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ADALINDA GASPARINI               PSICOANALISI E FAVOLE
LEGGERE E RILEGGERE IL DECAMERON IN TEMPO DI GUERRA, PANDEMIA E CRISI CLIMATICA
GIORNATA QUINTA

NELLA QUALE,
SOTTO IL REGGIMENTO DI FIAMMETTA, SI RAGIONA DI CIÒ CHE AD ALCUNO AMANTE,
DOPO ALCUNI FIERI O SVENTURATI ACCIDENTI, FELICEMENTE AVVENISSE.



Novella.prima Novella.seconda
Novella.terza
Novella.quarta Novella.quinta
Novella.sesta
Novella.settima
Novella.ottava
Novella.nona
Novella.decima
Panfilo
Emilia
Elissa
Filostrato Neifile
Pampinea Lauretta
Filomena
FIAMMETTA Dioneo
Cimone da brutto bello per amore sposa la bella Efigenia
Gostanza e Martuccio
amanti perduti e ritrovati
Peripezie di Pietro e dell'Agnolella felici amanti La fanciulla accaldata che prese l'usignolo sul verone
Due amano Agnesa poi di uno si scopre che è sorella
Gian
di Procida,
e Restituta d'Ischia
Come un amore segreto illecito diventa lecito e pubblico
Nastagio e la caccia infera nella pineta di Ravenna
Federigo sacrifica il suo ultimo bene e vince l'amore
Il marito omosesuale
con la moglie
e l'amante
 




click di seguito sui titoli delle novelle per leggerle online (wikisource)

GIORNATA QUINTA NOVELLA PRIMA
Panfilo racconta
Cimone amando divien savio, ed Efigenia sua donna rapisce in mare; è messo in Rodi in prigione, onde Lisimaco il trae, e da capo con lui rapisce Efigenia
e Cassandra nelle lor nozze, fuggendosi con esse in Creti; e quindi, divenute lor mogli, con esse a casa loro son richiamati.

MAGIA CHE TRASFORMA UNO SCIOCCO SGRAZIATO IN SAVIO ELEGANTE

Un'eco di questa novella si potrebbe sentire nella fiaba Lo scarafone, lo sorece e lo grillo di Giambattista Basile, dove il protagonista viene scacciato dal padre, e come Cimone si incanta nel vedere una dopo l'altra tre fate che, accanto a una fontana, fanno giocare uno scarafaggio chitarrista, un topo ballerino e un grillo, chitarrista. La loro bellezza e la loro abilità conquistano Nardiello, che per averli dà tutto quello che gli aveva dato il padre perché ne facesse uso assennato comprando vitelli da allevare.
Brutto, scioperata, neanche tanto intelligente. Con lo spettacolo dei tre animaletti Nardiello vincerà la mano della principessa che non aveva mai riso, e quando il re padre vedendolo brutto e sgraziato lo darà in pasto ai leoni, lo scarafaggio il topo e il grillo li incanteranno e lo porteranno in salvo. Infine impediranno al nuovo marito della principessa di consumare il matrimonio, e quando Nardiello si ripresenterà al re, bello e raffinato come Cimone dopo essersi innamorato della bellissima Efigenia: potenza umana dell'amore che educa l'animo del protagonsita della novella, magia fatata dell'amore per la bellezza e l'arte di suonare, cantare e ballare, che fa spendere tutto quel che ha a Nardiello, e gliene torna il capitale con gli interessi. 
Ignorato Boccaccio per la sua formidabile modernità privadi tutto fuorché delle proprie risorse, edulcorate le fiabe per la loro umanità priva di riferimenti gerarchici, con fate e maghi e morti soccorrevoli che vivono solo nella fiaba, e della fiaba abitano solo il corpo centrale. La magia delle fiabe sarebbe una incarnazione del desiderio.
Si può leggere la fiaba di Nardiello anche sull'e-book di Fabulando. Carta fiabesca della successione. (Peretola, 16 luglio 2022)

Tra le fiabe friulane, in lingua vegliota, ho letto nella splendida raccolta di Antonio Ive Storia de le fade e de un pastor de Beska ne l'isola de Veja. Anche qui un povero pastore è preso dalla bellezza di un velo bianco, che raccoglie, e restituisce senza chiedere nulla in cambio alla fata che l'ha perduto. In questo modo il suo gregge si moltiplica - ricordo dalla mitologia greca che Ecate avevano fra le sue signorie quella di far prosperare e moltiplicare le greggi come quella di rendere poche e malate le pecore - e la ricchezza di cui è così fornito il pastore di Beska viene ereditata dai suoi discendenti, fino al tempo in cui si racconta la storia. Il motivo si collega alla centesima favola storia o novella che dir si voglia del Decameron: quando Gualtieri la rimanda dal padre nuda, lei ottiene una camicia (camiscia, è scritto, per rendere la pronuncia fiorentina dell'indumento), che il pittore senese di Griselda rappresenta come un velo.
Penso poi a svelare/rivelare, alla complessità semantica di queste parole: ri-velare è stato inteso, se non ricordo male da Lacan, come velare nuovamente, come se ri- avesse la stessa funzione che in riprendere: velare di nuovo, come prendere nuovamente. Mentre si legge che in questo caso laparticella attesta un movimento inverso rispetto al verbo, quindi: togliere il velo.
Perdere il velo è un motivo di avvio di molte narrazioni, la cui importanza è grande se si pensa al significato del velo della donna nella chiesa cattolica che la donna deve o non deve portare sui capelli - quando entra in chiesa o dopo essersi sposata, sul volto quando va all'altare, e il velo viene alzato dallo sposo dopo che il sacerdote ha dichiarato marito e moglie i due fidanzati. Se poi si pensa alle lotte per il velo nel mondo islamico e in Europa nelle comunità islamiche, che implicano condanne a morte per le donne che infrangono l'obbligo di velarsi in pubblico, e al fatto che la bambina non porta il velo fino al menarca, mentre dopo lo indossa ogni volta che esce dalla casa o solo  se in casa non sono presenti estranei, possiamo comprendere il diritto al velo e il dovere del velo della donna. Ci possono aiutare le fiabe, e i miti: vedere senza veli Artemide implica la morte, anche se chi ha visto quel che doveva rimanere nascosto, come Atteone, non ne ha colpa. Vedere Melusina durante il suo segreto bagno del sabato implica il suo abbandono, ma è Melusina che rende ricco e potente il nobile perdente che sposa, e lasua progenie è quella che darà i re alla Francia.
Le suore sono velate, coprono i capelli come le donne musulmane che portano l'hijab, e del resto questo velo era quello delle madonne e delle donne del Rinascimento, come La Velata di Raffaelo (1515 c.a.) e l'Annunciata di Antonello da Messina (1475). Coperti erano i capelli delle donne medievali da veli e cuffie. 


GIORNATA QUINTA NOVELLA SECONDA
Emilia racconta
Gostanza ama Martuccio Gomito, la quale, udendo che morto era, per disperata sola si mette in una barca, la quale dal vento fu trasportata a Susa;
ritruoval vivo in Tunisi, palesaglisi, ed egli grande essendo col re per consigli dati, sposatala, ricco con lei in Lipari se ne torna.

LASCIARE AL DESTINO IL TIMONE INVISIBILE DELLA VITA

Come nelle fiabe, quando alla donna che ha perduto l'amante si consegna un gomitolo e le si dice di lanciarlo e seguirlo finché tutto si svolge, e dove la donna seguendo le istruzioni si ferma, là doveva andare senza saperlo, così Gostanza avendo la notizia che il suo amato è morto, si mette in una barchetta perché senza Martuccio non vuol più vivere. Il padre di lei non l'aveva concessa in sposa al giovane, perché era troppo povero, e lui per questo era diventato pirata, per tornare ricco a Lipari, patria di entrambi. Così Gostanza su una barchetta...
...sopra la quale prestamente montata e co’ remi alquanto in mar tiratasi, ammaestrata alquanto dell’arte marineresca, sí come generalmente tutte le femine in quella isola sono, fece vela e gittò via i remi ed il timone, ed al vento tutta si commise, avvisando dover di necessitá avvenire o che il vento barca senza carico e senza governator rivolgesse o ad alcuno scoglio la percotesse e rompesse; di che ella, eziandio se campar volesse, non potesse, ma di necessitá annegasse: ed avviluppatasi la testa in un mantello, nel fondo della barca piagnendo si mise a giacere.
E invece Martuccio Gomito è vivo, e dopo aver perso tutto quello che aveva accumulato da pirata, finisce prigioniero, ma poi diventa consigliere di Mariebdelà re di Tunisi, che grazie a lui vince una guerra. Così onorato dal sovrano incontra l'amata Gostanza.
Quando la giovane il vide, presso fu che di letizia non mori: e non potendosene tenere, subitamente con le braccia aperte gli corse al collo ed abbracciollo, e per compassione de’ passati infortuni e per la presente letizia, senza potere alcuna cosa dire, teneramente cominciò a lagrimare. Martuccio, veggendo la giovane, alquanto maravigliandosi soprastette, e poi sospirando disse: — O Gostanza mia, or se’ tu viva? Egli è buon tempo che io intesi che tu perduta eri, né a casa nostra di te alcuna cosa si sapeva. — E questo detto, teneramente lagrimando l’abbracciò e basciò.



GIORNATA QUINTA NOVELLA TERZA
Elissa racconta
Pietro Boccamazza si fugge con l’Agnolella; truova ladroni; la giovane fugge per una selva, ed è condotta ad un castello;
Pietro è preso e delle mani de’ ladroni fugge, e dopo alcuno accidente, capita a quel castello dove l’Agnolella era, e sposatala con lei se ne torna a Roma.

PERIPEZIE DA ROMANZO ANTICO E FINALE DA MILLE E UNA NOTTE

Pietro ama riamato l'Agnolella, e la chiede in sposa, ma i parenti di lui si oppongono al matrimonio  perché l'amata è inferiore per posizione sociale. Allora Pietro la rapisce senza forzarla, ma mentre si dirige ad Anagni (Alagna) dove conta su certi amici, sbaglia strada, e capita vicino a un castello, dal quale esce un drappello di armati. Vedendoli l'Agnolella fugge nel bosco col ronzino, mentre Pietro viene preso, e siccome è della fazione romana avversa alla loro vogliono impiccarlo a una quercia. Ma prima che riescano a farlo arriva un drappello più numeroso che dà battaglia ai primi, e Pietro ne approfitta per fuggire e vagare per il bosco cercando senza successo la sua Agnolella, finché sale su una quercia per passare la notte.
Agnolella avendo vagato e chiamato Pietro per il bosco come Pietro ha cercato lei, capita alla fine in una povera casa, dove un'anziana coppia la ospita, avvertendola che da quelle parti passano parecchi masnadieri e che non sono in grado di difenderla. In effetti nella notte l'Agnolella sente rumori e si nasconde nel fieno, dove un colpo di lancia le lacera la veste all'altezza del seno: riuscendo a non gridare non viene scoperta, e i malviventi si limitano a rubarle il cavallo. La mattina dopo viene accompagnata a un castello dove racconta la sua storia alla castellana, che la ospita conoscendo sia lei sia Pietro. Che salito sull'albero ha dovuto assistere all'assalto del suo cavallo da venti lupi che nonostante la resistenza dell'animale lo uccidono e lo divorano lasciando solo le ossa. Disperato Pietro vaga sentendosi perduto, poi si avvicina a un fuoco di pastori, che lo accolgono, ai quali racconta la sua storia: allora lo accompagnano a un castello, che è lo stesso nel quale si è rifugiata la sua amata. Quando vide la castellana e con lei l'Agnolella,  mai pari letizia non fu alla sua. Egli si struggea tutto d’andarla ad abbracciare, ma per vergogna la quale avea della donna, lasciava; e se egli fu lieto assai, la letizia della giovane veggendolo non fu minore. Pietro, proprio come nelle fiabe, con molto riposo e piacere con la sua Agnolella infino alla lor vecchiezza si visse.
E se il lieto fine delle fiabe fosse nato proprio con le novelle della quinta giornata? E se Boccaccio avesse tratto ispirazione dal lieto fine di tante storie delle Mille e una notte?
Riguardo al romanzo antico o greco-latino, che nasce nel tardo ellenismo - primi secoli della nostra era - da ricordare che ha avuto una vastissima diffusione, anche popolare, fino a quando non è cominciata la diffusione della fiaba di magia, con le fiabe contenute nelle Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola (Venezia 1550-1551), la prima raccolta di fiabe, Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile (Napoli 1634-1636), e la contemporanea diffusione del romanzo moderno, con El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel Cervantes Saavedra (1605-1615). Annotiamo di seguito tre indizi sulla relazione fra le novelle del Decameron e la fiaba.
1. Il primo indizio riguarda il fatto, già citato qui e altrove, che le prime fiabe di magia vengono pubblicate fra molte novelle nelle Piacevoli notti, una raccolta che si pone in continuità col Decameron.
2. Le fiabe della prima racconta del genere, fu pubblicata postuma nel 1634 e nel 1636, e Basile, morto nel 1632, potrebbe averle raccolte negli stessi anni in cui Cervantes scriveva il suo capolavoro; sono inoltre state osservate diverse analogie nella vita di Basile e in quella di Cervantes.
3. Quando Perrault nel 1797 dà alle stampe Histoires ou contes du temps passé, avec des moralités. Contes de ma mère l'Oye, aveva già pubblicato, nel 1694, sempre a Parigi, Griselidis Nouvelle. Avec  le Conte de Peau D'asne et celuy des Souhaits ridicules. La fonte della prima è dichiarata fin dal titolo, mentre per la seconda non è azzardato pensare all'Orsa, trattenemiento sesto de la jornata seconna, del Cunto di Basile. Quel che però è più rilevante per la relazione fra le novelle di Boccaccio e le fiabe è che nella stessa pubblicazione Perrault abbia accostato la sua versione della centesima novella del Decameron con una fiaba del Cunto de li cunti, già cognominato Pentamerone
La separazione netta dei generi è recentissima, perché fino alla fine del XVIII secolo Favole erano tutte le storie non vere, ovvero qualunque storia tranne quelle della propria religione, quelle considerate vera storia, e quelle considerate vere scientificamente. Non erano quindi favole fino a pochi secoli fa la creazione del mondo in sei giorni dell'Antico testamento, la fondazione di Roma da parte dei discendenti dei troiani scampati alla distruzione della loro città, la presenza nello sperma dell'homunculus, il minuscolo bambino che nel grembo materno poteva svilupparsi e nascere traendone nutrimento. La somiglianza con la madre dipendeva dalla fantasia femminile che poteva imprimere al nascituro i propri tratti, come poteva danneggiare il nascituro con pensieri cattivi o eretici, con malformazioni e deformità, nessuna delle quali dipendeva dal padre, perché nello sperma l'homunculus era sempre perfetto.
Così Boccaccio racconta qualcosa per bocca dell'onesta brigata in soccorso e rifugio di quelle che amano, per ciò che all’altre è assai l’ago, il fuso e l’arcolaio, qualcosa che è un genere con quattro nomi che si possono usare indifferentemente: io intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo.
Allo stesso tempo Boccaccio indica i generi ancora indefiniti che precedono la sua invenzione e i generi che prenderanno forma dopo il Decameron.

Vedi anche, in Fabulando la: Carta della parola fiaba in Europa, che fa parte dell'e-book Fabula, favola, fiaba, fable, conte de fées, fairy tale, story. Definizioni.


GIORNATA QUINTA NOVELLA QUARTA
Filostrato racconta
Ricciardo Manardi è trovato da messer Lizio da Valbona con la figliuola, la quale egli sposa, e col padre di lei rimane in buona pace.

SEGRETO MA NON TROPPO

Perché Ricciardo e la figlia del messere di Valbona non fanno la fine degli amanti della quarta giornata, o di Giulietta e Romeo?
Perché le loro famiglie non sono nemiche? Forse.
E se invece fosse perché si amano in segreto, ma un segreto facile da svelare, visto che invece di separarsi alle prime luci del giorno si addormentano in modo che non è difficile scoprirli?
Interessante che l'illustrazione veli con la coperta il particolare dell'usignolo tenuto in mano dalla fanciulla addormentata.


Quis non compatietur iuvenibus? Quis tam infeici exitui lacrimulam saltem unam non concedet? Saxeus erit. Amarunt pueri: non enim ob hoc infortunium meruere cruentum. Florentis etatis amor crimen est, nec horrendum solutis crimen; in coniugium ire poterat. Peccavi fors pessima et forsan miseri peccavere parentes. Sensim quippe frenandi sunt iuvenum impetus, ne, dum repentino obice illis obsistere volumus, desperantes in precipitium inpellamus. Immoderati vigoris est cupidinis passio et adolescentium fere pestis et comune flagitium, in quibus edepol patienti animo tolleranda est, quoniam sic rerum volente natura fit, ut scilicet dum etate valemus, ultro inclinemur in prolem, ne humanum genus in defectum corruat, si coitus differantur in senium. (De mulieribus XIII 12-14)




 
Vedi questa novella nel Decameron di Pier Paolo Pasolini (1971)
YouTube 34:50-43:09



GIORNATA QUINTA NOVELLA QUINTA
Neifile racconta
Guidotto da Cremona lascia a Giacomin da Pavia una fanciulla, e muorsi; la quale Giannol di Severino e Minghino di Mingole amano in Faenza;
azzuffansi insieme; riconoscesi la fanciulla esser sirocchia di Giannole, e dassi per moglie a Minghino.

PERIPEZIE E AGNIZIONI DA ROMANZO ANTICO

Il lieto fine caratterizzava il romanzo antico, come le straordinarie peripezie che lo precedevano e le miracolose agnizioni che lo rendevano possibile. In questa storia i due innamorati che si trovano a tentare di rapire Agnesa nella stessa sera e vengono alle armi e poi vengono arrestati entrambi. Ma i custodi della giustizia e l'uomo che fa da padre alla fanciulla, spiega che non sa di chi sia figlia: l'amico che morendo gliel'ha affidata con i suoi beni l'ha presa con sé durante un saccheggio, perché era piccola e sola e l'ha chiamato padre, e lui l'ha cresciuta come sua figlia. Allora si fa avanti il padrone della casa saccheggiata che nella vicenda aveva perduto una sua figlia piccola, e da un segno dietro l'orecchio la riconosce. Si scopre così che Giannole è suo fratello, e così la ottiene in sposa Minghino di Mingole.
Come nelle fiabe e nel romanzo antico, l'agnizione fa felici non solo gli innamorati ma anche le loro famiglie e la città intera. Alla fine delle fiabe, come di queste novelle, pur essendo scettici quanto si vuole, si sorride anche se non se ne ha intenzione.
Mi pare che le novelle raccontino come sia sano sia aspettarsi il peggio, che arriva quasi sempre nella quarta giornata, e prepararsi, sia aspettarsi il meglio, che viene nella quinta, e sperare.


GIORNATA QUINTA NOVELLA SESTA
Pampinea racconta
Gian di Procida trovato con una giovane amata da lui, e stata data al re Federigo, per dovere essere arso con lei è legato ad un palo;
riconosciuto da Ruggieri de Loria, campa e divien marito di lei.

QUEL DILETTO OVVERO PREZZEMOLINA

I latini chiamavano petroselinum l'erba aromatica che in italiano si chiama prezzemolo, a Napoli petrusino. Petrosinella si chiama l'attante protagonista della fiaba di Basile, la cui madre incinta, non resistendo alla voglia di prezzemolo, lo ruba nell'orto della strega, alla quale poi dovrà dare la bambina, che nasce con una foglia di prezzemolo sulla pelle. Chissà se i Fratelli Grimm l'hanno chiamata Rapunzel, nome con il quale si conosce la fiaba dopo il film Disney (Tangled, USA 2010) anziché Petersilchen per modificare la storia o perché non hanno capito cosa rubava alla strega la madre della protagonista. Noi preferiamo la prima versione stampata al mondo (Petrosinella, trattenemiento primmo de la jornata seconna), preceduta dal mito di Danae, chiusa in una torre di rame dal padre che temeva il figlio che Danae avrebbe generato. Ma il discendente nacque, e puntualmente uccise il nonno, al destino, dicono i miti, non si sfugge. Zeus fecondò Danae trasformandosi in una pioggia d'oro e così generò Perseo, eroe vincitore di Medusa e sauroctono liberatore di Andromeda. Prima di lasciare miti e fiabe ricordiamo la leggenda di San Giorgio, il più celebre santo sauroctono, uno dei santi più popolari anche ai nostri giorni.
La nostra protagonista, Restituta, viveva a Ischia, e di lei era innamorato Gianni, di Procida, che a nuoto raggiungeva di notte l'isola dell'amata per vedere, se non lei, almeno le mura della sua casa.
Chi conosce Le piacevoli notti di Straparola non può non pensare a Malgherita, che a nuoto raggiunge l'eremita Teodoro sul suo scoglio, partendo da una piccola isola vicino a Ragusa. I suoi fratelli preoccupati del loro onore, gareggiano in crudeltà con i fratelli di Lisabetta da Messina: siccome per aiutarla a dirigersi l'eremita accendeva una lanterna, i fratelli ne pongono una sulla loro barca e fanno nuotare la sorella finché sfinita muore. (Malgherita spolatina, favola seconda della settima notte).
Per fortuna a Restituta non va così male, anche se le sue peripezie ricordano, come nelle fiabe precedenti, i popolarissimi romanzi antichi. Mentre la giovane, poco interessata al suo innamorato nuotatore, stacca le conchiglie dagli scogli, viene rapita da certi giovani siciliani affascinati dalla sua bellezza, che la portano sulla loro fregata ma non riescono ad accordarsi su chi debba averla. La donano allora a Federigo re di Cicilia, che siccome è piuttosto debole, la chiude in una torre per frequentarla quando si sentirà più forte. Ma il suo innamorato Gianni la va a cercare e riesce a trovarla a Palermo.  Come il principe di Prezzemolina le parla da sotto e siccome lei gli risponde:
...aspettata la notte, e di quella lasciata andar buona parte, lá se ne tornò, ed aggrappatosi per parti che non vi si sarebbono appiccati i picchi, nel giardin se n’entrò, ed in quello trovata un’antennetta, alla finestra dalla giovane insegnatagli l’appoggiò, e per quella assai leggermente se ne salì. Parendole il suo onore avere omai perduto, per la guardia del quale ella gli era alquanto nel passato stata salvatichetta, pensando a niuna persona piú degnamente che a costui potersi donare ed avvisando di poterlo inducere a portarla via, seco aveva preso di compiacergli in ogni suo disidèro, e per ciò aveva la finestra lasciata aperta, acciò che egli prestamente dentro potesse passare. Trovatala adunque Gianni aperta, chetamente se n’entrò dentro, ed alla giovane, che non dormiva, allato si coricò. La quale, prima che ad altro venissero, tutta la sua intenzion gli aperse, sommamente del trarla quindi e via portamela pregandolo; alla qual Gianni disse, niuna cosa quanto questa piacergli, e che senza alcun fallo, come da lei si partisse, in sì fatta maniera in ordine il metterebbe, che la prima volta che el vi tornasse, via ne la menerebbe. Ed appresso questo, con grandissimo piacere abbracciatisi, quel diletto presero oltre al quale niun maggiore ne puote Amor prestare; e poi che quello ebbero piú volte reiterato, senza accorgersene, nelle braccia l’un dell’altro s’addormentarono.
Nuova sventura: il re recuperate le forze va a visitare la bella e la trova fra le braccia di Gianni di Procida... decide di bruciarli nella piazza di Palermo, ma poco prima dell'esecuzione l'ammiraglio del re li vede, riconosce il giovane e gli chiede se è Gianni di Procida: così risponde:
— Signor mio, io fui ben giá colui di cui voi domandate, ma io sono per non esser piú. — Domandollo allora l’ammiraglio che cosa a quello l’avesse condotto; a cui Gianni rispose: — Amore e l’ira del re. — Fecesi l’ammiraglio piú la novella distendere, ed avendo ogni cosa udita da lui come stata era e partir volendosi, il richiamò Gianni e dissegli: — Deh! signor mio, se esser può, impetrami una grazia da chi cosí mi fa stare. — Roggeri domandò quale; a cui Gianni disse: — Io veggio che io debbo, e tostamente, morire; voglio adunque di grazia che, come io sono con questa giovane la quale io ho piú che la mia vita amata, ed ella me, con le reni a lei voltato, ed ella a me, che noi siamo co’ visi l’uno all’altro rivolti, acciò che, morendo io e veggendo il viso suo, io ne possa andar consolato. — Ruggeri ridendo disse: — Volentieri io farò si che tu la vedrai ancora tanto, che ti rincrescerá.
L'ammiraglio dice al re quanto sia in debito per la sua corona con i parenti di entrambi i giovani, e come dovrebbe onorarli, non giustiziarli. Ed è così che abbiamo un altro lieto fine come nelle fiabe, perché il re: a Gianni fece la giovanetta sposare, e fatti loro magnifichi doni, contenti gli rimandò a casa loro, dove con festa grandissima ricevuti, lungamente in piacere ed in gioia poi vissero insieme.  



GIORNATA QUINTA NOVELLA SETTIMA
Lauretta racconta
Teodoro, innamorato della Violante figliuola di messere Amerigo suo signore, la ’ngravida ed è alle forche condannato;
alle quali frustandosi essendo menato, dal padre riconosciuto e prosciolto, prende per moglie la Violante.

UN'ADOZIONE FORTUNATA

Teodoro dai pirati viene acquistato da messer Amerigo, che lo fa battezzare col nome di Pietro e lo tiene assai caro. Tanto che il giovane s'innamora di Violante, figlia del signore, e durante una tempesta, essendosi riparato solo con lei in una chiesa, sboccia il loro amore, che dopo quella volta continuano a sperimentare, finché Violante rimane incinta. Pietro vorrebbe partire, ma resta dopo che l'amata gli giura di non dir mai chi è il padre del bambino. La madre aiuta la figlia, menrre il padre, scoprendola, la tortura perché lei riveli il nome del padre, e sapendolo, lo arresta e lo condanna a morte, mentre, allo stesso tempo, manda alla figlia una coppa perché la beva e muoia, ordinando al servitore di gettare il bambino contro il muro e spaccargli al testa. Come si vede, la  crudeltà dei genitori, dei padri in particolare, è nella quinta giornata come nella quarta, ma qui riescono a scamparla, grazie a una legittimazione in extremis: un nobile ambasciatore d'Armenia riconosce il figlio perduto e ne ottiene la liberazione da messer Arrigo, al quale propone le nozze del figlio con Violante. Pietro/Teodoro è felice di aver trovato il padre e ancora spaventato dalla morte che ha visto da vicino, quando gli chiedono se è disposto a sposare Violante.
Teodoro, udendo che la Violante, dove egli volesse, sua moglie sarebbe, tanta fu la sua letizia, che d’inferno gli parve saltare in paradiso: e disse che questo gli sarebbe grandissima grazia, dove a ciascun di lor piacesse. Mandossi adunque alla giovane a sentire del suo volere; la quale, udendo ciò che di Teodoro era avvenuto ed era per avvenire, dove piú dolorosa che altra femina la morte aspettava, dopo molto, alquanta di fede prestando alle parole, un poco si rallegrò, e rispose che, se ella il suo disidèro di ciò seguisse, niuna cosa piú lieta le poteva avvenire che d’esser moglie di Teodoro: ma tuttavia farebbe quello che il padre le comandasse. Cosí adunque in concordia fatta sposare la giovane, festa si fece grandissima con sommo piacere di tutti i cittadini. La giovane, confortandosi e faccendo nudrire il suo piccol figliuolo, dopo non molto tempo ritornò piú bella che mai; e levata del parto, e davanti a Fineo, la cui tornata da Roma s’aspettò, venuta, quella reverenza gli fece che a padre: ed egli, forte contento di sí bella nuora, con grandissima festa ed allegrezza fatte fare le lor nozze, in luogo di figliuola la ricevette e poi sempre la tenne; e dopo alquanti dí il suo figliuolo e lei ed il suo piccol nepote, montati in galea, seco ne menò a Laiazzo, dove con riposo e con pace de’ due amanti, quanto la vita lor durò, dimorarono.
La formula di chiusura delle storie delle Mille e una notte è più vicina a questa che a quella delle fiabe: vissero felici... ecc., finché venne colei che separa l'amante dall'amato e la madre e il padre dai figli. Nelle fiabe europee la morte è significata dalla pagina bianca, è contenuta nel silenzio alla fine del racconto.Forse per questo i bambini piccoli che ascoltano le fiabe, alla fine, con gli occhi che già si chiudono, si affrettano a dire: ancora, ancora, ancora. Vedi Ancora... ancora... ancora... in Fabulando.

Chi conosce Straparola leggendo questa novella pensa alla fiaba di Pietro (Pietropazzo, notte terza, favola prima); chi pensa a Basile ricorda la sua versione della fiaba  (Peruonto, terza fiaba della prima giornata, pp. 30-38): in entrambe le storie come nella novella c'è una gravidanza imprevista, la collera del re padre di lei, che li condanna a morire in mare col loro bambino, e il lieto fine con la principessa, Pietro - lo stesso nome di Teodoro una volta battezzato! - diventato bello per fatagione del pescetonno, l'aiutante magico al quale il protagonista ha risparmiato la vita, e il loro bambino.


GIORNATA QUINTA NOVELLA OTTAVA
Filomena racconta
Nastagio degli Onesti, amando una de’ Traversari, spende le sue ricchezze senza essere amato. Vassene, pregato da’ suoi, a Chiassi;
quivi vede cacciare ad un cavaliere una giovane e ucciderla e divorarla da due cani. Invita i parenti suoi e quella donna amata da lui ad un desinare,
la quale vede questa medesima giovane sbranare; e temendo di simile avvenimento prende per marito Nastagio.

ACCOGLIERE IL DONO MASCHILE

Il desiderio maschile, che è dono di sé se offerto da un vero amante (un cor gentil , vale a dire l'ideale di nobiltà del Dolce stil novo), dovrebbe essere accolto come un dono: la novella ha un lieto fine se la donna accoglie questo desiderio, come si vede in questa e nella novella successiva. Nastagio degli onesti e Federigo degli Alberighi sono i più celebri personaggi maschili del Decameron, non tenendo conto dei protagonisti delle novelle comiche e burlesche, come ser Ciappelletto, Calandrino, Frate Cipolla e Andreuccio da Perugia.
Il desiderio maschile, che è dono di sé se offerto da un vero amante (un cor gentil , vale a dire l'ideale di nobiltà del Dolce stil novo), dovrebbe essere accolto come un dono: la novella ha un lieto fine se la donna accoglie questo desiderio, come si vede in questa e nella novella successiva. Nastagio degli onesti e Federigo degli Alberighi sono i più celebri personaggi maschili del Decameron, non tenendo conto dei protagonisti delle novelle comiche e burlesche, come ser Ciappelletto, Calandrino, Frate Cipolla e Andreuccio da Perugia.
Questa novella ha come corredo inestimabile le quattro grandi tavole di  Botticelli, che si trovano qui sotto, dalle quali si accede a riproduzioni dettagliate.
L'etica del donatore prevede l'etica di colei che accoglie il dono, prima o poi, ripetiamo.
Offendere l'uomo che si propone con il dono di sé, e il dono erotico implica dono o sperpero delle proprie ricchezze nel corteggiamento per conquistare l'amata, in una sorta di potlach individuale, fino a perderle completamente e impoverirsi come Federigo.
L'opera di Botticelli, pittore del circolo neoplatonico di Marsilio Ficino, potrebbe significare un percorso inizatico fra corpo - desiderio maschile - e anima - risposta femminile, che se non si uniscono sono soggetti a una fine crudele. Non si tratta di dominio maschile, ma di espressione dell'incontro fra l'uomo e la donna, significati dalla linea continua e da quella aperta nel libro cinese dell'I Ching. La coppia degli amanti realizza con l'unione l'incontro fra cielo e terra, incontro del quale Eros è mediatore, Eros come grande demone del quale Socrate insegna avendo ricevuto l'insegnamento da Diotima. Diotima che ha sospeso per dieci anni la peste di Atene, come l'onesta brigata sospende la peste di Firenze allontanandosi dal locus horridus per passare due settimane nel locus amoenus.
La lettura storicistica o marxista del Decameron perde la valenza iniziatica e quindi la ricchezza che porta come umana cosa per alleviare la pena umana. Difficile comprende come il linguaggio simbolico fosse familiare agli uomini e alle donne del secolo di Boccaccio, mentre per noi è da apprendere lentamente con molto studio. Con poco studio i linguaggi simbolici, come quello astrologico, diventano rispetto al linguaggio verbale lingue semplificate, pappagallesche, perdendo la loro ricchezza di significazione, che è connessa al linguaggio verbale, col quale però non è interamente traducibile. Questa novella e quella di Federigo portano in alto il valore del lieto fine, vale a dire dell'unione degli amanti. Il cuore che il cavaliere estrae dalla donna - che paradossalmente in vita è stata senza cuore - è il cuore femminile senza il quale il desiderio maschile è vano, senza meta. L'unione è feconda, la separazione è sterile. L'amata di Nastagio degli Onesti, che l'ha respinto fino al pranzo nella pineta di Ravenna, è il risveglio della posizione femminile. Boccaccio sapeva che Dante era morto a Ravenna e che là era il suo sepolcro? Se sì l'ambientazione potrebbe richiamare il valore dell'unione, celebrata da Dante che compie lo Stil novo, e celebrata da Boccaccio come valore terreno. L'eros degli stilnovisti tende alla sublimazione, l'eros di Boccaccio è ovunque, si manifesta come nel Simposio di Platone, quando Socrate afferma che prima che toccasse a lui parlare nei discorsi degli altri Eros era assente, perché lo celebravano come avrebbero voluto che fosse, non com'è realmente: mutevole,  povero e ricco, liscio , irsuto, figlio di Poros e Penia, di abbondanza e mancanza, di soluzione e assenza di soluzione, di sentiero e smarrimento.







RAI RADIO 3 AD ALTA VOCE
DECAMERONE LETTURA VIII
Nastagio degli Onesti








GIORNATA QUINTA NOVELLA NONA
Fiammetta reggitrice racconta
Federigo degli Alberighi ama e non è amato e in cortesia spendendo si consuma e rimangli un sol falcone, il quale, non avendo altro
dà a mangiare alla sua donna venutagli a casa; la quale, ciò sappiendo, mutata d’animo, il prende per marito e fallo ricco.

IL DONO DEL FALCONE

Fiammetta, la donna dell'onesta brigata che porta il nome dell'amata napoletana di Giovanni Boccaccio, è la regina della quinta giornata, quella degli amori che hanno lieto fine, che danno lamano verso il passato al romanzo antico greco-latino o alessandrino, e verso il futuro alle fiabe. Meravigliosa giornata che porta a cinquanta il numero delle novelle, a metà quindi dell'opera. Fiammetta racconta del sacrificio dell''ultima ricchezza rimasta a Federigo, che non esita a trattare come una delle sue prede il suo compagno di caccia per onorare con un desinare degno di lei lasua amata, quella per la quale da ricco è diventanto tanto povero da non poter comprare un pollo o un coniglio. Si può trovare un sacrificio della propria potenza fallica più chiaro di questo? Se Freud avesse conosciuto questa novella avrebe scritto qualcosa? O tocca a noi capire, ascoltando Boccaccio, che la potenza maschile viene dalla rinuncia al potere maschile? La rinuncia fa innamorare la donna per la quale ha speso inutilmente tutta la sua ricchezza, la donna che ai fratelli perplessi sulla scelta di un uomo povero dice che le pare molto meglio un uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d’uomo.
Il segreto dell'unione felice è la rinuncia al dominio fallico. Possibile che Boccaccio lo comprenda, mentre oggi siamo lontani dal rendercene conto?
Resta la decima novella, che rimescola le carte, questa è la funzione di Dioneo, per la quale ha chiesto e ottenuto di essere sempre lui, dopo il primo giorno, a raccontare l'ultima novella. Non si può immaginare un culmine espressivo superiore a questo della novella della regina Fiammetta.




RAI RADIO 3 AD ALTA VOCE
DECAMERONE LETTURA IX
Federigo degli Alberighi
Codex Manesse ovvero
Große Heidelberger Liederhandschrift
Uomo col falcone
Tiziano

    Federigo degli Alberighi (YouTube 18:35)
Dal film Maraviglioso Boccaccio (2015)

di Paolo e Vittorio Taviani

Il falcone di Federigo avrebbe
preferito un finale diverso
secondo
David Riondino


GIORNATA QUINTA NOVELLA DECIMA
Dioneo racconta
Pietro di Vinciolo va a cenare altrove; la donna sua si fa venire un garzone; torna Pietro; ella il nasconde sotto una cesta da polli;
Pietro dice essere stato trovato in casa d’Ercolano, con cui cenava, un giovane messovi dalla moglie; la donna biasima la moglie d’Ercolano;
uno asino per isciagura pon piede in su le dita di colui che era sotto la cesta; egli grida; Pietro corre là, vedelo, cognosce lo ’nganno della moglie
con la quale ultimamente rimane in concordia per la sua tristezza.

AMORI DIVERSI

La moglie di Pietro di Vinciolo, rossa di pelo e focosa, non ha dal marito quel che si aspetterebbe, e quando il marito scopre nascosto sotto una cesta da polli, un bel giovane introdotto da lei in sua assenza, lo rassicura dicendogli che non ha intenzione di fargli alcun male. Poi invita la moglie a preparare la cena per lui e per l'amante:

La donna, levata su, udendo il marito contento, prestamente fatta rimetter la tavola, fece venir la cena la quale apparecchiata avea, ed insieme col suo cattivo marito e col giovane lietamente cenò. Dopo la cena, quello che Pietro si divisasse a sodisfacimento di tutti e tre, m’è uscito di mente; so io ben cotanto, che la mattina vegnente infino in su la piazza fu il giovane, non assai certo qual piú stato si fosse la notte o moglie o marito, accompagnato.

La giornata più fiabesca, con racconti che celebrano anche con valenze iniziatiche l'unione di maschio e femmina, finisce con un'ammucchiata dopo la quale il giovane amante della donna, già desiderato anche dal marito di lei, non sa con quale di due sia stato prevalente l'amplesso. Così Dioneo fa il controcanto alle novelle degli altri, ricordando che il desiderio erotico non è solo quello che porta all'unione fra maschile e femminile cantata da tutti sotto il reggimento di Fiammetta.





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© Adalinda Gasparini
Online dal 30 giugno 2022
ultima revisione 23 ottobre 2022