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C'era una volta
una mamma che aveva tre figlie e, a causa della
grande povertà che con tante disgrazie e rovesci
di fortuna era entrata in casa sua, le mandava in
giro a chiedere l'elemosina per sopravvivere.
Una mattina
aveva raccattato qualche foglia di cavolo
buttata dalla finestra dal cuoco di un palazzo,
e volendo cuocerle chiese alle sue figlie di
andarle a prenderle un po' d'acqua alla fontana.
Loro si misero a litigare, la prima diceva che
doveva andarci la mezzana, e la mezzana
rispondeva che questa volta toccava alla prima,
tanto che alla fine la povera mamma disse:
"Vorrà dire che ci penserò io", e prese la
brocca per andarci lei, anche se era tanto
vecchia che si reggeva male sulle gambe.
Ma Alma, che era la più piccina, disse: "Dammela a me mammina, che anche se ho poca forza voglio risparmiarti questo lavoro". Si prese la brocca e andò fuori dalla città, dove c'era una fontana intorno alla quale sbocciavano tanti fiori variopinti, e mentre riempiva la brocca apparve uno schiavo, che le disse: "Mia bella fanciulla, se tu volessi venire con me a una grotta che è poco distante, avresti tanti bei regali". Alma, che sognava sempre di ricevere un regalo, gli rispose: "Fammi portare quest'acqua alla mia mamma che mi aspetta, e poi torno qui". E, riportata a casa la brocca, con la scusa di andare a cercare qualche scheggia di legno per il fuoco, tornò alla fontana, dove lo schiavo l'aveva aspettata, e s'incamminò con lui, che facendola passare dentro a una grotta di tufo ornata d'edera e capelvenere la portò in un bellissimo palazzo sotterraneo, tutto sfavillante d'oro, dove fu subito apparecchiata per lei una tavola meravigliosa; nello stesso tempo apparvero due belle cameriere, che la spogliarono dei poveri stracci che aveva addosso e la vestirono come una principessa. E a tarda sera la misero in un letto tutto ricamato di perle e d'oro dove, appena si spensero le candele, qualcuno si coricò accanto a lei. Successe la stessa cosa per alcuni giorni, quando a un certo punto la fanciulla sentì un gran desiderio di vedere la mamma, e lo disse allo schiavo, che andò in una stanza a parlare con qualcuno, e tornato con una grande borsa di monete d'oro le disse: "Questa borsa portala alla tua mamma, ma non scordarti nulla lungo il cammino, e torna presto, senza dire a nessuno da dove sei venuta né dove sei stata". Quando Alma andò a casa le sue sorelle vedendola così bella, ben vestita e piena di gioie, sentirono crescere un'invidia che quasi le strozzava. E quando Alma voleva andare via, la mamma e le sorelle la volevano accompagnare, ma lei, rifiutando la compagnia, tornò al palazzo entrando dalla stessa grotta. Passò tranquilla un po' di mesi nello stesso modo, ma a un certo punto le tornò la voglia di vedere la mamma, e lo schiavo consultandosi con qualcuno le permise di andare e le diede un'altra grande borsa di monete d'oro ricordandole di tornare presto e che non doveva far sapere a nessuno da dove veniva e dove stava. Dopo che
la stessa cosa si fu ripetuta tre o quattro
volte, aumentando ad ogni
visita l'invidia delle sorelle, alla
fine queste brutte arpie si diedero
tanto da fare che seppero da un'orca tutto
quello che era successo, e quando Alma tornò
da loro le dissero: "Anche se tu non hai
voluto raccontarci nulla della fortuna che
ti è toccata, noi sappiamo tutto: ogni
notte, siccome ti fanno bere del vino col
sonnifero, non puoi accorgerti che dorme con
te un giovane bellissimo. Ma non ti potrai
mai godere tutta la felicità se non ti
decidi a seguire il nostro consiglio. In
fondo siamo noi le tue sorelle, e chi può
volerti più bene? Noi vogliamo che tu stia
ancora meglio e che sia ancora più contenta
di come sei. E allora, quando la sera vai a
dormire e lo schiavo ti porge il bicchiere,
tu fai finta di girarti per prendere il
tovagliolo e mentre non ti vede butti via il
vino, che così puoi stare sveglia tutta la
notte.
E appena
avrai visto il tuo sposo addormentato apri
questo catenaccio, perché l'incantesimo deve
rompersi anche se lui non vuole, e tu
diventerai la signora più felice del mondo".
Allora si mise a chiedere l'elemosina vagando per il mondo, finché poverina, dopo mille patimenti, quando era vicina a partorire, arrivò alla città di Torrelunga, e bussò al palazzo reale chiedendo che la lasciassero entrare per riposare anche su un po' di paglia. Una damigella di corte che era buona l'accolse gentilmente, e venuto il tempo Alma partorì un bambino maschio tanto bello che era una meraviglia a guardarlo. La prima notte dopo la nascita, mentre tutti gli altri dormivano, entrò un bellissimo giovane in quella stanza, prese in braccio il piccino e cullandolo disse: O mio bambino, mio bel
bambino, E dopo
queste parole, al primo canto del gallo, sparì
come se fosse stato d'argento vivo.
O mio bambino, mio bel
bambino,
se lo sapesse la regina ti laverebbe nella conca d'oro ti fascerebbe con le fasce d'oro e se il gallo non canterà mai più nessuno ci separerà. La regina riconobbe suo figlio, e all'alba corse ad abbracciarlo, liberandolo dalla maledizione di un'orca: che vagasse per il mondo finché la sua mamma non lo avesse abbracciato all'inizio di un giorno in cui nessun gallo avrebbe cantato. La regina era felice, e dopo aver saputo tutta la storia celebrò con grandi feste le nozze di suo figlio con Alma, che si trovò sposata con un principe meraviglioso. E le sorelle, quando seppero che aveva sposato il principe, con una gran faccia tosta vennero a trovarla, ma ebbero quello che si meritavano, perché nessuno volle farle entrare, così sempre più divorate dall'astio si accorsero che dall'invidia non avevano ricavato un accidente. |
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TESTO |
Adalinda
Gasparini, Basile e Straparola: Le prime fiabe
del mondo, Giunti-Gemini: Firenze 1996.
Altre edizioni: Giunti Scuola: Firenze 1999;
Brescia: La Scuola 1999. |
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FONTE |
Giambattista Basile, Cunto de li cunti o Pentamerone (1634-1636), Lo turzo d'oro, Trattenemiento quarto de la Iornata quinta. |
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IMMAGINE | William Morris, Early Poems (The Sailing of the Sword);
1858; Illustrator Emma Florence Harrison (1887-1891). Fonte: https://archive.org/details/b1109153/mode/2up; 30 settembre 2022. |
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NOTE |
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O mio bambino, mio bel
bambino... |
In questa fiaba si ritrova lo
struggente canto notturno del padre animale comune a
molte fiabe con questo tema, come Lu re pesce.
La paternità notturna, che segue al matrimonio
notturno, spinge il principe stregato a cercare la
riunione con i genitori, vale a dire al recupero del
suo posto nell'ordine dell'oikumene, in termini
lacaniani nell'ordine simbolico. La fanciulla sceglie
qui senza intermediazione, come in Re fendana
d'aure,
di sposare il principe stregato. La maestria
letteraria di Basile coincide in tutta la sua raccolta
con la coerenza narrativa e simbolica: la forza
poetica del narratore si esprime sempre in entrambi i
sensi, a meno che non si tratti di un narratore
autore, che è come spinto a far prevalere la sua
esigenza di raccontarsi attraverso la fiaba. In questo
caso la coerenza è tra la forza espressiva e
l'emersione della realtà psichica del narratore
autore. La parentela con Amore e Psiche è tanto stretta in questa versione che sarebbe ragionevole ipotizzare che Basile si sia ispirato alla Fabella contenuta nel romanzo di Apuleio. |