminile, rispetto alla quale l'amore incestuoso di Mirra è come la rottura tragica di un tabù. Non solo l'incesto come dramma fra un genitore e una figlia, ma l'amore irresistibile è narrato da Ovidio, il primo amore, il padre, l'unico amore possibile, quando la madre lascia il letto nuziale per celebrare i misteri della dea della fertilità. Lo sposo della dea figlia, Kore o Proserpina, è misterioso, sotterraneo. E misteriosa è per Cinira l'amante che la nutrice gli conduce per nove notti. |
ESCLUSIONE DEGLI INCESTUOSI DALLA COMUNITÀ UMANA, DALLA TERRA E DAL CIELO | |
Ma per non contaminare i vivi / con la mia vita e i morti morendo, mettetemi fuori dai due regni... (vv. 485-487) |
Non conosco una storia d'incesto che nella sua costruzione, nei versi e in ogni parola inviti a guardare l'abissale complessità del tema, fino a far vibrare nel lettore che voglia e possa seguirla le corde umanissime che appartengono a ciascuno. Sempre presente e controverso, il mito di Edipo in psiconalisi non cessa di interrogarci, con la ricchezza perturbante dei suoi temi che ricorrono dal mito e dalla tragedia greca a Ovidio, alle leggende cristiane di Giuda, dannato più di ogni altro essere umano, e di Gregorio, che avendo vissuto l'incesto espia la sua colpa e alla fine viene eletto papa. Il romanzo latino di Apollonio re di Tiro, la cui fortuna dal V al XVIII secolo è stata immensa, articola in forma quasi fiabesca il tema dell'incesto (vedi anche: La storia di Apollonio re di Tiro. Introduzione, testo critico, traduzione e note a cura di Giovanni Garbugino. Alessandria: Edizioni dell'Orso 2010). Il tema dell'incesto è in una fiaba tra le più diffuse, che Perrault scrisse intitolandola Pelle d'Asino (1697). Favole col motivo esplicito dell'incesto sono presenti già nelle Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola (1551-1553), e nel Cunto de li cunti o Pentamerone di Giambattista Basile (1634-1636). Il tema ricorre nelle fiabe popolari (vedi: Le tacconelle di Maria di Legna e Maria intavolata). Una fiaba d'incesto simile alla già ricordata leggenda di Gregorio è stata raccolta in Toscana nel sec. XIX (La treccia rossa). Ci si limita in questa nota a racconti nei quali il motivo dell'incesto compare esplicitamente. Online si trova la seguente tesi di laurea magistrale: Claudia Morra, Il mito di Mirra e l'incesto: un'analisi giuridico-semantica di Ov. met., X, vv. 298-524" Tesi di laurea magistrale, aa 2010/'11; Un. di Foggia; http://www.comitatoprocanne.com/public/sintesi_tesi.pdf; consultato il 28 ottobre 2018. |
Sofocle, Edipo re |
Di fronte a Edipo inorridiscono gli
abitanti del demo di Colono che conoscono la sua
colpa, e dapprima gli vietano di entrare nello
spazio sacro, pensando che lo contamini. |
Apollonio re di Tiro |
Nel romanzo latino Apollonio re di Tiro,
che non ha commesso incesto, ma come Edipo ha
risolto l'enigma dell'incesto e ottenuto il regno
della coppia incestuosa, dopo la morte della sua
sposa e della loro figlia neonata dice ai suoi
marinai: "Proicite me
in subsannio navis; cupio enim in undis efflare
spiritum, quem in terris non licuit lumen videre."
("Gettatemi
in fondo alla nave, voglio esalare fra le onde
il mio spirito, che non ha diritto di vedere la
luce sulla terra.")
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Jacopo da Varagine, Legenda aurea |
Nella leggenda di Giuda che diventa
apostolo di Gesù dopo aver vissuto la stessa storia
di Edipo, narrata nella Legenda Aurea di Jacopo da
Varagine il motivo dell'esclusione dalla terra e dal
cielo raggiunge il culmine. Il non redento per
eccellenza dopo aver tradito Gesù si impicca, ed
essendo appeso non contamina né la terra né il
cielo. |
Hartmann von Aue, Gregorius |
Gregorius,
nell'opera di Hartmann von Aue (XII secolo) quando
scopre di essere figlio di due fratelli e di aver
sposato sua madre si fa incatenare su un isolotto
dove resta diciassette anni a fare penitenza (vedi,
in questo sito, Edipo
Papa). |
Alessandro D'Ancona, La leggenda di
Vergogna e La leggenda di Giuda |
Giuda dopo aver tradito Gesù [A]ndò e
impiccossi per la gola ; et impiccato , crepò per
mezzo e sparsonsi le'nteriora sue. In ciò fu tolta
la ragione alla bocca , che lo spirito suo
maladetto non uscisse quindi ; però che non era
degnia cosa che quella bocca cosi vilemente
maculata fosse, la quale avea tocco così gloriosa
bocca come quella di Cristo che degnia cosa era
che le 'nteriora ch'aveano ingenerato il
tradimento , cadessero rotte , e la gola , della
quale era uscita la voce del tradimento , fosse
costretta dal capestro , cioè dalla corda che
l'affogò impiccandosi. Ancora morìo in aere ,
acciò che colui il quale offese gli angeli nel
cielo e gli uomini in terra, fosse sceverato dalla
contrada delli angeli e delli uomini , e fosse
accompagniato colle demonia nell'aere. (dal Codice
Riccardiano 1254, car. 78; in Alessandro D'Ancona,
La leggenda di
Vergogna e la Leggenda di Giuda, 1869,
pp. 72-73; vedi, in questo sito, Edipo Giuda)
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EBBREZZA E INCESTO | |
Dopo la distruzione di Sodoma le figlie di Lot ubriacano il padre per unirsi a lui. Nell'immagine: Lot e le sue figlie Jean Matsys, 1565 |
30 Poi Lot partì da Zoar e andò
ad abitare sulla montagna, insieme con le due
figlie, perché temeva di restare in Zoar, e si
stabilì in una caverna con le sue due figlie. 31
Ora la maggiore disse alla più piccola: «Il nostro
padre è vecchio e non c'è nessuno in questo
territorio per unirsi a noi, secondo l'uso di
tutta la terra. 32 Vieni, facciamo bere del vino a
nostro padre e poi corichiamoci con lui, così
faremo sussistere una discendenza da nostro
padre». 33 Quella notte fecero bere del vino al
loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il
padre; ma egli non se ne accorse, né quando essa
si coricò, né quando essa si alzò. 34 All'indomani
la maggiore disse alla più piccola: «Ecco, ieri io
mi sono coricata con nostro padre: facciamogli
bere del vino anche questa notte e va' tu a
coricarti con lui; così faremo sussistere una
discendenza da nostro padre». 35 Anche quella
notte fecero bere del vino al loro padre e la più
piccola andò a coricarsi con lui; ma egli non se
ne accorse, né quando essa si coricò, né quando
essa si alzò. 36 Così le due figlie di Lot
concepirono dal loro padre. 37 La maggiore partorì
un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei
Moabiti che esistono fino ad oggi. 38 Anche la più
piccola partorì un figlio e lo chiamò «Figlio del
mio popolo». Costui è il padre degli Ammoniti che
esistono fino ad oggi. (Genesi 19, dopo la
distruzione di Sodoma)
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Laio concepisce Edipo nell'ebbrezza. Nell'immagine: Edipo uccide Laio Paul Joseph Blanc, 1867 |
Essendo stato
violentato da Laio, Crisippo, figlio del re Pelope
si uccise. Pelope maledisse Laio che consultò
l'oracolo di Delfi dal quale seppe che se avesse
avuto un figlio questi lo avrebbe ucciso e si
sarebbe unito alla madre. Laio, re di Tebe, che
per questo si asteneva dalla sposa Giocasta, e
secondo una
tradizione mitica che non abbiamo verificato
Giocasta avrebbe ubriacato Laio per poter avere
un figlio da lui. In ogni caso il neonato Edipo fu abbandonato con i piedi legati, e, trovato da un pastore, venne adottato dai re di Corinto. A sua volta avendo saputo dall'oracolo che avrebbe ucciso suo padre e si sarebbe unito a sua madre Edipo fuggì dai re che credeva i suoi genitori, e correndo verso Tebe si scontrò con Laio che a sua volta tornava a interrogare l'oracolo. Nello scontro Edipo uccise il padre, che non aveva riconosciuto, né era stato riconosciuto da lui. Rispondendo all'enigma della sfinge sulla via per Tebe aveva liberato la città dal mostro, e per questo aveva ottenuto il trono e aveva sposato la regina vedova. |