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In Ostia,
antica città non molto lontana da Roma, sí
come tra volgari si ragiona, fu già un
giovane, piú tosto semplice e vagabondo che
stabile ed accorto, e Flamminio Veraldo era
per nome chiamato. Costui piú e piú volte
aveva inteso che nel mondo non era cosa
alcuna piú terribile e piú paventosa de
l’oscura ed inevitabile morte, perciò che
ella, non avendo rispetto ad alcuno, o
povero o ricco che egli si sia, a niuno
perdona. Laonde pieno di maraviglia, tra sé
stesso determinò al tutto di trovare e
vedere che cosa è quello che da’ mortali
morte s’addimanda. E addobatosi di grossi
panni e preso un bastone d’un forte cornio
bene afferrato in mano, da Ostia si partí.
Avendo già Flamminio molte miglia caminato,
giunse ad una strada, nel cui mezzo vide un
calzolaio in una bottega che calzari e uose
faceva. Il quale quantunque grandissima
quantità de fatti ne avesse, pur in farne de
gli altri tuttavia s’affaticava. Flamminio,
accostatosi a lui, disse: – Iddio vi salvi, maestro –. A cui il calzolaio: – Siate il benvenuto, figliuolo mio –. A cui Flamminio replicando disse: – E che fate voi? – Io lavoro – rispose il calzolaio – e stento per non stentare, e pur io stento e mi affatico per far di calzari –. |
C'era
una volta, tanto tempo fa, nella città di
Perdifumo, un povero giovane poco accorto e vagabondo,
che si chiamava Giovannino. La sola cosa che gli
piaceva era ascoltare i discorsi paurosi sulla morte,
e siccome sentiva sempre dire che nel mondo non c'è
cosa più orribile e paurosa, che la morte è oscura e
non si può sfuggirle, perché prima o poi prende tutti,
poveri e ricchi, re e mendicanti, era pieno di
meraviglia, e infine decise di andare per il
mondo per cercare la morte e vedere se era così
paurosa. Così si vestì con i suoi rozzi panni, prese
un bastone di corniolo e partì.
Aveva già fatto
molta strada, quando vide un calzolaio che faceva
scarpe in quantità davanti alla sua bottega, e
nonostante ne avesse già fatte tante continuava a
lavorare senza sosta. "Bentrovato, mastro calzolaio",
disse Giovannino, e il calzolaio gli rispose:
"Benvenuto, giovane". "Che fai?", gli chiese
Giovannino; "Io lavoro," disse il calzolaio, "ho
bisogno di lavorare per non trovarmi nel bisogno,
eppure ho sempre bisogno e mi affatico a fare le
scarpe".
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In
Ostia, an ancient city situated no great
distance from Rome, there lived in former
days, according to the common report, a young
man of a nature rather weak and errant than
stable and prudent, whose name was Flamminio
Veraldo. He had heard it said over and over
again that there was in all the world nothing
more terrible and fright flu than Death, the
dark and inevitable one, seeing that he shows
pity to none, having respect to no man,
however poor or rich he may be. Wherefore,
being filled with wonder at what he had heard,
he determined by himself to find and to see
with his own eyes what manner of thing this
might be which men called Death. And having
attired himself in coarse garments, and taken
in hand a staff of strong cornel-wood well
shod with iron, he set forth from Ostia.
Flamminio, when he had travelled over many
miles of road, came one day into a certain
street, in the midst of which he espied,
sitting in his stall, a cobbler making shoes
and gaiters, and this cobbler, although there
was lying about a great quantity of his
finished work, kept on steadily at his task of
making yet more. Flamminio, going up to the cobbler, said to him, 'God be with you, good master!' and to this the cobbler replied, 'You are right welcome here, my son.' Then said Flamminio, 'What is this task you labour at?' 'I labour indeed,' replied the cobbler, 'and toil hard that I may not languish in want. Nevertheless, I am in want, and I weary myself over making shoes.' |
Disse Flamminio: – E per far che? voi tanti n’avete, e a che farne piú? – A cui rispose il calzolaio: – Per portarli, per venderni per sustentamento e di me e della mia famigliuola, e acciò che quando sarò vecchio possi sovenire del danaro guadagnato. E poi – disse Flamminio – che sarà? – Morire, – rispose il calzolaio. – Morire? – replicando disse Flamminio. – Sí, – rispose il calzolaio. – O maestro mio – disse allora Flamminio – mi sapreste voi dire che cosa è questa morte? – In vero no – rispose il calzolaio. – L’avete voi giamai veduta? – disse Flamminio. A cui rispose il maestro: – Io né la vidi né vederla né provarla mai vorrei, che dicessi da tutti ugualmente che ella è una strana e paventosa bestia –. Allora disse Flamminio: – Me la sapereste voi almeno insegnare, o dirmi dove ella si trovi? per ciò che giorno e notte, per monti, per valli e per stagni la vo cercando, e novella alcuna di lei non posso persentire. – A cui rispose il calzolaio: – Io non so dove la stia, né dove ella si trovi, né come fatta sia, ma andatevene piú inanzi che forse la trovarete. – Tolta adunque licenza Flamminio e partitosi dal calzolaio, andossene piú oltre, dove trovò un folto e ombroso bosco, ed entratovi dentro, vide un contadino che aveva tagliate molte legna da brusciare e a piú potere ne andava tagliando. E salutatosi l’uno e l’altro, disse Flamminio: – Fratello, che vuoi far tu di tante legna? – A cui il contadino rispose: – Io l’apparecchio per fare del fuoco questo verno, quando saranno le nevi, i ghiacci e il bruma malvagio, acciò che io possa scaldare e me e li miei figliuoli, e lo soprabondante vendere per comprare pane, vino, vestimenti e altre cose necessarie per lo viver quotidiano, e cosí passare la vita nostra sino alla morte. – Deh, per cortesia – disse Flamminio – mi saperesti insegnare dove si trovi questa morte? – Certamente no – rispose il contadino – perciò che io non la vidi mai, né so dove ella dimori. Io stanzio in questo bosco tutto il giorno e attendo allo essercizio mio e pochissime persone passano per questi luochi e manco ne conosco. – Ma come potrò far io a trovarla? – disse Flamminio. A cui il contadino rispose: – Io non ve lo saprei dire, né meno insegnare, ma camminate piú innanzi ché forse in lei vi incapperete. – E tolta licenza dal contadino si partí e tanto caminò, che giunse ad un luoco dove era un sarto che aveva molte robbe su per le stanghe e uno fondaco di varie e bellissime vestimenta pieno. A cui disse Flamminio: – Iddio sia con voi, maestro mio –. A cui lo sarto: – E con voi sia ancora. – E che fate voi – disse Flamminio – di sí belle e ricche robbe e sí onorate vestimenta? sono tutte vostre? – |
Giovannino disse:
"Ma perché? ne hai già tante, perché ne fai delle
altre?", e gli rispose il calzolaio: "Le indosserò e
le venderò, per mantenere me e la mia famiglia, e poi
voglio mettere qualche soldo da parte per quando
sarò vecchio ". "E poi," disse Giovannino, "che
succederà?". "Dopo non ci sarò più". "Perché?", chiese
Giovannino; "Perché verrà la morte e con lei non c'è
nulla da fare", gli rispose il calzolaio. "O
calzolaio", disse allora Giovannino, "mi puoi dire
cos'è questa morte?". "No davvero", rispose il
calzolaio. "L'hai mai vista?" chiese Giovannino; "Non
l'ho vista, e non vorrei vederla né provarla mai,
perché tutti dicono che è una brutta bestia paurosa",
rispose il calzolaio continuando a lavorare. Allora
Giovannino gli disse: "Mastro calzolaio, potresti
almeno insegnarmi dove sta? perché io la sto cercando
giorno e notte, per monti e per valli, e non riesco a
sapere nulla di lei". Il calzolaio gli rispose: "Io
non so dove sta, né dove si trova, né com'è fatta: ma
tu va' avanti, che forse la incontrerai".
Giovannino andò
avanti, e un giorno arrivò a un fitto bosco, entrò
sotto gli alberi ombrosi e vide un contadino che aveva
tagliato tanta legna da bruciare, e continuava a
tagliarne senza mai fermarsi. Si salutarono e
Giovannino disse: "O contadino, che vuoi farne di
tanta legna?"; il contadino rispose: "Ci farò il fuoco
quest'inverno, quando ci saranno la neve, il ghiaccio
e la triste nebbia, così potrò scaldarmi con i miei
bambini, e altra legna la venderò per comprare pane,
vino, vestiti, e tutto quello che serve per mantenersi
finché non viene la morte". "Ti prego contadino,"
disse Giovannino, "mi sapresti insegnare dove si trova
questa morte?". "No davvero," disse il contadino
continuando a tagliare legna, "perché io non l'ho mai
vista e non so dove si trova. Sto in questo bosco
tutto il giorno a fare il mio lavoro e passano
di qua pochissime persone, che io non conosco
nemmeno". "Ma allora, come farò a trovarla?",
disse Giovannino; e il contadino gli rispose: "Io non
te lo so dire, e nemmeno insegnare: ma va' più oltre,
che forse te la troverai davanti".
Giovannino
salutò il contadino e ripartì, e dopo aver
camminato a lungo arrivò da un sarto, che appesi
dappertutto aveva abiti molto belli e di tutte le
fogge. Giovannino gli disse: "Buona giornata,
mastro sarto", "Buona giornata anche a te,
giovane", gli rispose il sarto. "Che ne fai di
questi begli abiti, lussuosi ed eleganti? sono tutti
tuoi?". |
'Why do you thus,'
said Flamminio, 'seeing that you
have so many pairs made already?
What is the good of making more?' 'I
make them,' said the cobbler, 'to
wear myself, to sell for my own
sustenance and for the sustenance of
my little household, and in order
that when I become an old man I may
be able to live on the money I have
made by my handicraft.' 'And what will you do next?' asked Flamminio. 'After this,' said the cobbler, 'I shall die.' 'You will die V cried Flamminio in reply. 'Yes,' said the cobbler. Then cried Flamminio, 'Oh, my good master! can you of your own knowledge tell me what may be this thing they call Death?' The cobbler answered, 'Of a truth I cannot.' 'What, have you never seen him?' said Flamminio. To this master cobbler made answer, 'I have never seen him, nor have I any wish to see him now, or to taste his quality. Moreover, all men say that he is the strangest and most terrible monster the world holds.' Then Flamminio said, 'At least you will be able of your knowledge to teach me and tell me where he abides, because day and night I wander over mountains and through valleys and swamps seeking him without ever hearing tiding as to where he may be found?' The cobbler answered, 'I know nothing as to where Death may dwell, nor where he is to be found, nor what he is made of; but if you go on with your journey somewhat farther, peradventure you will find him.' Whereupon Flamminio, having taken his leave, parted from the cobbler, and betook himself onwards to a spot where he came upon a dense and shadowy forest, and entered therein in a certain place he saw a peasant, who, though he had already cut a vast pile of wood for burning, went on cutting more with all his might. And when they had exchanged greetings one with another, Flamminio said to him, 'My brother, what are you going to do with so vast a heap of wood as this?' And to this the peasant made answer, 'I am preparing it to kindle lire therewith in the winter that is coming, when we shall have snow and ice and villainous mist, so that I may be able to keep warm myself and my children, and to sell whatsoever may be to spare, and to buy with the profit thereof bread and wine and clothing, and all other things which may be necessary for our daily sustenance, and thus to pass our lives until Death comes to fetch us.' 'Now, by your courtesy,' said Flamminio, 'could you tell me where this same Death is to be found?' 'Of a surety I cannot,' the peasant replied, 'seeing that I have never once seen him, nor do I know where he abides. I am here in this wood all the day long taking heed to my own affairs. Very few wayfarers come into these parts, and I know none of those who pass by.' 'What then shall I do to find him?' demanded Flamminio; and to this the peasant made answer, 'As to myself, I know not at all what to say to you nor how to direct you. I can only bid you to travel yet farther onward, and then peradventure you may meet with him.' Having taken leave of the peasant, Flamminio departed and walked and walked until he came to a certain place where dwelt a tailor, who had a vast store of clothes upon the pegs, and a ware house filled with all kinds of the finest garments. Said Flamminio to him, 'God be with you, my good master!' and the tailor replied, 'And the same good wish to you.' 'What are you going to do with all this store of fair and sumptuous raiment, and all the noble garments I see here? Do they all belong to you?' |
A cui rispose il maestro: – Alcune sono mie, alcune di mercatanti, alcune di signori e alcune di diverse persone. – E che ne fanno di tante? – disse il giovane. A cui lo sarto rispose: – Le usano in diversi tempi – e mostrandogliele, diceva – queste lo state, quelle lo verno, quest’altre da mezzo tempo, e quando l’una e quando l’altra si vesteno. – E poi, che fanno?– disse Flamminio. – E poi – rispose lo sarto – vanno cosí scorrendo sino alla morte –. Sentendo nominare Flamminio la morte, disse: – O dolce mio maestro, mi sapereste voi dire dove si trovi questa morte? – Rispose lo sarto quasi d’ira acceso e tutto turbato: – O figliuolo mio, voi andate addimandando le strane cose. Io non ve lo so dire né insegnare dove si trovi, né di lei giamai pur mi penso, e chiunque me ne ragiona di lei, grandemente mi offende, però ragioniamo d’altro, o partitevi di qua, ché io sono nemico de tai ragionamenti –. E preso commiato da lui, si partí. Aveva già scorso Flamminio molti paesi, quando aggiunse ad uno luogo deserto e solitario, dove trovò uno eremita con la barba squalida e da gli anni e dal digiuno tutto attenuato: aveva la mente sola alla contemplazione; e pensò che egli nel vero fusse la morte. A cui Flamminio disse: – Voi siate il ben trovato, padre santo. – E voi il ben venuto, il mio figliuolo – rispose lo eremita. – O padre mio – disse Flamminio – e che fate voi in questo alpestre e inabitabile luogo, privo d’ogni diletto e d’ogni consorzio umano? – Io mi sto – rispose lo eremita – in orazioni, in digiuni e contemplazioni. – E per far che? – disse Flamminio. – Oh, perché, figliuolo mio? per servir a Dio e macerar questa misera carne – disse lo eremita – e far penitenza di tante offese fatte all’eterno e immortal Iddio e al vero figliuolo di Maria, e finalmente per salvar quest’anima peccatrice, acciò che quando verrà il tempo della morte mia, io gliela rendi monda d’ogni difetto. E nel tremendo giorno del giudicio, per grazia del mio redentore, non per meriti miei, mi faccia degno della felice e trionfante patria, e ivi goda i beni di vita eterna alla quale Iddio tutti ci conduchi. – O dolce padre mio, ditemi un poco – disse Flamminio – se non v’è a noia, che cosa è questa morte, e come è fatta ella? – A cui lo santo padre: – O figliuol mio, non ti curar di saperlo, perciò che ella è una terribile e paventosa cosa e s’addimanda da’ sapienti ultimo termine de’ dolori, tristezza de’ felici, desiderio de’ miseri e fine estremo delle cose mondane. Ella divide l’amico dall’amico, separa il padre dal figliuolo e il figliuolo dal padre, spartisse la madre dalla figliuola e la figliuola dalla madre, scioglie il vincolo matrimoniale e a fine disgiunge l’anima dal corpo, e il corpo sciolto dall’anima non può piú operare, ma viene sí putrido e sí puzzolente, che tutti l’abbandonano e come cosa abbominevole il fuggono. – Avetela mai veduta voi, padre mio? – disse Flamminio. – Ma di no – rispose lo eremita. – Ma come potrò io fare di vederla? – disse Flamminio. – Ma se voi desiderate, figliuolo mio – disse lo eremita – di trovarla, andatevene piú oltre ché voi la trovarete, perciò che l’uomo, quanto piú in questo mondo camina tanto piú s’avicina a lei –. Il giovane ringraziato ch’ebbe il santo padre e tolta la sua benedizione, si partí. Continovando adunque Flamminio il suo viaggio, trapassò molte profonde valli, sassose montagne e inospiti boschi, vedendo vari e paventosi animali, dimandando a ciascuno s’egli era la morte. A cui tutti rispondevano non esser lei. Or avendo scorso molti paesi e vedute molte strane cose, finalmente giunse ad una montagna di non picciola altezza, e quella trapassata, discese giú in una oscura e profondissima valle chiusa di alte grotte, dove vide una strana e mostruosa fiera, la quale con suoi gridi faceva rimbombare tutta quella valle. A cui Flamminio disse: – Chi sei tu? Ollà? saresti mai tu la morte? – A cui la fiera rispose: – Io non sono la morte, ma segui il tuo camino ché tosto la troverai –. Udita Flamminio la desiderata risposta, molto si rallegrò. Era già il miserello per la lunga fatica e duro strazio per lui sustenuto stanco e semi morto, quando come disperato giunse ad un’ampia e spaziosa campagna, e asceso un dilettevole e fiorito poggetto non molto eminente e remirando or quinci or quindi, vide le mura altissime d’una bellissima città che non era molto lontana, e postosi a camminare con frettoloso passo, nel brunire della sera, ad una delle porte pervenne, la quale era adornata di finissimi e bianchi marmi. Ed entratovi dentro, con licenza però del portinaio, nella prima persona ch’egli s’abbattè, s’incapò in una vecchiarella molto antica e piena di grand’anni, di volto squalida, ed era sí macilente e macra che per la sua macrezza tutte le ossa ad una ad una si arebbono potuto annoverare. Costei aveva la fronte rugosa, gli occhi biechi, lagrimosi e rossi che la porpora somigliavano, le guanze crespe, le labbra riversate, le mani aspere e callose, il capo e la persona tutta tremante, lo andar suo curvo, e de panni grossi e bruni addobata. Oltre ciò, ella teneva dal lato manco una affilata spada e nella destra mano un grosso bastone, nell’estremità del quale eravi una punta di ferro fatta in vece d’un trimanino sopra del quale alle volte si riposava. Appresso questo ella aveva dietro le spalle una grossissima bolgia nella quale riservava ampolle, vasetti e albarelli tutti pieni di vari liquori, unguenti ed empiastri a diversi accidenti appropriati. Veduta ch’ebbe Flamminio questa vecchia disdentata e brutta, imaginòsi che ella fusse la morte che egli cercando andava, ed accostatosi a lei, disse: – O madre mia, Iddio vi conservi –. A cui con chioccia voce la vecchiarella rispose: – Ancora te, figliuolo mio, Iddio salvi e mantenga. – Sareste voi per aventura la morte, madre mia? – disse Flamminio. – No – rispose la vecchiarella – anzi io sono la vita. E sapi che io mi trovo aver qua dentro in questa bolgia, che io porto dietro le spalle, certi liquori ed unzioni che, per gran piaga che l’uomo abbi nella persona, io con agevolezza la risano e saldo, e per gran doglia che egli parimenti si senta in picciol spacio d’ora levoli ogni dolore –. Disse allora Flamminio: – O dolce madre mia, mi sapreste voi insegnare dove ella si trovi? – E chi se’ tu che cosí instantemente mi dimandi? – disse la vecchiarella. A cui Flamminio rispose: – Io sono un giovanetto, che già sono passati molti giorni, mesi e anni che la vo cercando, né mai ho potuto trovare persona in luoco alcuno che me l’abbia saputa insegnare. Laonde se voi siete quella, ditemelo per cortesia per ciò che assai desidero e di vederla e di provarla, acciò che io sappia se ella è cosí diforme e paventosa, sí come è da ciascuno tenuta –. La vecchiarella, udendo la sciocchezza del giovane, dissegli: – Quando ti aggrada, figliuolo mio, farotila vedere quanto ella è brutta e quanto paventosa ancora provare –. A cui Flamminio: – O madre mia, non mi tenete piú a bada, omai fate che io la veggia –. La vecchiarella per compiacergli lo fece ignudo spogliare. Mentre che il giovanetto si spogliava, ella certi suoi empiastri a diverse infermità oppurtuni incorporò, e preparato il tutto, dissegli: – Chinati giú, figliuolo mio –. Ed egli ubidiente s’inchinò. – Piega la testa e chiudi gli occhi – disse la vecchia; e cosí fece. Né appena aveva fornito di dire che prese la coltella che dallato teneva e in un colpo il capo gli spiccò dal busto. Dopo presa immantinente la testa e postala sopra il busto, l’impiastracciò di quegli empiastri che preparati aveva e con agevolezza il risanò. Ma come il fatto andasse dir non so: o che fusse per la prestezza della maestra in ritornar il capo al busto, o perché ella astutamente il facesse, la parte della testa posteriore mise nell’anteriore. Onde Flamminio, guattandosi le spalle, le reni e le grosse natiche e scolpite in fuori, che per a dietro vedute non aveva, in tanto tremore e pavento si puose, che non trovava luoco dove celare si potesse, e con dolorosa e tremante voce diceva alla vecchia: – Ohimè, madre mia, ritornatemi com’era prima, ritornatemi per lo amore de Iddio, perciò che io non vidi mai cosa piú diforme né piú paventosa di questa. Deh, removetemi vi prego da questa miseria, nella quale inviluppato mi veggio. Deh, piú non tardate, dolce madre mia, porgetemi soccorso, ché agevolmente porgere me lo potete –. La vecchiarella astuta taceva, fingendo tuttavia di non essersi aveduta del commesso fallo e lasciavalo ramaricarsi e cuocersi nel suo unto. Finalmente avendolo cosí tenuto per spazio di due ore e volendoli remediare, da capo il fece inchinare, e messa mano alla tagliente spada, la testa gli troncò dal busto. Dopo presa la testa in mano e accostatala al busto e unta con suoi empiastri, nel primo suo esser ritornare il fece. Il giovane, vedendosi ridotto nel pristino suo stato, de’ suoi panni si rivestí, e avendo veduta la paura e per isperienza provato quanto brutta e paventosa era la morte, senza altro commiato prendere dalla vechiarella, per la piú breve e ispedita via ch’egli seppe e puoté ad Ostia se ne ritornò, cercando per lo innanzi la vita e fuggendo la morte, dandosi a miglior studi di quello che per lo a dietro fatto aveva. |
Il sarto gli
rispose: "Certi sono miei, certi di mercanti, certi di
nobili e certi di altre persone". "E cosa se ne fanno,"
gli chiese Giovannino, "di tanti vestiti?". "Li
indossano secondo il tempo", rispose il sarto, e
facendoglieli vedere spiegava: "questi sono da estate,
questi da inverno, questi per la mezza stagione, certe
volte si mettono gli uni, certe volte gli altri".
"E poi che fanno?", disse Giovannino. "E poi passano la
loro vita finché non viene la morte", rispose il sarto
continuando a cucire. Sentendo parlare della morte
Giovannino disse: "Mastro sarto, mi puoi dire dove si
trova questa morte?". Il sarto, turbato e quasi
arrabbiato gli rispose: "O giovane, mi vieni a domandare
cose strane. Io non te lo so dire né insegnare dove si
trova, e non ci penso mai, e chiunque mi viene a parlare
di lei mi fa una grossa offesa; quindi cambiamo
argomento, oppure levati di qua, perché non voglio
saperne di questi discorsi", e dopo queste parole lo
salutò.
Giovannino aveva già visitato molti paesi, quando arrivò in un luogo deserto e solitario, dove vide un eremita in ginocchio, tutto assorto nella contemplazione, con la barba ispida, smagrito per gli anni e per i digiuni; Giovannino pensò quasi che fosse la morte e gli disse: "Bentrovato eremita". "Che tu sia il benvenuto, figliolo", rispose l'eremita. "Che cosa fai in questo posto scomodo e inospitale, dove non c'è nulla di piacevole e non ci sono uomini?". "Io dico le preghiere," rispose l'eremita, "faccio i digiuni e le contemplazioni". "E perché lo fai?", disse Giovannino: "E me lo domandi, figliolo?" gli rispose l'eremita restando in ginocchio, "per servire Dio e mortificare la carne, per i poveri peccatori e per salvare la mia anima, così quando verrà la morte sarà pura e libera da tutte le colpe. Perché, quando verrà il giorno tremendo del giudizio, il Signore con la sua bontà mi accolga nel paradiso, dove vorrei che tutti potessimo andare dopo la nostra morte". "Caro eremita, dimmi un po'" gli chiese Giovannino, "se non ti dispiace, che cos'è questa morte, e com'è fatta?". Il santo eremita gli rispose: "Caro figliolo, non cercare di saperlo, perché è una cosa orribile e paurosa, i sapienti dicono che è l'estremo dolore, la tristezza di chi è felice, il desiderio di chi soffre, e la fine di tutte le cose di questo mondo. Separa l'amico dall'amico, il padre dal figlio e il figlio dal padre, la figlia dalla madre e la madre dalla figlia, scioglie l'unione degli sposi e infine divide l'anima dal corpo, e il corpo senz'anima non può fare più nulla, diventa così marcio e puzzolente che tutti lo abbandonano e fuggono da lui perché ne provano orrore". "O eremita, tu l'hai mai vista la morte?", gli chiese Giovannino, "No davvero", gli rispose quello; "Ma io come potrò fare a vederla?", gli chiese allora Giovannino. "Se tu desideri trovarla," rispose l'eremita, "va' più avanti, perché in questo mondo più si cammina e più ci si avvicina a lei". Il giovane ringraziò l'eremita che gli diede la benedizione, e ripartì. Continuando il suo viaggio Giovannino attraversò profonde vallate, monti di pietra e boschi inospitali, vedeva lungo il cammino animali diversi e paurosi, e chiedeva: "Sei la morte?", ma ciascuno di loro gli rispondeva: "No, non sono io la morte". Dopo essere passato per numerose regioni e aver visto tante cose strane, Giovannino arrivò ai piedi di un'alta montagna, e dopo averla valicata si trovò in una valle profonda e cupa, chiusa da alte grotte, dove vide un animale mostruoso, che con i suoi gridi faceva rimbombare tutta la valle. Giovannino gli chiese: "Chi sei? Ehi, sei forse tu la morte?". "Io non sono la morte," rispose l'animale feroce, "ma continua a camminare, che presto la troverai". Sentendo la risposta che desiderava tanto, Giovannino fu molto contento. Il povero giovane camminò ancora, tanto che dopo tutta la strada che aveva percorso e le privazioni che aveva patito si sentiva stremato e mezzo morto, quando giunse in una campagna vasta e aperta, salì su una dolce collina fiorita, e guardandosi attorno vide una bellissima città circondata da alte mura. Tornò a sperare e si rimise in cammino, e all'imbrunire arrivò a una porta, ornata di bellissimi marmi bianchi, dalla quale entrò nella città col permesso del portinaio. La prima persona che si trovò davanti fu una vecchia che doveva avere innumerevoli anni, bassa di statura, mesta in viso, e così secca e consunta che le si potevano contare le ossa. Aveva la fronte rugosa, gli occhi torti, lacrimosi e arrossati, le guance increspate, le labbra cadenti, le mani storte e callose, tremolava tutta, camminava curva, ed era vestita di panni rozzi e scuri. A sinistra aveva una spada dalla lama affilata e nella mano destra teneva un grosso bastone che in cima aveva un arnese a tre punte al quale si appoggiava per riposarsi, mentre sulle spalle portava una enorme borsa. Quando vide questa vecchina brutta e sdentata, Giovannino pensò che fosse la morte che cercava da tanto tempo, e avvicinandosi le disse: "Bentrovata nonnina", e la vecchia con voce roca e flebile gli rispose: "Benvenuto giovane". "Per caso, sei proprio tu la morte?" chiese Giovannino; "No," rispose la vecchina, "io sono la vita. E sai cosa c'è nella mia borsa? E' piena di ampolle, vasetti e barattoli di pozioni, unguenti e pomate per tutte le malattie degli uomini. Se un uomo ha una ferita, anche grandissima, io con amore gliela curo e la faccio risarcire, e se soffre anche di un dolore insopportabile, in poco tempo posso farglielo passare completamente". "Nonnina," disse allora Giovannino, "potresti insegnarmi dov'è la morte?". "Ma chi sei tu che con tanta insistenza mi fai questa domanda?", disse la vecchina; e il giovane le rispose: "Io sono Giovannino, che da tanti giorni, da tanti mesi e da tanti anni la sto cercando, e non ho mai trovato nessuno da nessuna parte che me l'abbia saputa indicare. Perciò, se tu sei lei, dimmelo per piacere, perché il mio desiderio è di vederla e di provarla, per sapere se davvero è mostruosa e paurosa come tutti la descrivono". Sentendo questa pazzia la vecchina gli disse: "Se vuoi, figlio mio, te la farò vedere brutta com'è, e ti farò anche provare quanto fa paura". Giovannino allora le disse: "Cara nonnina, non farmi più aspettare, fammela vedere subito". La vecchina per accontentarlo gli disse di denudarsi, mentre si spogliava preparò un composto mescolando creme, unguenti e pozioni adatti a diverse malattie, e quando fu pronta gli disse: "Chinati bene, figlio mio", e lui subito si inchinò. "Piega la testa e chiudi gli occhi", gli ordinò allora la vecchia, e lui le obbedì: la vecchina prese la spada che aveva a sinistra e con un colpo gli tagliò la testa di netto. Poi prese la testa, la poggiò sul collo, spalmò sulla giuntura un po' di quel composto che aveva preparato, e gliela riattaccò. Ma non si è saputo come mai, se la vecchina fece troppo in fretta o se lo fece di proposito, gli aveva attaccato la testa rigirata. Giovannino riaprì gli occhi, si guardò la schiena, i lombi e il didietro grosso e sporgente, cosa che non aveva mai visto prima, e si impaurì tanto che cominciò a tremare e non sapeva dove nascondersi, mentre con voce disperata e tremante supplicava la vecchia: "Ah, povero me! che orrore! fammi tornare com'ero prima, rimettimi a posto nonnina per l'amor del cielo, non ho mai visto nulla di così brutto e pauroso! Che disgrazia! Levami, ti prego, da questa condizione orribile nella quale sono finito! Aiuto! Non lasciarmi così, soccorrimi subito tu che puoi, nonnina bella, non farmi più aspettare!". La vecchina la sapeva lunga e stava zitta, fingendo di non accorgersi del suo errore lo lasciava piangente a bollire nel suo brodo. Alla fine, dopo avergli fatto passare parecchie ore in quelle condizioni, gli ordinò di chinarsi di nuovo, e con un colpo di spada gli ritagliò la testa. Poi la prese in mano, la rimise sul collo spalmando la ferita col suo unguento e immediatamente la testa si riattaccò come prima. Giovannino, accorgendosi che era tornato normale, si rivestì, e avendo visto e provato la paura capì che la morte è brutta e terrificante. Scegliendo le vie più diritte e meno accidentate tornò a Perdifumo più alla svelta che potè, e da allora in poi cercò la vita ed evitò la morte, trovando molte cose che prima non poteva vedere. |
Then the master tailor made
answer, 'Certain of them are my own, some
belong to the merchants, some to the
gentlefolk, and some to various people who
have dealings with me.' 'But what use can
they find for so many?' asked Flamminio.
'They wear them in the different seasons of
the year,' the tailor answered, and showing
them all to Flamminio, he went on, 'These
they wear in the summer and these in the
winter, and these others in the seasons
which come between, clothing themselves
sometimes in one fashion and sometimes in
another.' 'And in the end what do they do?'
asked Flamminio. The tailor answered, 'They
go on in this course until the day of their
death.' Flamminio hearing the tailor speak
of Death said, 'Oh, my good master could you
tell me where I may find this Death you tell
of?' The tailor, speaking as if he were
inflamed with anger and perturbed in spirit,
said: 'My son, you go about asking questions
which are indeed strange. I surely cannot
tell you nor direct you where he may abide,
for I never let my thoughts turn to him, and
it is an occasion of great offence to me
when anyone begins to talk of him. Wherefore
I bid you either to discourse of some other
matter or to go your way, for all such talk
as this displeases me vastly.' And
Flamminio, having taken leave of the tailor,
departed on his journey. |
RIFERIMENTI E NOTE |
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TESTO | Le piacevoli notti.
A cura di Donato Pirovano. Roma: Salerno
Editrice, 2000. 2 Tomi. Tomo I, Notte quarta,
Favola V, pp. 309–319. Vedi anche: http://www.intratext.com/IXT/ITA2969/_INDEX.HTM; consultato il 2 maggio 2024. |
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TRADUZIONE
ITALIANA |
© Adalinda
Gasparini (Firenze: Giunti 1996),
da
Giovan Francesco Straparola (1554–1557) Le piacevoli notti.
Notte quarta, favola V. |
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ENGLISH
TRANSLATION |
The
Facetious Nights of Straparola. Now first
translated into English by W. G. Waters. Choicely
Illustrated by Jules Garnier and A. R. Hughes, A.R.W.S.
In Four Volumes. London: Privately Printed for Members
of the Society of Bibliophiles 1901. In Four Volumes.
Volume I, pp. 402; Volume II, pp. 376. Tratto da/Retrieved from: Internet Archive, https://archive.org/stream/italiannovelists01wateiala#page/n13/mode/2up (Volume I); https://archive.org/stream/italiannovelists02wateiala#page/176/mode/2up (Volume II); consultati/accessed: 2 maggio 2024. Night the Fourth, The Fifth Fable; pp. 112-131. |
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IMMAGINI | Medioevo laborioso. Sarti e
calzolai. https://it.topwar.ru/220030-trudoljubivoe-srednevekove-portnye-i-sapozhniki.html ultimo accesso: 2 maggio 2024 |
___________________________________________ NOTE |
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...Ma segui il tuo camino ché tosto la troverai. |
Ciò di cui Flamminio va in cerca, la morte, si trova camminando. Pare che Flamminio ignori quel che sanno ciabattini, sarti, taglialegna, eremiti e bestie feroci: che è la sola cosa che si trova con certezza, prima o poi, senza bisogno di cercarla. Per un confronto con altre storie di impavidi attanti fiabeschi che a volte vanno in cerca della paura, altre semplicemente vanno in giro senza meta, vedi: A. Gasparini: La fiaba, la morte, la paura, 1994. |
FABULANDO CARTA FIABESCA DELLA SUCCESSIONE |
Vedi anche, in Fabulando. Carta fiabesca della successione, nel Fairinfo, la nota dedicata alla fiaba Giovannino e la Pelle d'oca, versione di Wilhelm Grimm: http://www.fairitaly.eu/joomla/Fabulando/Fairinfo-IT.html#Pelledoca. |