CALEDDA
PSIKIMMU Caledda psikimmu ! Epoa a maddia dicuma ecanonistisisa, i cardiamu en mecame pleo na ploso ce panta pensei se sena ce teli na cusi na milisune ghie sena ce mu vaddi pu essu, ce senza na ero evotò turtea sto spitissu ; ce poa cuo i fonì ndicheddasu canno o millima a maddia mu scuriazune, o musomu o sozi fonasi pesammeno, a podia ettelune pleo na pradisune ambrò, ce epetta e cimesa an evò en pensone ca mu sozune jelasi ecini pu en erune ti eco sti cardiamu, ce possi lumera esù movale citti nemera pu ca ecanonistisomma. |
BELLA ANIMA MIA Bella anima mia ! Quando gli occhi nostri si scontrarono, il cuore mio non mi fece più dormire e sempre pensa a te e vuole sentire che parlino di te, e mi caccia di casa, e senza che mi sappia, mi dirizzo alla parte della casa tua, e quando sento la tua vocina, perdo la loquela, gli occhi si annebbiano, la mia faccia puoi chiamarla di morto, i piedi non vogliono più camminare innanzi, e cadrei a terra se io non pensassi che mi possono deridere quelli che non sanno ciò che tengo nel cuore, e quanto fuoco tu mi mettesti quel giorno che ci guardammo. |
O podi ze maruddi già climeno Ce posso pemu ti prama pensegui : S’ acharo meria ise fitemmeno Scirocco ce levanti se nocegui. Ithele nasso spithia potimeno Ce o giardinarosu esena de cheregui. An isso sta chiriamu ciandomeno Ecanne ghuria ce spora pu differegui. |
O PIEDE DI LATTUGA
O piede di lattuga già chiuso E infine dimmi che cosa pensi : In tristo luogo sei piantato Scirocco e levante ti nuoce. Volevi essere più spesso abbeverato E il tuo giardiniere te non cura. Se nelle mie mani fossi innestato Avresti fatto fiori e semenza differenti. |
Pemu ce ti socama crudili Tosso pu esdisameze emmena ? Ego s' immo costanti ce fidili, Fidili en isso ja gapasi emmena : Ola ta pianti ce ola ta suspiri Ola ta daclia ta rfto ja 'ssena, Ma esu ise san i fata ossu sto liri Chilia calurio canni ce den ena. |
LA FATA DELL'IRIDE
Dimmi, e che ti ho fatto crudele Tanto che hai disamato me ? Io ti era costante e fedele Fedele non eri per amar me : Tutti i pianti e tutti i sospiri Tutte le lagrime le spargo per te, Ma tu sei come la fata dell'iride Mille colori fai e non uno. |
O TURCO AGAPISE MIA REOMOPULLA O Turco agapise mia reomopulla, I reomopulla en agapise to Turco, I schilla mànati pu tin aborchinai : Pire jemu eftundo celopidi, Su ferri mati ce crisomandili – Manamu manamu to Turco en do perro, Ce perdiculla jenome Ce me ta plaja perro. NACA NACA TU PEDIU Maria Mavdalinì Pu ciumàse monachì. En ciumane monachì Ti echo Petro c' echo Paulo C' echo dodeca apostólu. – Giri giri tu spitíu Naca naca tu pediu. Ta agropicciugna epínnai ce elégai Tin ajo Thalassia I Marta ce i Maria. O Cristo estin anclisia Pu leghi ti magno lutrughia : To vangelio ine anivto Ti to meletai o Cristo, O Cristo to meletai I Patruna to vlogai. I strata i macria I Patruna i glicia, I strata i condì I Patruna ene crisì, I strata i larghi I Patruna i paramagni, I strata me to meli I Patruna ciola to teli. |
IL TURCO AMAVA UNA FANCIULLA GRECA Il Turco amava una fanciulla Greca La fanciulla Greca non amava il Turco La cagna madre di lei che la pregava: Prendi figlia mia questo bel giovane Ti porta veste e pezzuola d'oro. – Madre mia, madre mia, il Turco non lo prendo E pernice divento E per le campagne vado. CULLA CULLA IL BIMBO Maria Maddalena Che dormi sola. Non dormo sola, Perché ho Pietro ed ho Paolo, Ed ho dodici apostoli. – Gira, gira per la casa Culla, culla il bimbo. Le colombe selvatiche bevevano e dicevano. La santa Talassia, Marta e Maria ; Cristo è nella chiesa Che dice la bella messa : Il Vangelo è aperto Che lo legge Cristo, Cristo lo legge La Madonna lo benedice. – La strada lunga, La Madonna dolce, La strada corta, La Madona è d’ oro, La strada larga La Madonna bellissima, La strada col miele La Madonna pure lo vuole. |
RIFERIMENTI E NOTE |
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TESTO E TRADUZIONE | Saggi dei dialetti greci dell'Italia
meridionale. Raccolti ed illustrati da Domenico
Comparetti; Pisa: Presso i Fratelli Nistri 1866. Saggi dei dialetti greci... (http://www.archive.org/stream/saggideidialett00compgoog#page/n10/mode/2up; Domenico Comparetti scrive di aver ricevuto i canti riprodotti in questa pagine da raccoglitori che a loro volta li hanno ascoltati da narratori orali, ai quali è attribuita sia la versione grecanica che la traduzione italiana. Fatta eccezione per Caledda psikimmu, è indicato solo il luogo dove è stato raccolto il canto. Domenico Comparetti (1835–1927), nato a Trastevere in una famiglia del ceto medio, mostrò fin da bambino doti eccezionali, tanto da ottenere per i suoi studi il sostegno del principe Caetani. Filologo ed epigrafista, accademico dei Lincei, senatore del Regno d'Italia, già all'Istituto di Studi Superiori (poi Università) di Firenze. Lasciò l'incarico per dedicarsi alla ricerca. Il campo dei suoi lavori va dall’antichità preclassica al Medioevo, dalla mitologia alla letteratura comparata, alla novellistica e alle tradizioni popolari, da Omero all'epica finlandese alle storie di Sindibad. La sua opera più nota e tuttora consultata, Virgilio nel Medioevo, è una summa della cultura europea da Augusto a Dante. Ebbe un'unica figlia, nonna paterna di don Lorenzo Milani. Ultimo accesso ai siti sopra citati: 8 maggio 2024. |
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O podi ze maruddi |
Canti di Bova, VIII; p. 11, p. 45 on line, cit. |
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I fata ossu sto liri |
Canti di Bova, XXV; p. 26, p. 61 on line, cit. |
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O turco agapise mia reomopulla |
Canti di Bova, XXXVI; p. 38; p. 73 on line, cit. |
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Naca naca tu pediu |
Canti di Bova, XXXVIII; p. 40–42 p. 75–77 on line, cit. |
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Caledda psikimmu |
Canti di Calimera, XLIV; pp. 76–77; |
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LINGUA |
Le due piccole comunità grecaniche (grecanico significa
piccolo greco),
composte da alcune decine di migliaia di parlanti,
si trovano nel Salento pugliese e nella Bovesia
calabrese. Sulla loro origine sono state avanzate tre
ipotesi. La prima li considera diretti discendenti dei greci antichi che abitavano l'Italia meridionale, colonia greca che raggiunse un grado di civiltà pari e perfino superiore rispetto alla madrepatria, meritando il nome di Magna Grecia. La seconda ipotesi è che si tratti di una comunità greco-bizantina insediata in Italia nel corso del medioevo. Secondo una terza ipotesi, avanzata anche da Domenico Comparetti, una popolazione neogreca giunta nel medioevo potrebbe essersi fusa con una comunità risalente alla Magna Grecia. La grazia di questi canti rende comprensibile questo accorato appello in favore della lingua grecanica: « [V]orrei vederla riconosciuta, amata, onorata, perché la lingua di Atene non è lingua straniera per Roma... Roma non ebbe vergogna di scrivere e far conoscere che, se essa aveva vinta la Grecia con le armi, la vinta Grecia vinse Roma con le arti e con le lettere sue. Greci siamo, ma da tremila anni in Italia stiamo... greco parliamo, ma non perché siamo stranieri, ma perché siamo la più vecchia gente del luogo. Coloro che van dissotterrando mura e colonne vengano nella Grecìa Salentina. Specchie, menhirs, dolmen restano mute testimonianze d'un lontano tenebroso passato; teatri, colonne e vasi sono gli avanzi di Atene e di Roma, muti anche questi. Ma nel cuore del Salento, nei Tredici paesi, che ieri eran nove e oggi son otto, e non sappiamo domani quanti ne rimarranno, esiste e risuona, con la sua vecchia armonia, una testimonianza viva, la divina lingua dell'Idomeneo, che i venti sospinsero ai verdi prati di Leuca e d'Otranto, nello stesso tempo in cui un altro Uomo, da altri venti sospinto raccoglieva le vele ne le placate acque Tirrene... » Domenicano Tondi, Glossa. La lingua greca del Salento; Ed. Cretesi, 1935. p. 110–111, cit. Lettera in grecanico di Calimera trasmessa a Domenico Comparetti dall'avv. Filippo Capone, Deputato al Parlamento Italiano. http://it.wikipedia.org/wiki/Minoranza_linguistica_greca_d'Italia, sito consultato il 3 ottobre 2018. |
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IMMAGINE |
Arthur Rackham, Iris there, with humid
bow, (Iride col suo rorido arco), da: John Milton's Comus. Illustrated
by
Arthur Rackham. New York: Doubleday-Page - London:
William Heinemann 1921 http://openlibrary.org/books/OL14001590M/Comus.;
consultato l'8 maggio 2024. |
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NOTA |
In questi Canti si può sentire un'eco dei
lirici greci. In particolare, qualcosa di Saffo in Caledda psikimmu:
La permanenza nel tempo di certi motivi lirici segue regole note e ignote come quella che ha permesso a narratori analfabeti siciliani di raccontare fino al sec. XIX fiabe che contengono brani quasi intatti delle Mille e una notte (vedi: Lu figgiu di re). L'espressione narrativa e poetica (Giorgio Colli traducendo Eraclito rende logos con espressione) diventa intima per il soggetto che cerca di cogliere il senso di se stesso. Avventura rischiosa eppure inevitabile, e del resto le trasformazioni che accadono nella realtà psichica, le stesse che si cercano e si attendono nel lavoro psicoanalitico, hanno questa natura quasi magica, imprevedibile e impadroneggiabile, eppure naturale e quotidiana come un rampicante che cresce avvolgendosi destrogiro o sinistrogiro, seguendo la sua legge e adattandosi al sostegno che trova. Non trovando nessun sostegno i rami si avvolgono su se stessi, come se in questo modo un nuovo sostegno potesse poi manifestarsi, e se non accade il rampicante ricade al punto di partenza come un giocatore dopo un lancio di dadi sfortunato nel gioco dell'oca. Ammesso che abbia un senso, possiamo immaginare quanti motivi e quante storie si siano perdute a fronte di quelle, pur numerose, che continuiamo a raccontarci. Per libera associazione, ricordiamo una domanda del Mahabharata: Dharma: Sono di più i morti o i vivi?(Dal Mahabharata di Peter Brook, dialogo sapienziale del dio Dharma a Yudhishtira, semidio, suo figlio) |