|
|||
Na Gnė
cherė e gnė cherė isc gnė Reggh; chi Reggh
nchė chisc bij e i qa Tinzotit se na chisc
bij bėn tė rijq pėr stat viet vaj. Si
scłan nėnt muaj pati gnė bir e riodi vajėt
pėr stat viet.
Gnė dit nė tierat, vate gnė
plach me gnė picer sa mjiq vajė ma vajėt
chisc sosur e nėmi atė Reggh; e
gheggh diali cė chisc stat viet e sturi gnė
bocė, e i ciaiti rogghičn. Placa e nėmi, e i
qa: « Catėmarsc la Bedda di li setti
citri. » U rit diali, e jati de te martocė
mė gnė vajzė mė ebucura e corės. Ma diali i
qa: « U ca tė mar: la Bedda di li setti
citri. » Vate diali pėr nė corėt, e scich
dizzą narėnza, e nca gnė ci scich e pris e
digl gnė copile. Preu pran mė tė maden e
doli gnė copile, c isc: la Bedda di li
setti citri. U puqėn me vaizėn, e i biri i
regghit i qa: « Ti rri ctu se u vete marr
gghinten time e vemi te cora ime; vaizą i
qa: « Na jot ėmė tė chėrcon criet ti
carrone nga cu. » Diąli vate té cora e tiic
e i qa gghrivet se gghieti nusen, e lodėt u
stu sat flij e ejėma i chėrcoi criet e diali
carroi nusen.
|
Una volta e una
volta eravi un Re ; questo Re non aveva figli
e promise a Dio che se ne avesse farebbe
scorrere per sette anni olio. Dopo nove mesi
ebbe un figlio, e corse olio per sette anni.
Un giorno tra gli altri andņ una vecchia con un vaso per raccogliere olio, e maledģ a quel Re ; la sentģ il fanciullo che avea sette anni e le gettņ una palla e le ruppe il vaso. La vecchia lo maledģ e gli disse: « Sposerą la Bella dei sette cedri. » Crebbe il fanciullo, e il padre volealo sposare con una giovine bella del paese ; ma il giovine disse : « Sposerņ la Bella dei sette cedri. » Andava il giovine per le cittą e vedeva le molte melarance, ed ognuna che vedeva la tagliava e ne usciva una giovine. Tagliņ poi la pił grossa e ne uscģ una giovine che era la Bella dei sette cedri. Si baciarono colla ragazza, e il figlio del Re le disse : « Tu stai qui, che io vado a prendere i miei parenti e andremo nel mio paese. » La giovine gli disse : « Se tua madre ti cercherą i capelli, tu ti dimenticherai di me. » Il giovine andņ nel suo paese e disse ai parenti che aveva trovato la Promessa, e stanco si gettņ a dormire. La madre gli cercņ fra i capelli e il giovine dimenticņ la promessa. |
Vur pėr
mua. La Bedda di li setti citri mi gnė narėnz
pris dėndrin; ma dėndri nchė vic. Danz
arvugamis, te cu isc la Bedda di li setti
citri isc gnė crua e atič vij gnė scave tė
mbloj nziren. Chėjņ scave vėrrechej te ujt e i
ducu se isc e bucur, se la Bedda di li setti
citri duchej te ujt, e i ducu scaves se isc
ajņ.
Stu
nziren e u uj te croi. Ma cur pa atė vaiz mi
narėnzėn i pieti ci buj atič e
ajņ i qa, se priis dėndrin.
E cė buri scavģa? bė té vij post la Bedda di li setti citri sat e crich. Scąvia chisc gnė gghilpur i fataarmė e ja ndenti te criet e la Bedda di li setti citri u bu zogg. Ma gnė dit nė tierat i biri regghit u cuitua nca nusia, e vate t e mirrės. Ma cur pa scaven pėr la Bedda di li setti citri i pieti si cle se u bu e zezė; e ajo i qa, se dģali e buri astł. I biri regghit chieghi nusen te cora. Jerdi dita cur chisc martoscin; burri cė buj tė ngrėnt pa gnė zogg cė chėndoj.
Aļ
burr ją qa birit tė regghit, e chindruan, se
chisc zėjin atė zogg. Te dita pran e zun e
inzuartin gghilpurn, e zogga u bu la Bedda
di li setti citri.
I biri i regghit bė tė dogghėn mė dri tė gnoma scaven; eu martua cu la Bedda di li setti citri.
|
Metti per
me. La Bella dei sette cedri sopra un melarancio
aspettava il damo, ma il damo non veniva. Vicino
lalbero dove era la Bella dei sette cedri eravi
un fonte ; ivi andava una mora per riempire
lidria. Questa mora si specchiava nellacqua, e
le parve di essere bella, perché la Bella dei
sette cedri appariva nellacqua, e parve alla
mora di essere essa.
Allora gettņ lidria, e si assise vicino il fonte. Ma quando vide quella giovine sopra larancio le dimandņ cosa facesse in quel luogo, e quella rispose : « Aspetto il promesso. » E che fece la mora ? fece scendere la Bella dei sette cedri per pettinarla. La mora aveva uno spillo incantato e lo ficcņ nella testa di essa, e la Bella dei sette cedri diventņ uccello. Ma un giorno tra gli altri il figlio del Re si ricordņ della Promessa e andņ a prenderla. Ma quando vide la Mora invece della Bella dei sette cedri le domandņ come si fosse fatta nera, e quella rispose che il sole la aveva fatta cosģ. Il figlio del Re condusse la Promessa nel paese. Venne il dģ quando si doveva maritare. E luomo che faceva il mangiare vide un uccello che cantava : Quelluomo lo raccontņ al figlio del Re e restarono che dovevano prendere luccello. Il giorno dopo lo presero, gli tolsero lo spillo e luccello diventņ la Bella dei sette cedri. Il figlio del Re fece ardere con sarmenti verdi la mora, e si maritņ colla Bella dei sette cedri. E quelli vissero e godettero |
RIFERIMENTI E NOTE |
|
___________________________________________ | |
TESTO E TRADUZIONE |
Giuseppe
Pitrč, Fiabe
novelle e racconti popolari siciliani.
Raccolti e illustrati da Giuseppe Pitrč. Con
Discorso preliminare, Grammatica del
dialetto e delle parlate siciliane, Saggio
di novelline albanesi di Sicilia e
Glossario; in: Biblioteca delle tradizioni
popolari siciliane, Palermo: L.
PedoneLauriel, 18701913, voll. 25; voll.
47; ristampa anastatica, Bologna: Arnaldo
Forni Editore 1985, 4 voll. Vol. IV, pp.
285287. La traduzione italiana sembra non letterale e lacunosa in qualche parte. Sarebbe necessaria una ritraduzione. |
___________________________________________ |
|
IMMAGINE | Warwick Goble: Giambattista
Basile. Stories
from the Pentamerone. E. F. Strange,
editor. Warwick Goble, illustrator. London:
Macmillan & Co. 1911. https://archive.org/details/b1109153/page/n441/mode/2up; ultimo accesso 11 maggio 2024. |
___________________________________________ | |
NOTE | |
Se tua madre ti cercherą i capelli... | Se questa č la traduzione giusta, si potrebbe significare la ricerca di pidocchi. In altre fiabe la madre fa dimenticare la bella con un bacio. Accade anche che il principe dimentichi la bella che ha lasciato in attesa semplicemente entrando nella sua casa, dove la madre gli ha trovato una sposa (vedi: Ianco viso). |