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CAP. XL JUDAS
SCARIOTH |
GIUDA
ISCARIOTA |
Legitur enim in quadam historia licet
apocrypha, quod fuit quidam vir in Jerusalem nomine
Ruben , qui alio nomine dictus est Symon de tribu Dan,
vel secundum Hieronymum de tribu Ysaschar, qui habuit
uxorem, quae Cyborea nuncupata est. Quadam igitur
nocte, cum sibi mutuo debitum exsolvissent, Cyborea
obdormiens somnium vidit, quod perterrita cum
gemitibus et suspiriis viro suo retulit dicens:
videbatur mihi, quod filium flagitiosum parerem, qui
totius gentis nostrae causa perditionis existeret. Cui
Ruben: nefariam rem, inquit, nec relatu dignam
profaris et spiritu, ceu puto, phitonico raperis. Cui
illa: Si me concepisse sensero et filium peperero,
absque dubio non spiritus phitonicus exstitit, sed
revelatio certa fuit. |
Leggesi una storia,
avvegna che non sia autenticata da la Chiesa, che fue
uno uomo in Gerusalem che avea nome Ruben; il quale per
altro nome era chiamato Simeon da la schiatta di Giuda,
ovvero secondo Geronimo, da la schiatta di Isacar, il
quale ebbe una moglie che fu chiamata Ciborea. Sì che
una notte, abbiendosi insieme [reso] il debito, dormendo
Ciborea vidde in sogno quella ch'essa dovea partorire
con pianti e con sospiri; lo quale sogno ridisse al
marito suo in questo modo: «E mi parea ch'io partorissi
uno figliuolo molto pieno di retade e malizie, il quale
sarebbe cagione di perdimento di tutta quanta la gente
nostra». Alla quale disse Ruben: «Maladetta cosa di' tu,
che non è degna di mentovare, e pensomi che tu se'
rapita dallo spirilo di Fitone». E quella disse: «Se io
mi sentirò d'avere conceputo e partorito figliuolo,
sanza dubbio non è stato spirito fitonico, ma
rivelazione certa». Sì che vegniendo il tempo quando ella ebbe partorito il figliuolo, li parenti temettoro molto, e cominciarono a pensare quello che dovessono fare di lui. E con ciò fosse cosa che avessoro in orrore d'ucciderlo, né nutricare non volendo colui che dovea essere distruggitore de la sua generazione, misserlo entro in una navicella coperta e lasciarola andare per lo mare entro; e l'onde del mare sì l'approdarono ad una isola che si chiama Scarioth, onde da quella isola è appellato Giuda Scarioth. Sicché la reina di quella contrada, non avendo figliuoli, se n'era andata per sollazzo a la riva del mare e veggendovi la navicella, fatta com'una cassetta, approdata là per l'onde del mare, sì comandò ch'ella fosse aperta, e trovaronvi un fanciullo di bella forma, sospirando disse «O s'io fossi sollevata da' solazzi da così fatto figliuolo, acciò ch'io non fossi privata di successore del reame mio!» Sì chè fece nutricare il fanciullo segretamente, et infìnsesi d'essere gravida. A la perfine mostrò falsamente d'avere partorito uno figliuolo maschio, e andò questa fama palese per tutto il reame con grande festa. Li baroni s'allegrarono per la ricevuta schiatta, e il popolo si rallegra con grande letizia. Fecelo adunque nutricare secondo la grandezza del reame. Non passòe molto tempo che la reina concepette del re: nel suo tempo parturìo uno figliuolo. Et essendo già cresciuti e' fanciulli alquanto, sì si trastullavano ispessamente insieme : e Giuda faceva molto increscimento con molte ingiurie al figliuolo del re, e spesse volte lo faceva piagniere, e la reina recandosi ciò a noia, sappiendo e conoscendo che Giuda non s'apartenea a lei, sì lo battea molto spesso; né per tanto si rimanea Giuda di fare noia a quello fanciullo. Alla perfine si manifestòe il fatto, e fu aperto come Giuda non era verace figliuolo della reina, ma era stato trovato. Ed essendosi Giuda accorto di ciò, fortemente si vergognò e 'l fratello suo putativo, figliuolo del re, uccise celatamente. E temendo per questo fatto la sentenzia de la testa, sì si fuggi con esso coloro ch'andavano ricogliendo il tributo, e andonne in Gerusalem, e mancepossi ne la corte di Pilato, il quale era in quello tempo preside. E imperò che le cose simigliami s'acostono volentieri insieme, veggendo Pilato che Giuda si confacea a' costumi suoi, cominciollo a tenere mollo caro, tanto che fu fatto proposto di tutta la corte di Pilato e al suo senno erano ordinate tutte le cose. Sì che un die Pilato, guardando del suo palagio in uno giardino, fu tanto invaghito de' frutti ch'erano nel detto giardino, che poco meno non ne moriva. E quello giardino era di Ruben, padre di Giuda: ma non conosceva Giuda il padre, nè Ruben il figliuolo, però che pensava che fosse perito ne l'onde del mare, e Giuda non sapea al postutto chi fosse suo padre, né quale fosse la sua madre, né la sua cittade. Chiamòe dunque Pilato Giuda e sì gli disse: «Io sono sì preso dal desiderio di quelli frutti, che se io non n' abbo al mio senno, io credo veramente morire tosto». Sì che Giuda andò, e saltò immantinente nel giardino, e prese di quelle mele. Infrattanto venne Ruben e trovò Giuda che gli avea colte le mele sue; sì che incominciarono a contendere fortemente insieme amendue e, dopo il contendere, vennero a darsi insieme e villania; poscia vennero a le mani e batteronsi bene insieme. A la perfine Giuda ricolse una pietra e fedì Ruben con essa in quella parte del capo ch'è collegato al collo, sì che egli l'uccise; ma pure tolse le mele e portolle a Pilato, e raccontolli ciò ch'era intervenuto. Sì che, faccendosi sera, Ruben fu trovato morto, e pensarono le persone ched e' morisse di morte subitana. Allora Pylato diede a Giuda tutte le possessioni di Ruben , e Ciborea, moglie del detto, sì la diede per moglie a Giuda. Sì che un die che Ciborea sospirava e gravemente, e Giuda, suo marito, la domandava diligentemente quello ch'ella avesse, e quella rispuose: «Oimè, molto più disavventurata sopra tutte le femmine, ché io attuffai uno mio fantisino piccolino ne l'onde del mare, e trovai morto il marito mio! non so come PiIato ancora a me misera ha sopraggiunto dolore, che me dolorosissima ha dato per moglie a te, e hammiti congiunta in matrimonio, avvegna che non volontarosa di ciò». E conciò fosse cosa che quella avesse narrato ogne cosa di quello fantigino, e, da l'altra parte Giuda avesse narrato a lei quelle cose ch'erano intervenute a lui, trovato fu che Giuda avesse tolto per moglie la madre e morto il padre. Sì che mosso da pentimento per confortamento di Ciborea andossene al nostro Signore Jesù Cristo, e domandogli perdonanza de' suoi peccati. Insino a qui si legge di quella storia non autentica , la quale se da raccontare è, rimanga nello albitrio di colui che la legge, avvegna che maggiormente sia da lasciare stare che di dirla. Sì che il Signore lo fece suo discepolo, e di discepolo sì lo chiamò apostolo; il quale fu tanto famigliare a lui e amato, ch'elli il fece suo procuratore, lo quale sostenne poi per suo traditore. Ché elli si portava la borsa de' danari, e furava di quello ch'era dato a Cristo. Sì che dogliendosi al tempo della passione di Cristo che l'unguento che valeva trecento danari non era stato venduto, perchè potesse anche fare di furare quelli danari, andò e vendèo Cristo trenta danari, che ogni danaio valeva dieci piccioli d'usuale moneta. E così ricompensòe il danaio de l'unguento che valeva trecento danari. Ovvero, come vogliono dire alcuni, di quello ch'era dato a Cristo, di tutto elli furava la decima parte; e però per la decima ch'elli avea perduta ne l'unguento, cioè per li trenta danari, vendette il Signore per tradimento. Sì che costui in sino a qui usòe in sua vita tre grandissimi peccati, cioè micidio del padre, furare le cose accomandate dal suo Iddio, tradimento del suo maestro. I quali danari, essendo pentuto, riportò a coloro che gliele avevano dati, e andò e impiccossi per la gola; et impiccato crepò per mezzo e sparsonsi le 'nteriora sue. In ciò fu tolta la ragione a la bocca, che lo spirito suo maladetto non uscisse quindi; però che non era degna cosa che quella bocca, cosi vilemente maculata, fosse, la quale avea tocco così gloriosa bocca come quella di Cristo che degnia cosa era che le 'nteriora ch'aveano ingenerato il tradimento, cadessero rotte, e la gola, de la quale era uscita la voce del tradimento, fosse costretta dal capestro, cioè da la corda che l'affogò impiccandosi. Ancora morìo in aere, acciò che colui il quale offese gli angeli in cielo e gli uomini in terra, fosse sceverato da la contrada de li angeli e de li uomini, e fosse accompagnato con le demonia ne l'aere. |
II.5 MATER TENTAT FILIUM |
UNA MADRE TENTA IL FIGLIO |
Quidam
juvenis Christianus secretius Sancto Andreae dixit:
mater mea pulchrum me videns de opere me illicito
tentat: cui dum nullatenus assentirem, judicem adiit,
volens iii me crinien tantuc nequitiae relorquere, sed
ora pro me, ne moriar tam injuste, Jiam et accusatus
penitus retifebo malens vitam perdere, quam matrem meam
tam turpiter infamare. Juvenis igitur ad judicium vocatur et hic eum Andreas prosequitur. Accusat constanter mater fiiium, quod se voluerit violare. Interrogatus pluries juvenis, an res taliter se haberet, nigil penitus respomdebat. Tunc Andreas matri dixit: Crudelissima feminarum, quae per tuam libidinem unicum filium vis perire. Tunc illa praeposito dixit: domine, huic homini filius meus adhesit, postquam hoc agere voluit sed nequivit. Iratus itaque judex jussit puerum in saccum linitum pice et bitumine mitti et in flumine proiici. Andream vero in carcere reservari donec excogitaret supplicium, quo periret. Sed orante Andrea tonitrum horribile omnes terruit et terrae motus ingens cunctos prostravit et mulier a fulmine percussa et arefacta corruit. Orantibus autem caeteris apostolum, ne perirent, oravit pro iis et omnia cessaverunt. Tunc praepositus credidit et domus ejus sua. |
Uno giovane cristiano segretamente disse a santo Andrea:
«La mia madre veggendomi bello m'ha richiesto
d'operazione non licita, a la quale io non consentendo
per veruno modo, andossene ella al giudice in me
ritorcere il peccato di contanta iniquitade. Priega indi
Iddio per me, acciò che io non di tanta iniquitade
ingiustamente muoia; imperò ch'io, richiesto a la Corte,
al postutto tacerabbo, volendo anzi perdere la vita che
infamare la mia madre così sozzamente». Il giovane fue richiesto a la Corte, e santo Andrea andò con lui. La madre accusa costantemente il figliuolo com'elli la volle corrompere. Domandato il giovane più volte al giudice se ciò fosse vero: «In verun modo» rispuose. Allora Andrea disse alla madre: "O crudelissima sopra tutte le femmine, che per tua lussuria vuogli che 'l tuo unico figliuolo perisca!». Allora quella disse al giudice: «Messere, il mio figliuolo s'accostò a questo uomo da poi che questa mala operazione giammai fare non poteo secondamente com'elli volle». Allora il giudice adirato comandò che 'l giovane fosse messo in uno sacco impeciato e imbutimato, e fosse gittato così nel fiume; e comandòe che Andrea fosse riserbato in carcere infino a tanto ch'e' pensasse che morte gli dovesse far patire. Ma, orando l'apostolo, fue fatto un grande terremuoto, il quale ispaventò ogni uomo, e fecegli cadere a terra; e la femmina percosse de la saetta folgore, e inarsicciata, cadde morta, sì che tutti gli altri pregarono l'apostolo che non perissono. Quelli pregò Iddio per loro, e tutti questi pericoli cessarono; e credette in Dio il giudice e tutti quelli di casa sua. |
RIFERIMENTI |
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molte
notizie su Giuda |
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuda_Iscariota
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CAP
XLV Judas Scarioth, testo latino |
Jacobi
a Voragine, Legenda aurea vulgo historia lombardica
dicta. Ab optimorum librorum fidem. Recensuit Dr.
Th Graesse, Potentissimi regis saxoniae bibliothecarius.
Editio secunda. Cum approbatione rev. administratoris
ecclesiastici per superiorem lusatiam. Lipsiae, impensis
librariae arnoldianae. MDCCCL; p. 184-186; https://archive.org/details/legendaaureavulg00jacouoft/page/182/mode/1up?view=theater; ultimo accesso 4 marzo 2024 |
Testo
italiano |
Legenda
Aurea; Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 2000.
Per il testo è stato utilizzato il volgarizzamento
toscano del Trecento a cura di Arrigo Levasti.
Pubblicata dalla Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
1924-1926. 2 voll. Vol. I, pp. 52. |
CAP
II De sancto Andrea apostolo testo latino |
Jacobi a Voragine, Legenda aurea vulgo historia..., cit., p. 5; https://archive.org/details/legendaaureavulg00jacouoft/page/15/mode/1up?view=theater; ultimo accesso 4 marzo 2024 |
Testo
italiano |
Legenda
Aurea; Casa Editrice Le Lettere, cit. Vol. I, p.
52. |
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NOTE |
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Ancora
morio in aere... |
«“Questo
è quello peccato che non è perdonato né di qua né di là,
perché il peccatore non ha voluto, spregiando la mia
misericordia; perciò mi è più grave questo che tutti gli
altri peccati che ha commessi. Unde la disperazione di
Giuda mi spiacque più e fu più grave al mio Figliolo che
non fu il tradimento che egli mi fece. Così sono
condannati per questo falso giudizio d’aver posto
maggiore il peccato loro che la misericordia mia; e
perciò sono puniti con le dimonia e cruciati eternamente
con loro”.» (s. Caterina da Siena, Dialogo della Divina
Provvidenza, c. 37). https://it.wikipedia.org/wiki/Giuda_Iscariota, |
Vedi anche su Giuda |
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuda_Iscariota |
Giuda |
Il bacio di
Giuda
La morte di Giuda |