Una volta re Artù era a caccia nella
foresta con messer Galvano e altri suoi cavalieri. Il
re si allontanò dagli altri per seguire un grosso
cervo, e solo dopo mezzo miglio riuscì ad abbatterlo,
quindi scese da cavallo e si accinse a scuoiarlo col
suo coltello. Sentendosi osservato, si guardò intorno
e vide un cavaliere in armi, grande e grosso...
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...forte assai e di grande
possanza.
"Ben trovato, Re Artù!" disse l'omone. "Voi mi avete
fatto torto per molti anni, e io vi lascerò quivi in
modo miserando; ritengo che i giorni della vostra
vita siano giunti al termine" (pp. 108-109)
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Il re fece notare al gigante che non
sarebbe stato cavalleresco da parte di un armato
attaccare chi come lui era semplicemente vestito di
verde, senza nemmeno dire il proprio nome.
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"Il mio nome" disse l'uomo "è Gromer
Somer Joure". Il nome non diceva nulla al re.
La risposta del re, tuttavia, aveva toccato un punto
delicato dell'onore cavalleresco, e così l'omone in
armi fu costretto a cedere un poco, non
completamente, ma un poco.
[...]
Messer
Gromer Somer Joure esigeva che la sua vittima
indifesa giurasse di ritornare nello stesso luogo lo
stesso giorno dell'anno successivo, disarmato come
ora - vestito solo dei panni verdi da cacciatore - e
di portare come riscatto della sua vita la risposta
al seguente enigma: Qual è quella cosa che una donna
desidera di più al mondo?
Il re diede la sua parola e tornò molto depresso al
suo corteo di cavalieri. Messer Galvano, suo nipote,
si accorse della tristezza del suo volto e lo tirò
in disparte per chiedergli che cosa fosse accaduto.
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In segreto il re raccontò tutto al più
bello dei suoi cavalieri, che ebbe questa idea:
avrebbero cavalcato per l'intero anno, chiedendo a
ogni uomo e a ogni donna che incontravano qual è la
cosa che una donna desidera al di sopra di ogni altra,
scrivendo le risposte in un libro che poi avrebbero
portato all'omone. (Ivi 107)
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Il re cavalcò in una direzione,
e Galvano in un'altra
e chiesero sempre a ogni uomo,
donna o altro,
che cosa le donne desideravano
come cosa più cara.
Alcuni dissero che amavano
essere ben abbigliate;
alcuni dissero che amavano esser dolcemente
pregate;
aaalcuni dissero che amavano un uomo
vigoroso,
che tra le braccia potesse stringerle e
baciarle;
alcuni dissero una cosa, altri un'altra;
e così Galvano aveva avuto molte risposte.
Messer Galvano aveva avuto tante risposte
che ne fece un libro grosso e pesante.
Ritornò poi alla corte.
E proprio allora il re stava tornando col
suo libro,
e l'uno guardò il libro dell'altro.
"Questo non dovrebbe fallire" disse Galvano
"Per Dio," disse il re "ho una gran paura,
cercherò ancora un po' di più". (P.
109-110)
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Ancora un mese Artù continuò a cercare
risposte, e nella foresta di Inglewood incontrò una
megera, la donna più brutta che mai si sia vista.
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Una faccia rossa, e per di più un naso
pieno di moccio, la bocca larga, i denti gialli e
sporgenti fuori dal labbro, il collo lungo e tozzo,i
seni flaccidi e grevi. Un liuto portava sulla
schiena, e cavalcava un palafreno riccamente
sellato. Era uno strano spettacolo vedere una
creatura così orribile cavalcare così allegramente.
Essa andò dritta verso il re, lo salutò, e gli
disse, senza preamboli, che le risposte che lui e
Galvano avevano trovato non gli sarebbero servite a
nulla. "Se non ti aiuto io non puoi che morire"
disse. "Concedimi, Messer Re, una sola cosa, e io mi
renderò garante della tua vita; altrimenti perderai
la testa". "Che volete dire, Signora" chiese il re.
"Spiegatemi il vostro intento e perché la mia vita è
nelle vostre mani, e io prometterò tutto ciò che
vorrete". "Ebbene," disse la spaventevole creatura
"dovrai darmi in sposo un cavaliere, il suo nome è
Messer Galvano. Farò con te questo patto: se lamia
risposta non ti salverà la vita, il mio desiderio
non sarà esaudito; ma se la mia risposta ti salverà,
tu mi concederai di essere la moglie di Galvano.
Scegli ora, e in fretta, perché così dev'essere, o
sei un uomo morto". "Maria!" disse il re. "Non posso
assicurarti che Messer Galvano si impegnerà a
sposarti. Dipende solo da lui". "Bene," disse la
megera "ora torna a casa e intercedi in mio favore
presso Messer Galvano. Sono brutta, è vero, ma sono
allegra". "Ah, povero me!" disse il re.
Re Artù tornò al castello; e suo nipote,
Galvano, rispose cortesemente. "In verità," disse
Galvano "preferirei morire io al posto tuo. La
sposerò e la risposerò, fosse anche un demonio
brutto quanto Belzebù; altrimenti non sarei tuo
amico". "Grazie a te, Galvano" disse allora Re Artù.
"Di tutti i cavalieri che ho mai conosciuto, tu
riporti la palma".
Madama Raganella era il nome della megera. Quando Re
Artù, ritornato, le diede la sua parola e quella di
suo nipote, essa rispose: "Signore, ora saprai qual
è quella cosa che le donne, di alta o di bassa
condizione, desiderano più di ogni altra. Una cosa
alberga nel nostro capriccio, e ora la saprai: Noi
desideriamo, sopra ogni altra cosa, avere sugli
uomini sovranità". (Pp. 110-111)
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Con i due libroni re Artù si recò
all'appuntamento, e li diede a Messer Gromer, che dopo
aver letto le risposte una per una disse al re che non
contenevano quella giusta: il re era ormai un uomo
morto.
A quel punto il re disse che aveva ancora una
risposta.
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"Sopra tutte le cose" disse il re "le
donne desiderano la sovranità, poiché questo è ciò
che amano, e ciò che più bramano".
"E colei che te l'ha detto, Messer Artù, prego
Dio di vederla morire bruciata, perché quella era
mia sorella, Madama Raganella, quella vecchia
bisbetica, che Dio la ricopra di vergogna altrimenti
ti avrei avuto in pugno. (P. 112)
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Pare che Messer Gromer volesse vendicarsi
perché Artù aveva assegnato a Messer Galvano delle
terre che erano sue, e ora aveva perduto l'occasione
per farlo: se ne andò furibondo, perché mai avrebbe
incontrato il suo nemico Artù disarmato.
Sulla via del ritorno il re incontrò Madama Raganella
più allegra che mai, che disse di volere un bel
matrimonio entro quel giorno, e senza perderlo
d'occhio lo seguì fino a corte.
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E il re si vergognava molto di lei; ma
quando giunsero a corte e tutti si domandavano
stupiti da dove giungesse una creatura così laida,
il cavaliere Messer Galvano avanzò senz'ombra di
riluttanza e diede da uomo la sua parola.
"Iddio sia ringraziato" disse allora Madama
Raganella. "Per amor vostro vorrei essere una donna
leggiadra. Poiché il vostro animo è così buono.
Tutte le dame e i cavalieri della corte si
affliggevano per Messer Galvano e le dame piansero
nelle loro stanze al pensiero che dovesse sposare
una simile arpia; tanto era orribile e ripugnante.
Aveva due denti, simili a zanne di cinghiale, da
entrambi i lati della bocca, lunghi almeno quanto
una mano, con una zanna volta all'insù e l'altra
all'ingiù; e la bocca larghissima, e tutta irta di
peli. E non sia accontentava di un matrimonio
discreto e tranquillo (come avrebbe desiderato la
regina), ma insisteva perché ci fosse una messa
solenne e un banchetto nella grande sala con tutti
gli invitati. Al banchetto si spolverò tre capponi,
altrettanti chiurli e un bel numero di arrosti
assortiti, sbranando tutto con le lunghe zanne e con
le unghie finché non rimasero che ossa. [...] E così
la sposa continuò a ingozzarsi, finché il pranzo
ebbe termine.
Quella notte, a letto, Messer Galvano dapprima non
riusciva a volgersi per guardare in faccia quel
grugno disgustoso. Dopo un po', tuttavia, essa gli
disse: "Oh, Messer Galvano, poiché vi ho sposato,
mostratemi la vostra cortesia nel talamo. Secondo
giustizia, non potete negarmela. Se fossi bella non
vi comportereste in questo modo; voi non tenete in
nessun conto il vincolo nuziale. Per amore di Artù
baciatemi, almeno; vi prego, esaudite la mia
richiesta. Su, vediamo quando ci mettete".
Il cavaliere e leale nipote del re raccolse tutto il
suo coraggio e la sua gentilezza. "Farò di più,"
disse con dolcezza "farò di più, davanti a Dio, che
darvi solo un bacio!". E si volse verso di lei. E
vide che era di gran lunga la più bella creatura che
avesse mai visto.
Essa disse: "Qual è il vostro desiderio?"
"Oh, Gesù!" disse Galvano. "Chi siete?".
"Signore, sono vostra moglie, naturalmente, perché
siete così scortese?".
"Oh, Signora, io merito il vostro biasimo; non lo
sapevo. Siete bellissima ai miei occhi - mentre oggi
eravate l'essere più ripugnante che avessi mai
visto! Avervi così, mia signora, mi dà il più grande
piacere". E la strinse nelle sue braccia, e grande
diletto si presero l'uno dell'altra.
"Signore," essa disse "la mia bellezza non durerà;
potete avermi così, ma solo per mezza giornata. E
questo è il problema, e dovete scegliere se mi
preferite bella di notte e laida di giorno davanti
agli occhi di tutti gli uomini, o bella di giorno e
laida di notte".
"Ahimè," disse Galvano "la scelta è difficile.
Avervi bella solo di notte e nulla più, mi
stringerebbe il cuore; ma se decidessi di avervi
bella di giorno, la notte poi avrei un letto ben
scabroso. Vorrei davvero scegliere la cosa migliore,
e tuttavia non so che cosa al mondo dovrei dire. Mia
dolce signora, sia come voi desiderate; io ripongo
la scelta nelle vostre mani. Il mio corpo e i miei
beni, il mio cuore e tutto il resto vi appartengono
per disporne come vorrete; lo affermo davanti a
Dio".
"Oh, grazie cortese cavaliere!" disse la dama. "Che
tu sia benedetto fra tutti i cavalieri del mondo,
perché io ora sono libera dall'incantesimo e voi mi
avrete giorno e notte bella come il sole".
E allora raccontò al marito esultante che la sua
matrigna (Dio abbia pietà dell'anima sua!) l'aveva
stregata con la sua negromanzia; ed era stata
condannata ad avere quell'aspetto ripugnante finché
il miglior cavaliere d'Inghilterra l'avesse
sposata concedendole la sovranità sul suo
corpo e sui suoi beni. "Così fui resa deforme"
disse. "E tu, Messer Cavaliere, cortese Galvano, mia
hai davvero dato la sovranità. Baciami, Messer
Cavaliere, ti prego, proprio qui e ora; e sia gioia
nel tuo cuore!". E allora, come fuori di senno,
grandemente si sollazzarono.
Così trascorse il tempo fino a
mezzogiorno
"Signori," disse il re "andiamo a vedere
se Messer Galvano è ancora in vita,
sono in gran pena per Messer Galvano,
temo che quel demonio l'abbia ucciso;
ora vorrei davvero averne prova.
Suvvia, andiamo" disse Artù il sovrano.
"Andiamo a vedere il loro risveglio,
se mal glien'è incolto".
Giunsero alla camera, il talamo tutto
avvolto di cortine.
"Alzati," disse il re a Messer Galvano
"perché rimani a letto così a lungo?".
"Maria!" disse Galvano. "Messer re,
certamente
sarei ben contento se mi lasciaste stare,
perché sono davvero a mio agio;
aspettate, vedrete la porta aperta,
e immagino direte che la sorte mi ha arriso,
non ho alcun desiderio di alzarmi".
Messer Galvano si alzò, e prese per mano
la sua bella dama, e andò alla porta
e lei se ne stava in camicia vicino a quel
fuoco,
i capelli le arrivavano fino alle ginocchia,
rossi come fili d'oro.
"Guardate! Questo è il mio rifugio,
guardate! disse Galvano ad Arturo.
"Messere, questa è mia moglie, Madama
Raganella,
che una volta vi salvò la vita. (Pp.
112-115)
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Poi raccontò al suo sposo che la sua
matrigna l'aveva stregata, e avrebbe avuto
quell'aspetto ripugnante finché il miglior cavaliere
d'Inghilterra l'avesse sposata concedendole la
sovranità sul suo corpo e sui suoi beni (p.
114).
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