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DE MULIERE COSTANTE - DEL CONTE
ARTÙ CHE PRESE DONNA A SUO MODO
Giovanni Sercambi (1374) |
1374 GIOVANNI SERCAMBI DE MULIERE COSTANTE [DEL CONTE ARTÙ CHE PRESE DONNA A SUO MODO] |
Mansuete mie donne e voi altri, li
quali disiate onestà, per quello che mi paia
vedere, questa giornata serà molto grande e
faticosa a caminare; e però, a cagione che io da
voi troppo non mi scosti, vi racconterò di uno
conte non così magnifico come a conte richiede, ma
più tosto un matto, posto che bene ne gli
avvenisse, dal quale consiglio che neuno ne prenda
esemplo, che tutti i più se ne troveranno
ingannati. E benché la mia novella sia in
similitudine d’una che messer Giovanni Boccacci ne
tocca in nel suo libro capitolo cento, nondimeno
questa fù altra, che rade se ne troverenno simili.
E però dico che essendo il conte di Ghellere, o
volete dire duca, nomato il conte Artù, giovano e
senza donna e senza figliuoli et in neuna cosa il
tempo suo spendea se non in giostre et in caccio
et in uccellare, nè di prender moglie nè aver
figliuoli neuno pensieri avea, di che egli era da
esser riputato molto savio se di moglie si sapea
astenere, la qual cosa a’ suoi sottoposti non
piacendo, più volte lo pregarono che moglie
prendesse, acciò che senza eredi non rimanesse,
offerendosi di trovarla tale e di sì fatto padre,
che buona speranza se ne potrebbe avere. Ai quali
il conte Artù rispuose: Amici miei, voi mi
stringete a quello che al tutto disposto m'era di
mai non fare, considerando quanto grave cosa è
trovare donna che leale gli sia e che a' suoi
costumi si convegna, e quante del contrario se ne
trovi. Ognuno di voi pensi quanto n’ è grande
copia, e quanto dura vita sia quella di colui, che
ha donna non bene a sè conveniente, nè leale, et a
dire chè voi mi crediate, vi dico che raguardate
a' costumi di quelle che oggi sono maritate et
alle loro madri; e con ciò sia cosa che io sappia
assai bene le condizioni di queste che volete dire
esser gentili e d'alto parentado, e s'è certi
della loro madre, vi dico che neuna trovare ne
potete che a me leale sia et a' miei costumi si
confaccia; ma poiché in queste catene vi pare
ligarmi, voglio esser contento, ma acciò che io
non abbia a dolermi d'altri che di me, se mal mi
venisse fatto, io stesso ne voglio esser
trovatore, notificandovi che quella che io
eleggerò voglio come donna da voi sia onorata, e
se altro per voi si facesse, proverete con grande
vostra pena quanto ha grado grave miseria avere
tolta moglie per vostri preghi. Ellino contenti
disseno di onorarla e tenerla per donna, purché
egli moglie prendesse. Era al conte Artù gran
pezzo piaciuto i costumi d’una povera fanciulla,
della quale essendo [la madre] vedova rimasa d’uno
suo marito e di lui auto una bella giovana non
meno onesta che la madre, vicina del ditto conte,
e parendogli bella assai, stimò con colei potesse
e dovesse aver vita assai consolata, e però, senza
più ricercare, costei in nell'animo suo prese di
volere sposare, e fattosi la madre della giovana
chiamare, con lei si convenne di torla per moglie.
E questo fatto, il conte fece tutti suoi amici
della contrada e del paese raunare e disse: Amici
miei, egl’è piaciuto ch’io tolla moglie, di ch’io
mi sono disposto più per compiacere a voi che a
me, nè per voglia che io n’abbia, e sapete quello
m’avete promesso, cioè d*esser contenti a onorarla
come donna, qual fusse quella che io prendesse, e
però tempo è venuto che io sono per osservare a
voi la promessa, e voglio che a me voi
l'osserviate, ch’ i' ho trovato una giovana
secondo il cuor mio, assai presso di qui, la quale
intendo di torla per moglie e di menarla, tra qui
a pochi dì, in casa, e però pensate che la festa
delle nozze sia bella e come voi onorevilmente la
possiate ricevere, acciò ch’io mi possa della
vostra promessione contento chiamare, come voi
della mia. Li baroni, omini tutti lieti,
rispuoseno che questo piacea loro e fusse chi
volesse, chè per donna la voleano onorare in tutte
cose. Appresso di questo, si missero in assetto di
fare grande e lieta festa, e somiglianti fe’il
conte, che fe’ apparecchiare le nozze grandi e
belle et invitare molti gentili omini da lungi e
d’appresso, e oltra questo fe’ tagliare le più
belle ricche robe a forma d’una giovana che
somigliante fusse a quella che avea in pensieri di
sposare et oltra questo anella, corona et altri
gioielli, e tutto ciò che a una novella sposa si
richiede. E venuto il dì delle nozze, il conte in
sulla mezza terza montò a cavallo, et ciascuno che
a onorarlo era venuto con lui. Ogni cosa avendo
ordinato, disse: Signori, tempo è d’andare per la
nuova sposa; e missosi in via colla compagnia,
pervennero alla villetta, dove la giovana
dimorava, e giunti alla casa della fanciulla, e’
trovala che tornava coll'acqua dalla fonte, ch'era
tratta per andare con alcune giovane a veder
venire la nuova sposa del conte, la quale, come il
conte la vide, la chiamò per nome, dicendo:
Costantina, e domandòla dove la madre fusse, a cui
ella vergognosamente rispuose: Signor mio, ella è
in casa che dice sue orazioni. Allora il conte
dismontato comandò a ciascuno che l’aspettassero,
e solo entrò in nella preditta casa, dove trovò la
madre di lei, che avea nome Santina, e dissele: Io
sono venuto a sposare Costantina, ma prima da lei
voglio sapere alcuna cosa in tua presenza. Et
domandandola se tollendola per moglie ella
s'ingegnerebbe di compiacergli e di neuna cosa che
facesse e dicesse non turbarsi mai, e se ella
sarebbe obbediente e simili altre cose le disse,
alle quali rispuose di sie. Allora il conte,
presala per mano, la menò fuori et in presenza di
tutta la compagnia la fece spogliare nuda, e
fattosi venire i panni che fatto le avea fare,
prestamente la fece vestire, e sopra li suoi
capelli mal pettinati gli fece mettere una corona,
et appresso disse: Signori, questa è colei c h’io
voglio che sia mia moglie, dov’ella me voglia per
marito. E poi, a lei rivolto, che vergognosa
stava, le disse: Vuo’ mi tu per marito? A cui ella
rispuose: Signore mio, sìe. Allora prestamente il
conte in presenza di tutti la sposò, e fattala
mettere in su uno palafreno, a casa ne la menò,
dove furono le nozze belle e grandi, come se presa
avesse la figliuola del re di Francia. La sposa
giovana parve che co’ panni insieme la mente et i
costumi mutasse, e cosi come era bella era tanto
piacevole e costuma ta, che non figliuola di
guardatori di buoi parea, ma d’alcuno nobile
signore, che facea meravigliare ogni persona che
prima cognosciuta l’avesse, et oltra questo tanto
obbidiente al marito, che contento e pagato se ne
tenea, e simigliantemente verso li sudditi del
marito era tanto graziosa, che nullo v’ era che
più che sè non l’amasse, che dove soleano dire che
’l conte avea fatto come poco savio d' averla
presa per moglie, di poi disseno che lui era lo
più savio omo del mondo, perchè neun altro ave’
mai saputo conoscere l’alta virtù di costei
nascosa sotto i poveri panni. In brieve, non
solamente per tutto il suo ducato, ma per tutto
l’altro paese seppe sì fare, che si ragionava del
suo valore. Ella non fù guari stata col conte, che
la ingravidò e parturì una fanciulla, di che il
conte ne fece gran festa; ma poco appresso fu il
conte mutato in un nuovo pensieri, cioè di volere
con lunghezza di sperienza provare la pazienza di
lei. Primieramente la punse con parole,
mostrandosi turbato, dicendo che i suoi omini non
si contentavano di lei per la sua bassa condizione
e della figliuola nata si doleano; le quali parole
udendo la donna, senza mutare viso, disse: Signore
mio, fate di me quello che voi credete che piace a
loro, che io serò contenta d' ogni cosa, perch’io
non era degna di tanto onore, ai quale voi per
vostra cortesia m'arrecaste. E questa risposta fu
al conte molto cara, cognoscendo costei non essere
in superbia levata per onore che ricevuto avesse.
Poco tempo appresso, avendo con parole generali
ditto alla moglie che i sudditi non poteano quella
fanciulla di lei nata patire, informò uno suo
famigliare, e mandollo a lei, il quale con assai
dolente viso disse: Madonna, io non voglio morire;
a me conviene fare ciò che ’l mio signore comanda.
Egli m’ha comandato che io pigli questa vostra
figliuola e che io.... e non disse più. La donna,
udendo il parlare e vedendo il viso del
famigliare, comprese che a costui fesse stato
imposto che l'uccidesse, perchè prestamente
presala della culla, abbracciatala e benedettala,
come che gran noia in nel core sentisse, senza
mutare viso, in braccio la puose al famigliare, e
dissegli: Fa compiutamente quello che ’l tuo e mio
Signore t’ha imposto, ma non la lassare per modo
che le bestie la divorino, salvo s’egli tel
comandasse. Il famigliare prese la fanciulla, e
fatto al conte sentire tutto ciò che la donna
ditto avea, meravigliandosi della sua costanza,
lui con essa ne mandò a Parigi a una sua parente,
pregandola che, senza mai dire chi ella si fosse,
gliela allevasse. Sopravvenne appresso che la
donna da capo ingravidò et al tempo fece uno
figliuolo maschio, il che carissimo fe al conte ;
e volendo più turbare la donna, con simile
corruccio disse: Donna, poiché tu questo fanciullo
fecesti, co’ miei omini per neuna guisa posso
vivere, sì duramente si lamentano che uno nipote
di guardatone di vacche debbia loro signore
rimanere, di che io dubito, se io non voglio esser
cacciato, che non mi convegna fare quello che
altra volta feci, et alla fine prender un’altra
moglie. La donna con paziente animo l’ascoltò e
con alto senno rispuose: Signore mio, pensate di
contentare voi e di me non abbiate alcuno
pensieri, perocché neuna cosa m'è cara, se non
quanto a voi sta in piacere. E non dopo molti
giorni quello mandò che mandato avea per la
fanciulla, mandò per lo figliuolo, e dimostrato
d’averlo fatto uccidere, a Parigi lo mandò, di che
la donna altro viso nè altre parole fece che della
fanciulla fatti avesse, di che il conte si
meravigliava forte e seco affermava neuna altra
femmina questo poter fere, e se non che egli
conoscea che molto la donna avea amati li
figliuoli mentre avuti li avea, are' creduto il
conte ella non se ne fusse curata d'averne. Et i
sudditi suoi, credendo che il conte avesse fatto
uccidere li figliuoli, lo biasimonno, et alla
donna aveano grandissima compassione. Ella colle
donne che con lei si dolevano non disse mai altro
se non che, quello piacea a lei che a colui che
ingenerati li avea, et essendo più anni passati
dalla natività del figliuolo, parendo tempo al
conte di fare l'ultima prova di costei, con molti
de' suoi disse che per neuna cosa piùe potea
soffrire d’aver per moglie Costantina, perchè
cognoscea che mal avea fatto ad averla presa,
perchè a suo potere volea col papa procacciare che
dispensasse che un’altra donna prendere potesse,
di che dai suoi buoni omini fu molto ripreso, e
lui ad altro non rispuose se non che convenia che
cosìe fusse. La donna, sentendo queste cose, e
parendole di dover sperare tornare a casa a
guardare le vacche e vedere a un’altra tener colui
a cui ella volea tutto il suo bene, forte si
dolse, ma pure, come l’altre ingiurie dalla
fortuna avea sostenute, cosi con fermo viso si
dispuose a questa sostenere. E non molto tempo
passò che il conte fe’ venire lettere contraffatte
da Roma e fece vedere a’ suoi sudditi che ’l papa
avea dispensato che potesse prendere altra moglie
e lassare Constantina, e fattasela davanti venire,
le disse: Donna, per concessione fatta dal papa,
posso tórre un’altra donna e lassare te,
imperocché i miei passati sono stati gentilomini e
signori di queste contrade, e’ tuoi sono
lavoratori, non intendo che tu più mia moglie sia,
ma che alla tua madre te ne torni con quella dota
che tu recastil, et io ne torrò un’altra, che a
me, siccome gentile, si converrà. La donna, udendo
queste parole, non senza grandissima fatica oltra
alla natura delle femmine ritenne le lagrime, e
rispuose: Signor mio, io cognovi sempre la mia
bassa condizione alla vostra nobiltà non
convenirsi. Quello che io sono stata con voi da
Dio e da voi lo cognosceva, nè mai come mio lo
tenni, ma come cosa prestata a me. Ora vi piace di
rivolerla e comandatemi, che quella dota che
arrecai io men porti, alla quale nè a voi pagatore
nè a me la borsa bisognerà nè somieri, perchè non
m’è uscito di mente che nuda m’aveste, e se voi
giudicate che onesto sia che quello corpo, col
quale io di voi ho du’ figliuoli portati e
guvernati, sia lodato (sic), io me ne andrò nuda,
ma in premio della mia verginità ch’io vi recai,
che non ne la porto, che almeno una camicia sopra
la mia dota vi piaccia che io portare ne possa. Il
conte, che maggior voglia avea di piangere che
d’altro, stando pure col viso alto, disse: E tu
una camicia ne porta; ma quanti dintorno erano lo
pregavano che una roba le donasse, acciò che non
fosse veduta colei, che dieciotto anni con lui sua
moglie era stata, così in camicia poveramente
uscirne; ma invano pregarono, di che la donna in
camicia e scalza e senza nulla in capo alla madre
piangendo tornò. La madre, che non avea mai potuto
credere che 'l conte l’abbandonasse, vedendola
nuda, li panni che serbati le avea gli mise, et a
piccioli servizi della materna casa si diede, con
forte animo sostenendo il forte assalto fattole
dalla nimica fortuna. Come il conte ebbe questo
fatto, così fece credere a’ suoi che avea presa
per moglie una figliuola del duca di Borgogna, e
facendo apparecchiare le nozze, mandò per
Costantina che a lui venisse, la quale venuta,
disse: Io meno questa donna che io ho tolta et
intendo in questa sua venuta onorarla, e perchè tu
sai che io non ho in casa donne che mi sappiano
acconciare le camere, e però tu meglio che altra
sai queste cose di casa, metti in ordine quello
che bisogna, e fa invitare quelle donne che ti
pare, e ricevile come se donna fossi della casa, e
poi ti potrai tornare a casa tua, quando siano
fatte le nozze. Come che queste parole fosseno
coltella al cuore di Gostantina, come colei che
non avea dimenticato l’amor che gli volea,
rispuose: Signor mio, io sono presta. Et entrata
co' suoi grossi pannicelli in quella casa, della
quale poco dinnanti n’era uscita in camicia,
cominciò a spazzare la camera et a ponere i
capoletti per le sale, et a fare apprestare la
cucina, et ogni altra cosa, come se piccioletta
fante stata fosse, nè mai ristette che ogni cosa
ella acconciò quanto si convenia, et appresso
questo, fatto invitare le donne della contrada,
aspettava la festa. E venuto il giorno delle
nozze, come che i panni avesse poveri, con
amichevole donnesco modo ricolse tutte le donne.
Il conte, che diligentemente avea fatti allevare
li figliuoli a Parigi in casa della sua parente,
essendo già la fanciulla di dodici anni e la più
bella cosa del mondo, il fanciullo avea otto anni,
il conte mandò a Parigi alla parente sua che le
piacesse di venire a sollazzo con questa sua
figliuola e figliuolo, e che menasse bella et
onorevile compagnia et a tutti dicesse che costei
per sua moglie gli menasse et altramente non
dicesse chi ella fosse. La gentildonna, fatto
secondo che il conte gli scrisse, entrata in
camino, dopo alquanti dì colla giovana e col
fanciullo, con onorevile compagnia, in sull’ora
del desnare, giunse in nella terra del conte, dove
tutti i paesani trovò che attendeano questa
novella sposa, la quale dalle donne ricevuta,
nella sua sala venuta, Costantina, così come
l'era, se gli fece incontra dicendo: Ben vegna la
mia donna. Le donne, che molto aveano pregato il
conte invano che facesse stare Costantina in una
camera, o che una delle sue robe gli prestasse,
acciò che cosi non andasse innanti a' suo'
forestieri, le taule messe e cominciato a servire,
la fanciulla era guardata da ciascuno, e diceano
che il conte avea fatto buono cambio, ma tra
l’altre lodavano Costantina. Il conte, a cui
chiaro parea aver veduto quello che desiderava
della pazienza della sua donna, e veggendo che di
niente [per] la novità delle cose si cambiava,
essendo certo per mentecaggine non avvenia, perchè
savia molto la cognoscea, gli parve tempo di
doverla trarre di quella amaritudine, la quale
stimava che sotto il forte viso nascosa tenesse.
Perchè fattosela chiamare, in presenzia d’ognuno,
sorridendo disse: Costantina, che ti pare della
mia sposa? - Signor mio, diss’ella, a me ne pare
molto bene, chè se così è savia come essa è bella,
che lo credo, non dubito che voi abbiate a vivere
lo più consolato signore del mondo; ma quanto
posso vi prego che le punture, che all’altra
vostra moglie che fu deste, non date a costei,
perchè non le potrebbe sostenere, si perch'è più
giovana, e sì perchè è a dilicatezza allevata,
dove l’altra colle continue fatiche fine da
piccolina cresciuta era. Il conte, veggendo che
fermamente credea costei dover essere sua moglie,
nè però in alcuna cosa meno che ben parlava, la
fece al lato suo sedere, e disse: O Costantina,
tempo è ornai che tu senta frutto della tua lunga
pazienza, e che coloro che me hanno riputato
crudele e bestiale, cognoscano che ciò ch’ i ho
fatto facea a buon fine, a prova volendo a te
insegnare di esser moglie, et a loro di saperla
tórre e tenere, et a me partorire proprio
contentamento teco. Il che, quando venni a prender
moglie, gran paura ebbi che non m’intervenisse, et
imperò, per prova pigliare, in quanti modi tu sai
ti trafissi, e perch' io non mi sono mai accorto
che [in] neuno modo dal mio piacere partita ti
sii, parendo a me di te quella consolazione ch’io
desiderava avere, intendo di rendere a te in una
volta ciò ch’io in molte ti tolsi, e con somma
dolcezza ristorare le punture che io ti diedi; et
in però prendi con lieto animo questa che tu mia
sposa credi che sia, e ’l suo fratello, che sono i
nostri du’ figliuoli, i quali tu, con molti altri,
lungo tempo avete creduto che io avesse fatti
uccidere. Et io sono il tuo marito, che sopr’ogni
altra cosa t’amo, credendomi poter dar vanto che
neuno altro di sua donna quant’io si possa
contentare. E cosi ditto, l’abbracciò e basciò, et
con lei insieme, che d’allegrezza piangea,
n’andarono dove la figliuola sedea, et
abbraciatala teneramente, et altresì il fratello,
Iui e molti che quine erano sgannarono. Le donne
lietissime, levate da taula, con Constantina
n'andarono, e con migliore augurio trattigli i
suoi panni, d'una nobile roba delle sue la
vestirono, e come donna, la quale in nellì stracci
parea, la rimenarono nobilmente vestita, e quine
fattosi co' figliuoli meravigliosa festa in
sollazzi. E molti giudicarono il conte savissimo,
e sopra tutti tennero Costantina savissima. Lo
conte, levata la madre di Costantana da’ lavori,
come gran contessa la fe' notricare, e con
grandissima consolazione il conte maritò la
figliola, e con Costantina si diè buon tempo e
finiro i lor dì in vecchiezza.
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De
muliere costante, novella 174, pp. 401-408, Novelle
inedite di Giovanni Sercambi. Tratte
dal codice trivulziano CXCIII per cura di Rodolfo
Renier. Torino, Ermanno Loesher 1899. Edizione
disponibile nel sito Collana di facezie e novelle
del Rinascimento a cura di Edoardo Mori. Testi
originali trascritti o trascrizioni del 1800
restaurate. www.mori.bz.it. |