|
POESIA
E FABULA
|
...
ἣ γὰρ καὶ βασιλεῦσιν ἅμ᾽ αἰδοίοισιν ὀπηδεῖ.
ὅν τινα τιμήσωσι Διὸς κοῦραι μεγάλοιο
γεινόμενόν τε ἴδωσι διοτρεφέων βασιλήων,
τῷ μὲν ἐπὶ γλώσσῃ γλυκερὴν χείουσιν ἐέρσην,
τοῦ δ᾽ ἔπε᾽ ἐκ στόματος ῥεῖ μείλιχα· οἱ δέ τε
λαοὶ
πάντες ἐς αὐτὸν ὁρῶσι διακρίνοντα θέμιστας
ἰθείῃσι δίκῃσιν· ὃ δ᾽ ἀσφαλέως ἀγορεύων
αἶψά κε καὶ μέγα νεῖκος ἐπισταμένως κατέπαυσεν·
τοὔνεκα γὰρ βασιλῆες ἐχέφρονες, οὕνεκα λαοῖς
βλαπτομένοις ἀγορῆφι μετάτροπα ἔργα τελεῦσι
ῥηιδίως, μαλακοῖσι παραιφάμενοι ἐπέεσσιν.
ἐρχόμενον δ᾽ ἀν᾽ ἀγῶνα θεὸν ὣς ἱλάσκονται
αἰδοῖ μειλιχίῃ, μετὰ δὲ πρέπει ἀγρομένοισιν·
τοίη Μουσάων ἱερὴ δόσις ἀνθρώποισιν.
ἐκ γάρ τοι Μουσέων καὶ ἑκηβόλου Ἀπόλλωνος
ἄνδρες ἀοιδοὶ ἔασιν ἐπὶ χθόνα καὶ κιθαρισταί,
ἐκ δὲ Διὸς βασιλῆες· ὃ δ᾽ ὄλβιος, ὅν τινα Μοῦσαι
φίλωνται· γλυκερή οἱ ἀπὸ στόματος ῥέει αὐδή.
εἰ γάρ τις καὶ πένθος ἔχων νεοκηδέι θυμῷ
ἄζηται κραδίην ἀκαχήμενος, αὐτὰρ ἀοιδὸς
Μουσάων θεράπων κλέεα προτέρων ἀνθρώπων
ὑμνήσῃ μάκαράς τε θεούς, οἳ Ὄλυμπον ἔχουσιν,
αἶψ᾽ ὅ γε δυσφροσυνέων ἐπιλήθεται οὐδέ τι κηδέων
μέμνηται· ταχέως δὲ παρέτραπε δῶρα θεάων.
...
|
...
se le figlie del grande Zeus scelgono uno dei re
alimentati da Zeus, e assistono alla sua
nascita,
versano sulla sua lingua una dolce rugiada:
le parole che escono dalla sua bocca sanno di
miele,
e tutte le genti si rivolgono a lui, che emette
sentenze
nel modo giusto: parla sicuro e sapiente,
subito placa le contese, anche grandissime;
perché è per questo che i re hanno senno,
perché nell'assemblea facilmente riparano le
offese
delle genti, placandole con parole delicate;
quando il re entra nell'assemblea gli si
rivolgono come a un dio
con mite rispetto, brilla fra gli astanti:
questo per gli uomini è il sacro dono delle
Muse;
con l'amore delle Muse e di Apollo frecce
infallibili
gli uomini diventano cantori nel mondo e
suonatori di cetra,
re con l'amore di Zeus; felice chi è amato dalle
Muse:
dalla bocca dolce gli scorre la voce;
perché se qualcuno ha un dolore che gli opprime
l'anima,
e gli dissecca anche il cuore, basta che il
poeta,
alunno delle Muse, canti la gloria degli uomini
primi,
e degli dei beati dell'Olimpo, perché si
dissolva
l'angoscia, e si scordi del tutto le sue pene:
in un istante lo ha distolto il dono delle dee
...
|
Esiodo,
Teogonia, vv. 81-103
|
|
Chissà
se Boccaccio, il primo italiano a studiare il greco per
accedere direttamente ai classici come Omero ed Esiodo,
conosceva questi versi di Esiodo (Teogonia, 96-103).
Certo avrebbe condiviso l'elogio della poesia, che nella
sesta giornata è elogio del motto. All'elogio della
poesia Boccaccio ha dedicato i quindici volumi della sua
opera sulla mitologia classica (Genealogia deorum
gentilium), il primo trattato di mitologia che
comincia e finisce in un orizzonte tutto umano, come il
Decameron..
Se Dio è assente, se si nasconde, se si ritira nel suo
sabato lasciando a noi la sua creazione, come durante
l'epidemia del 1348, solo nella poesia - nell'arte -
possiamo sperimentare la nostra dimensione estetica ed
estatica - entrambe dal greco aisthèsis. Si tratta di
una dimensione impossibile da padroneggiare, come
l'eros, una dimensione che non può essere tradotta in
danaro, che si sottrae sia al commercio sia alla
gerarchia, perché la sua dimensione è il dono. Il poeta,
come il pittore, può morire di fame o essere coperto
d'oro, e la sua opera può avere un valore inestimabile o
esserne del tutto priva. L'opera d'arte non risponde
alle ingiunzioni della gerarchia, non è neppure
anarchica, precede e segue il gioco a favore del potere
gerarchico e contro di esso.
|
|
Lo
stesso dono è dei re e dei poeti, i primi sono alunni
del signore degli dei, Giove, i secondi del cantore,
Apollo, che è anche musagete, ovvero conduttore delle
muse.
Convincere è l'azione di chi esercita il potere, e a
questo gli serve il dono delle muse, avvincere è
l'azione del poeta, del cantore, dell'artista in genere.
In questo senso ricordo una breve storia delle Mille e
una notte, che ha come protagonisti il califfo Harun
ar-Rashid, e il poeta Abu Nuwas. Si trova nel secondo
volume delle Mille
e una notte della versione dall'arabo diretta da
Francesco Gabrieli (pp. 391-392) e racconta che il
Principe dei credenti, soffrendo d'insonnia, una notte
passeggiava per i lsuo palazzo e incontrò una schiava
ebbra, della quale era innamorato. Scherzando con lei,
quando le cadde la tunica, il califfo le chiese di
unirsi a lui, ma la schiava gli rispose che siccome non
era pronta, avrebbe aspettato la sua visita la notte
seguente. Quando il giorno dopo il califfo le fece
annunciare la sua visita, la schiava gli mandò a dire: Il
giorno cancella le parole della notte. Quando
ricevette la risposta il califfo era a tavola con tre
poeti, ai quali chiese di improvvisare una poesia con
questa frase. Mentre i primi due improvvisarono graziosi
versi, il terzo, che era il grande Abu Nuwàs, recitò
questi:
L'amore è continuato e sono interrotti
i convegni, ci siamo dichiarati e la dichiarazione
non è servita a nulla
Una notte l'incontrai per il palazzo, ebbra,
senonché l'ubriachezza era adorna di pudore;
Il manto le cadde dalle spalle lacerato e le si
sciolse la sottoveste;
L'incesso le faceva tremare i glutei pesanti e il
busto, quale ramoscello con due piccole melograne.
Le dissi: - Dammi una sincera promessa d'amore! -
Rispose: - Domani potrai visitarmi con tutt'agio.
Quando tornai all'indomani e le parlai della
promessa, rispose: - Il giorno cancella le parole
della notte.
Il califfo
ordinò che fosse regalata una borsa di danari ai due
primi poeti, ma ad Abu Nuwàs ordinò che fosse tagliata
la testa, dicendo: - Tu eri presente con me
nel palazzo stanotte! - Rispose: - Per Dio! Ho dormito
in casa mia e non altrove, ma tu con le tue parole mi
hai mostrato che cosa doveva contenere la poesia.
Dice l'Altissimo nel Corano, ed Egli è il più veridico
dei parlatori: "I poeti, che i traviati seguono, non
vedi che folleggiano per ogni valle e dicono quel che
non fanno?" [Sura XXVI, vv. 5-6].
Allora
il califfo lo perdonò e ordinò di dargli due borse di
danari.
Se lo stesso dono viene fatto ai poeti e ai sovrani,
tanto che il Signore dei Credenti crede che il poeta lo
abbia spiato, la ricchezza del poeta è pari a quella del
sovrano. La differenza è nel suo scopo, avvincere, per
un tempo limitato alla durata del canto, o della favola,
per poi lasciare che chi lo ha ascoltato torni alla
realtà dove vigono le gerarchie, o dove la peste
sospende le gerarchie e tutte le leggi e i buoni costumi
che rendono possibile la vita civile. Il poeta avvince
come il buon narratore, e aiuta a dimenticare la dura
realtà, quanto basta per arrivare a un nuovo tempo, nel
quale l'epidemia potrebbe essere finita, come la guerra
o il clima avverso.
Mentre il sovrano promette una soluzione, o almeno un
ordine, il poeta propone una sospensione.
|
|
|
UMANA
COSA
|
Umana
cosa è avere compassione degli afflitti: chi non
ha compassione, il principe Tancredi, uccide chi ama e
condanna se stesso all'infelicità. La mancanza di
compassione è mancanza di Eros, al suo posto si trova
l'orgoglio del sovrano, che a qualsiasi prezzo difende
la sua superiorità gerarchica e colpisce senza
riflettere - ri-flettere: volgere nuovamente lo sguardo
alla propria immagine e all'immagine dell'altro. La
gerarchia esige che Eros sia subordinato all'ordine
gerarchico, ma quando è priva di clemenza distrugge con
l'Eros anche se stessa. Perché è per amore, anche se non
solo per amore, che costruiamo e manteniamo le nostre
istituzioni. Nel 1940 W. H. Auden conclude con questi
versi la poesia In Memory of
Sigmund Freud. Auden comprende quanto il
grande pessimista abbia amato Eros e Afrodite.
Over his grave the household of Impulse mourns one dearly loved: sad is Eros, builder of cities, and weeping anarchic Aphrodite.
|
Sulla sua tomba la famiglia della pulsione piange chi ha tanto amato: è triste Eros, costruttore di città, e piange l'anarchica Afrodite.
|
Il
poeta durante la prima guerra mondiale sa che le
gerarchie prive di Eros sono solo portatrici solo di
morte e la città stessa, che vorrebbero priva di
imperfezioni, cadrà sotto il loro loro peso. Alcuni
poeti capiscono quel che intende Freud con la
psicoanalisi meglio di molti di noi psicoanalisti.
|
I
bambini eletti, sacrificati e salvati, e infine
riconosciuti e tornati al posto che loro spettava,
ricordano Gesù Bambino, e nella loro giovinezza si
compie una storia di miseria e misconoscimento, e poi di
prove mortali, che ricordano la vita di Gesù e il
martirio dei santi. Ma non per continuare a celebrarne
le virtù e le storie nascono le fiabe, e le novelle
prive di reverenza verso l'autorità dei signori della
Chiesa di Giovanni Boccaccio. Ma per riportare sulla
terra ciò che alla terra era stato sottratto con la
pretesa di portarlo al sicuro, in un cielo
riservato ai potenti. (29 novembre 2022)
|
|
The "patient Griselda" legend, e
la rimozione di Boccaccio
Annotazione alla traduzione
inglese del Lai di Fresne
|
Consultato nel 2015, datato 1996,
il saggio dimentica di citare Boccaccio,
autore, non rinarratore, della fiaba/novella di
Griselda, delle sue pene, del suo trionfo. Cita
Petrarca, di cui abbiamo la nota che afferma di
aver tradotto in latino l'ultima novella del
Decameron dell'amico Boccaccio, a lui pervenuto,
dicendo che era un rinarratore - reteller
- per affermare che la storia fu resa
immortale - immortalised - da Chaucer. Il
fatto che nel Clerk's Tale il padre
della letteratura inglese non abbia in
alcun modo mascherato la sua funzione di
rinarratore/traduttore, mantenendo i nomi dei
protagonisti - citiamo solo Griselidis - non
importa. Se il furto e la menzogna continuano dopo
secoli nel mondo dei critici letterari, come
sperare che i governanti e i fabbricanti di armi
preferiscano l'onestà e il rispetto della realtà
delle persone?
Ma c'è un altro aspetto legato a questo da citare
brevemente, un vizio che introduciamo ricordando
l'apologo del lupo e dell'agnello: il lupo afferma
il suo diritto di mangiare il piccolo inerme
affermando che bevendo nello stesso ruscello
sporca l'acqua che lui, il lupo, sta bevendo.
All'obbiezione dell'agnello, che si trova a valle
rispetto al lupo, e che quindi il lupo beve a
monte, il lupo replica che allora dev'essere stato
il nonno dell'agnello, e senz'altro lo mangia.
Allo stesso modo si ipotizza che la novella di
Griselda come archetipo esistesse prima di
Boccaccio, e se nessuno finora è mai riuscito a
trovarla (e nemmeno il nome della protagonista
figura in nessun documento) non si rinuncia alla
propria convinzione, che cerca di togliere
qualcosa al più grande genio della letteratura
europea, e si afferma che doveva esistere in forma
orale. In questo modo ci si comporta come il
luopo, e si morde Boccaccio. Il quale di morsi ne
ha sentiti tanti, per capirlo basta leggere il suo
intervento diretto prima della quarta giornata del
Decameron, quando, con un passo che avrebbe potuto
commuovere Freud, racconta che nessuna educazione
repressiva toglierà all'essere umano il suo
desiderio erotico, con la storia delle donne che
il padre chiama papere al figlio cresciuto
nell'ignoranza, che avendole viste per la prima
volta chiede al padre di comprarne qualcuna perché
vorrebbe nutrirle. Io non voglio; tu non sai
donde elle s'imbeccano -; e sentì incontanente
più aver di forza la natura che il suo ingegno.
Anche la forza rivoluzionaria di Boccaccio,
pur dovendoci attenere al solo Decameron, e in
particolare a Griselda, ovvero a un centesimo
dell'opera, ha più forza della disonestà, del
campanilismo e della miopia degli studiosi come di
coloro che scrivono i programmi di studio per le
scuole medie, anche superiori. Come il giovane
delle papere scopre con uno sguardo solo quanto il
padre con gli sforzi di tre lustri ha cercato di
nascondergli, così la circolazione orale - ma in
questo caso anziché ipotetica molto ben
documentata - della storia di Griselda dopo
Boccaccio, e la sua immensa diffusione nel
melodramma, nel teatro, nella pittura, riconosce a
Boccaccio la paternità del motivo che porta la
donna - umile, povera, incolta, plebea - allo
stesso livello e anzi al di sopra dell'uomo -
orgoglioso, ricco, istruito, nobile. Compimento
dello Stil Novo medievale e apertura ai secoli
della scienza galileiana, ipotetico-deduttiva, o
sperimentale, tutta l'opera di Boccaccio, il
Decameron in particolare, e segnatamente la
novella di questa nota, si offre allo sguardo
disincantato e disilluso del secondo millennio al
quale abbiamo la fortuna o la sfortuna di prender
parte, come un'occasione preziosa senza pari per
riflettere sulla nostra ricchezza, i nostri
debiti, le nostre ambivalenze. Forse solo ora
possiamo vincere la paura di scoprire che nulla e
nessuno garantisce la nostra presenza nel mondo,
né la nostra bontà, né la nostra cattiveria -
questa se dimostrata sarebbe fondante quando la
bontà, come la fase depressiva corrisponde a
quella maniacale. Da psicoanalista, o forse da
essere umano innamorato della psicoanalisi perché
privilegia lo sguardo che non si ritrae né sulla
bellezza - come quella dei fiori alpini celebrati
da Freud in Caducità o quella di Leonardo del
saggio del 1910 - sono attratta da Boccaccio, poco
studiato a scuola, perché vi ritrovo l'alleanza
con lo stesso sguardo. La tenerezza non disdegna
la compagnia con la lucidità, e l'umor nero dei
giorni in cui sentiamo la vanità della nostra vita
non contraddice la gioia di una scoperta, di un
incontro, di uno spettacolo.
Se da una parte concordiamo col prezioso
contributo di Raffaele
Morabito, che pare chiudere la vana pretesa
di togliere a Boccaccio la natura di primo
narratore se non di inventore di Griselda,
dall'altra non pensiamo che la centesima novella
del Decameron sia la matrice delle fiabe che nel
nostro lavoro andiamo accostando, sia quelle del
tipo dell'Augel Belverde, sia quelle del tipo
Contadina saggia, che a volte hanno una
protagonista di nome Griselda, senza che per
questo l'attante maschile abbia un nome legato a
Gualtieri o sia ambientata nel Marchesato di
Saluzzo.
Pensiamo alla centesima novella del Decameron, il
cui primo narratore è certo Boccaccio, come a un
attrattore, non un genitore, piuttosto una specie
di nutrice, di mecenate, che grazie alla sua
immensa e ininterrotta circolazione europea, dalla
traduzione latina di Petrarca in poi, sia in forma
di novella, sia in forma di opera teatrale, opera
figurativa, quadro, affresco o cassone nuziale, ha
protetto e favorito la diffusione altrettanto
ampia, estesa fino al Medio Oriente, dei due tipi
di fiaba che vedono una sposa umile messa alla
prova. Nel caso della fiaba dell'Augel Belverde
all'attante femminile viene chiesto l'impossibile,
e pur soddisfacendo la richiesta la giovane sposa
viene calunniata e considerata bugiarda, i figli
le vengono sottratti come se dovessero morire,
prima che, alla fine, la sua innocenza e i suoi
meriti vengano finalmente riconosciuti. La
differenza strutturale fra questa fiaba e la
centesima novella del Decameron è che mentre in
questa le prove vengono imposte dal nobile potente
sposo - il re, quasi sempre - nella fiaba la
persecuzione è agita da figure femminili - regina
madre, sorelle gelose, streghe prezzolate -
totalmente assenti nella novella di Boccaccio. Nel
caso della fiaba della contadina saggia, dove come
si diceva l'attante femminile si può addirittura
chiamare Griselda, manca la persecutrice
femminile, è presente come nell'Augel Belverde il
ripudio della sposa, mentre la parità di
intelligenza, se non una superiorità fiabesca di
Griselda rispetto al regale sposo, è accostabile
al pieno riconoscimento di Boccaccio alla donna.
L'attante protagonista della fiaba della contadina
saggia sceglie di non farsi sottomettere dallo
sposo, al quale è pari, che non esita a gabbare
amorevolmente per mostragli la propria verità.
Ricordando brevemente le interpretazioni - prima
fra tutte quella di Francesco Petrarca - che
vedono Griselda come l'anima, e Gualtieri come Dio
che mette alla prova la fede dell'essere umano,
accostando quindi Griselda al biblico Giobbe, ci
basta per ora richiamare l'interpretazione
dottrinale del Cantico dei Cantici come un dialogo
fra Cristo e la Chiesa, come se fosse facile
convincerci che sia plausibile che la Chiesa
chieda a Cristo di baciarla coi baci della sua
bocca, perché il suo amore è migliore del vino, e
superiore a quella degli aromi la sua fragranza.
Ma ancora meno dell'accostamento di Griselda a
Giobbe ci convince quello di Gualtieri a Dio, per
quando il Dio di Giobbe paia altrettanto
indifferente ai dolori del suo fedele.
Quel che l'Augel Belverde non presenta è la
crudeltà agita da Gualtieri contro il sentimento
materno di Griselda: i figli vengono dati alle
acque dalla suocera e dalle sorelle invidiose e
l'ira dello sposo, quando si manifesta, si basa
sull'ingannevole convinzione che la sposa invece
dei meravigliosi figli promessi abbia dato alla
luce degli animali.
Come sembra sapere Boccaccio, la pena più grande
che un uomo può infliggere alla sua donna è
ferirla nella sua maternità, che nella fiaba
dell'Augel Belverde accade perché il re, andando
in guerra, affida la sposa proprio a sua madre e
alle sorelle di lei. Si tratta di una mancanza di
potenza maschile, che anziché proteggere la sposa
la pone in balia delle invidiose, possesso dal
quale nemmeno la giovane regina è in grado di
difendersi.
Crediamo che l'immenso ininterrotto successo di
Griselda, e dei due tipi di fiabe accostabili alla
novella di Boccaccio, dipenda dalle ambiguità
dell'idealizzato e sacralizzato patto matrimoniale
fra uomo e donna. Come se queste strutture
narrative permettendo l'emergere sia della grazia
che della disgrazia del matrimonio e della
filiazione, fenomeni idealizzati e sacralizzati
quanto nessun'altra relazione fra esseri umani,
consentissero una fluidificazione, sulla soglia
fra coscienza e inconscio, luogo sottile e
vastissimo dove abitano le favole o novelle o
storie che dir le vogliamo, della nostra adesione
incondizionata come della nostra altrettanto
feroce distruzione di queste istituzioni
universali, irrinunciabili quanto conflittuali.
Così, accingendoci a raccontare il nostro viaggio
con Griselda, l'Augel Belverde e la Contadina
saggia, che implica l'attraversamento di mille
anni di storia letteraria e non solo, e la visita
a ogni paese del mondo dove la storia è arrivata e
ha germogliato, sentiamo di servire gli interessi
della psicoanalisi, che sono gli interessi di
quanto in noi stessi, e di quanto nella società,
resta escluso, emarginato nella migliore delle
ipotesi, condannato come capro espiatorio a morte
o alla reclusione dietro le mura del manicomio o
dietro al muro invisibile dei trattamenti
farmacologici. Ne vale la pena? O siamo
irrimediabilmente sessantottini, incapaci quindi
di rinunciare al progetto sia cattolico sia
comunista sia psicoanalitico, di far dissolvere
queste mura? Quelle fisiche dei manicomi sono
state sostituite da quelle invisibili dei farmaci
e del perbenismo del political correct. Ma noi
esseri umani non possiamo vivere se non
emarginando o sacrificando qualcuno? Non possiamo
sentirci normali se non classifichiamo come malato
qualcun altro?
Quesito che restando come un monito ineliminabile,
non impedisce di ascoltare la protesta che da
dentro e da fuori di noi chiede ascolto e cura. Le
voci che ascoltiamo sono quelle di chi sembra
falso, e forse non si emenda per lasciare intatto
il sentimento di giustizia di chi lo condanna o lo
esclude, come il capro espiatorio che si offre
alle frecce del carnefice, come Sebastiano alle
frecce dei persecutori romani. Durante una visita
agli Uffizi mio figlio bambino, guardando un
martirio di San Sebastiano mi chiese dov'era
legato, e quando io gli risposi che non lo era, mi
chiese: E allora, perché ci sta?
Ci si può allontanare, se si vuole, se si accetta
il rischio che né Dio, né il genitore, né altro ci
garantisca. Sospesi e vorticando, come il nostro
pianeta, non abbiamo garanzia che tratti di una
situazione garantita, e non sappiamo chi ci fa
girare come una bilia fra le dita di un bambino.
Ma finché giriamo senza soccombere alla confusione
che a volte ci umilia dalla nostra stessa testa,
possiamo rileggere Boccaccio, e quanto di
intimamente connesso ci capita di osservare, per
condividerlo con chi ha gusti simili ai nostri. |
|
|
ORDINE MAGICO
MATEMATICO
|
Chissà
se c'è qualcosa nell'ordine delle novelle del Decameron,
nel succedersi dei narratori, nel rapporto con i giorni
della settimana, sotto l'influsso dei relativi pianeti,
che ha a che fare con il quadrato magico,
presumibilmente di ordine 9, lo stesso numero centrale
per Dante, che diventa 10 completandolo l'unità, come
sono 99 i canti della Divina Commedia più il primo
introduttivo. ll rapporto fra il quadrato magico in base
6 e la sestina lirica composta da Arnaut Daniel è stato
presentato nel convegno internazionale Dante: Divan
et Divine Comédie, organizzato da Oedipe le salon
- Nomade. Ecriture de la psychanalyse...livres, auteurs
(Firenze, 2-3-4 novembre 2012; vedi in questo sito Tan
m'abellis vostre cortes deman. Vedi anche, "Tan
m'abellis vostre cortes deman. Formazione amorosa
come peregrinatio e periclitatio/Formation de l'amour
comme peregrinatio et periclitatio", in Œdipe à
Florence. Dante: divan et divine comédie/ Edipo a
Firenze. Dante: divano e divina commedia, Paris:
Éditions des crépuscules 2014, pp. 124-143)
Di certo un genio come Boccaccio, che nell'Amorosa
visione costruisce l'acrostico più grande del mondo -
fino a prova contraria - e mette la sua opera
esplicitamente in relazione con la Divina Commedia, non
ha lavorato meno di Dante sulle corrispondenze
numeriche. La struttura matematico-magica aveva per i
trobadores come per gli stilnovisti anche la funzione di
nobilitare i componimenti in lingua volgare, in modo che
fossero trattati con la stessa dignità di quelli latini.
Non dimentichiamo che Petrarca stesso contava più sulla
fama che gli avrebbero dato le opere in latino che su
quella del Canzoniere, e che Boccaccio dopo il Decameron
sceglierà il latino la sua Genealogia deorum
gentilium.
La lirica amorosa e la matematica venivano in gran parte
dagli Arabi di Sicilia e di Spagna, e formavano un ponte
fra l'antichità classica, e la contemporaneità medievale
e umanistica. Gli arabi formavano questo ponte, nutriti
della cultura della Grecia classica come di altre
culture orientali. La biblioteca di Alessandria d'Egitto
potrebbe aver rappresentato il mezzo per questo immenso
scambio culturale, del quale siamo ancora troppo poco
consapevoli. Una maggiore frequentazione di Giovanni
Boccaccio potrebbe aiutarci a curare questa ignoranza. |
Ipotesi: il totale delle novelle rappresenta
la falsità della storia col punteggio più alto?
Il più sincero sarebbe Dioneo che è anche
il primo in ordine alfabetico, e che come Boccaccio
dalla seconda giornata chiede e ottiene di dire la
verità
che nella decima giornata è una doppia
verità, dato il commento di Dioneo stesso sul vestito
che avrebbe potuto ottenere Griselda tornando a casa in
camicia
Ma di che rapporto vero/falso si
tratterebbe?
L'interessante della tabella con i numeri è
che lega un aspetto della novella - vero/falso -
all'ordine di chi racconta in base all'ordine alfabetico
del suo nome
Come pensavo la prima giornata può restare
fuori, perché c'è un gioco sul numero 9, e quindi la
prima giornata sarebbe fuori dal computo.
Nei simboli astrologici, l'arco è la Luna, l'anima,
Psiche; il cerchio è il Sole, lo spirito, Eros; la croce
è la Terra, inerte se sola, presente in tutti i simboli
dei pianeti. Quindi il simbolo unico caratterizza i
luminari, oltre alla Terra, mentre i pianeti sono tutti
rappresentati da due dei tre combinati, con l'eccezione
di Mercurio, l'androgino, costituito dal cerchio solare
che poggia sulla croce terrestre ed è sormontato
dall'arco lunare. Così Venere è il cerchio dello spirito
che sovrasta la materia che a sua volta la spinge e ne
costituisce la base, viceversa Marte ha la croce - poi
freccia - che sta sopra al cerchio, vale a dire la
materia che sta sopra allo spirito ma ne è sorretta.
Giove è l'arco lunare che sta sulla croce terrestre,
mentre Saturno è al contrario la croce terrestre
sull'arco lunare.
Il giorno della sesta giornata è mercoledì,
giorno sacro a Ermes/Mercurio, nel quale si narra
dell'intelligenza che con un motto supera un ostacolo,
ed è proprio l'intelligenza personificata dalla dea
Mètis, madre di Atena, destinata a generare un figlio
superiore al padre, e incorporata - ingoiata - da Zeus
quando è incinta di Atena, in modo che per sempre gli
insegni quel che solo lei vede, e che serve al debole
per sconfiggere il forte. Se Boccaccio leggeva Esiodo,
conosceva questa storia, in ogni caso il valore
mercuriale apre le novelle: il narrare dell'onesta
brigata avrebbe potuto cominciare in qualunque giorno
della settimana, e non può essere casuale che cominci di
mercoledì, giorno di Mercurio, quando le reggitrici sono
Pampinea e Elissa.
Nella cerchia neoplatonica di Lorenzo il Magnifico,
della quale facevano parte sia Botticelli, sia Marsilio
Ficino, Mercurio, Venere e Giove si chiamavano le tre
grazie, perché il loro influsso era comunque positivo,
propizio. Siccome le giornate sono due volte cinque,
avrebbero influssi propizi il mercoledì, il giovedì e il
venerdì, vale a dire la prima, la seconda, la terza, la
sesta, la settima, l'ottava; sarebbero invece sotto
influssi nefasti le novelle del lunedì e del martedì,
vale a dire la quarta, la quinta, la nona e la decima. A
me vengono però molte obiezioni: se si intende la cosa
in maniera semplice di certo non torna, ma potrebbe
essere molto complessa. Chi è stato capace di immaginare
e realizzare l'enorme acrostico dell'Amorosa visione può
aver immaginato una struttura di estrema complessità per
il Decameron. |
|
TABELLA
DELLE GIORNATE E DI CHI RACCONTA
|
zoom
100%
|
Novella
prima
|
Novella
seconda
|
Novella
terza
|
Novella
quarta
|
Novella
quinta
|
Novella
sesta
|
Novella
settima
|
Novella
ottava
|
Novella
nona
|
Novella
decima
|
Si ragiona e
si racconta:
|
Giornata
prima
|
Panfilo
|
Neifile
|
Filomena |
Dioneo
|
Fiammetta
|
Emilia
|
Filostrato
|
Lauretta
|
Elissa
|
PAMPINEA
|
Pampinea
reggente di quello che più aggrada a
ciascheduno
|
Giornata
seconda |
Neifile
|
Filostrato
|
Pampinea
|
Lauretta |
Fiammetta
|
Emilia
|
Panfilo
|
Elisa
|
FILOMENA
|
Dioneo
|
Filomena
reggente di chi da diverse cose infestato sia
oltre alla sua speranza riuscito a lieto fine
|
Giornata
terza
|
Filostrato
|
Pampinea
|
Filomena |
Panfilo
|
Elissa
|
Fiammetta
|
Emilia
|
Lauretta
|
NEIFILE
|
Dioneo
|
Neifile
reggente di chi cosa molto desiderata con
industria acquistasse o la perduta recuperasse
|
Giornata
quarta
|
Fiammetta
|
Pampinea
|
Lauretta |
Elissa
|
Filomena
|
Panfilo
|
Emilia
|
Neifile
|
FILOSTRATO
|
Dioneo
|
Filostrato
reggente di coloro i cui amori ebbero
infelice fine
|
Giornata
quinta
|
Panfilo
|
Emilia
|
Elissa |
Filostrato
|
Neifile
|
Pampinea
|
Lauretta
|
Filomena
|
FIAMMETTA
|
Dioneo |
Fiammetta
reggente di ciò che ad alcuno amante, dopo
fieri o sventurati accidenti, felicemente
avvenisse
|
Giornata
sesta
|
Filomena
|
Pampinea
|
Lauretta |
Neifile
|
Panfilo
|
Fiammetta
|
Filostrato
|
Emilia
|
ELISSA
|
Dioneo |
Elissa
reggente di chi con leggiadro motto si
riscosse o con pronta mossa fuggì
perdita, pericolo o scorno
|
Giornata
settima
|
Emilia
|
Filostrato
|
Elissa |
Lauretta
|
Fiammetta
|
Pampinea
|
Filomena
|
Neifile
|
Panfilo
|
DIONEO
|
Dioneo
reggente delle beffe che per amore o per salvamento
di sé le donne hanno fatto a’
lor mariti
|
Giornata
ottava
|
Neifile
|
Panfilo
|
Elissa |
Emilia |
Filostrato
|
Filomena
|
Pampinea
|
Fiammetta
|
LAURETTA
|
Dioneo |
Lauretta
reggente di quelle beffe che sempre o donna
a uomo o uomo a donna o l’uno a
l’altro si fanno
|
Giornata
nona
|
Filomena
|
Elissa
|
Filostrato |
Neifile
|
Fiammetta
|
Panfilo
|
Pampinea
|
Lauretta
|
EMILIA
|
Dioneo |
Emilia reggente di quello
che a ciascuno gli piace e di quello
che più gli aggrada
|
Giornata
decima
|
Neifile
|
Elissa
|
Filostrato |
Lauretta
|
Emilia
|
Fiammetta
|
Pampinea |
Filomena
|
PANFILO
|
Dioneo
|
Panfilo
reggente di chi liberalmente o
magnificamente cosa operasse intorno
a' fatti d’amore o altra cosa
|
|
|
TABELLA
DELLE GIORNATE E DI CHI RACCONTA COL NUMERO E IL CONTO
RELATIVO ALL'ORDINE ALFABETICO DEI LORO NOMI |
zoom
100%
|
Novella
prima
|
Novella
seconda
|
Novella
terza
|
Novella
quarta
|
Novella
quinta
|
Novella
sesta
|
Novella
settima
|
Novella
ottava
|
Novella
nona
|
Novella
decima
|
|
Si ragiona e
si racconta:
|
Giornata
prima
|
Panfilo
10
|
Neifile
8
|
Filomena
5
|
Dioneo
1
|
Fiammetta
4
|
Emilia
3
|
Filostrato
6
|
Lauretta
7
|
Elissa
2
|
PAMPINEA
9
|
55
|
Pampinea
reggente
di quello che più aggrada a
ciascheduno
|
Giornata
seconda |
Neifile
8
|
Filostrato
6
|
Pampinea
9
|
Lauretta
7
|
Fiammetta
4
|
Emilia
3
|
Panfilo
10
|
Elissa
2
|
FILOMENA
5
|
Dioneo
1
|
55
|
Filomena
reggente di chi da diverse cose infestato
sia oltre alla sua speranza riuscito a lieto
fine
|
Giornata
terza
|
Filostrato
6
|
Pampinea
9
|
Filomena
5
|
Panfilo
10
|
Elissa
2
|
Fiammetta
4
|
Emilia
3
|
Lauretta
7
|
NEIFILE
8
|
Dioneo
1
|
55
|
Neifile
reggente di chi cosa molto desiderata con
industria acquistasse o la perduta recuperasse
|
Giornata
quarta
|
Fiammetta
4
|
Pampinea
9
|
Lauretta
7
|
Elissa
2
|
Filomena
5
|
Panfilo
10
|
Emilia
3
|
Neifile
8
|
FILOSTRATO
6
|
Dioneo
1
|
55
|
Filostrato
reggente
di coloro i cui amori ebbero infelice fine
|
Giornata
quinta
|
Panfilo
10
|
Emilia
3
|
Elissa
2
|
Filostrato
6
|
Neifile
8
|
Pampinea
9
|
Lauretta
7
|
Filomena
5
|
FIAMMETTA
4
|
Dioneo
1
|
55
|
Fiammetta
reggente di ciò che ad amante, dopo fieri o
sventurati accidenti, felicemente avvenisse
|
Giornata
sesta
|
Filomena
5
|
Pampinea
9
|
Lauretta
7
|
Neifile
8
|
Panfilo
10
|
Fiammetta
4
|
Filostrato
6
|
Emilia
3
|
ELISSA
2
|
Dioneo
1
|
55
|
Elissa
reggente di chi con leggiadro motto o con
pronta mossa fuggì perdita, pericolo o
scorno
|
Giornata
settima
|
Emilia
3
|
Filostrato
6
|
Elissa
2
|
Lauretta
7
|
Fiammetta
4
|
Pampinea
9
|
Filomena
5
|
Neifile
8
|
Panfilo
10
|
DIONEO
1
|
55
|
Dioneo
reggente delle beffe che per amore o per salvamento
di sé le donne hanno fatto a’
lor mariti
|
Giornata
ottava
|
Neifile
8
|
Panfilo
10
|
Elissa
2
|
Emilia
3
|
Filostrato
6
|
Filomena
5
|
Pampinea
9
|
Fiammetta
4
|
LAURETTA
7
|
Dioneo
1
|
55
|
Lauretta
reggente di beffe che sempre o donna
a uomo o uomo a donna o l’uno a
l’altro si fanno
|
Giornata
nona
|
Filomena
5
|
Elissa
2
|
Filostrato
6
|
Neifile
8
|
Fiammetta
4
|
Panfilo
10
|
Pampinea
9
|
Lauretta
7
|
EMILIA
3
|
Dioneo
1
|
55
|
Emilia reggente di quello
che a ciascuno gli piace e di quello
che più gli aggrada
|
Giornata
decima
|
Neifile
8
|
Elissa
2
|
Filostrato
6
|
Lauretta
7
|
Emilia
3
|
Fiammetta
4
|
Pampinea
9
|
Filomena
5
|
PANFILO
10
|
Dioneo
1
|
55
|
Panfilo
reggente di chi liberalmente o
magnifica-mente operasse intorno a'
fatti d’amore o altra cosa
|
|
67
|
64
|
51
|
59
|
50
|
61
|
67
|
56
|
57
|
18
|
550
|
|
=0
|
+12
|
+9
|
-4
|
+4
|
-5
|
+6
|
+12
|
+1
|
+2
|
-37
|
|
|
|
Il totale 550 è ovviamente lo stesso sia per
i valori verticali che per quelli orizzontali, dato che
ogni membro dell'onesta brigata racconta ogni giorno.
Potrebbe avere o non avere un senso la differenza
rispetto a 55 per ciascuna novella.
Non è detto che il gioco matematico del Decameron si
basi sull'ordine alfabetico dei nomi di chi racconta. |
|
TABELLA
DELLE GIORNATE, DEI LORO PIANETI E DI CHI VI REGNA
|
zoom
100%
|
GIORNO
|
PIANETA
|
REGGENTE
|
|
SI RAGIONA E SI RACCONTA
|
NOTE
|
G
I
|
mercoledì
|
Mercurio
|
Pampinea
|
9
|
di quello che più aggrada a
ciascheduno |
La forza dell'ingegno vince
la forza del braccio o della gerarchia
|
G
II
|
giovedì
|
Giove
|
Filomena
|
5
|
di chi da diverse cose
infestato sia oltre alla sua speranza riuscito
a lieto fine |
|
|
|
|
|
|
|
|
G
III
|
domenica
|
Sole
|
Neifile
|
8
|
di chi cosa molto
desiderata con industria acquistasse o
la perduta recuperasse |
|
G
IV
|
lunedì
|
Luna
|
Filostrato
|
6
|
di coloro i cui amori
ebbero infelice fine
|
Sottoposti alla sorte
|
G
V
|
martedì
|
Marte
|
Fiammetta
|
4
|
di ciò che ad alcuno
amante, dopo fieri o sventurati accidenti,
felicemente avvenisse |
Finale felice nel giorno di
Marte
|
G
VI
|
mercoledì
|
Mercurio
|
Elissa
|
2
|
di chi con leggiadro motto
si riscosse o con pronta mossa fuggì
perdita, pericolo o scorno |
La forza
dell'ingegno vince la forza del braccio o
della gerarchia |
G
VII
|
giovedì
|
Giove
|
Dioneo
|
1
|
delle
beffe che per amore o per salvamento
di sé le donne hanno fatto a’
lor mariti |
|
|
|
|
|
|
|
|
G
VIII
|
domenica
|
Sole
|
Lauretta
|
7
|
di
quelle beffe che sempre o donna a uomo
o uomo a donna o l’uno a l’altro si
fanno |
|
G
IX
|
lunedì
|
Luna
|
Emilia
|
3
|
di quello che a ciascuno
gli piace e di quello che più gli
aggrada |
Sottoposti
alla sorte |
G
X
|
martedì
|
Marte
|
Panfilo
|
10
|
di
chi liberalmente o magnificamente cosa
operasse intorno a' fatti d’amore o altra cosa |
Finale felice nel giorno di
Marte
|
|
|
|
|
55
|
|
|
|
|
TABELLE
DELL'ORDINE DELLE NOVELLE NELLE GIORNATE SECONDO CHI
RACCONTA
|
|
GIORNATA
|
I
|
II
|
III
|
IV
|
V
|
VI
|
VII
|
VIII
|
IX
|
X
|
|
|
|
Pampinea
|
10
|
3
|
2
|
2
|
6
|
2
|
6
|
7
|
7
|
7
|
52
|
-3
|
|
Filomena
|
3
|
9
|
3
|
5
|
8
|
1
|
7
|
6
|
1
|
8
|
51
|
-4
|
|
Neifile
|
2
|
1
|
9
|
8
|
5
|
4
|
8
|
1
|
4
|
1
|
43
|
-12
|
|
Filostrato
|
7
|
2
|
1
|
9
|
4
|
7
|
2
|
5
|
3
|
3
|
43
|
-12
|
|
Fiammetta
|
5
|
5
|
6
|
1
|
9
|
6
|
5
|
8
|
5
|
6
|
56
|
+1
|
|
Elissa
|
9
|
8
|
5
|
4
|
3
|
9
|
3
|
3
|
2
|
2
|
48
|
-7
|
1
|
Dioneo
|
4
|
10
|
10
|
10
|
10
|
10
|
10
|
10
|
10
|
10
|
94
|
+39
|
|
Lauretta
|
8
|
4
|
8
|
3
|
7
|
3
|
4
|
9
|
8
|
4
|
58
|
+3
|
|
Emilia
|
6
|
6
|
7
|
7
|
2
|
8
|
1
|
4
|
9
|
5
|
55
|
0
|
|
Panfilo
|
1
|
7
|
4
|
6
|
1
|
5
|
9
|
2
|
6
|
9
|
50
|
-5
|
|
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
55
|
550
|
0
|
|
|
NOVELLA
|
1
|
2
|
3
|
4
|
5
|
6
|
7
|
8
|
9
|
10
|
|
Pampinea
|
|
III-IV-VI
|
II
|
|
|
V-VII
|
VIII-IX-X
|
|
|
I
|
5/10
|
Filomena
|
VI-IX
|
|
I-III
|
|
IV
|
VIII
|
VII
|
V-X
|
II
|
|
7/10
|
Neifile
|
II-VIII-X
|
I
|
|
VI-IX
|
V
|
|
|
IV-VII
|
III
|
|
6/10
|
Filostrato
|
III
|
II-VII
|
IX-X
|
V
|
VIII
|
|
I-VI
|
|
IV
|
|
7/10
|
Fiammetta
|
IV
|
|
|
|
I-II-VII-IX
|
III-VI-X
|
|
VIII
|
V
|
|
5/10
|
Elissa
|
|
IX-X
|
V-VII-VIII
|
IV
|
III
|
|
|
II
|
I-IX
|
|
6/10
|
Dioneo
|
|
|
|
I
|
|
|
|
|
|
II-III-IV-V-VI-VII-VIII-IX-X
|
2/10
|
Lauretta
|
|
|
IV-VI
|
II-VII-X
|
|
|
V
|
I-III-IX
|
VIII
|
|
5/10
|
Emilia
|
VII
|
V
|
|
VIII
|
X
|
I-II
|
III-IV
|
VI
|
IX
|
|
8/10
|
Panfilo
|
I-V
|
VIII
|
|
III
|
VI
|
IV-IX
|
II
|
|
VII-X
|
|
7/10
|
|
|
QUADRATI MAGICI D'ORDINE NOVE
|
37
|
78
|
29
|
70
|
21
|
62
|
13
|
54
|
5
|
6
|
38
|
79
|
30
|
71
|
22
|
63
|
14
|
46
|
47
|
7
|
39
|
80
|
31
|
72
|
23
|
55
|
15
|
16
|
48
|
8
|
40
|
81
|
32
|
64
|
24
|
56
|
57
|
17
|
49
|
9
|
41
|
73
|
33
|
65
|
25
|
26
|
58
|
18
|
50
|
1
|
42
|
74
|
34
|
66
|
67
|
27
|
59
|
10
|
51
|
2
|
43
|
75
|
35
|
36
|
68
|
19
|
60
|
11
|
52
|
3
|
44
|
76
|
77
|
28
|
69
|
20
|
61
|
12
|
53
|
4
|
45
|
|
15
|
58
|
29
|
34
|
63
|
49
|
74
|
41
|
6
|
7
|
27
|
31
|
81
|
23
|
76
|
80
|
18
|
26
|
38
|
8
|
30
|
71
|
47
|
20
|
21
|
78
|
56
|
73
|
19
|
25
|
42
|
10
|
33
|
50
|
65
|
52
|
22
|
55
|
72
|
1
|
45
|
60
|
28
|
16
|
70
|
79
|
35
|
39
|
66
|
2
|
48
|
17
|
24
|
59
|
14
|
64
|
69
|
12
|
77
|
3
|
51
|
68
|
11
|
46
|
36
|
61
|
53
|
40
|
43
|
4
|
54
|
32
|
75
|
67
|
13
|
9
|
62
|
37
|
44
|
5
|
57
|
|
Quadrato
magico (Peter Hermes Furian, 2017)
|
Quadrato
magico di Villa Albani (1766)
|
In questi due quadrati magici
in base 9, la costante magica o costante di
magia è 369, somma dei numeri di ogni colonna,
di ogni riga e di entrambe le diagonali |
Moltiplicando la costante
magica del quadrato magico perfetto per il suo
ordine si ottiene la somma di tutti i suoi
numeri (369*9=3.321) |
Il numero di righe o colonne
di un quadrato magico è detto ordine del
quadrato
|
Per
formare un quadrato di ordine n (in questo
caso di ordine 9) occorrono n al quadrato
numeri interi (in questo caso 9*9=81)
|
|
|
|
|
AMOROSA
VISIONE
|
|
|
MILLE E UNA NOTTE
|
Giornata
VIII, Novella 9. Buffalmacco e Bruno fanno credere
a un mediocre medico di avere accesso a un mondo
favoloso, così ricco che già ricorda le feste
paradisiache delle Notti arabe. Ma il particolare che
sembra preso dalle Mille e una notte è
l'ingiunzione al medico, di non nominare il nome di Dio,
se non vuole che si chiuda rovinosamente e per sempre
l'accesso al piacere infinito di cui crede l'esistenza
come crede che Bruno e Buffalmacco vi abbiano accesso.
La rovinosa invocazione a Dio in più di una novella
della raccolta araba è interdetta, anche in quella della
montagna magnetica, mi sembra.
|
Giornata
X, Novella 9. Il letto volante è fratello del
tappeto volante delle Mille e una notte, ed è la
probabile fonte del volo
notturno della novella di Straparola della sposa
che per riavere il marito che si è fermato nelle Fiandre
ricorre a una maga che evoca un diavolo che la porta
avanti e indietro da Firenze alle Fiandre. I voli
notturni nella raccolta araba sono possibili per i jinn,
geni, demoni, nella novella IX della X giornata da un
negromante, nella novella cinquecentesca da un diavolo.
La protagonista di Straparola, nella finale agnizione,
dice che è stato un angelo, perché se dicesse che,
stanca di pregare senza ottenere nulla, è ricorsa a una
strega che ha evocato i diavoli dell'inferno, verrebbe
bruciata come strega.
|
|
AVVERTIMENTO
|
Oltre
i banali ricordi del liceo, avendo letto solo qualche
novella, mi par di ricordare Calandrino, Frate Cipolla,
Chichibio e la gru con una e due gambe, avendo visto il
film di Pasolini, che mi è piaciuto meno delle sue Mille
e una notte, tetro anche quando c'è da ridere, con
attori che non parlano come i personaggi di Boccaccio,
ci pensavo poco. Poi succede che non so come leggo la
novella di Griselda, che mi pare una variante della
fiaba presente in tutta Europa dell'Augel Belverde,
una delle mie preferite, già pubblicata da Straparola
nel Cinquecento. Comincio a chiedermi come sia
possibile che nel XIV secolo una vicenda di persecuzione
immeritata e subita dalla protagonista, della novella
come della fiaba, avvenga senza alcun ricorso alla magia
né a entità trascendenti, per poi essere rinarrata con
una nascita magica - bambini gemelli o fratelli con una
stella in fronte o una collana d'oro visibile sotto la
pelle, che alla fine tornano dai genitori mentre la
madre viene liberata e restaurata nella sua posizione
regale, mentre l'Augel Belverde che dà nome alla fiaba
svela tutti i segreti rendendo possibile il finale
felice.
Il mio interesse per la centesima novella del Decameron
mi ha portato a cercare un certo numero di versioni
della fiaba collegata a Griselda - l'eroina perseguitata
alla quale vengono strappati i figli, accusata di non
essere degna della posizione regale nella quale l'ha pur
messa il legittimo sovrano, che grazie a un lungo
itinerario doloroso alla fine riottiene i figli che nel
frattempo sono cresciuti e viene riconosciuta come
degnissima sposa - ipotizzando una parte di Fabulando
dedicata proprio a Griselda. Le immagini qui sotto
possono dare un'idea del lavoro tentato da me e da
Claudia Chellini, con lei abbiamo portato avanti
Fabulando, e non solo. Claudia aveva preparato
un0animazione, che io non sono in grado do recuperare
|
Una semplice
occhiata all'immagine di destra sarà sufficiente per
farsi un'idea della quantità e della qualità delle
rinarrazioni di Griselda e dell'Augel Belverde, a
partire dalla centesima novella del Decameron, rinarrata
da letterati della levatura di Chaucer e Lope De Vega,
messa in scena a teatro da Gozzi, opera lirica a
Venezia, e poi innumerevoli altre rinarrazioni in tutta
l'Europa, e fiaba popolare, sia nella storiadell'Augel
Belverde, sia nelle storie della contadina saggia, che
il re caccia perché corregge una sua sentenza, e
che riporta accanto a sé vedendo il suo amore e la sua
capacità di non recriminare.
Ma nel Decameron non è solo la centesima novella a
suggerire che il lavoro di Boccaccio potrebbe aver
lavorato il campo delle narrazioni tanto che il genere
fiaba ne riprende
|