Fablava
otra vez el conde Lucanor con Patronio, su consejero,
et dizíale:
-Señor conde - dixo Patronio -, tres omnes burladores
vinieron a un rey et dixiéronle que eran muy buenos
maestros de fazer paños, et señaladamente que fazían
un paño que todo omne que fuesse fijo daquel padre que
todos dizían, que vería el paño; mas el que non fuesse
fijo daquel padre que él tenía et que las gentes
dizían, que non podría ver el paño.
Al rey plogo desto mucho, teniendo que por aquel paño
podría saber cuáles omnes de su regno eran fijos de
aquellos que devían seer sus padres o cuáles non, et
que por esta manera podría acresçentar mucho lo suyo;
ca los moros non heredan cosa de su padre si non son
verdaderamente sus fijos.
Et para esto mandóles dar un palaçio en que fiziessen
aquel paño.
Et ellos dixiéronle que porque viesse que non le
querían engañar, que les mandasse çerrar en aquel
palaçio fasta que el paño fuesse fecho. Desto plogo
mucho al rey. Et desque ovieron tomado para fazer el
paño mucho oro et plata et seda et muy grand aver,
para que lo fiziessen, entraron en aquel palaçio, et
çerráronlos ý.
Et ellos pusieron sus telares et davan a entender que
todo el día texían en el paño. Et a cabo de algunos
días, fue el uno dellos dezir al rey que el paño era
començado et que era la más fermosa cosa del mundo; et
díxol’a qué figuras et a qué labores lo començaban de
fazer et que si fuesse la su merçet, que lo fuesse ver
et que non entrasse con él omne del mundo. Desto plogo
al rey mucho.
Et el rey queriendo provar aquello ante en otro, envió
un su camarero que lo viesse, pero non le aperçibió
quel’ desengañasse.
Et desque el camarero vio los maestros et lo que
dizían, non se atrevió a dezir que non lo viera.
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Favoleggiava
un'altra volta il conte Lucanor con Patronio, suo
consigliere, che diceva:
Signor conte, tre uomini furono ricevuti da un re e
gli dissero di essere dei grandi tessitori, in
particolare maestri nella realizzazione di un tessuto
speciale. Spiegarono che questo tessuto aveva una
proprietà unica: chiunque fosse figlio del padre che
tutti credevano suo avrebbe potuto vederlo, mentre chi
non fosse veramente figlio del padre che lo
riconosceva come tale, non sarebbe stato in grado di
vederlo.
Il re fu molto contento di questa notizia, pensando
che, grazie a quel tessuto, avrebbe potuto scoprire
quali uomini del suo regno erano realmente figli dei
loro padri e quali no. Questo perché tra i musulmani
un figlio può ereditare dal padre solo se è davvero
suo discendente.
Così, ordinò che ai tessitori fosse assegnato un
palazzo in cui potessero lavorare.
Essi gli dissero che, per dimostrare di non volerlo
ingannare, volevano esser chiusi nel palazzo fino a
quando il tessuto fosse stato completato. Il re
accettò con grande piacere. Dopo aver ricevuto oro,
argento, seta e grandi ricchezze per realizzare il
tessuto, entrarono nel palazzo e si fecero
rinchiudere.
Iniziarono così a fingere di tessere, lavorando sui
telai senza in realtà produrre nulla. Dopo alcuni
giorni, uno di loro andò dal re per annunciare che il
tessuto era già in lavorazione e che era la cosa più
bella del mondo. ù
Gli descrisse i disegni e le decorazioni che vi
stavano tessendo e gli suggerì di andarlo a vedere, ma
senza portare con sé nessun altro.
Il re era entusiasta, ma prima di andare a vedere con
i suoi occhi, decise di mandare un suo fidato
servitore per verificare. Tuttavia, non gli disse di
rivelargli la verità.
Quando il servitore arrivò e vide i tessitori che
lavoravano su un telaio vuoto, non osò ammettere di
non vedere il tessuto.
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Molti anni or
sono, viveva un Imperatore, il quale dava tanta
importanza alla bellezza ed alla novità dei vestiti,
che spendeva per adornarsi la maggior parte de’ suoi
danari. Non si curava de’ suoi soldati, non di
teatri o di scampagnate, se non in quanto gli
servissero di pretesto a far mostra di qualche nuovo
vestito. Per ogni ora della giornata, aveva una
foggia speciale, e, come degli altri re si dice
ordinariamente: è al consiglio, - di lui si diceva
sempre: è nello spogliatoio.
Nella grande città dov’egli dimorava, la vita era
molto gaia, ed ogni giorno ci capitavano forestieri.
Una volta ci vennero anche due bricconi, i quali si
spacciarono per tessitori e raccontarono di saper
tessere la più bella stoffa che si potesse vedere al
mondo. Non solo i colori e il disegno erano
straordinariamente belli, ma i vestiti che si
facevano con tale stoffa avevano questa mirabile
proprietà: ad ogni uomo inetto al proprio officio o
più stupido di quanto sia lecito comunemente, essi
rimanevano invisibili.
"Ah, questi sì, sarebbero vestiti magnifici!" pensò
l’Imperatore: "Quando li avessi indosso, verrei
ubito a sapere quali sono nel mio regno gli uomini
inetti all’officio che coprono; e saprei subito
distinguere i savii dagli stolti! Sì, sì; bisogna
che mi faccia tessere questa stoffa." E antecipò
intanto ai due bricconi una buona somma di danaro,
perchè potessero incominciare il lavoro.
Essi prepararono due telai, e fecero mostra di
mettersi a lavorare; ma sui telai non avevano nulla
di nulla. Nel domandare, però, non si peritavano:
domandavano sempre le sete più preziose e l’oro più
fino. E la roba, se la mettevano in tasca, e
continuavano a lavorare ai telai vuoti, magari sino
a notte inoltrata.
"Mi piacerebbe sapere a che punto sono col lavoro,"
pensava l’Imperatore; ma l’angustiava un poco il
atto che chiunque fosse troppo sciocco od impari al
proprio officio non avrebbe potuto vedere la stoffa.
Sapeva bene che, per conto suo, non c’era di che
crucciarsi, ma, in ogni modo, stimò più opportuno di
mandare prima un altro a vedere come andasse la
faccenda. In città, tutti oramai sapevano la
meravigliosa proprietà della stoffa, ed ognuno era
curioso di vedere sino a che punto giungesse la
stupidità o la buaggine del suo vicino.
"Manderò dai tessitori il mio vecchio onesto
Ministro," - pensò l’Imperatore: "Può giudicare il
lavoro meglio di qualunque altro, perchè ha ingegno
e nessuno più di lui è adatto alla propria carica."
E il buon vecchio Ministro andò nella sala dove i
due mariuoli facevano mostra di lavorare dinanzi ai
telai vuoti. "Dio mi assista!" - fece il vecchio
Ministro, e sgranò tanto d’occhi: "Io non vedo nulla
di nulla!" Ma però si guardò bene dal dirlo.
I due bricconi lo pregarono di farsi più presso: non
era bello il disegno? e i colori non erano bene
assortiti? - e accennavano qua e là, entro al telaio
vuoto. Il povero Ministro non si stancava di
spalancar tanto d’occhi, ma nulla riusciva a vedere,
poi che nulla c’era. "Mio Dio!" - pensava: "Ma ch’io
sia proprio stupido? Non l’ho mai creduto, ma
questo, già, di se stesso nessuno lo crede. E se non
fossi adatto a coprire la mia carica? No, no; non è
davvero il caso d’andar a raccontare che non vedo la
stoffa."
"E così? Non dice nulla?" - domandò uno degli
uomini, che stava al telaio.
"Oh, perfetto, magnifico, proprio magnifico!" -
disse il vecchio Ministro, e guardò a traverso agli
occhiali: "Che disegno, che colori!... Sì, dirò a
Sua Maestà che il lavoro mi piace immensamente!"
"Oh, questo ci fa davvero tanto piacere!" dissero
entrambi i tessitori; e indicavano i colori per
nome, e additavano i particolari del disegno. Il
vecchio Ministro stava bene attento, per poter dire
le stesse cose quando fosse tornato con
l’Imperatore; e così fece.
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Cuando
tornó al rey, dixo que viera el paño. Et después
envió otro, et díxol’ esso mismo. Et desque todos
los que el rey envió le dixieron que vieran el paño,
fue el rey a lo veer.
Et cuando entró en el palaçio et vio los maestros
que estavan texiendo et dizían: «Esto es tal labor,
et esto es tal istoria, et esto es tal figura, et
esto es tal color», et conçertavan todos en una
cosa, et ellos non texían ninguna cosa, cuando el
rey vio que ellos non texían et dizían de qué manera
era el paño, et él, que non lo veía et que lo avían
visto los otros, tóvose por muerto; ca tovo que
porque non era fijo del rey que él tenía por su
padre, que por esso non podía ver el paño, et reçeló
que si dixiesse que lo non veía, que perdería el
regno. Et por ende començó a loar mucho el paño et
aprendió muy bien la manera como dizían aquellos
maestros que el paño era fecho.
Et desque fue en su casa con las gentes, començó a
dezir maravillas de cuánto bueno et cuánto
maravilloso era aquel paño, et dizía las figuras et
las cosas que avía en el paño, pero que él estava
con muy mala sospecha. A cabo de dos o de tres días,
mandó a su alguazil que fuesse veer aquel paño. Et
el rey contól’ las maravillas et estrañezas que
viera en aquel paño. El alguazil fue allá.
Et desque entró et vio los maestros que texían et
dizían las figuras et las cosas que avía en el paño
et oyó al rey cómo lo avía visto, et que él non lo
veía, tovo que porque non era fijo daquel padre que
él cuidava, que por eso non lo veía, et tovo que si
gelo sopiessen, que perdería toda su onra. Et por
ende començó a loar el paño tanto como el rey o más.
Et desque tornó al rey et le dixo que viera el paño
et que era la más noble et la más apuesta cosa del
mundo, tóvose el rey aún más por mal andante,
pensando que, pues el alguazil viera el paño et él
non lo viera, que ya non avía dubda que él non era
fijo del rey que él cuidava. Et por ende començó más
de loar et de firmar más la vondad et la nobleza del
paño et de los maestros que tal cosa sabían fazer.
Et otro día, envió el rey otro su privado et
conteçiól’ como al rey et a los otros. ¿Qué vos diré
más? Desta guisa, et por este reçelo, fueron
engañados el rey et cuantos fueron en su tierra; ca
ninguno non osava dezir que non veié el paño.
Et assí passó este pleito, fasta que vino una grand
fiesta. Et dixieron todos al rey que vistiesse
aquellos paños para la fiesta.
Et los maestros traxiéronlos enbueltos en muy buenas
sávanas, et dieron a entender que desbolvían el paño
et preguntaron al rey qué quería que tajassen de
aquel paño. Et el rey dixo cuáles vestiduras quería.
Et ellos davan a entender que tajavan et que medían
el talle que avían de aver las vestiduras et después
que las coserían.
Cuando vino el día de la fiesta, vinieron los
maestros al rey, con sus paños tajados et cosidos,
et fiziéronle entender quel’ vistían et quel’
allanavan los paños. Et assí lo fizieron fasta que
el rey tovo que era vestido, ca él non se atrevía a
dezir que él non veía el paño.
Et desque fue vestido tan bien como avedes oído,
cavalgó para andar por la villa; mas de tanto le
avino bien, que era verano.
Et desque las gentes lo vieron assí venir et sabían
que el que non veía aquel paño que non era fijo
daquel padre que cuidava, cuidava cada uno que los
otros lo veían et que pues él non lo veía, que si lo
dixiesse, que sería perdido et desonrado.
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Quando
tornò dal re, gli disse di aver visto il tessuto.
Poi ne inviò un altro, e gli ripeté la stessa cosa.
E poiché tutti quelli che il re mandava dicevano di
aver visto il tessuto, il re decise di andare a
vederlo di persona.
Quando entrò nel palazzo, vide i tessitori intenti
al loro lavoro e sentì che dicevano: «Questa è una
lavorazione particolare, questa è una figura, questo
è un colore», e tutti concordavano su ciò che
dicevano. Ma in realtà non stavano tessendo nulla.
Quando il re si rese conto che non c'era alcun
tessuto e che, nonostante ciò, tutti lo descrivevano
con precisione, si sentì perduto. Pensò che, dal
momento che gli altri lo vedevano mentre lui no,
doveva significare che non era figlio del re che
aveva sempre creduto suo padre. E temette che, se
avesse ammesso di non vedere il tessuto, avrebbe
perso il regno. Perciò cominciò a lodarlo con
entusiasmo, imparando bene la descrizione che ne
davano i tessitori.
Quando tornò dai suoi cortigiani, raccontò con
grande meraviglia quanto fosse bello e straordinario
quel tessuto, descrivendone le figure e i dettagli,
pur covando dentro di sé un profondo turbamento.
Dopo due o tre giorni, ordinò a un suo ufficiale di
andare a vedere il tessuto. Gli raccontò in anticipo
le meraviglie che aveva visto.
L’ufficiale si recò dai tessitori e li sentì
descrivere il tessuto, proprio come aveva fatto il
re. Ma anche lui non vide nulla. Tuttavia, sapendo
che il re affermava di averlo visto, si convinse
che, se lui non lo vedeva, era perché non era figlio
del padre che credeva suo. Temendo di perdere
l'onore se avesse detto la verità, cominciò a lodare
il tessuto, ancor più del re.
Quando tornò a riferire al sovrano, gli disse di
aver visto il tessuto e che era la cosa più nobile e
splendida del mondo. Il re, sentendo ciò, si sentì
ancora peggio, pensando che se il suo ufficiale
vedeva il tessuto e lui no, allora non c'era più
alcun dubbio: non era il figlio del re che credeva
suo padre. Perciò continuò a lodare il tessuto con
ancora più convinzione, esaltando la bravura dei
tessitori.
Il giorno dopo, il re mandò un altro uomo di
fiducia, e a lui accadde lo stesso. E così, per
paura di rivelare la verità, tutti nel regno furono
ingannati: nessuno osava dire di non vedere il
tessuto. La situazione proseguì fino a quando arrivò
un giorno di grande festa. Tutti dissero al re che
doveva indossare quegli splendidi abiti per
l’occasione.
I tessitori portarono i vestiti avvolti in preziose
stoffe e finsero di srotolare il tessuto, chiedendo
al re quale abito volesse far confezionare.
Il re indicò il tipo di vesti che desiderava, e loro
simularono di tagliare e cucire il tessuto,
misurando le proporzioni degli abiti.
Quando arrivò il giorno della festa, i tessitori
portarono al re gli abiti già tagliati e cuciti e
finsero di vestirlo e sistemargli addosso il
tessuto. E così fecero finché il re non credette di
essere vestito. Naturalmente, non osava dire di non
vedere nulla.
Una volta "vestito", il re salì a cavallo per
sfilare per la città. Per sua fortuna, era estate.
La gente, vedendolo, ricordava che chi non riusciva
a vedere quel tessuto non era figlio del padre che
credeva suo. Ognuno pensava che gli altri lo
vedessero e che, se avesse ammesso di non vederlo,
avrebbe perso l’onore. Così nessuno osò dire nulla.
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- Non è
vero che è proprio stupenda? - dissero tutti e due i
probi officiali: - Si degni la Maestà Vostra di
osservare questo ornato, questi colori - ed
accennavano al telaio vuoto, sempre credendo, ben
inteso, che gli altri potessero vedere la stoffa.
"Che affare è questo?" pensò l’Imperatore "Io non ci
vedo nulla! Questa è grossa! Fossi mai per caso un
grullo? O non fossi buono a far l’Imperatore? Sarebbe
il peggio che mi potesse capitare..." - "Oh, è
bellissimo!" - disse ad alta voce: "È proprio di mio
pieno gradimento." Ed approvò sodisfatto, esaminando
il telaio vuoto; perchè non voleva confessare di non
vedervi nulla. Tutto il seguito, che lo accompagnava,
aveva un bell’aguzzare gli occhi: non riusciva a
vedervi più che non vi avessero veduto gli altri; e
però tutti dissero con l’Imperatore:
- Bellissimo! Magnifico! - e gli consigliarono di
indossare per la prima volta il vestito fatto con
quella splendida stoffa nel corteo di gala, ch’egli
doveva guidare alla prossima festa.
- Splendido, magnifico, meraviglioso! - si ripetè di
bocca in bocca; e tutti se ne rallegrarono
cordialmente. L’Imperatore concedette ai due bricconi
il permesso di portare all’occhiello il nastrino di
cavaliere, col titolo di Tessitori della Casa
Imperiale.
Tutta la notte, che precedeva il giorno della festa, i
due bricconi rimasero alzati a lavorare, ed accesero
più di sedici candele. Tutti poterono vedere quanto
s’affaccendassero a terminare i nuovi vestiti
dell’Imperatore. Fecero mostra di levare la stoffa dal
telaio; tagliarono l’aria con certe grosse forbici,
cucirono con l’ago senza gugliata, ed alla fine
dissero:
- Ecco, i vestiti sono pronti.
L’Imperatore stesso venne allora, con i più compiti
cavalieri, e i due bricconi levavano il braccio in
aria, come se reggessero qualche cosa, e dicevano:
- Ecco i calzoni! Ecco la giubba! Ecco il mantello! -
e così via. - Son leggeri come ragnateli! Sembra di
non portar nulla sul corpo! Ma questo è il loro
maggior pregio!
- Già! - fecero tutti i cortigiani; ma niente
riuscirono a vedere, poi che niente c’era.
- Si degni la Maestà Vostra di deporre i vestiti che
indossa," - dissero i furfanti: "e noi misureremo alla
Maestà Vostra i nuovi vestiti, dinanzi a questo grande
specchio."
L’Imperatore si spogliò, e quei bricconi fecero
come se gli indossassero, capo per capo, i vestiti
nuovi, che dicevano d’aver preparati; e lo strinsero
ai fianchi, fingendo di agganciargli qualchecosa, che
doveva figurare lo strascico; e l’Imperatore si
volgeva e si girava dinanzi allo specchio.
- Come gli tornano bene! Divinamente! - esclamarono
tutti: - Che ornati! Che colori! È proprio un vestito
magnifico!
Fuori è pronto il baldacchino di gala, di sotto al
quale la Maestà Vostra guiderà la processione! -
annunziò il Gran Cerimoniere.
- Eccomi all’ordine! - disse l’Imperatore. - Non mi
sta bene? - E si volse di nuovo allo specchio, perchè
voleva fare come se esaminasse minuziosamente il
proprio abbigliamento.
I paggi, i quali dovevano reggere lo strascico,
camminavano chini a terra, come se tenessero realmente
in mano un lembo di stoffa. Camminavano con le mani
tese all’aria dinanzi a sè, perchè non osavano lasciar
vedere di non averci nulla.
E così l’Imperatore si mise alla testa del corteo
solenne, sotto il superbo baldacchino; e tutta la
gente ch’era nelle strade e alle finestre, esclamava:
"Mio Dio, come son fuor del comune i nuovi vestiti
dell’Imperatore! Che stupendo strascico porta alla
veste! Come tutto l’insieme gli torna bene!" Nessuno
voleva dar a divedere che nulla scorgeva; altrimenti
non sarebbe stato atto al proprio impiego, o sarebbe
stato troppo sciocco. Nessuno dei vestiti imperiali
aveva mai suscitato tanta ammirazione.
|
|
Et por esto fincó aquella
poridat guardada, que non se atrevié ninguno a lo
descubrir, fasta que un negro que guardava el
cavallo del rey, et que non avía que pudiesse
perder, llegó al rey et díxol’:
-Señor, a mí non me enpeçe que me tengades por fijo
de aquel padre que yo digo, nin de otro, et por
ende, dígovos que yo só çiego, o vós desnuyo ides.
El rey le començó a maltraer diziendo que porque non
era fijo daquel padre que él cuidava, que por esso
non veía los sus paños.
Desque el negro esto dixo, otro que lo oyó dixo esso
mismo, et assí lo fueron diziendo fasta que el rey
et todos los otros perdieron el reçelo de conosçer
la verdat et entendieron el engaño que los
burladores avían fecho. Et cuando los fueron buscar,
non los fallaron, ca se fueran con lo que avían
levado del rey por el engaño que avedes oído. |
Ma alla fine, un servo di
colore, che si occupava del cavallo del re e che non
aveva nulla da perdere, si avvicinò e disse:
«Signore, a me non importa se mi consideriate figlio
di questo o di un altro padre. Perciò vi dico: o io
sono cieco, oppure voi siete nudo.»
Il re si infuriò, sostenendo che, se lui non vedeva
il tessuto, era solo perché non era figlio del padre
che credeva suo.
Ma dopo quelle parole, un altro osò dire la stessa
cosa, poi un altro ancora. E così, alla fine, tutti
persero il timore di rivelare la verità e si resero
conto dell’inganno dei falsi tessitori. Ma quando
mandarono a cercarli, essi erano già fuggiti con
tutto ciò che avevano ottenuto con il loro inganno.
|
- Ma non ha niente in dosso! - gridò a un
tratto un bambinetto.
- Signore Iddio! sentite la voce dell’innocenza!" -
esclamò il padre: e l’uno venne susurrando all’altro
quel che il piccino aveva detto.
- Non ha niente in dosso! C’è là un bambino piccino
piccino, il quale dice che l’Imperatore non ha vestito
in dosso!
- Non ha niente in dosso! - gridò alla fine tutto il
popolo.
L’Imperatore si rodeva, perchè anche a lui sembrava
veramente che il popolo avesse ragione; ma pensava:
"Qui non c’è scampo! Qui ne va del decoro della
processione, se non si rimane imperterriti!" E prese
un’andatura ancora più maestosa; ed i paggi
continuarono a camminare chini, reggendo lo strascico
che non c'era. |