ll figlio di primo letto dell'imperatore di Roma, meravigliosamente educato dai sette savii, viene accusato dalla seconda moglie del padre di aver cercato di farle violenza, mentre ha resistito ai tentativi di seduzione della giovane matrigna. Avendo saputo dalle stelle che correrà un pericolo mortale dal quale potrà salvarsi solo restando in silenzio per sette giorni, il giovane principe chiede ai suoi maestri di far rimandare la sua esecuzione fino al giorno in cui potrà parlare e mostrare la sua innocenza. Ogni giorno l'imperatrice racconta una storia che indurrebbe l'imperatore a ordinare l'esecuzione del figlio, seguita dal racconto di uno dei sette savi che gliela fa sospendere. |
Come la ’nperadricie rivolgie lo ’nperadore a fare che faccia morire il figliuolo il settimo dì, con uno essenpro gli conta di Merlino il savio e di Erode inperadore, che fecie morire una volta sette Savj ch’erano in Roma. [...] Messere, disse ella, egli ebbe in questa terra uno Inperadore o vero Re, il quale ebbe nome Erode, e anche ci erano sette Savj come ci sono ora; ma egli ci avea cotal costuma, che qualunque persona sogniasse, che dovesse venire dinanzi a’ detti Savj e recasse loro uno bisante e propónesse loro il suo sognio, e eglino gli dicieano quel che di ciò dovea adivenire. E a questo modo i detti Savj aveano fatta una ricchezza si grande, che sormontavano quelle dello ’nperadore. E lo ’nperadore avea in sé tale malattia, che quando e’ voleva andare fuori della terra, subito avocolava; e questo avea [...] molte volte, volendo uscire quando dall’ una porta e quando dall’ altra ; e per ogni porta della terra gli aveniva a uno modo. Avenne ch’agli chiamò un giorno i sette Savj e disse loro: - Rispondetemi a quello eh’ io vi domanderò. Ed e’ dissono che volentieri. - Perchè, diss’ egli, m’ avocolano gli occhi quand’ io voglio uscire fuori di Roma? - Messer, - dissono eglino, - questo non vi sapremo noi dire sanza termine. - E io il vi dono, disse lo ’nperadore, insino oggi a otto dì. E eglino gli adomandaron xv di, e egli il guarentò loro; e eglino se n’ andarono di presente, e ebbon consiglio con savie gienti; e rispuosonli che uno fanciullo ch’ era nel paese, che unque non avea avuto padre, che rendeva ragione di ciò che uomo lo domandava, glie le saprebbe dire. Onde e’ si mossono, e andarono in quella parte dove fu loro insegniato che ’l detto fanciullo era, fuori di Roma, e tanto andaron che s’abbatteron a lui, e trovaronlo ch’egli scherzava con altri fanciulli co’ quali egli s’era crucciato, e eglino gli rinproverarono ch’ egli era nato sanza padre. I Savj s’arrestavano ivi, e domandaronlo come egli avea nome, e e’ rispuose ch’egli avea nome Merlino. E quivi venne inmantenente uno uomo ch’era tutto abbaito d’un sognio ch’egli avea fatto, e aveva in mano uno bisante che portava a uno de’ sette Savj. E Merlino gli si fecie incontro, e disseli: - Buon uomo, io so dove.tu vai, e quello di che tu vuoi domandare, e quello che tu porti in mano. I Savj l’ascoltarono, e que’ disse: - Tu ài sogniato un sognio di che tu se’ forte adbaito, e però vai a Roma a’ sette Savj per dire loro come tu ài sogniato che nel mezzo del focolare tuo sia una fontana sì grande che tutti i tuoi vicini aveano assai acqua a farne ogni loro bisognio. E però io ti dirò: la fontana significa un gran tesoro che è sotto il tuo focolare; vattene e favi cavare, e troverràlo, e sarai ricco te e tutti i tuoi parenti, se non t’è tolto. Il prod’uomose n’andò a casa, e il fanciullo e’ Savj rimasono insieme. E quando quel buon uomo fu giunto a casa sua, mandò per giente, e fecie cavare il suo focolare tanto che trovaron il tesoro e tiraronlo fuori che fu gran cosa, e mandonne parte a’ sette Savj e parte al fanciullo. I Savi presono la parte loro; ma il fanciullo non ne volle nulla prendere. I savj si partirono e menaronne con loro il fanciullo Merlino; e quando e’ furon fuori della terra lo domandaron se saprebbe rispondere allo ’nperadore Erode perchè la veduta gli falla quando e’ vuole uscire fuori di Roma. Ed e’ rispuose loro che sì. Onde eglino lo menarono a Roma dinanzi allo ’nperadore al giorno ch’ eglino aveano preso di rispondere; e l’uno dei Savj gli parlò, e disse: - Messere, noi siamo venuti al giorno nostro per rispondervi perché la veduta vi falla quando voi volete andare fuori di Roma. - Dite dunque, - disse lo ’nperadore. - Messer, - dissono eglino, - noi v’ avemo menato un fanciullo che risponderà per noi; prendete sopra di noi quello ch’ egli vi dirà. - Messer, - disse Merlino, - menatemi in una camera, e io parlerò con voi volentieri. Lo ’nperadore lo menò nella camera sua, e Merlino gli cominciò a dire: - Messer, sotto il letto dove voi dormite à una caldaia che bolle molto forte e fa sette bollori; e tanto quanto i detti sette bollori dureranno o che la detta caldaia vi fia, voi non potrete uscire fuori di Roma, che voi possiate conoscere via 'o camino; e se voi levate la caldaia sanza spegniere i bollori voi perderete la veduta. - Per mia fè, amico
mio, - disse lo ’nperadore, - ora conviene, che tu
mi consigli.
Ancora gli rispuose di sì, e che gli
erano i sette Savj che teneva adpresso di sè i quali
erano più ricchi che non era egli, e ànno messo
nella terra un male usaggio, il perchè la terra n’ è
perduta e povera ed e’ sono ricchi, perochè gli ànno
messo una usanza nella vostra terra che chi che sia
o ricco o povero che sogni, e’ conviene che rechi
loro un bisante e che gli doni loro, e appresso
eglino gli dicono la signifìcanza del sognio; e se
non faciesson cosi e’ crederebbon esser morti, ché
così fanno loro intendere i Savj. E perchè voi avete
soferto che faccino questa malvagità, sì siete voi
perduto e la vostra veduta n’ è intorbidata quando
voi volete uscire, fuori della terra; e però fate
prendere il più vecchio e fateli tagliare il capo e
vedrete che il più gran bollore si spegnierà. - Or fate, - diss’ egli, - levare il letto, e fatevi cavare sotto. E cosi fu fatto, tanto che trovaron la caldaia. E lo ’nperadore chiamò Merlino e dissegli: - Or so io bene che tu se’ virtuoso; e però da quinci innanzi voglio operare per tuo consiglio. - Messer, - diss’egli, - fate andare fuor della camera tutte queste gienti. E cosi si fecie. Allora Merlino li disse: - Vedete voi questi sette bollori? eglino significano sette diavoli che voi avete catuno dì con voi a vostro consiglio. - Ai lasso! - disse lo ’nperadore, - potrei’l cacciare da me? - Si, diss’ egli. - E potregl’ io vedere e toccare? Onde Erode fecie menare davanti a sé il più vecchio de’ sette Savj e fecieli mozzare il capo e ’l più gran bollore si spense. Tantosto lo ’nperadore andò a guatare la caldaia; si tornò il più gran bollore abbattuto. - Per fede, - disse lo ’nperadore a Merlino, - oggimai ti crederrò io. E fecie venire un’ altro Savio e gli fecie tagliare la testa, e l’altro bollore fu adbattuto. E quando e’ vide questo, fecie prendere gli altri cinque Savj, e fecie loro tagliare la testa; e i bollori di tutta la caldaia ristettono e l’acqua rimase tutta fredda. - Messer, disse Merlino, ora potete voi fare mettere in terra la caldaia, e lavarvi entro le mani e tutto ’l vostro corpo. E lo ’nperadore cosi
fecie, e appresso Merlino li disse che potea
cavalcare e andare a sollazzo. E lo ’nperadore
cosi fecie, e menò Merlino con seco e altri baroni
a cavallo per vedere se quando e’ volesse uscire
fuori della terra egli perdesse la veduta o no,
come avea fatto cinque anni dinanzi. E quando e’
furon alla porta per uscire di Roma, Merlino disse
allo ’nperadore:
- Messer, cavalcate avanti. E egli cosi fecie, e niente li turbò il vedere; di che gli ebbe gran gioia,'e fecie gran festa a Merlino, e lo adbracciò e basciò, e ritennelo di suo ostello, e tutti quelli che lo ’nperadore amavano gli feciono gran festa e onore. - Messer - dissela 'nperadricie, - voi avete ora udita questa avventura che venne a Erode de’ suoi Sette Savj, che cosi l’aveano avoccolato per loro disetta e ghiglia, però ch’ egli credeva loro troppo. E cosi interverrà a voi, se voi crederrete troppo; e ve ne vedrete distruggiere e ne perderete lo ’nperio, e cosi ve ne poss’ egli avenire come fecie a Erode. - Cierto, - diss’ egli, - non farà, però ch’ io non crederò loro tanto ch’ io ne perda la mia terra, nè ch’ io ne sia avocolato. E cosi passaron quella notte, tanto che venne alla mattina che lo ’nperadore si levò. (Pp. 60-65) |
A questa novella dell'imperatrice segue la
novella del sesto savio, che racconta quanto una sposa
possa essere bugiarda e crudelel. Il giorno seguente
l'imperatrice racconta la sua ultima novella, seguita
da quella del settimo savio. E finalmente si racconta:
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Come essendo
suto rispittato il figliuolo dello 'nperadore
insino al nono giorno, la mattina riprese la
favella e manifestò allo 'nperadore suo padre
come i fatti erano andati intra lui e la sua
matrignia, e disse anch'egli una novella a
proposito d'uno padre che a gran torto gittò un
suo figliuolo in mare perchè morisse, com'egli
avea voluto far morire lui per lo detto e
procacciamento della 'nperadricie: onde quando
lo 'nperadore ebbe tutto udito e la 'nperadricie
confessò che così era, ella fu condannata al
fuoco e così morì, e 'l giovane rimase libero
dalla morte. (P. 87)
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TESTO |
Anonimo: Il libro dei sette savi
di Roma; Testo del buon secolo della lingua. (A
cura di Alessandro D'Ancona) Pisa: Fratelli Nistri 1864.
Rist. an. Bologna: Forni 1980. Vedi, online, la versione della edizione citata, digitalizzata e restaurata da Edoardo Mori, Bolzano 2017; https://www.mori.bz.it/Rinascimento/Libro%20dei%20sette%20savi.pdf; ultimo accesso 23 marzo 2024. Vedi anche, online, Il libro dei sette savi di Roma, tratto da un codice del XIV secolo per cura di Antonio Cappelli. Bologna, presso Gaetano Romagnoli 1865, https://books.google.it/books?id=IpNIINiKEAEC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false; consultato il 23 marzo 2024. Per una ricerca sulle differenti versioni, vedi anche la Tesi di dottorato di Barbara Bianchi, Libro dei sette savi di Roma. Università di Pisa, 2015: https://barbara-bianchi.com/tesi_sette-savi/; ultimo accesso 23 marzo 2024. |
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NOTA PSICOANALITICA |
La cornice del Libro dei Sette
Savi di Roma - secondo D'Ancona il libro più
tradotto dopo la Bibbia - racconta di una giovane
imperatrice che come Fedra s'innamora del figliastro, e
lo accusa di averle usato violenza per vendicarsi del
suo rifiuto. Abbiamo scelto questa favola come esempio di un abuso di potere esercitato attraverso l'oniromanzia. I sette savi accreditando Merlino - che smaschera il loro accordo con i sette diavoli che fanno ribollire la caldaia sotto il letto dell'imperatore - provocano la loro stessa morte. I sette savi sono tanto astuti, potenti e avidi di danaro da controllare l'imperatore stesso e il suo popolo, ma allo stesso tempo sono tanto ingenui e incauti da ingaggiare Merlino, che smascherandoli mette fine al loro potere e alla loro stessa vita. |
A
proposito di questo strano silenzio |
Se
la soluzione del caso del figlio calunniato dalla
giovane matrigna, come Ippolito da Fedra, viene al nono
giorno, quando il saggio principe può riprendere a
parlare, perché tace nei giorni precedenti, senza
difendersi? Ricordiamo un altro silenzio, questa volta del figlio accusato ingiustamente dalla madre incestuosa di averla voluta violentare. Il giovane cristiano, come racconta Jacopo da Varagine, chiede aiuto a sant'Andrea: «Priega indi Iddio per me, acciò che io non di tanta iniquitade ingiustamente muoia; imperò ch'io, richiesto a la Corte, al postutto tacerabbo, volendo anzi perdere la vita che infamare la mia madre così sozzamente».In questo caso il silenzio è motivato dal rifiuto del giovane di accusare sua madre di una tale infamità. Tocca a sant'Andrea salvarlo da una condanna infamante e ingiusta invocando l'aiuto divino, che si realizza in uno spaventoso temporale dopo il quale la madre incestuosa si ritrova carbonizzata, mentre gli astanti terrorizzati non subiscono danni e si convertono al cristianesimo. http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/AF/AF_EE_xiii_Giuda_Leg-Au.html#II_5 Nel libro dei sette savi il silenzio è motivato da un'indicazione che il giovane principe legge nelle stelle, quindi non si tratta di alcun intervento soprannaturale. Ma anche in questo caso il silenzio è misterioso eppure alla fine salvifico, come nel caso narrato nella Legenda aurea. Se lo paragoniamo all'indagine di Edipo nella sua tragedia a Tebe, possiamo ipotizzare che dove non c'è soluzione a un rischio tragico solo le storie, le novelle, le favole o le parabole che dir le vogliamo (Boccaccio) possono aiutare. Non a risolvere la situazione, perché la rottura dei limiti fra generazioni è irreparabile, ma a rimandare la conclusione fino a che le circostanze portino la salvezza dell'innocente. L'alternanza di storie che inducono a fare o a non fare qualcosa è del Libro dei sette savj, e della raccolta persiana Tūti-nāma. In questa raccolta, della quale si trova una rinarrazione in dialetto piemontese (Il pappagallo, http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/FD_Piemonte_Ir_papagal.html), un corvo e un pappagallo raccontano storie alla moglie di un mercante perché gli resti fedele. Il Tūti-nāma è documentato nel nostro buon secolo, ovvero il XIV, quello di Dante, Petrarca e Boccaccio, lo stesso della grande raccolta araba delle Mille e una notte. Trascuriamo qualunque ipotesi sull'antichità di queste raccolte, attenendoci all'esistenza di manoscritti o codici: non perché non si consideri probabile l'esistenza di una loro circolazione orale prima delle redazioni che ci sono pervenute, ma perché per esercitare il lavoro di comprendere e trovare nessi fra le storie e le storie delle storie, le cui migrazioni nel tempo e nello spazio sono fonte di meraviglia, il materiale che abbiamo è tanto che è molto facile perdersi in questa immensa ricchezza. Non è vantaggioso dedicare tempo a descrivere quel che non c'è. Le differenze e le somiglianze fra esseri umani sono tali e tante da confortarci sulla possibilità di vivere in pace, in famiglia, nel proprio paese, e nel mondo intero. Le favole o novelle, le storie che non necessitano di legittimazioni autorevoli, esulano dall'ordine gerarchico, vale a dire l'ordine che conosciamo, che subiamo, che esercitiamo. Ordine che favorisce la continuità fra generazioni, al prezzo del sacrificio di chi non riesce a trovarvi il proprio posto, al prezzo della collocazione della maggioranza ai gradi più bassi della piramide gerarchica stessa, al prezzo di liti e guerre che risolvano questioni che non si compongono nella condizione della pace. Tornando al tema dell'incesto, ancora una volta osserviamo che l'esito tragico di questa interruzione nella successione delle generazioni trova dopo Cristo, e non solo in area cristiana, una possibile via d'uscita, quando i soggetti implicati espiano il peccato pur non essendosene voluti macchiare. Vedi Gregorius, http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/AF/AF_EE_xii_Gregorio_von-Aue.html. |