LUNGO IL NASTRO DI MŒBIUS
LE FORMICHE DI ESCHER, IL CANONE DEL GRANCHIO DI BACH
UNA POESIA OULIPIANA,
E LA NOVELLA DELLO STENTO








LE FORMICHE DI ESCHER


Si può pensare al nastro di
Mœbius di Escher come percorso da una sola formica rappresentata nelle diverse posizioni, oppure da nove formiche in fila indiana: in ogni caso camminano e camminano  rifacendo lo stesso percorso, sulla superficie unica non orientabile del nastro, che ricorda il simbolo di infinito .
Si possono vedere online altre formiche di Escher che camminano e camminano sul nastro (
http://www.youtube.com/), e un filmato in cui si costruiscono un nastro di Mœbius e i nodi ricavati tagliando il nastro in senso longitudinale (http://www.youtube.com/). Questi nodi, derivando da operazioni di taglio, non sono omeomorfi al nastro di Mœbius, come questo non è omeomorfo al rettangolo di carta, dal quale si ottiene con un'operazione di incollaggio.









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IL CANONE DEL GRANCHIO DI J. S. BACH

Da "Percorsi strani. Fisica, computazione, filosofia"
(http://strangepaths.com/):

Nell’enigmatico Canone 1 a 2 dell’”Offerta musicale” di J. S. Bach (1747), il manoscritto mostra un solo pentagramma il cui inizio è collegato con la fine. Questo spazio è topologicamente equivalente a un fibrato del segmento sulla circonferenza, conosciuto sotto il nome di nastro di Möbius. L’esecuzione simultanea dei due cammini semplice e retrogrado dà luogo a due voci, la cui simmetria determina una evoluzione reversibile.

Nel sito si può vedere la raffinata animazione creata in POV-Ray da Jos Leys, e ascoltare la musica eseguita da Xantox con Clavicembalo fiammingo Post, manuale superiore.














Italo Calvino a una riunione dell'OULIPO. Parigi, 1975

POESIA CON METAMORFOSI PER NASTRO DI MŒBIUS


Da OULIPO, La letteratura potenziale. Creazioni Ri-creazioni Ricreazioni; edizione italiana a cura di Ruggero Campagnoli e Yves Hersant; Bologna: CLUEB 1973; pp. 258-259. (Le parti scritte in verde scuro sono riportate direttamente dal testo citato, quelle in nero sono leggermente modificate riguardo alle istruzioni)

Utilizzando il classico nastro a una sola faccia e a un solo bordo, è possibile, grazie a semplicissime manipolazioni, far subire a una poesia delle trasformazioni, che ne modificano il senso in modo spettacolare e curioso. Si ha l'impressione di un numero di prestidigitazione, e invece non lo è affatto, perché l'operazione può farsi al rallentatore e sotto il naso di chi osserva. Si tratta invece di un'applicazione alla poesia delle proprietà matematiche ben note di questo nastro, scoperte nel XIX secolo dal matematico e astronomo tedesco Mœbius.


      
       S  g  o  b  b  a  r  e     s  e  n  z  a      p  o  s  a

       P  e  r     m  e     è     u  n  a     g  r  a  n     c  o  s  a  

       N  o  n     p  o  s  s  o    o  z  i  a  r  e    i  n    p  a  c  e

       I  l    l  a  v  o  r  o     m  i     p  i  a  c  e  . . .


       è    u  n  a     v  e  r  a    a  g  o  n  i  a

       i  l    t  e  m  p  o    b  u  t  t  a  r    v  i  a

       e    s  o  f  f  r   o    i  n    a  b  b  o  n  d  a  n  z  a

       q  u  a  n  d  o    s  o  n  o    i  n    v  a  c  a  n  z  a




1° METODO: LETTURA DIRETTA
Si prende una striscia di carta molto allungata. Su una faccia, si scrive la prima metà della poesia.
Si fa ruotare la striscia intorno al lato lungo, e sulla seconda faccia si scrive la seconda metà della poesia.
Dopo aver operato una torsione di mezzo giro, si incollano una sull'altra le due estremità della striscia.
Si ottiene così un nastro di Mœbius [...] che si legge da un capo all'altro senza che lo si debba voltare, perché ha una sola faccia. (L'inizio è qui indicato da un asterisco. Alla fine di ogni riga, seguire la freccia).

Esempio:
Sia data una striscia di carta piuttosto lunga, e si scriva sulla prima faccia:

A                                                                                                                B
 
     *    S  g  o  b  b  a  r  e     s  e  n  z  a      p  o  s  a


         P  e  r     m  e     è     u  n  a     g  r  a  n     c  o  s  a  

        N  o  n     p  o  s  s  o    o  z  i  a  r  e    i  n    p  a  c  e

         I  l    l  a  v  o  r  o     m  i     p  i  a  c  e  . . .

C                                                                                                                D

Si scriva sulla seconda faccia, dopo aver ruotato il rettangolo sul lato CD:

C1                                                                                                              D1
 
    
      è    u  n  a     v  e  r  a    a  g  o  n  i  a


       i  l    t  e  m  p  o    b  u  t  t  a  r    v  i  a
      
       e    s  o  f  f  r   o    i  n    a  b  b  o  n  d  a  n  z  a

       q  u  a  n  d  o    s  o  n  o    i  n    v  a  c  a  n  z  a


 
A1                                                                                                               B1

Si incollino ora fra loro le estremità dei lati, colorate in verde, rovesciandole in modo che
A1 si trovi capovolto incollato su D1, mentre C1 si troverà capovolto incollato su B1. Dopo la trasformazione di questa striscia in nastro di Mœbius, si ottiene il seguente risultato, leggendo a partire dall'asterisco e riprendendo riga dopo riga dai punti indicati dalle frecce:


S  g  o  b  b  a  r  e     s  e  n  z  a      p  o  s  a   
  è    u  n  a     v  e  r  a    a  g  o  n  i  a

P  e  r     m  e     è    u  n  a    g  r  a  n     c  o  s  a      i  l    t  e  m  p  o    b  u  t  t  a  r    v  i  a

N  o  n   p  o  s  s o   o  z  i  a  r  e    i n   p a c e  e   s  o  f  f  r  o     i  n     a  b  b  o  n  d  a  n  z  a

I  l     l  a  v  o  r  o     m  i    p  i  a  c  e . . .    q  u  a  n  d  o    s  o  n  o     i  n     v  a  c  a  n  z  a




































































































LA NOVELLA DELLO STENTO FINITA E INFINITA

Quando io e mio fratello eravamo abbastanza piccoli, nostra madre ci attraeva e ci inquietava con questa filastrocca:

La volete sentir la novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più?
- Sì!
- O che si dice "Sì!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir ?
- No!
- O che si dice "No!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir?
- Uffa!
- O che si dice "Uffa!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir?
- Ovvia, raccontacela!
- O che si dice "Ovvia, raccontacela!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più?

Virtualmente infinita, la filastrocca cominciava quando alla mamma, spesso seduta a ricamare, veniva in mente, e finiva quando scappavamo frustrati senza essere riusciti a farci raccontare la novella dello stento, mentre lei rideva e ci prendeva un po' in giro.

Crescere significa anche cercare di venire a capo degli innumerevoli misteri che abbiamo dovuto lasciare irrisolti perché eravamo bambini, anche se il risultato talora apre più domande di quelle per le quali riusciamo a trovare una risposta, come questa sulla struttura della novella dello stento, che mostra l'inquietante compresenza di una dimensione finita e di una dimensione infinita.
Si scriva la filastrocca come segue, variando la divisione del dialogo, sui due lati di un rettangolo abbastanza lungo
da permettere di scrivere la novella dello stento in due sole righe, sul primo lato la parte scritta in nero, sull'altro lato la parte scritta in verde, come indicato sopra nelle istruzioni per la poesia oulipiana, e seguendo le stesse istruzioni si costruisca il nastro di Mœbius, leggendo infine a partire dall'asterisco lungo tutta la superficie unica del nastro.

* La volete sentir la novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? | - Sì! | - O che si dice Sì!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir? | - No! - |

- O che si dice "No!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più?
La volete sentir? | - Uffa! | - O che si dice "Uffa!" alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? 

Leggendo la filastrocca sulla superficie unica così ottenuta, si può andare avanti all'infinito,  come la formica sul nastro di Mœbius, che realizza la natura virtualmente infinita e praticamente irrealizzabile della filastrocca. A differenza che su un cilindro costruito con la stessa striscia di carta, non possiamo cambiare superficie. Come la formica di Esher usciamo dal nastro solo se abbandoniamo la superficie, lasciandoci cadere nello spazio o facendoci prelevare da qualcuno.

Quando invece la filastrocca è scritta sui due lati del rettangolo, figura della geometria euclidea, la lettura corrisponde alla storia finita, l'unica concretamente possibile: la mamma a un certo avrebbe avuto da fare e si sarebbe interrotta, se non fossimo sempre stati noi bambini a interromperla correndo fuori o mettendoci a piangere di rabbia, mentre lei continuava ancora un po':

- O che si scappa alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir?
- O che si piange alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce più? La volete sentir?

Anche se avesse continuato tutto il giorno, poi sarebbe andata a dormire, o noi ci saremmo addormentati prima di lei. Possiamo anche immaginare una mamma e i suoi bambini come se fossero colpiti da un incantesimo di segno opposto a quello della Bella Addormentata, e se i bambini, ritardati e masochisti, continuassero a dare delle risposte, variandole o ripetendole a piacere, la morte naturale della mamma o dei bambini opererebbe un taglio come sul nastro di Mœbius e si tornerebbe al rettangolo con le sue due superfici orientate.

Leggendo la filastrocca della novella dello stento, che ovviamente è la sola novella dello stento esistente, sul nastro di Mœbius, abbiamo la rappresentazione concreta, geometrica, della natura virtualmente infinita della filastrocca stessa. Se finito è il tempo della veglia, che incontra la cesura del sonno, e quello del sonno, che al risveglio incontra una discontinuità, come il tempo della vita sulla terra, limitato dalla nascita e dalla morte, infinito è il desiderio, e il nostro stesso pensiero non può concepirsi altro che infinito. Possiamo immaginare il mondo prima che esistessimo, con i nostri genitori prima di incontrarsi, o guardando un film storico, ma ci siamo sempre noi a cercare o a seguire queste immagini. Volgendoci al futuro, possiamo immaginare il mondo dopo la nostra morte, anche il nostro stesso funerale, o guardando un film di fantascienza, ma ci siamo ancora noi lì presenti a immaginarlo.
Le due dimensioni, finita e infinita, sono inconciliabili, come il rettangolo euclideo e il nastro di
Mœbius, e allo stesso tempo sono costitutive della nostra realtà psichica.

In termini elementari: potremmo avere un'esperienza d'amore se non avessimo detto almeno una volta che il nostro sentimento sarebbe durato sempre? Se la dimensione infinita non esistesse, non esisterebbero gli avverbi come sempre e mai.
Questa nota sul nastro di
Mœbius non porta a nulla, non è un'applicazione, come le trecce, e non presenta nulla di nuovo. Cerca di far cogliere il fascino che può esercitare un oggetto topologico, presentato come un assaggio della topologia, di solito ignorata da chi non conosce la scienza del Novecento. L'applicazione alle fiabe delle trecce di Artin può essere compresa superando la resistenza ad abbandonare un modo di geometrizzare noto, stabile dai tempi di Euclide. 
Abbiamo usato questo oggetto
per invitare a non sottovalutare il possibile interesse di questa ricerca, che è invece un'applicazione volta a esplorare, per un tratto piccolo a piacere, la fecondità che immagino in un incontro fra topologia e psicoanalisi. Dalla prima lettura di Stabilità strutturale e morfogenesi abbiamo maturato sempre più la convinzione che questo incontro sia possibile, per quanto difficile, e che sarebbe bene accettare l'offerta che René Thom ha fatto con la sua opera agli studiosi di campi che tendono a uno statuto scientifico, come la psicoanalisi. 









Fata ricercatrice, Rackham


CONCLUDENDO - SENZA AVER CONCLUSO NULLA

Per chi si è formato, e fermato, a una concezione deterministico-riduttivistica della scienza in genere e dei modelli matematici in particolare, l'applicazione di un oggetto topologico come le trecce di Artin alle fiabe potrebbe sembrare un tentativo di ridurre l'ampiezza della loro significazione, o uno sforzo vano di definirle. Di fronte alla differenza della geometria topologica rispetto all'abituale geometria euclidea, e di fronte a una applicazione come quella delle trecce alle fiabe, se non si reagisce con un rifiuto immediato ci si può smarrire. Conoscendo personalmente questa difficoltà, abbiamo chiesto aiuto alle formiche di Escher che camminano e camminano senza fine su un'unica superficie per incuriosire, alla musica di Bach esaltata dalla scrittura sulla stessa superficie non orientabile per affascinare, al ribaltamento di senso degli otto settenari oulipiani per divertire, e abbiamo ricordato una filastrocca infantile finita e infinita per suggerire che ogni smarrimento può essere fecondo.



 © Adalinda Gasparini
Ultimo aggiornamento: 30 maggio 2011