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«Dovete
sapere che c'era una volta un marito e una
moglie che avevano due figliuoli, un maschio e
una femmina. Erano tanto ricchi che non
sapevano che fare del su' danaro. Viene il
padre alla morte, e chiama la moglie: «Moglie
mia, se tu vieni alla morte, fai testamento».
Eccoti, muore il padre. S'ammala la madre, e
chiama il figlio e la figlia: «Figlio mio, io
sono ammalata: oggi o domani Dio mi chiama a
sè; tutti questi danari e tutto questo bene,
tenetelo in casa». Il figlio dice: «Non
pensate, state contenta; noi faremo cosa
dite». Muore la madre, e rimane il fratello e
la sorella. Cominciano a venire grandi. Il
fratello aveva piacere di prender moglie, e la
sorella aveva piacere di prender marito. Ma il
testamento che aveva lasciato la madre, diceva
che non potevano toccare a nulla, nè oro, nè
argento, nè danaro. Allora il fratello dice
alla sorella: «Godiamoci insieme». La sorella
ingravida, e fa un figliuolo con una
bellissima treccia di capelli tutti rossi. Lo
mettono dentro una cassetta, e lo buttano
dentro di un fiume. La corrente lo porta fuori
verso una isola. C'era un signore che si
buttava in mare. Vedendo questa cassetta, la
prende, l'apre per vedere cosa c'è dentro.
Vede un bellissimo innocente; se lo piglia, se
lo porta a casa e dice alla signora: «Moglie
mia, ho trovato questo bambino in mare, dàgli
un po' di latte, un po' di giulebbe, e faremo
conto che sia nostro figliuolo». Se lo tirano
avanti fino all'età di ott'anni, e lo mandano
a scuola a imparare a leggere e scrivere.
Avevano un altro figliuolo, che sempre gli
diceva: «Non sei il mio fratello: mio padre ti
ha trovato in mare». Questo fanciullo si mette
a piangere e dice: «Caro Signore, il mio
fratello mi pregiudica e mi maltratta; dice
che lei non è mio padre. Lei, Signore, mi dia
la su' santa benedizione; voglio andare a
trovare mio padre e mia madre». Questo povero
fanciullo di ott' anni incomincia a girare il
mondo, e si riduce a chiedere la lemosina.
Poverino, girando per una città, va dentro di
una bottega, e chiede qualche cosa per carità.
C'erano il fratello e la sorella che si
mossero a compassione. «Non abbiamo figliuolo,
non abbiamo nissuno; chiamiamo il povero
fanciullo in casa; diamogli da mangiare e da
bere». Così lo tengono in casa la bontà di
ott' anni. Il fanciullo aveva dunque sedici
anni. Un giorno poi, dice il fratello alla
sorella: «Di', leviamoci da peccato; è tant'
anni che si mangia insieme; abbiamo questo
giovane in casa ott'anni, pigliatelo per
isposo». Dice: «Sì, fratello mio, hai pensato
bene». Dunque la sera che mangiavano insieme,
dice: «Salvatore, sposeresti la mia sorella?
Non ti mancherà niente; qui c'è gran danaro,
qui c'è oro ed argenteria: tu sarai un
Signore». «Contento voi, contento io». Nella
domenica fanno lo sposalizio. Grande allegria.
Quando è la sera, cenano e se ne vanno a letto
a dormire. La sposa si sveglia: «Oimè che
tradimento»! Si leva il fratello del letto,
accorre e domanda: «Cosa è stato»? - «Oh
fratello, ho conosciuto che questo è mio
figlio, ho conosciuto la treccia dei capelli.
C' è un gran peccato». Il giovane si sveglia:
«Cosa avete»? - «Figlio, io ti abbraccio e ti
bacio da figlio; e da marito ti trovo in gran
peccato verso di me». Risponde il figlio:
«Come, voi siete mia madre? quello è mio
padre? Io, vostro figlio, ho fatto un gran
peccato verso di voi. Ma non vi disperate. Io
andrò a patire tutti i miei peccati che ho
verso di voi. Cara madre, caro
padre, datemi la vostra santa benedizione, me
ne voglio andare per il mondo». Se n'andò
dentro di una macchia, e cominciò a mangiare
un poco d'erba selvatica, beveva un po' di
acqua di pozzo, e con quello si tirava avanti.
Si picchiava il petto con una pietra in mano;
sempre faceva orazione a Dio. Fece
quella vita la bontà di due anni. Gli
cresceva
la barba, i capelli; pareva un assassino. Ecco
che muore il santo padre di Roma. Ci vuole un
pellegrino per farlo papa. Incominciano ad
andare per tutte le macchie tutti i cardinali
di Roma. Eccoti che trovano questo, dentro di
una grotta, che si raccomandava a Dio.
Incomincia a gridare il popolo: «Chi sei tu?»
Risponde: «Son cristiano per grazia di Dio» -
«Come sei qua» ? - «Ci sono per i miei gran
peccati». Lo mettono sotto il baldacchino, lo
portano in chiesa di Roma, e lo fanno subito
Santo Padre. Fece attaccare il bando,
qualunque peccato che avessino, che andassero
da lui che gli perdonerebbe. La sorella dice
al fratello: «Abbiamo un gran peccato, e ora
siamo vecchi. Andiamo dal papa di Roma,
vediamo se ci perdonerà i gran peccati che
abbiamo verso di noi» - «Hai ragione, sorella
mia, andiamo». Si mettono in cammino per
andare a Roma. Mentre che se n'andavano per le
strade, videro il santo padre che andava in
processione. Il fratello e la sorella
s'inginocchiano in terra e cominciano a
gridare: «Santo padre, perdono». Il papa si
gira, li conosce tutti e due e gli dice:
«Andate in chiesa; quando avrò fatto il mio
giro, io vi verrò a confessare». Fece il suo
giro e andò in chiesa; diede la sua santa
benedizione e se ne va al confessionario.
Chiama l'uomo e gli dice: «Ditemi i vostri
peccati» - «Ho avuto un figliuolo della mia
sorella: questo figliuolo ho avuto il coraggio
di buttarlo in mare».
Il santo padre dice: «Caro padre, io sono vostro figlio. Io vi perdono tutti i vostri peccati che avete fatti sin dal principio fin a questo giorno»; e gli dà la sua santa benedizione. Si volge della parte della madre. «Ditemi i vostri peccati» - «Santo padre, ho partorito un figliuolo di mio fratello: l'ho buttato in mare. Ho veduto un povero giovane che chiedeva la lemosina, me lo son tirato avanti per otto anni e poi l'ho sposato. Quando l'ho sposato, ho conosciuto che era il mio figliuolo. Padre, perdono» - «Cara madre, sì, io perdono» - «Figlio, adesso sono contenta, e muoio contenta, che tu sei papa». E dicendo queste parole, s'abbracciano tutti e tre. Incominciano a alzare gli occhi al cielo dicendo: «O Dio, ci hai perdonato, adesso andremo alla gloria eterna del santo paradiso». Muoiono tutti e tre abbracciati. Li mettono dentro di un sepolcro, e c'è tuttora nella chiesa di San Pietro di Roma» . |
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TESTO |
Herman Knust, Jahrbuch für Romanische
Literatur, vol. VII; Leipzig, 1866; p. 398;
tradotto da Alessandro D'Ancona che lo cita ne La leggenda di Vergogna
e la Leggenda di Giuda, Gaetano Romagnoli,
Bologna, 1869; pp. 69-77; Il titolo è nostro. La favola, appartenente alla tradizione orale toscana, raccolta da Herman Knust, è riportata da Alessandro D'Ancona senza titolo. https://archive.org/details/laleggendadiverg00dancuoft/page/n7/mode/2up; ultimo accesso 17 aprile 2024. |
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IMMAGINE | Gregorio IX (da un dipinto di
Raffaello), Illustrazione da Paul Lacroix, L'école et la science
jusqu'à la Renaissance, Paris: Firmin-Didot,
1887. https://archive.org/details/lanciennefrance05jacouoft/page/22/mode/2up;
ultimo accesso 17 aprile 2024 |
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NOTE |
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Li mettono dentro di un sepolcro, e c'è tuttora nella chiesa di San Pietro di Roma. | Il nuovo Edipo viene così inserito
nella storia Cristiana, e le chiese che vantano la
sepoltura sua e dei suoi genitori, come San Pietro a
Roma in questa favola, acquistano un valore che
ricorda quello che la città di Atene, dove regna il
giusto re Teseo, acquisisce con la sepoltura di Edipo.
Per questa trasformazione del mito tragico, vedi anche
Enigma Edipo (http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/AF_EE_xxi.html;
ultimo accesso 17 aprile 2024). La favola può considerarsi una versione popolare di Gregorius di Hartmann von Aue (http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/AF/AF_EE_xii_Gregorio_von-Aue.html) |
Gli cresceva la barba, i capelli; pareva un assassino |
Vedi una analoga condotta luttuosa in Apollonio re di Tiro. |