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click di seguito sui titoli delle
novelle per leggerle online (wikisource) |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA PRIMA Panfilo racconta Cimone amando divien savio, ed Efigenia sua donna rapisce in mare; è messo in Rodi in prigione, onde Lisimaco il trae, e da capo con lui rapisce Efigenia e Cassandra nelle lor nozze, fuggendosi con esse in Creti; e quindi, divenute lor mogli, con esse a casa loro son richiamati. |
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MAGIA CHE TRASFORMA UNO SCIOCCO SGRAZIATO
IN SAVIO ELEGANTE
Un'eco di questa novella si
potrebbe sentire nella fiaba Lo
scarafone, lo sorece e lo grillo di
Giambattista Basile, dove il protagonista viene
scacciato dal padre, e come Cimone si incanta nel
vedere una dopo l'altra tre fate che, accanto a una
fontana, fanno giocare uno scarafaggio chitarrista, un
topo ballerino e un grillo, chitarrista. La loro
bellezza e la loro abilità conquistano Nardiello, che
per averli dà tutto quello che gli aveva dato il padre
perché ne facesse uso assennato comprando vitelli da
allevare.
Brutto,
scioperata, neanche tanto intelligente. Con lo
spettacolo dei tre animaletti Nardiello vincerà la mano
della principessa che non aveva mai riso, e quando il re
padre vedendolo brutto e sgraziato lo darà in pasto ai
leoni, lo scarafaggio il topo e il grillo li
incanteranno e lo porteranno in salvo. Infine
impediranno al nuovo marito della principessa di
consumare il matrimonio, e quando Nardiello si
ripresenterà al re, bello e raffinato come Cimone dopo
essersi innamorato della bellissima Efigenia: potenza
umana dell'amore che educa l'animo del protagonsita
della novella, magia fatata dell'amore per la bellezza e
l'arte di suonare, cantare e ballare, che fa spendere
tutto quel che ha a Nardiello, e gliene torna il
capitale con gli interessi. Ignorato Boccaccio per la sua formidabile modernità privadi tutto fuorché delle proprie risorse, edulcorate le fiabe per la loro umanità priva di riferimenti gerarchici, con fate e maghi e morti soccorrevoli che vivono solo nella fiaba, e della fiaba abitano solo il corpo centrale. La magia delle fiabe sarebbe una incarnazione del desiderio. Si può leggere la fiaba di Nardiello anche sull'e-book di Fabulando. Carta fiabesca della successione. (Peretola, 16 luglio 2022) |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA SECONDA Emilia racconta Gostanza ama Martuccio Gomito, la quale, udendo che morto era, per disperata sola si mette in una barca, la quale dal vento fu trasportata a Susa; ritruoval vivo in Tunisi, palesaglisi, ed egli grande essendo col re per consigli dati, sposatala, ricco con lei in Lipari se ne torna. |
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LASCIARE AL DESTINO IL TIMONE INVISIBILE
DELLA VITA
Come nelle fiabe, quando alla
donna che ha perduto l'amante si consegna un gomitolo
e le si dice di lanciarlo e seguirlo finché tutto si
svolge, e dove la donna seguendo le istruzioni si
ferma, là doveva andare senza saperlo, così Gostanza
avendo la notizia che il suo amato è morto, si mette
in una barchetta perché senza Martuccio non vuol più
vivere. Il padre di lei non l'aveva concessa in sposa
al giovane, perché era troppo povero, e lui per questo
era diventato pirata, per tornare ricco a Lipari,
patria di entrambi. Così Gostanza su una barchetta...
...sopra la quale prestamente montata e co’ remi alquanto in mar tiratasi, ammaestrata alquanto dell’arte marineresca, sí come generalmente tutte le femine in quella isola sono, fece vela e gittò via i remi ed il timone, ed al vento tutta si commise, avvisando dover di necessitá avvenire o che il vento barca senza carico e senza governator rivolgesse o ad alcuno scoglio la percotesse e rompesse; di che ella, eziandio se campar volesse, non potesse, ma di necessitá annegasse: ed avviluppatasi la testa in un mantello, nel fondo della barca piagnendo si mise a giacere.E invece Martuccio Gomito è vivo, e dopo aver perso tutto quello che aveva accumulato da pirata, finisce prigioniero, ma poi diventa consigliere di Mariebdelà re di Tunisi, che grazie a lui vince una guerra. Così onorato dal sovrano incontra l'amata Gostanza. Quando la giovane il vide, presso fu che di letizia non mori: e non potendosene tenere, subitamente con le braccia aperte gli corse al collo ed abbracciollo, e per compassione de’ passati infortuni e per la presente letizia, senza potere alcuna cosa dire, teneramente cominciò a lagrimare. Martuccio, veggendo la giovane, alquanto maravigliandosi soprastette, e poi sospirando disse: — O Gostanza mia, or se’ tu viva? Egli è buon tempo che io intesi che tu perduta eri, né a casa nostra di te alcuna cosa si sapeva. — E questo detto, teneramente lagrimando l’abbracciò e basciò. |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA TERZA Elissa racconta Pietro Boccamazza si fugge con l’Agnolella; truova ladroni; la giovane fugge per una selva, ed è condotta ad un castello; Pietro è preso e delle mani de’ ladroni fugge, e dopo alcuno accidente, capita a quel castello dove l’Agnolella era, e sposatala con lei se ne torna a Roma. |
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PERIPEZIE DA ROMANZO ANTICO E FINALE DA
MILLE E UNA NOTTE
Pietro ama riamato l'Agnolella,
e la chiede in sposa, ma i parenti di lui si
oppongono al matrimonio perché l'amata è
inferiore per posizione sociale. Allora Pietro la
rapisce senza forzarla, ma mentre si dirige ad
Anagni (Alagna) dove conta su certi amici, sbaglia
strada, e capita vicino a un castello, dal quale
esce un drappello di armati. Vedendoli l'Agnolella
fugge nel bosco col ronzino, mentre Pietro viene
preso, e siccome è della fazione romana avversa alla
loro vogliono impiccarlo a una quercia. Ma prima che
riescano a farlo arriva un drappello più numeroso
che dà battaglia ai primi, e Pietro ne approfitta
per fuggire e vagare per il bosco cercando senza
successo la sua Agnolella, finché sale su una
quercia per passare la notte.
Agnolella avendo vagato e chiamato
Pietro per il bosco come Pietro ha cercato lei,
capita alla fine in una povera casa, dove un'anziana
coppia la ospita, avvertendola che da quelle parti
passano parecchi masnadieri e che non sono in grado
di difenderla. In effetti nella notte l'Agnolella
sente rumori e si nasconde nel fieno, dove un colpo
di lancia le lacera la veste all'altezza del seno:
riuscendo a non gridare non viene scoperta, e i
malviventi si limitano a rubarle il cavallo. La
mattina dopo viene accompagnata a un castello dove
racconta la sua storia alla castellana, che la
ospita conoscendo sia lei sia Pietro. Che salito
sull'albero ha dovuto assistere all'assalto del suo
cavallo da venti lupi che nonostante la resistenza
dell'animale lo uccidono e lo divorano lasciando
solo le ossa. Disperato Pietro vaga sentendosi
perduto, poi si avvicina a un fuoco di pastori, che
lo accolgono, ai quali racconta la sua storia:
allora lo accompagnano a un castello, che è lo
stesso nel quale si è rifugiata la sua amata. Quando
vide la castellana e con lei l'Agnolella,
mai pari letizia non fu alla sua. Egli si struggea
tutto d’andarla ad abbracciare, ma per vergogna la
quale avea della donna, lasciava; e se egli fu
lieto assai, la letizia della giovane veggendolo
non fu minore. Pietro, proprio come nelle
fiabe, con molto riposo e piacere con la sua
Agnolella infino alla lor vecchiezza si visse.
E se il lieto fine delle fiabe fosse nato proprio con le novelle della quinta giornata? E se Boccaccio avesse tratto ispirazione dal lieto fine di tante storie delle Mille e una notte? Riguardo al romanzo antico o greco-latino, che nasce nel tardo ellenismo - primi secoli della nostra era - da ricordare che ha avuto una vastissima diffusione, anche popolare, fino a quando non è cominciata la diffusione della fiaba di magia, con le fiabe contenute nelle Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola (Venezia 1550-1551), la prima raccolta di fiabe, Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile (Napoli 1634-1636), e la contemporanea diffusione del romanzo moderno, con El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel Cervantes Saavedra (1605-1615). Annotiamo di seguito tre indizi sulla relazione fra le novelle del Decameron e la fiaba. 1. Il primo indizio riguarda il fatto, già citato qui e altrove, che le prime fiabe di magia vengono pubblicate fra molte novelle nelle Piacevoli notti, una raccolta che si pone in continuità col Decameron. 2. Le fiabe della prima racconta del genere, fu pubblicata postuma nel 1634 e nel 1636, e Basile, morto nel 1632, potrebbe averle raccolte negli stessi anni in cui Cervantes scriveva il suo capolavoro; sono inoltre state osservate diverse analogie nella vita di Basile e in quella di Cervantes. 3. Quando Perrault nel 1797 dà alle stampe Histoires ou contes du temps passé, avec des moralités. Contes de ma mère l'Oye, aveva già pubblicato, nel 1694, sempre a Parigi, Griselidis Nouvelle. Avec le Conte de Peau D'asne et celuy des Souhaits ridicules. La fonte della prima è dichiarata fin dal titolo, mentre per la seconda non è azzardato pensare all'Orsa, trattenemiento sesto de la jornata seconna, del Cunto di Basile. Quel che però è più rilevante per la relazione fra le novelle di Boccaccio e le fiabe è che nella stessa pubblicazione Perrault abbia accostato la sua versione della centesima novella del Decameron con una fiaba del Cunto de li cunti, già cognominato Pentamerone. La separazione netta dei generi è recentissima, perché fino alla fine del XVIII secolo Favole erano tutte le storie non vere, ovvero qualunque storia tranne quelle della propria religione, quelle considerate vera storia, e quelle considerate vere scientificamente. Non erano quindi favole fino a pochi secoli fa la creazione del mondo in sei giorni dell'Antico testamento, la fondazione di Roma da parte dei discendenti dei troiani scampati alla distruzione della loro città, la presenza nello sperma dell'homunculus, il minuscolo bambino che nel grembo materno poteva svilupparsi e nascere traendone nutrimento. La somiglianza con la madre dipendeva dalla fantasia femminile che poteva imprimere al nascituro i propri tratti, come poteva danneggiare il nascituro con pensieri cattivi o eretici, con malformazioni e deformità, nessuna delle quali dipendeva dal padre, perché nello sperma l'homunculus era sempre perfetto. Così Boccaccio racconta qualcosa per bocca dell'onesta brigata in soccorso e rifugio di quelle che amano, per ciò che all’altre è assai l’ago, il fuso e l’arcolaio, qualcosa che è un genere con quattro nomi che si possono usare indifferentemente: io intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo. Allo stesso tempo Boccaccio indica i generi ancora indefiniti che precedono la sua invenzione e i generi che prenderanno forma dopo il Decameron. Vedi anche, in Fabulando la: Carta della parola fiaba in Europa, che fa parte dell'e-book Fabula, favola, fiaba, fable, conte de fées, fairy tale, story. Definizioni. |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA QUARTA Filostrato racconta Ricciardo Manardi è trovato da messer Lizio da Valbona con la figliuola, la quale egli sposa, e col padre di lei rimane in buona pace. |
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SEGRETO MA NON TROPPO
Perché Ricciardo e la figlia
del messere di Valbona non fanno la fine degli
amanti della quarta giornata, o di Giulietta e
Romeo?
Perché le
loro famiglie non sono nemiche? Forse.E se invece fosse perché si amano in segreto, ma un segreto facile da svelare, visto che invece di separarsi alle prime luci del giorno si addormentano in modo che non è difficile scoprirli? Interessante che l'illustrazione veli con la coperta il particolare dell'usignolo tenuto in mano dalla fanciulla addormentata. Quis non compatietur iuvenibus? Quis tam infeici exitui lacrimulam saltem unam non concedet? Saxeus erit. Amarunt pueri: non enim ob hoc infortunium meruere cruentum. Florentis etatis amor crimen est, nec horrendum solutis crimen; in coniugium ire poterat. Peccavi fors pessima et forsan miseri peccavere parentes. Sensim quippe frenandi sunt iuvenum impetus, ne, dum repentino obice illis obsistere volumus, desperantes in precipitium inpellamus. Immoderati vigoris est cupidinis passio et adolescentium fere pestis et comune flagitium, in quibus edepol patienti animo tolleranda est, quoniam sic rerum volente natura fit, ut scilicet dum etate valemus, ultro inclinemur in prolem, ne humanum genus in defectum corruat, si coitus differantur in senium. (De mulieribus XIII 12-14) |
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Vedi questa novella
nel Decameron di Pier Paolo Pasolini (1971) YouTube 34:50-43:09 |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA QUINTA Neifile racconta Guidotto da Cremona lascia a Giacomin
da Pavia una fanciulla, e muorsi; la quale Giannol
di Severino e Minghino di Mingole amano in Faenza;
azzuffansi insieme; riconoscesi la fanciulla esser sirocchia di Giannole, e dassi per moglie a Minghino. |
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PERIPEZIE E AGNIZIONI DA ROMANZO ANTICO
Il lieto fine caratterizzava il
romanzo antico, come le straordinarie peripezie che
lo precedevano e le miracolose agnizioni che lo
rendevano possibile. In questa storia i due
innamorati che si trovano a tentare di rapire Agnesa
nella stessa sera e vengono alle armi e poi vengono
arrestati entrambi. Ma i custodi della giustizia e
l'uomo che fa da padre alla fanciulla, spiega che
non sa di chi sia figlia: l'amico che morendo
gliel'ha affidata con i suoi beni l'ha presa con sé
durante un saccheggio, perché era piccola e sola e
l'ha chiamato padre, e lui l'ha cresciuta come sua
figlia. Allora si fa avanti il padrone della casa
saccheggiata che nella vicenda aveva perduto una sua
figlia piccola, e da un segno dietro l'orecchio la
riconosce. Si scopre così che Giannole è suo
fratello, e così la ottiene in sposa Minghino di
Mingole.
Come nelle fiabe e nel romanzo antico, l'agnizione fa felici non solo gli innamorati ma anche le loro famiglie e la città intera. Alla fine delle fiabe, come di queste novelle, pur essendo scettici quanto si vuole, si sorride anche se non se ne ha intenzione. Mi pare che le novelle raccontino come sia sano sia aspettarsi il peggio, che arriva quasi sempre nella quarta giornata, e prepararsi, sia aspettarsi il meglio, che viene nella quinta, e sperare. |
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Gian di Procida trovato con una giovane
amata da lui, e stata data al re Federigo, per
dovere essere arso con lei è legato ad un palo;
riconosciuto da Ruggieri de Loria, campa e divien marito di lei. |
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QUEL
DILETTO OVVERO PREZZEMOLINA I latini chiamavano petroselinum
l'erba aromatica che in italiano si chiama prezzemolo,
a Napoli petrusino. Petrosinella
si chiama l'attante protagonista della fiaba di
Basile, la cui madre incinta, non resistendo alla
voglia di prezzemolo, lo ruba nell'orto della strega,
alla quale poi dovrà dare la bambina, che nasce con
una foglia di prezzemolo sulla pelle. Chissà se i
Fratelli Grimm l'hanno chiamata Rapunzel, nome con il
quale si conosce la fiaba dopo il film Disney (Tangled,
USA 2010) anziché Petersilchen per modificare
la storia o perché non hanno capito cosa rubava alla
strega la madre della protagonista. Noi preferiamo la
prima versione stampata al mondo (Petrosinella,
trattenemiento primmo de la jornata seconna),
preceduta dal mito di Danae, chiusa in una torre di
rame dal padre che temeva il figlio che Danae avrebbe
generato. Ma il discendente nacque, e puntualmente
uccise il nonno, al destino, dicono i miti, non si
sfugge. Zeus fecondò Danae trasformandosi in una
pioggia d'oro e così generò Perseo, eroe vincitore di
Medusa e sauroctono liberatore di Andromeda. Prima di
lasciare miti e fiabe ricordiamo la leggenda di San
Giorgio, il più celebre santo sauroctono, uno dei
santi più popolari anche ai nostri giorni.
La nostra protagonista, Restituta, viveva a Ischia, e di lei era innamorato Gianni, di Procida, che a nuoto raggiungeva di notte l'isola dell'amata per vedere, se non lei, almeno le mura della sua casa. Chi conosce Le piacevoli notti di Straparola non può non pensare a Malgherita, che a nuoto raggiunge l'eremita Teodoro sul suo scoglio, partendo da una piccola isola vicino a Ragusa. I suoi fratelli preoccupati del loro onore, gareggiano in crudeltà con i fratelli di Lisabetta da Messina: siccome per aiutarla a dirigersi l'eremita accendeva una lanterna, i fratelli ne pongono una sulla loro barca e fanno nuotare la sorella finché sfinita muore. (Malgherita spolatina, favola seconda della settima notte). Per fortuna a Restituta non va così male, anche se le sue peripezie ricordano, come nelle fiabe precedenti, i popolarissimi romanzi antichi. Mentre la giovane, poco interessata al suo innamorato nuotatore, stacca le conchiglie dagli scogli, viene rapita da certi giovani siciliani affascinati dalla sua bellezza, che la portano sulla loro fregata ma non riescono ad accordarsi su chi debba averla. La donano allora a Federigo re di Cicilia, che siccome è piuttosto debole, la chiude in una torre per frequentarla quando si sentirà più forte. Ma il suo innamorato Gianni la va a cercare e riesce a trovarla a Palermo. Come il principe di Prezzemolina le parla da sotto e siccome lei gli risponde: ...aspettata la notte, e di quella lasciata andar buona parte, lá se ne tornò, ed aggrappatosi per parti che non vi si sarebbono appiccati i picchi, nel giardin se n’entrò, ed in quello trovata un’antennetta, alla finestra dalla giovane insegnatagli l’appoggiò, e per quella assai leggermente se ne salì. Parendole il suo onore avere omai perduto, per la guardia del quale ella gli era alquanto nel passato stata salvatichetta, pensando a niuna persona piú degnamente che a costui potersi donare ed avvisando di poterlo inducere a portarla via, seco aveva preso di compiacergli in ogni suo disidèro, e per ciò aveva la finestra lasciata aperta, acciò che egli prestamente dentro potesse passare. Trovatala adunque Gianni aperta, chetamente se n’entrò dentro, ed alla giovane, che non dormiva, allato si coricò. La quale, prima che ad altro venissero, tutta la sua intenzion gli aperse, sommamente del trarla quindi e via portamela pregandolo; alla qual Gianni disse, niuna cosa quanto questa piacergli, e che senza alcun fallo, come da lei si partisse, in sì fatta maniera in ordine il metterebbe, che la prima volta che el vi tornasse, via ne la menerebbe. Ed appresso questo, con grandissimo piacere abbracciatisi, quel diletto presero oltre al quale niun maggiore ne puote Amor prestare; e poi che quello ebbero piú volte reiterato, senza accorgersene, nelle braccia l’un dell’altro s’addormentarono.Nuova sventura: il re recuperate le forze va a visitare la bella e la trova fra le braccia di Gianni di Procida... decide di bruciarli nella piazza di Palermo, ma poco prima dell'esecuzione l'ammiraglio del re li vede, riconosce il giovane e gli chiede se è Gianni di Procida: così risponde: — Signor mio, io fui ben giá colui di cui voi domandate, ma io sono per non esser piú. — Domandollo allora l’ammiraglio che cosa a quello l’avesse condotto; a cui Gianni rispose: — Amore e l’ira del re. — Fecesi l’ammiraglio piú la novella distendere, ed avendo ogni cosa udita da lui come stata era e partir volendosi, il richiamò Gianni e dissegli: — Deh! signor mio, se esser può, impetrami una grazia da chi cosí mi fa stare. — Roggeri domandò quale; a cui Gianni disse: — Io veggio che io debbo, e tostamente, morire; voglio adunque di grazia che, come io sono con questa giovane la quale io ho piú che la mia vita amata, ed ella me, con le reni a lei voltato, ed ella a me, che noi siamo co’ visi l’uno all’altro rivolti, acciò che, morendo io e veggendo il viso suo, io ne possa andar consolato. — Ruggeri ridendo disse: — Volentieri io farò si che tu la vedrai ancora tanto, che ti rincrescerá.L'ammiraglio dice al re quanto sia in debito per la sua corona con i parenti di entrambi i giovani, e come dovrebbe onorarli, non giustiziarli. Ed è così che abbiamo un altro lieto fine come nelle fiabe, perché il re: a Gianni fece la giovanetta sposare, e fatti loro magnifichi doni, contenti gli rimandò a casa loro, dove con festa grandissima ricevuti, lungamente in piacere ed in gioia poi vissero insieme. |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA SETTIMA Lauretta racconta Teodoro, innamorato della Violante figliuola di messere Amerigo suo signore, la ’ngravida ed è alle forche condannato; alle quali frustandosi essendo menato, dal padre riconosciuto e prosciolto, prende per moglie la Violante. |
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UN'ADOZIONE FORTUNATA
Teodoro dai pirati viene
acquistato da messer Amerigo, che lo fa battezzare col
nome di Pietro e lo tiene assai caro. Tanto che il
giovane s'innamora di Violante, figlia del signore, e
durante una tempesta, essendosi riparato solo con lei
in una chiesa, sboccia il loro amore, che dopo quella
volta continuano a sperimentare, finché Violante
rimane incinta. Pietro vorrebbe partire, ma resta dopo
che l'amata gli giura di non dir mai chi è il padre
del bambino. La madre aiuta la figlia, menrre il
padre, scoprendola, la tortura perché lei riveli il
nome del padre, e sapendolo, lo arresta e lo condanna
a morte, mentre, allo stesso tempo, manda alla figlia
una coppa perché la beva e muoia, ordinando al
servitore di gettare il bambino contro il muro e
spaccargli al testa. Come si vede, la crudeltà
dei genitori, dei padri in particolare, è nella quinta
giornata come nella quarta, ma qui riescono a
scamparla, grazie a una legittimazione in extremis: un
nobile ambasciatore d'Armenia riconosce il figlio
perduto e ne ottiene la liberazione da messer Arrigo,
al quale propone le nozze del figlio con Violante.
Pietro/Teodoro è felice di aver trovato il padre e
ancora spaventato dalla morte che ha visto da vicino,
quando gli chiedono se è disposto a sposare Violante.
La formula di chiusura delle storie delle Mille e una notte è più vicina a questa che a quella delle fiabe: vissero felici... ecc., finché venne colei che separa l'amante dall'amato e la madre e il padre dai figli. Nelle fiabe europee la morte è significata dalla pagina bianca, è contenuta nel silenzio alla fine del racconto.Forse per questo i bambini piccoli che ascoltano le fiabe, alla fine, con gli occhi che già si chiudono, si affrettano a dire: ancora, ancora, ancora. Vedi Ancora... ancora... ancora... in Fabulando.Teodoro, udendo che la Violante, dove egli volesse, sua moglie sarebbe, tanta fu la sua letizia, che d’inferno gli parve saltare in paradiso: e disse che questo gli sarebbe grandissima grazia, dove a ciascun di lor piacesse. Mandossi adunque alla giovane a sentire del suo volere; la quale, udendo ciò che di Teodoro era avvenuto ed era per avvenire, dove piú dolorosa che altra femina la morte aspettava, dopo molto, alquanta di fede prestando alle parole, un poco si rallegrò, e rispose che, se ella il suo disidèro di ciò seguisse, niuna cosa piú lieta le poteva avvenire che d’esser moglie di Teodoro: ma tuttavia farebbe quello che il padre le comandasse. Cosí adunque in concordia fatta sposare la giovane, festa si fece grandissima con sommo piacere di tutti i cittadini. La giovane, confortandosi e faccendo nudrire il suo piccol figliuolo, dopo non molto tempo ritornò piú bella che mai; e levata del parto, e davanti a Fineo, la cui tornata da Roma s’aspettò, venuta, quella reverenza gli fece che a padre: ed egli, forte contento di sí bella nuora, con grandissima festa ed allegrezza fatte fare le lor nozze, in luogo di figliuola la ricevette e poi sempre la tenne; e dopo alquanti dí il suo figliuolo e lei ed il suo piccol nepote, montati in galea, seco ne menò a Laiazzo, dove con riposo e con pace de’ due amanti, quanto la vita lor durò, dimorarono. Chi conosce Straparola leggendo questa novella pensa alla fiaba di Pietro (Pietropazzo, notte terza, favola prima); chi pensa a Basile ricorda la sua versione della fiaba (Peruonto, terza fiaba della prima giornata, pp. 30-38): in entrambe le storie come nella novella c'è una gravidanza imprevista, la collera del re padre di lei, che li condanna a morire in mare col loro bambino, e il lieto fine con la principessa, Pietro - lo stesso nome di Teodoro una volta battezzato! - diventato bello per fatagione del pescetonno, l'aiutante magico al quale il protagonista ha risparmiato la vita, e il loro bambino. |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA OTTAVA Filomena racconta Nastagio degli Onesti, amando una de’ Traversari, spende le sue ricchezze senza essere amato. Vassene, pregato da’ suoi, a Chiassi; quivi vede cacciare ad un cavaliere una giovane e ucciderla e divorarla da due cani. Invita i parenti suoi e quella donna amata da lui ad un desinare, la quale vede questa medesima giovane sbranare; e temendo di simile avvenimento prende per marito Nastagio. |
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ACCOGLIERE IL DONO MASCHILE
Il desiderio maschile, che è dono
di sé se offerto da un vero amante (un cor gentil ,
vale a dire l'ideale di nobiltà del Dolce stil novo),
dovrebbe essere accolto come un dono: la novella ha un
lieto fine se la donna accoglie questo desiderio, come
si vede in questa e nella novella successiva. Nastagio
degli onesti e Federigo degli Alberighi sono i più
celebri personaggi maschili del Decameron, non tenendo
conto dei protagonisti delle novelle comiche e
burlesche, come ser Ciappelletto, Calandrino, Frate
Cipolla e Andreuccio da Perugia.
Il desiderio maschile, che è dono di sé se offerto da un vero amante (un cor gentil , vale a dire l'ideale di nobiltà del Dolce stil novo), dovrebbe essere accolto come un dono: la novella ha un lieto fine se la donna accoglie questo desiderio, come si vede in questa e nella novella successiva. Nastagio degli onesti e Federigo degli Alberighi sono i più celebri personaggi maschili del Decameron, non tenendo conto dei protagonisti delle novelle comiche e burlesche, come ser Ciappelletto, Calandrino, Frate Cipolla e Andreuccio da Perugia. Questa novella ha come corredo inestimabile le quattro grandi tavole di Botticelli, che si trovano qui sotto, dalle quali si accede a riproduzioni dettagliate. L'etica del donatore prevede l'etica di colei che accoglie il dono, prima o poi, ripetiamo. Offendere l'uomo che si propone con il dono di sé, e il dono erotico implica dono o sperpero delle proprie ricchezze nel corteggiamento per conquistare l'amata, in una sorta di potlach individuale, fino a perderle completamente e impoverirsi come Federigo. L'opera di Botticelli, pittore del circolo neoplatonico di Marsilio Ficino, potrebbe significare un percorso inizatico fra corpo - desiderio maschile - e anima - risposta femminile, che se non si uniscono sono soggetti a una fine crudele. Non si tratta di dominio maschile, ma di espressione dell'incontro fra l'uomo e la donna, significati dalla linea continua e da quella aperta nel libro cinese dell'I Ching. La coppia degli amanti realizza con l'unione l'incontro fra cielo e terra, incontro del quale Eros è mediatore, Eros come grande demone del quale Socrate insegna avendo ricevuto l'insegnamento da Diotima. Diotima che ha sospeso per dieci anni la peste di Atene, come l'onesta brigata sospende la peste di Firenze allontanandosi dal locus horridus per passare due settimane nel locus amoenus. La lettura storicistica o marxista del Decameron perde la valenza iniziatica e quindi la ricchezza che porta come umana cosa per alleviare la pena umana. Difficile comprende come il linguaggio simbolico fosse familiare agli uomini e alle donne del secolo di Boccaccio, mentre per noi è da apprendere lentamente con molto studio. Con poco studio i linguaggi simbolici, come quello astrologico, diventano rispetto al linguaggio verbale lingue semplificate, pappagallesche, perdendo la loro ricchezza di significazione, che è connessa al linguaggio verbale, col quale però non è interamente traducibile. Questa novella e quella di Federigo portano in alto il valore del lieto fine, vale a dire dell'unione degli amanti. Il cuore che il cavaliere estrae dalla donna - che paradossalmente in vita è stata senza cuore - è il cuore femminile senza il quale il desiderio maschile è vano, senza meta. L'unione è feconda, la separazione è sterile. L'amata di Nastagio degli Onesti, che l'ha respinto fino al pranzo nella pineta di Ravenna, è il risveglio della posizione femminile. Boccaccio sapeva che Dante era morto a Ravenna e che là era il suo sepolcro? Se sì l'ambientazione potrebbe richiamare il valore dell'unione, celebrata da Dante che compie lo Stil novo, e celebrata da Boccaccio come valore terreno. L'eros degli stilnovisti tende alla sublimazione, l'eros di Boccaccio è ovunque, si manifesta come nel Simposio di Platone, quando Socrate afferma che prima che toccasse a lui parlare nei discorsi degli altri Eros era assente, perché lo celebravano come avrebbero voluto che fosse, non com'è realmente: mutevole, povero e ricco, liscio , irsuto, figlio di Poros e Penia, di abbondanza e mancanza, di soluzione e assenza di soluzione, di sentiero e smarrimento. |
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Federigo
degli Alberighi ama e non è amato e in cortesia
spendendo si consuma e rimangli un sol falcone, il
quale, non avendo altro dà a mangiare alla sua donna venutagli a casa; la quale, ciò sappiendo, mutata d’animo, il prende per marito e fallo ricco. |
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IL DONO DEL FALCONE
Fiammetta, la donna dell'onesta
brigata che porta il nome dell'amata napoletana di
Giovanni Boccaccio, è la regina della quinta giornata,
quella degli amori che hanno lieto fine, che danno
lamano verso il passato al romanzo antico greco-latino
o alessandrino, e verso il futuro alle fiabe.
Meravigliosa giornata che porta a cinquanta il numero
delle novelle, a metà quindi dell'opera. Fiammetta
racconta del sacrificio dell''ultima ricchezza rimasta
a Federigo, che non esita a trattare come una delle
sue prede il suo compagno di caccia per onorare con un
desinare degno di lei lasua amata, quella per la quale
da ricco è diventanto tanto povero da non poter
comprare un pollo o un coniglio. Si può trovare un
sacrificio della propria potenza fallica più chiaro di
questo? Se Freud avesse conosciuto questa novella
avrebe scritto qualcosa? O tocca a noi capire,
ascoltando Boccaccio, che la potenza maschile viene
dalla rinuncia al potere maschile? La rinuncia fa
innamorare la donna per la quale ha speso inutilmente
tutta la sua ricchezza, la donna che ai fratelli
perplessi sulla scelta di un uomo povero dice che le
pare molto meglio un uomo che abbia bisogno di
ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d’uomo.
Il segreto dell'unione felice è la rinuncia al dominio fallico. Possibile che Boccaccio lo comprenda, mentre oggi siamo lontani dal rendercene conto? Resta la decima novella, che rimescola le carte, questa è la funzione di Dioneo, per la quale ha chiesto e ottenuto di essere sempre lui, dopo il primo giorno, a raccontare l'ultima novella. Non si può immaginare un culmine espressivo superiore a questo della novella della regina Fiammetta. |
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GIORNATA QUINTA NOVELLA DECIMA Dioneo racconta Pietro di Vinciolo va a cenare altrove; la donna sua si fa venire un garzone; torna Pietro; ella il nasconde sotto una cesta da polli; Pietro dice essere stato trovato in casa d’Ercolano, con cui cenava, un giovane messovi dalla moglie; la donna biasima la moglie d’Ercolano; uno asino per isciagura pon piede in su le dita di colui che era sotto la cesta; egli grida; Pietro corre là, vedelo, cognosce lo ’nganno della moglie con la quale ultimamente rimane in concordia per la sua tristezza. |
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AMORI DIVERSI
La moglie di Pietro di
Vinciolo, rossa di pelo e focosa, non ha dal marito
quel che si aspetterebbe, e quando il marito scopre
nascosto sotto una cesta da polli, un bel giovane
introdotto da lei in sua assenza, lo rassicura
dicendogli che non ha intenzione di fargli alcun
male. Poi invita la moglie a preparare la cena per
lui e per l'amante:
La donna, levata su, udendo il marito contento, prestamente fatta rimetter la tavola, fece venir la cena la quale apparecchiata avea, ed insieme col suo cattivo marito e col giovane lietamente cenò. Dopo la cena, quello che Pietro si divisasse a sodisfacimento di tutti e tre, m’è uscito di mente; so io ben cotanto, che la mattina vegnente infino in su la piazza fu il giovane, non assai certo qual piú stato si fosse la notte o moglie o marito, accompagnato. La giornata più fiabesca, con racconti che celebrano anche con valenze iniziatiche l'unione di maschio e femmina, finisce con un'ammucchiata dopo la quale il giovane amante della donna, già desiderato anche dal marito di lei, non sa con quale di due sia stato prevalente l'amplesso. Così Dioneo fa il controcanto alle novelle degli altri, ricordando che il desiderio erotico non è solo quello che porta all'unione fra maschile e femminile cantata da tutti sotto il reggimento di Fiammetta. |
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