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C' era 'na
volta 'n re e 'na regina, questa desiderava
de' figlioli e 'un ne poteva avere, si
raccomandava a Dio e a' Santi, ma 'nutilmente.
Alla fine dopo quattro o cinqu' anni diventò
gravida, partorì e fece 'n serpente. Lei e
anche su' marito eran dolenti di questo;
'ntanto però preseno 'na balia 'n casa e
l'allevorno. Venuto all'età di 18 anni
principiò 'l serpente a dire: " Papà, voglio
moglie," 'l padre gli rispose " Ti pare, bimbo
mio, chi vôi che ti pigli? " 'L figlio 'ntanto
'nsisteva col padre che mettesse l'affissi
alle cantonate per annunziar la cosa. Sulle
prime 'un venne alcuna a offrirsi, perchè,
quantunque lo tenessero occulto, tutti però
sapevano che 'l figliôlo del re era 'n
serpente. Finalmente si presentò 'n ômo dal
re, e li disse che la su' figliôla avrebbe
preso volentieri ìl serpente, ma siccome era
povera, toccherebbe al re di provvederli 'l
corredo per le nozze. 'L re acconsentì; si
fece ìl matrimonio cor un bel pranzo. 'L
serpente, quando vedde la su' sposa tutta
vestita 'n gala, li saltò addosso a falli le
feste, e lei lo scansò, dicendoli: " Va via,
che m' insudici l' abito. " Finito 'l pranzo,
venuta la notte, li sposi entrorno nella
camera nuziale, principia a dire 'l serpente:
" Spogliati " e lei 'un voleva, alla fine
ubbidì, entrò 'n letto, s' addormentò, e
quando dormiva, 'l serpente l' ammazzò. Ecco
l' indomani vien l' otto, le nove, le dieci, e
nessuno usciva di camera, 'l re 'un sapeva che
dire, e quindi mandò 'n magnano a buttar giù
la porta e trovò la sposa morta. Dopo cinque o
se' mesi riprincipia 'l serpente a dire a su'
padre: " Pappà, voglio moglie " e al solito 'l
re risponde: " Bimbo mio, chi vôi, che ti
pigli, tanto più ora che sanno, che n' hai
ammazzata già una, " e lui, come prima,
soggiunge: " Tant' è, mettete l' affissi sulle
cantonante per annunziare che voglio ripigliar
moglie. " C'era 'na donna vedova, ch' aveva
'na figliola unica, e costretta dalla msieria
andò dal re e disse: " La mi' figliola sarebbe
disposta a sposare 'l serpente, ma siccome è
povera, e quindi nuda bruca, bisogna che Lei
li faccia 'l corredo per le nozze. " E 'l re
fu contento. Si rifeciono le nozze, e al
solito, quando lei era tutta 'ngalita, 'l
serpente li salta addosso a far le feste, e
lei lo scansa, Dopo, 'n sul bujo, li sposi si
ritirano 'n camera e vanno a letto. 'L
serpente al solito dice alla moglie di
spogliarsi, e lei cerca di esimersene, alla
fine poi l' ubbidisce. Appena coricata col
marito e addormentata 'l serpente l' ammazza.
L' indimani, vedendo 'l re ancora questa volta
nessuno uscir di camera, fa atterrar la porta,
e di nôvo è trovata uccisa la sposa. I
genitori 'un s' azzardavano a dir nulla di
questo al serpente, che anche loro n' aveano
paura. Passato diverso tempo, per la terza
volta disse 'l serpente a su' padre di rivoler
moglie, 'l padre però questa volta volle tener
duro, e rispose che 'un intendeva contentarlo,
chè era sicuro ch' 'un troverebbe più moglie e
ora che n' aveva ammazzate già due, ne
pretendeva ammazzare anche la terza ? Lui
strepita e grida: "Mettete l' affissi sulle
cantonate per invitare alla corte le ragazze,
che per caso mi volessero prendere, se no guai
a voi. " 'L re fu costretto anche questa volta
a contentarlo. C' era 'n poverômo che aveva
'na figliastra, e appena letto l' affisso li
dice tanto per levarsela di torno: " Perchè
non lo sposi te ? " Lei non volea 'n nessun
modo, piangea e spasimava; ma 'l patrigno va
dal re e li dice che la su' figliastra era
pronta a sposare 'l serpente e che uno di que'
giorni gliela avrebbe presentata. Questa
ragazza allora va sulla tomba di su' madre, e
quasichè fosse viva li dice: " Mamma mia, 'l
patrigno mi vôle di legge dare 'n serpente per
marito; come devo fare ? Dimmi quarche cosa. "
Allora lei 'sente subito 'na voce uscir dalla
tomba e dirli: " Sposalo, vai dal re, e fatti
fare sette vestiti, 'l giorno dello sposalizio
te li devi mettere tutti e sette, e quando vai
a letto, e 'l serpente ti dica di levarti il
vestito, e te rispondili di levarsi la prima
pelle, altrimenti ricusa di spogliarti, e così
ogni volta che ti leverai 'n vestito fino al
settimo, falli levare 'na pelle. " Appena
ascoltato 'l discorso della madre, lei sta
zitta, va dal re e li dice, che li faccia
sette vestiti, che quanto al resto è contenta
di sposare 'l serpente. Si fanno le nozze cor
un bellissimo pranzo, e lei si mette tutti e
sette i vestiti. 'L serpente avanti d' andare
a pranzo, scende nel giardino, s' introgola
tutto, po' ritorna su 'n sala e salta addosso
alla sposa e lei l'accarezza con mille parole
dolci.
Finito 'l pranzo, si fa bujo, li sposi si ritirano 'n camera e lui principia a dire: " Levati 'l vestito " e lei li risponde subito " Levati la prima pelle " e così di seguito fino all' ultimo vestito, e all' ultima pelle, alfine dalla settima pelle esce fôri 'n bel giovane e dice: "Bada bene, se tu parli di queste pelli a qualcuno, tu 'un mi vedrai più, io sparirò, bisogna che tu allora consumi sette paja di scarpe di ferro, ed empia sette fiaschetti di lagrime, bada di non manifestar questo " e con tali parole s' addormenta. Lei non potiede stare alle mosse, e appena giorno disse 'n secretezza al re e alla regina: " Vedessero, che bel giovinotto è 'l su' figliolo; per carità non lo dicano a nessuno e 'un vengano neppur loro a vederlo. 'L re e la reglina sclamarono: " Magari si potesse vedere dal buco della chiave ! " Ma 'nvece di notte forzorno la porta, e lo volseno vedere di legge, li dettero 'n bacio, e lui sparì. " Allora lei a piangere tutta dispiacente e a dire al re che voleva partire 'n traccia di su' marito; e alla fine si prende sette paja di scarpe di ferro, e sette fiaschetti, si provvede di molti denari e si mette 'n cammino. N' avea quasi consumato un pajo, quando vede sopra 'n poggio 'n lumicino, picchiò alla porta d' una casina, e domandò 'n po' d' alloggio, raccontò tutto alla donna che li venne a aprire, e questa li disse: " So tutto ; ne devi passare tante prima che ritrovi 'l tu' sposo. Fa' pianino, che c' è l' Orco, e se ti sente, ti mangia " e 'ntanto li dette qualche cosa per ristorarsi, e se n' andò a letto. L' indomani, avanti d' andar via, quella donna li dà 'na nocciôla e li dice: " A 'n tu' bisogno stiaccia questa nocciôla " e po' la giovane si rimette in cammino coll' altre scarpe di ferro. Lontano, lontano 'n sul bujo vede 'n 'altra casa, picchia alla porta e di nôvo chiede 'n po' di alloggio, 'na donna la fa entrare e li dice, che sapeva tutti i su' casi, e era inutile che glieli raccontasse. Li dà qualche cosa da mangiare la sera, po' la manda a letto, e quando 'n sul giorno sta la sposa per andar via, quella donna li dà 'na noce e li dice: " A 'n tu' bisogno àprila. " La sposa si rimette 'cammino tutta piangente, quand' ebbe già consumato quattro paja di scarpe di ferro, e empito sette fiaschetti di lagrime, vede lontano, lontano 'n lumicino, scopre 'n' altra casetta, picchia alla porta e domanda di nôvo alloggio, e 'n' altra donna l' apre, anche questa sapeva tutte le su' traversìe, li dà 'n poco di ristoro, la fa coricare e prima che parta, la mattina li dice: " Se tu vôi trovare 'l tu' sposo, devi andare alla tal città " ( e qui gliene 'ndicò una ) e mentre così parlava, li dette 'na mandorla e soggiunse: " A 'n tu' bisogno stiaccia la mandorla, appena tu sii arrivata davanti al palazzo del re. " Lei così fece, bisogna sapere che 'l giovane su' marito avea ripreso moglie. Quando quella ragazza è giunta avanti al palazzo, stiaccia prima la nocciôla, e subito n' escono fôri ventiquattro pucini d' oro colla su' chioccia pure d' oro. La cameriera che se ne stava alla finestra, disse alla padrona: " Venga 'n poco a vedere che maraviglia, signora, c'è giù 'n donna con ventiquattro pucini d' oro, e la chioccia." La signora s' affaccia alla finestra e, veduto quel prodigio, fa chiamare sù quella ragazza, per vedere, se per caso voleva venderli i pucini e la chioccia. La cameriera li chiese quanto li faceva, e lei rispose nulla, e po' 'nsistendo quella per saperne 'l prezzo, la ragazza soggiunse, ch' avrebbe ceduto i pucini e la chioccia, se la lasciavano per 'na notte sola andare a dormire nella camera del re. La signora al vedere quella ragazza così bella si dimostrava poco disposta a compiacerla, ma la cameriera la consigliò a concederli il su' consenso, chè po' avrebbe lei trovato 'l modo d' alloppiare 'l vino che dovea bere 'l re per potello così addormentare, e questo po' fu fatto. Appena alla metà della cena 'l re per 'l vino bevuto cascava tutto dal gran sonno ch' aveva, e quindi venne portato a letto. La ragazza allora potè entrare nella camera del re, che s' era già coricato, si sedette sur un canapè accanto al letto e cominciò a dirli: " Ho consumato sette paja di scarpe di ferro, ho empito sette fiaschetti di lagrime " e stette tutta la notte spasimando e piangendo a ripeterli questa parole, A pianterreno abitava ' n ciabattino, e sentiva questo mugolìo tutta la notte, e 'un si sapeva raccapezzare cosa fosse mai. La mattina fu aperto l' uscio della camera del re, che dormiva ancora della grossa, la ragazza uscì, ritornò giù 'n piazza stiacciò la noce, e all'improvviso ne sbucarono fôri dodici anatre d' oro; la cameriera andò secondo 'l su' solito dalla signora a chiamarla, perché venisse a vedere questa seconda meraviglia, La ragazza fu nôvamente 'nvitata a vendere quelle dodici anatre d' oro, e lei v' acconsentì alla stessa condizione di prima. La signora dopo avere sulle prime 'n po' titubato, commossa dal medesimo timore, consigliata dalla cameriera, la compiacque. Però la sera s' ebbe la stessa avvertenza di dare il solito oppio al re nel vino, sicchè lui s'addormenta e i servi lo portano di soppeso nel letto, e lasciano po' entrare nella stanza del re la ragazza, che anche quella notte si fa a ripetere i soliti lamenti della notte avanti. Ma tutto fu inutile, chè lui dormì come 'n tasso fino all' alba di Meino; allora lei uscì di camera e ritornò giù 'n piazza. Quando 'l re si fu alzato, e uscì fôri a prendere 'n boccata d'aria, 'l ciabattino, appena lo vedde, levatosi da 'l su bischetto, li mosse incontro e li disse: " Maestà. mi spiega 'n poco, come va, che tutta la notte 'n camera sua si sente una voce che mugola e dice: ( Ho consumato sette paja di scarpe di ferro, e ho empito sette fiaschette di lagrime? ) " Il re rispose: " io 'un ho 'nteso nulla, 'un so nulla, perchè dormo. " Torniamo ora a quella ragazza, che spacca la mandorla, e n'escono fôri ventiquattro ballerine tutte vestite d' oro. La cameriera fa 'l solito discorso alla signora, viene chiamata sù quella ragazza, e acconsente a cederli le ventiquattro ballerine allo stesso patto. Il re cena, e gli è presentato egualmente 'l vino alloppiato. Ma dopo 'l discorso del ciabattino, sospettando qualche cosa fa le viste di bere, e 'nvece getta 'l vino sotto la tavola, po' finge di dormire, al solito è messo a letto; entra la ragazza 'n camera del re, li s' avvicina al letto e li ripete le stesse parole di prima. Al loro sôno si desta subito 'l re, riconosce su' moglie, e 'un vi potete figurare la consolazione reciproca, però lei li dice: " So, ch' hai ripreso moglie, e 'ntanto m' abbandonasti. " Allora lui risponde: " Non pensare a nulla, lascia fare a me, chè alla fine resterai contenta. " 'Ntanto 'l re prepara 'n bellissimo pranzo, fa molti 'nviti alle principali persone della corte, e anche a quella ragazza, ch' avea venduto tutte quelle galanterie. Quando il pranzo fu alle frutte, 'l re cominciò a dire: " Se uno, ch' avesse moglie, ne sposasse poi 'n' altra, quale delle du' donne dovrebbe piuttosto tenere con se, la prima o la seconda ' " E tutti a 'na voce subito sclamarono, senza punto esitare: " La prima. " Allora lui riprese: " Io sono in questo caso " e, dicendo quelle parole, presentò alla comitiva la ragazza, come su' prima moglie, venendo a raccontare tutte le su' vicende, e soggiunse poi, che lui era 'ncantato e via dicendo. La seconda moglie era molto appassionata di questo, ma 'l re li disse: " Tu resterai 'n questo palazzo colla tu' servitù, mantenuta di tutto punto, e io me ne ritornerò cola mi' prima moglie. " E così fece subito senza traccheggiare ; appena 'l padre e la madre lo riveddero, tutti allegri e contenti ordinorno pubbliche feste nella città per celebrare 'l ritorno del figliôlo, quindi 'l sono delle campane, il sôno delle bande per le strade, ove passava, tappeti alle finestre, balli popolari, luminara, e fôchi d'artifizio per manifestare la gioja generale per questo fatto. E poi fu preparato 'n bellissimo pranzo, e se ne stiedero, e se ne godiedero, e a me nulla mi diedero, mi diedero 'n confettino, lo messi 'n quel buchino, andate 'n po' a vedere se c' è sempre. |
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TESTO |
Stanislao Prato,
Quattro novelline popolari livornesi accompagnate da
varianti umbre. Raccolte, pubblicate ed illustrate con
note comparative da Stanislao Prato. Bergamo 1775.
Rist. anast. Sala Bolognese: Arnaldo Forni Editore
1975; pp. 20–24. L'anno della prima edizione riportato
sulla copertina della ristampa anastatica (1775) è da
intendere come 1875. Storia narrata a Stanislao Prato da Ester Misuri, vecchia livornese (così definita all'A. nel testo citato, pag. 24, nota) |
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IMMAGINE | Illustrazione di H.J. Ford; http://contromoda.blogspot.com/2012/11/il-principe-serpente-una-storia-damore.html; ultimo accesso: 18 aprile 2024. |
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NOTE |
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