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HEINRICH ZIMMER

RE ARTÙ, MESSER GALVANO
E MADAMA RANOCCHIA


DA IL RE E IL CADAVERE (1957)
A CURA DI JOSEPH CAMPBELL

ADALINDA GASPARINI        PSICOANALISI E FAVOLE



Una volta re Artù era a caccia nella foresta con messer Galvano e altri suoi cavalieri. Il re si allontanò dagli altri per seguire un grosso cervo, e solo dopo mezzo miglio riuscì ad abbatterlo, quindi scese da cavallo e si accinse a scuoiarlo col suo coltello. Sentendosi osservato, si guardò intorno e vide un cavaliere in armi, grande e grosso... 
...forte assai e di grande possanza.
"Ben trovato, Re Artù!" disse l'omone. "Voi mi avete fatto torto per molti anni, e io vi lascerò quivi in modo miserando; ritengo che i giorni della vostra vita siano giunti al termine"
(pp. 108-109)
Il re fece notare al gigante che non sarebbe stato cavalleresco da parte di un armato attaccare chi come lui era semplicemente vestito di verde, senza nemmeno dire il proprio nome.
"Il mio nome" disse l'uomo "è Gromer Somer Joure". Il nome non diceva nulla al re.
La risposta del re, tuttavia, aveva toccato un punto delicato dell'onore cavalleresco, e così l'omone in armi fu costretto a cedere un poco, non completamente, ma un poco.
[...]
Messer Gromer Somer Joure esigeva che la sua vittima indifesa giurasse di ritornare nello stesso luogo lo stesso giorno dell'anno successivo, disarmato come ora - vestito solo dei panni verdi da cacciatore - e di portare come riscatto della sua vita la risposta al seguente enigma: Qual è quella cosa che una donna desidera di più al mondo?
Il re diede la sua parola e tornò molto depresso al suo corteo di cavalieri. Messer Galvano, suo nipote, si accorse della tristezza del suo volto e lo tirò in disparte per chiedergli che cosa fosse accaduto.
In segreto il re raccontò tutto al più bello dei suoi cavalieri, che ebbe questa idea: avrebbero cavalcato per l'intero anno, chiedendo a ogni uomo e a ogni donna che incontravano qual è la cosa che una donna desidera al di sopra di ogni altra, scrivendo le risposte in un libro che poi avrebbero portato all'omone. (Ivi 107)
Il re cavalcò in una direzione, e Galvano in un'altra
e chiesero sempre a ogni uomo, donna o altro,
che cosa le donne desideravano come cosa più cara.
Alcuni dissero che amavano essere ben abbigliate;
alcuni dissero che amavano esser dolcemente pregate;
aaalcuni dissero che amavano un uomo vigoroso,
che tra le braccia potesse stringerle e baciarle;
alcuni dissero una cosa, altri un'altra;
e così Galvano aveva avuto molte risposte.

Messer Galvano aveva avuto tante risposte
che ne fece un libro grosso e pesante.
Ritornò poi alla corte.
E proprio allora il re stava tornando col suo libro,
e l'uno guardò il libro dell'altro.
"Questo non dovrebbe fallire" disse Galvano
"Per Dio," disse il re "ho una gran paura,
cercherò ancora un po' di più".
(P. 109-110)
Ancora un mese Artù continuò a cercare risposte, e nella foresta di Inglewood incontrò una megera, la donna più brutta che mai si sia vista.
Una faccia rossa, e per di più un naso pieno di moccio, la bocca larga, i denti gialli e sporgenti fuori dal labbro, il collo lungo e tozzo,i seni flaccidi e grevi. Un liuto portava sulla schiena, e cavalcava un palafreno riccamente sellato. Era uno strano spettacolo vedere una creatura così orribile cavalcare così allegramente.
Essa andò dritta verso il re, lo salutò, e gli disse, senza preamboli, che le risposte che lui e Galvano avevano trovato non gli sarebbero servite a nulla. "Se non ti aiuto io non puoi che morire" disse. "Concedimi, Messer Re, una sola cosa, e io mi renderò garante della tua vita; altrimenti perderai la testa". "Che volete dire, Signora" chiese il re. "Spiegatemi il vostro intento e perché la mia vita è nelle vostre mani, e io prometterò tutto ciò che vorrete". "Ebbene," disse la spaventevole creatura "dovrai darmi in sposo un cavaliere, il suo nome è Messer Galvano. Farò con te questo patto: se lamia risposta non ti salverà la vita, il mio desiderio non sarà esaudito; ma se la mia risposta ti salverà, tu mi concederai di essere la moglie di Galvano. Scegli ora, e in fretta, perché così dev'essere, o sei un uomo morto". "Maria!" disse il re. "Non posso assicurarti che Messer Galvano si impegnerà a sposarti. Dipende solo da lui". "Bene," disse la megera "ora torna a casa e intercedi in mio favore presso Messer Galvano. Sono brutta, è vero, ma sono allegra". "Ah, povero me!" disse il re.

Re Artù tornò al castello; e suo nipote, Galvano, rispose cortesemente. "In verità," disse Galvano "preferirei morire io al posto tuo. La sposerò e la risposerò, fosse anche un demonio brutto quanto Belzebù; altrimenti non sarei tuo amico". "Grazie a te, Galvano" disse allora Re Artù. "Di tutti i cavalieri che ho mai conosciuto, tu riporti la palma".
Madama Raganella era il nome della megera. Quando Re Artù, ritornato, le diede la sua parola e quella di suo nipote, essa rispose: "Signore, ora saprai qual è quella cosa che le donne, di alta o di bassa condizione, desiderano più di ogni altra. Una cosa alberga nel nostro capriccio, e ora la saprai: Noi desideriamo, sopra ogni altra cosa, avere sugli uomini sovranità".
(Pp. 110-111)
Con i due libroni re Artù si recò all'appuntamento, e li diede a Messer Gromer, che dopo aver letto le risposte una per una disse al re che non contenevano quella giusta: il re era ormai un uomo morto.
A quel punto il re disse che aveva ancora una risposta.
"Sopra tutte le cose" disse il re "le donne desiderano la sovranità, poiché questo è ciò che amano, e ciò che più bramano".
"E colei che te l'ha detto, Messer Artù, prego Dio di vederla morire bruciata, perché quella era mia sorella, Madama Raganella, quella vecchia bisbetica, che Dio la ricopra di vergogna altrimenti ti avrei avuto in pugno. (P. 112)
Pare che Messer Gromer volesse vendicarsi perché Artù aveva assegnato a Messer Galvano delle terre che erano sue, e ora aveva perduto l'occasione per farlo: se ne andò furibondo, perché mai avrebbe incontrato il suo nemico Artù disarmato.
Sulla via del ritorno il re incontrò Madama Raganella più allegra che mai, che disse di volere un bel matrimonio entro quel giorno, e senza perderlo d'occhio lo seguì fino a corte.
E il re si vergognava molto di lei; ma quando giunsero a corte e tutti si domandavano stupiti da dove giungesse una creatura così laida, il cavaliere Messer Galvano avanzò senz'ombra di riluttanza e diede da uomo la sua parola.
"Iddio sia ringraziato" disse allora Madama Raganella. "Per amor vostro vorrei essere una donna leggiadra. Poiché il vostro animo è così buono.
Tutte le dame e i cavalieri della corte si affliggevano per Messer Galvano e le dame piansero nelle loro stanze al pensiero che dovesse sposare una simile arpia; tanto era orribile e ripugnante. Aveva due denti, simili a zanne di cinghiale, da entrambi i lati della bocca, lunghi almeno quanto una mano, con una zanna volta all'insù e l'altra all'ingiù; e la bocca larghissima, e tutta irta di peli. E non sia accontentava di un matrimonio discreto e tranquillo (come avrebbe desiderato la regina), ma insisteva perché ci fosse una messa solenne e un banchetto nella grande sala con tutti gli invitati. Al banchetto si spolverò tre capponi, altrettanti chiurli e un bel numero di arrosti assortiti, sbranando tutto con le lunghe zanne e con le unghie finché non rimasero che ossa. [...] E così la sposa continuò a ingozzarsi, finché il pranzo ebbe termine.
Quella notte, a letto, Messer Galvano dapprima non riusciva a volgersi per guardare in faccia quel grugno disgustoso. Dopo un po', tuttavia, essa gli disse: "Oh, Messer Galvano, poiché vi ho sposato, mostratemi la vostra cortesia nel talamo. Secondo giustizia, non potete negarmela. Se fossi bella non vi comportereste in questo modo; voi non tenete in nessun conto il vincolo nuziale. Per amore di Artù baciatemi, almeno; vi prego, esaudite la mia richiesta. Su, vediamo quando ci mettete".
Il cavaliere e leale nipote del re raccolse tutto il suo coraggio e la sua gentilezza. "Farò di più," disse con dolcezza "farò di più, davanti a Dio, che darvi solo un bacio!". E si volse verso di lei. E vide che era di gran lunga la più bella creatura che avesse mai visto.
Essa disse: "Qual è il vostro desiderio?"
"Oh, Gesù!" disse Galvano. "Chi siete?".
"Signore, sono vostra moglie, naturalmente, perché siete così scortese?".
"Oh, Signora, io merito il vostro biasimo; non lo sapevo. Siete bellissima ai miei occhi - mentre oggi eravate l'essere più ripugnante che avessi mai visto! Avervi così, mia signora, mi dà il più grande piacere". E la strinse nelle sue braccia, e grande diletto si presero l'uno dell'altra.
"Signore," essa disse "la mia bellezza non durerà; potete avermi così, ma solo per mezza giornata. E questo è il problema, e dovete scegliere se mi preferite bella di notte e laida di giorno davanti agli occhi di tutti gli uomini, o bella di giorno e laida di notte".
"Ahimè," disse Galvano "la scelta è difficile. Avervi bella solo di notte e nulla più, mi stringerebbe il cuore; ma se decidessi di avervi bella di giorno, la notte poi avrei un letto ben scabroso. Vorrei davvero scegliere la cosa migliore, e tuttavia non so che cosa al mondo dovrei dire. Mia dolce signora, sia come voi desiderate; io ripongo la scelta nelle vostre mani. Il mio corpo e i miei beni, il mio cuore e tutto il resto vi appartengono per disporne come vorrete; lo affermo davanti a Dio".
"Oh, grazie cortese cavaliere!" disse la dama. "Che tu sia benedetto fra tutti i cavalieri del mondo, perché io ora sono libera dall'incantesimo e voi mi avrete giorno e notte bella come il sole".
E allora raccontò al marito esultante che la sua matrigna (Dio abbia pietà dell'anima sua!) l'aveva stregata con la sua negromanzia; ed era stata condannata ad avere quell'aspetto ripugnante finché
il miglior cavaliere d'Inghilterra l'avesse sposata concedendole la sovranità sul suo corpo e sui suoi beni. "Così fui resa deforme" disse. "E tu, Messer Cavaliere, cortese Galvano, mia hai davvero dato la sovranità. Baciami, Messer Cavaliere, ti prego, proprio qui e ora; e sia gioia nel tuo cuore!". E allora, come fuori di senno, grandemente si sollazzarono.
Così trascorse il tempo fino a mezzogiorno
"Signori," disse il re "andiamo a vedere
se Messer Galvano è ancora in vita,
sono in gran pena per Messer Galvano,
temo che quel demonio l'abbia ucciso;
ora vorrei davvero averne prova.
Suvvia, andiamo" disse Artù il sovrano.
"Andiamo a vedere il loro risveglio,
se mal glien'è incolto".
Giunsero alla camera, il talamo tutto avvolto di cortine.
"Alzati," disse il re a Messer Galvano
"perché rimani a letto così a lungo?".
"Maria!" disse Galvano. "Messer re, certamente
sarei ben contento se mi lasciaste stare,
perché sono davvero a mio agio;
aspettate, vedrete la porta aperta,
e immagino direte che la sorte mi ha arriso,
non ho alcun desiderio di alzarmi".
Messer Galvano si alzò, e prese per mano
la sua bella dama, e andò alla porta
e lei se ne stava in camicia vicino a quel fuoco,
i capelli le arrivavano fino alle ginocchia, rossi come fili d'oro.
"Guardate! Questo è il mio rifugio,
guardate! disse Galvano ad Arturo.
"Messere, questa è mia moglie, Madama Raganella,
che una volta vi salvò la vita.
(Pp. 112-115)
Poi raccontò al suo sposo che la sua matrigna l'aveva stregata, e avrebbe avuto quell'aspetto ripugnante finché il miglior cavaliere d'Inghilterra l'avesse sposata concedendole la sovranità sul suo corpo e sui suoi beni (p. 114).




RIFERIMENTI
Heinrich Zimmer,
Il re e il cadavere
The King and the Corpse. Tales of Soul's conquest of Evil. New York, Bollingen 1957.
Il re e il cadavere.
Storie della vittoria dell'anima sul male. A cura di Joseph Campbell. Traduzione di Fabrizia Baldissera. Milano, Adelphi 1983. Terza edizione 1988.

Edizione curata da J. Campbell di materiali in parte già pubblicati, in gran parte inediti, sulla quale H. ZImmer lavorava ancora al momento della sua morte (1943). (Vedi la Premessa del curatore, pp. 9-10)

Sulle fonti della storia narrata da Zimmer
Da The Weddynge of Sir Gawen and Dame Ragnell, poema del Quattrocento conservato in un manoscritto dell'inizio del Cinquecento (Rawlinson C 86). La medesima storia è narrata, con alcune varianti, nella ballata The Marriage of Sir Gawaine (conservata nell'infolio del Vescovo Percy, della metà del Seicento (dove il cavaliere sfidante è descritto come un "barone arrogante... con uan grande clava sulle spalle, che si ergeva forte e diritto", e il primo incontro ha luogo la vigilia di Natale, e il secondo viene fissato per Capodanno. Cfr. Gower, Tale of Florent (Confessio Amantis, I, 1396-1861) e Chaucer, The Tale of the Wif of Bath. 
Un'utile raccolta di questi materiali si trova in Bartelett G. Whiting, The Wife of Bath's Tale, pubblicata in W.F. Bryan e Germaine Dempster, Sources and Analogues of Chaucer's Canterbury Tales, University of Chicago Press, Chicago 1941, pp. 223-264. I versi citati [in questo file quelli rientrati nel testo] sono tratti da questa versione del testo. Per uno studio delle fonti irlandesi e dello sfondo del ciclo di Galvano, vedi G.H. Maynadier, The Wife of Bath's Tale, London 1901, Jessie L. Weston, op. cit. Vedi anche Ananda Coomaraswami, On the Loathly Bride, in "Speculum", XX, ottobre 1945, pp. 391-404. (Nota 1, p. 115, al termine delle pagine dedicate nel libro alla storia di Madama Raganella, riportata integralmente, p. 115).
Geoffrey Chaucer
The Wife of Bath Prologue and Tale
(1392)
The Wife of Bath's Prologue and Tale. Testo originale e traduzione interlineare in inglese contemporaneo.
Harward's Geoffrey Chaucer Website; ultimo accesso 5 agosto 2024
Trad.it.
Il prologo e la novella della comare di Bath
Garbo, La comare di Bath (Il prologo); ultimo accesso 5 agosto 2024
Garbo, La comare di Bath (Il racconto); ultimo accesso 5 agosto 2024


NOTE
Interpretazione della storia di Re Artù, Messer Galvano e Madama Raganella - senza dimenticare Messer Gromer.
ASAP - PP
As Soon As Possible - Prima Possibile

Online dal 5 agosto 2024
Ultima modifica 5 agosto 2024