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GIORNATA NONA NOVELLA PRIMA Filomena racconta Madonna Francesca, amata da uno Rinuccio e da uno Alessandro, e niuno amandone, col fare entrare l’un per morto in una sepoltura, e l’altro quello trarne per morto, non potendo essi venire al fine imposto, cautamente se gli leva da dosso.. |
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DUE COMPITI IMPOSSIBILI
A Pistoia Francesca de' Lazzari ha due corteggiatori, Rinuccio Palermini e Alessandro Piermontesi ai quali ha dato ascolto e dei quali ora vorrebbe liberarsi. Era stato sepolto un terribile uomo soprannominato Scannadio. Manda una fante da Alessandro dicendogli che deve sostituirsi nella tomba a Scannadio, perché devono portare da lei il suo cadavere, e così potrà passare la notte con lei. A Rinuccio poi manda a dire che deve andare a prendere il corpo di Scannadio e portarlo a lei, e così potrà averla. A entrambi dice che da lei saprà poi la ragione di questa richiesta: non facendolo devono cessare di mandarle ambasciate per sempre. Il primo si fa una comprensibile serie di fantasie sul danno che potrebbe venirgliene, ma poi l'amore lo porta a spogliare il morto e mettersi al suo posto. Anche il secondo ha paura, ma decide di soddisfare la richiesta dell'amata e dall'avello porta l'altro pretendente sulle spalle a casa della donna, non senza sbatterlo su muri e porte. Ma a casa della donna li sorprende la Signoria: Rinuccio se la dà a gambe e anche Alessandro con i lunghi panni del morto. Ed essendo di tale accidente molto lieta e lodando Iddio che dallo ’mpaccio di costoro tolta l’avea, se ne tornò dentro ed andossene in camera, affermando con la fante, senza alcun dubbio ciascun di costoro amarla molto, poscia che quello avevan fatto, sí come appariva, che ella loro aveva imposto. Rinuccio appena possibile va a cercare il cadavere e non trovandolo torna a casa come Alessandro, mentre a Pistoia si pensò che il corpo di Scannadio, perché Alessandro l'aveva nel fondo voltato, fosse sparito perché i diavoli erano venuti a prenderlo per portarselo all'inferno. Ciascuno dei due poi chiese alla donna i suoi favori, che lei negò affermando che non avevano portato a fondo l'impresa. |
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GIORNATA NONA NOVELLA SECONDA Elissa racconta Levasi una badessa in fretta e al buio per trovare una sua monaca, a lei accusata, col suo amante nel letto; ed essendo con lei un prete,credendosi il saltero de’ veli aver posto in capo, le brache del prete vi si pose; le quali vedendo l’accusata e fattalane accorgere, fu diliberata, ed ebbe agio di starsi col suo amante. |
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LE BRACHE DEL PRETE DELLA BADESSA
USIMBALDA
[A]ssai sono li
quali, essendo stoltissimi, maestri degli altri si
fanno e gastigatori, li quali, sí come voi potrete
comprendere per la mia novella, la fortuna alcuna
volta e meritamente vitupera: e ciò addivenne alla
badessa sotto la cui obedienza era la monaca della
quale debbo dire.
Isabetta,monaca giovane e bella, ricambia in segreto l'amore di un bel giovane. Se ne accorge una monaca e con le altre la sorveglia e va a denunciarla alla badessa Usimbalda in modo che la colga sul fatto. Buttano giù la porta della monaca e sorprendono i due amanti abbracciati, e menata in capitolo la giovane, mentre il giovane sta pronto a difenderla con la spada, comincia il processo della badessa che accusa la giovane di sporcare la santità del convento. Lei a un certo punto alza il capo e vede che la badessa Usimbalda invece del velo ha in capo un paio di mutande da uomo: Madonna, se Iddio v’aiuti, annodatevi la cuffia e poscia mi dite ciò che voi volete. — La badessa, che non la ’ntendeva, disse: — Che cuffia, rea femina? Ora hai tu viso da motteggiare? Parti egli aver fatta cosa che i motti ci abbian luogo? — Allora la giovane un’altra volta disse: — Madonna, io vi priego che voi v’annodiate la cuffia; poi dite a me ciò che vi piace. — Laonde molte delle monache levarono il viso al capo della badessa, ed ella similmente ponendovisi le mani, s’accorsero perché l’Isabetta cosí diceva; di che la badessa, avvedutasi del suo medesimo fallo e veggendo che da tutte veduto era né aveva ricoperta, mutò sermone, ed in tutta altra guisa che fatto non aveva, cominciò a parlare, e conchiudendo venne, impossibile essere il potersi dagli stimoli della carne difendere: e per ciò chetamente, come infino a quel dí fatto s’era, disse che ciascuna si desse buon tempo quando potesse. E liberata la giovane, col suo prete si tornò a dormire, e l’Isabetta col suo amante, il qual poi molte volte, in dispetto di quelle che di lei avevano invidia, vi fe’ venire; l’altre che senza amante erano, come seppero il meglio, segretamente procacciaron lor ventura. |
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GIORNATA NONA NOVELLA TERZA Filostrato racconta Maestro Simone, ad instanzia di Bruno e di Buffalmacco e di Nello, fa credere a Calandrino che egli è pregno; il quale per medicine dà a’ predetti capponi e denari, e guarisce della pregnezza senza partorire. |
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CALANDRINO INCINTO Bruno, comperati i capponi ed altre cose necessarie al godere, insieme col medico e co’ compagni suoi gli si mangiò. Calandrino bevve tre mattine della chiarea: ed il medico venne da lui, ed i suoi compagni; e toccatogli il polso, gli disse: — Calandrino, tu se’ guerito senza fallo, e però sicuramente oggimai va’ a fare ogni tuo fatto, né per questo star piú in casa. — Calandrino lieto, levatosi, s’andò a fare i fatti suoi, lodando molto, ovunque con persona a parlar s’avveniva, la bella cura che di lui il maestro Simone aveva fatta, d’averlo fatto in tre dí senza alcuna pena spregnare; e Bruno e Buffalmacco e Nello rimaser contenti d’aver con ingegni saputa schernire l’avarizia di Calandrino, quantunque monna Tessa, avveggendosene, molto col marito ne brontolasse. A me pare che Calandrino sia l'antenato di Fantozzi, e che anche Tessa somigli a Tina, la magnifica Milena Vukotic. Il riso per tutte le disgrazie che gli capitano è venato di malinconia per questo povero disgraziato che non ne azzecca mai una: mi chiedo se la mancanza di intelligenza, la dabbenaggine, inconsapevole di sé come l'ignoranza che, ce lo insegna Socrate, non può emendarsi, non susciti mai compassione in Boccaccio. O se, viceversa, l'uso che fanno gli amici di Calandrino dell'intelligenza non sia il controcanto all'uso dei personaggi d'animo nobile, come Natan, Gentil de' Carisendi, Griselda e tanti altri. |
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GIORNATA NONA NOVELLA QUARTA Neifile racconta Cecco di messer Fortarrigo giuoca a Buonconvento ogni sua cosa e i denari di Cecco di messer Angiulieri, e in camicia correndogli dietro e dicendo che rubato l’avea, il fa pigliare a’ villani e i panni di lui si veste e monta sopra il pallafreno, e lui, venendosene, lascia in camicia. |
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GIOCHI SENZA LIMITE
Cecco Angiolieri e Cecco
Fortarrigo odiano i loro padri, e sono amici. Cecco
Angiolieri si fa dare una certa somma dal padre per
andare a cercar fortuna da un cardinale nella Marca
d'Ancona. Cecco Fortarrigo lo convince a portarlo
con sé, ma al primo albergo perde tutto quello che
ha, e presa la borsa dell'Angiolieri perde anche i
suoi denari. Quando l'Angiolieri si sveglia protesta
ma il Fortarrigo finge che le cose siano andate in
tutt'altro modo e accusa l'amico di volergli
prendere il suo. Cecco Angiolieri se ne va a cavallo
e l'altro lo segue in camicia, poi grida dei
contadini di prenderlo, affermando che gli ha rubato
i vestiti, e così accade.
Il Fortarrigo con l’aiuto de’ villani il mise in terra del pallafreno, e spogliatolo, de’ suoi panni si rivestí, ed a caval montato, lasciato l’Angiulieri in camiscia e scalzo, a Siena se ne tornò, per tutto dicendo, sé il pallafreno ed i panni aver vinti all’Angiulieri. L’Angiulieri, che ricco si credeva andare al Cardinal nella Marca, povero ed in camiscia si tornò a Bonconvento, né per vergogna a que’ tempi ardí di tornare a Siena: ma statigli panni prestati, in sul ronzino che cavalcava Fortarrigo se n’andò a suoi parenti a Corsignano, co’ quali si stette tanto che da capo dal padre fu sovvenuto. E cosí la malizia del Fortarrigo turbò il buono avviso dell’Angiulieri, quantunque da lui non fosse a luogo ed a tempo lasciata impunita. |
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GIORNATA NONA NOVELLA QUINTA Fiammetta racconta Calandrino s’innamora d’una giovane, al
quale Bruno fa un brieve, col quale come egli la
tocca, ella va con lui,
e dalla moglie trovato, ha gravissima e noiosa quistione. |
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POVERO CALANDRINO
Lo fanno
aspettare mesi, poi, siccome il lavoro finisce,
organizzano il terribile finale, facendo venire la
moglie Tessa a vedere come il marito la tradisce. La
Niccolosa fugge via, e gli amici fann far la pace a
Calandrino con sua moglie e lo consigliano di tornare a
Firenze, per evitare la collera del padrone.Bruno e Buffalmacco vengono
incaricati di affrescare una villa in Camerata, e
chiamano anche Nello e Calandrino. Il figlio del
proprietario ci porta le sue donne, tra le quali una
certa Niccolosa della quale s'innamora Calandrino,
che crede sia donna del padrone. Tutti si accordano
per prenderlo in giro, e quando gli viene detto che
la donna è pazza di lui, Calandrino, che non
dubita del suo fascino, dice:
— Tu non mi credevi oggi, quando io il ti diceva; per certo, sozio, io m’avveggio che io so meglio che altro uomo far ciò che io voglio. Chi avrebbe saputo altri che io far cosí tosto innamorare una cosí fatta donna come è costei? A buona otta l’avrebber saputo far questi giovani di tromba marina, che tutto il dí vanno ingiú ed insú, ed in mille anni non saprebbero accozzare tre man di noccioli! Ora io vorrò che tu mi veggi un poco con la ribeba: vedrai bel giuoco! Ed intendi sanamente che io non son vecchio come io ti paio; ella se n’è bene accorta ella: ma altramenti ne la farò io accorgere se io le pongo la branca addosso, per lo verace corpo di Cristo, ché io le farò giuoco che ella mi verrá dietro come va la pazza al figliuolo. — Oh! — disse Bruno — tu la ti griferai: el mi par pur vederti morderle con cotesti tuoi denti fatti a bischeri quella sua bocca vermigliuzza e quelle sue gote che paion due rose, e poscia manicarlati tutta quanta. — Calandrino, udendo queste parole, gli pareva essere a’ fatti, ed andava cantando e saltando tanto lieto, che non capeva nel cuoio. Cosi adunque Calandrino tristo e cattivo, tutto pelato e tutto graffiato a Firenze tornatosene, piú colá su non avendo ardir d’andare, il dí e la notte molestato ed afflitto da’ rimbrotti della moglie, al suo fervente amor pose fine, avendo molto dato da ridere a’ suoi compagni ed alla Niccolosa ed a Filippo. |
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GIORNATA NONA NOVELLA SESTA Panfilo racconta Due giovani albergano con uno, de’
quali l’uno si va a giacere con la figliuola, e la
moglie di lui disavvedutamente si giace con l’altro.
Quegli che era con la figliuola, si corica col padre di lei e dicegli ogni cosa, credendosi dire al compagno. Fanno romore insieme. La donna, ravvedutasi, entra nel letto della figliuola, e quindi con certe parole ogni cosa pacefica. |
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UNA
NOTTE MOVIMENTATA La rubrica sintetizza
efficacemente il movimento continuo di uomini e donne
nella piccola locanda di Pian del Mugnone: il
solo che resta digiuno è l'oste, ma le parole della
sua donna, che nel buio gli altri ascoltano e agiscono
di conseguenza lo convincono che non è successo nulla
di disonorevole.
E cosí d’uno in altro motto, acconci i due giovani i lor ronzini e messe le lor valige e bevuto con l’oste, rimontati a cavallo se ne vennero a Firenze, non meno contenti del modo in che la cosa avvenuta era, che dell’effetto stesso della cosa. E poi appresso, trovati altri modi, Pinuccio con la Niccolosa si ritrovò, la quale alla madre affermava, lui fermamente aver sognato; per la qual cosa la donna, ricordandosi dell’abbracciar d’Adriano, sola seco diceva d’aver vegghiato. |
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GIORNATA NONA NOVELLA SETTIMA Pampinea racconta Talano d’Imolese sogna che uno lupo squarcia tutta la gola e ’l viso alla moglie; dicele che se ne guardi; ella nol fa, e avvienle. |
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L'INCERTEZZA CHE VIENE DAI SOGNI
Di sogni si parla a proposito
della sesta novella della quarta giornata, nella quale
è la donna a credere al sogno, sia al suo che a quello
dell'amante, che dicono la stessa cosa (vedi
in questa lettura e rilettura del Decameron).
Qui all'inverso è il marito a mettere in guardia la
moglie avendo fatto un sogno premonitore, e la moglie
non avendo creduto all'avvertimento, per poco non
muore, ma le resta tutta la vita una cicatrice
deturpante:
Laonde ella, vergognandosi d’apparire dove veduta fosse, assai volte miseramente pianse la sua ritrosia ed il non avere, in quello che niente le costava, al vero sogno del marito voluta dar fede. Quel che ci interessa è però il modo in cui la donna risponde al marito che le chiede di non andare nel bosco per quel giorno, attribuendo ai suoi sentimenti negativi o all'intenzione di nasconderle qualcosa sia il sogno sia l'avvertimento che ne deriva. Anche qui, il tema è l'accoglimento o meno dell'incertezza che viene dai sogni, intollerabile per chi pretende di controllare sé e gli altri. La donna ricorda l'incapacità di distinguere l'incertezza delle formazioni inconsce, come il sogno, dalla certezza delle esperienze concrete della veglia. Solo incertezza o solo certezza rendono impossibile imparare dall'esperienza e avere relazioni feconde. La donna, crollando il capo, disse: — Chi mal ti vuol, mal ti sogna; tu ti fai molto di me pietoso, ma tu sogni di me quello che tu vorresti vedere: e per certo io me ne guarderò, ed oggi e sempre, di non farti né di questo né d’altro mio male mai allegro. — Disse allora Talano: — Io sapeva bene che tu dovevi dir cosí, per ciò che cotal grado ha chi tigna pettina: ma credi che ti piace, io per me il dico per bene, ed ancora da capo te ne consiglio che tu oggi ti stea in casa o almeno ti guardi d’andare nel nostro bosco. — La donna disse: — Bene io il farò — e poi seco stessa cominciò a dire: — Hai veduto come costui maliziosamente si crede avermi messa paura d’andare oggi al bosco nostro, lá dove egli per certo dèe aver data posta a qualche cattiva, e non vuole che io il vi truovi? Oh! egli avrebbe buon manicar co’ ciechi, ed io sarei bene sciocca se io nol conoscessi e se io il credessi! Ma per certo el non gli verrá fatto: el convien pur che io veggia, se io vi dovessi star tuttodí, che mercatantía debba esser questa che egli oggi far vuole. |
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GIORNATA NONA NOVELLA OTTAVA Lauretta racconta Biondello fa una beffa a Ciacco d’un desinare, della quale Ciacco cautamente si vendica, faccendo lui sconciamente battere. |
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CIACCO GOLOSO E FILIPPO ARGENTI IRACONDO
Beffe feroci davvero, soprattutto
quella con la quale Ciacco si vendica di Biondello.
Dante pone Ciacco nel III cerchio dell'Inferno, Canto
VI. Quanto a Filippo Argenti, che ingannato da Ciacco
batte ferocemente il povero Biondello, lo troviamo
anche lui nell'Inferno di Dante, nel V cerchio, fra
gli iracondi, Canto VIII. E amante com'era di Dante,
aggiungendo il personaggio dell'azzimato Biondello,
Boccaccio racconta come Dante del goloso senza rimedio
e del collerico, egualmente irrimediabile.
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Due giovani
domandano consiglio a Salamone, l’uno come possa
essere amato, l’altro come gastigar debba la moglie
ritrosa. All’un risponde che ami, all’altro che vada al Ponte all’oca. |
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SALOMONE ORACOLARE S'impara come va trattata la
moglie disobbediente da come si bastona la mula che
non vuol attraversare il Ponte all'oca, e se si vuol
essere amati si deve amare, L'uomo che aveva
interrogato Salomone su come farsi amare
...ad alcun che savio uomo era, disse ciò che da Salamone avuto avea; il quale gli disse: — Niun piú vero consiglio né migliore ti potea dare. Tu sai che tu non ami persona, e gli onori ed i servigi li quali tu fai, gli fai non per amore che tu ad alcun porti, ma per pompa. Ama adunque, come Salamon ti disse, e sarai amato. — Cosí adunque fu gastigata la ritrosa ed il giovane amando fu amato. |
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GIORNATA NONA NOVELLA DECIMA Dioneo Donno Gianni ad istanzia di compar Pietro fa lo ’ncantesimo per far diventar la moglie una cavalla; e quando viene ad appiccar la coda, compar Pietro, dicendo che non vi voleva coda, guasta tutto lo ’ncantamento. |
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MA LA CODA NO! — E questo sia bel petto di cavalla. — E cosí fece alla schiena ed al ventre ed alle groppe ed alle cosce ed alle gambe: ed ultimamente, niuna cosa restandogli a fare se non la coda, levata la camiscia e preso il piuolo col quale egli piantava gli uomini e prestamente nel solco per ciò fatto messolo, disse: — E questa sia bella coda di cavalla. — Compar Pietro, che attentamente infino allora aveva ogni cosa guardata, veggendo questa ultima e non parendonegli bene, disse: — O donno Gianni, io non vi voglio coda, io non vi voglio coda! Così l'incantesimo interrotto lascia le cose come stanno, mentre il marito giustifica la sua interruzione con certe obiezioni riguardo al modo in cui il prete voleva mettere la coda a sua moglie. Questa immagine come le altre rimuove gli aspetti più diretti presenti nelle novelle, con una sortadi rimozione per eufemizzazione. Il frate non ha in mano altro che la sua coda, non, come nell'immagine, quella staccata a un cavallo. |
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