PROGRAMMA SEDE INFORMAZIONI E ISCRIZIONI LA PSICOANALISI
O LA SCIENZA LENTA
DÉPLIANT LOCANDINA FAIRITALY ONLUS
L'Uomo dei Lupi

                                    (Sergj Pankejev)   Dora (Ida Bauer) 
Uomo dei topi Hans a Daniel

                                Paul Schreber
L'UOMO DEI LUPI

venerdì
29 settembre
ore 10-13

DORA


venerdì
29 settembre
ore 15-18

L'UOMO DEI TOPI

sabato
30 settembre
ore 10-13
IL PICCOLO HANS

sabato
30 settembre
ore 16-19
SCHREBER


domenica
1 ottobre
ore 10-13


FIRENZE 29, 30 SETTEMBRE E 1° OTTOBRE 2017
a PICCOLO FESTIVAL DEI CASI DI FREUD
a
PROGRAMMA
RELATORI E ATTORI, SESSIONE PER SESSIONE, CASO PER CASO

LE CINQUE SESSIONI I RELATORI
SUGGERIMENTI SITO-BIBLIOGRAFICI
CASO PER CASO
A PROPOSITO DI ALTRE VOCI
SU FREUD




CIASCUNA DELLE CINQUE SESSIONI PREVEDE
IL CASO VA IN SCENA.
Monologo teatrale liberamente ispirato al caso


Chiara Guarducci, drammaturga
Laura Cioni, psicoterapeuta, attrice, mise en éspace

I cinque casi sono pubblicati in Monologhi di Chiara Guarducci; Corazzano: Titivillus 2018

30 minuti
AI TEMPI DEL CASO
Immagini e parole
Patrizia Cammunci, psicoanalista, Claudia Chellini, ricercatrice,
Federico Paino, voce recitante, speaker e responsabile laboratori Heta, Ancona
15 minuti
PRIMA RELAZIONE: IL CASO
Psicoanalisti di diversa formazione e appartenenza: Marco Focchi, Luigi Antonello Armando, Carmelo Licitra Rosa,Simone Berti, Mario Rossi Monti, Paolo Francesco Pieri
30 minuti

Pausa caffè, nel Chiostro di San Salvatore.
15 minuti
SECONDA RELAZIONE: ALTRE VOCI
Studiosi e ricercatori di altri campi disciplinari: Paola Verrucchi, Nicola Materassi, Alessandro Bernardi, Marco Dallari
30 minuti
DIALOGO CON IL PUBBLICO
Interventi dal pubblico e risposte dei relatori
60 minuti


Chairperson Adalinda Gasparini, psicoanalista


I RELATORI
(click sui loro nomi per una breve presentazione)


Si evocherà il pericolo di delirare col malato: ma questo non ci intimidisce, non più di quanto abbia intimidito Freud. [...] L'essere dell'uomo non solo non può essere compreso senza la follia, ma non sarebbe l'essere dell'uomo se non portasse in sé la follia come limite della sua libertà. (Jacques Lacan, 1946-56)





L'UOMO DEI LUPI
DORA L'UOMO DEI TOPI
IL PICCOLO HANS
SCHREBER
Marco Focchi, psicoanalista
Un buco senza storia


Luigi Antonello Armando psicoanalista
Dora, o la nemesi
Carmelo Licitra Rosa, psicoanalista
Il caso dell'Uomo dei topi: spunti per una rivisitazione della concezione strutturalista del mito e della sua applicazione nella clinica
Simone Berti, psicoanalista
Ogni gradino fatto lascia un residuo irrisolto
Mario Rossi Monti, psicoanalista
Considerazioni
sul Caso Schreber
Paola Verrucchi, fisica quantica
La scienza liberata: riflessioni su una rivoluzione scientifica
Nicola Materassi, medico, specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta
Il caso di Dora
fra psicoanalisi e arte. Note sull'indeterminatezza della prassi umana.

Sandro Bernardi, critico del cinema
Da rivoluzionario
a conservatore.
La triste avventura
del cinematografo.

Marco Dallari, pedagogista
Dire le immagini, vedere le parole; metafore e figure della competenza emotiva



Paolo Francesco Pieri, psiicologo analista
Il caso Schreber
e la questione del delirio


SUGGERIMENTI SITO- BIBLIOGRAFICI SUI CASI
* Libro o documento suggerito dal relatore
L'UOMO DEI LUPI
DORA
L'UOMO DEI TOPI
IL PICCOLO HANS
SCHREBER
Nicholas Abraham, Maria Torok
Il Verbario dell'Uomo dei Lupi
Preceduto da F(U)ORI
di J. Derrida. A cura di Mario Ajazzi Mancini
Napoli: Liguori 1992, pp. 256

* Octave Mannoni
Fictions freudiennes (Dora)
Le champ freudien. Collection dirigée par Jacques Lacan. Aux Editions du Seuil1978


Sergio Benvenuto
Dora corre via...
European Journal of Psychoanalysis
JEP - Published by I.S.A.P. - ISSN 2284-1059

Dora in fuga da Freud (cioè la mia bisnonna)
Corriere della sera, 26 agosto 2018. Percorsi Biografie
Nilalienum editore
Saggio sull'Uomo dei topi



Nilalienum editore
Caso clinico del piccolo Hans (1908)

* Daniel Paul Schreber
Memorie di un malato di nervi.
Tr.it. F. Scardanelli, S. de Waal. A cura, e con una "Nota sui lettori di Schreber" di Roberto Calasso. Milano: Adelphi 1974, pp. 536
Adelphi 2007, pp. 536

Denkwürdigkeiten eines Nervenkranken, nebst Nachträgen und einem Anhang über die Frage; »Unter welchen Voraussetzungen darf eine für geisteskrank erachtete Person gegen ihren erklärten Willen in einer Heilanstalt festgehalten werden?« von Dr. jur. Daniel Paul Schreber, Senatspräsident beim Kgl. Oberlandesgericht Dresden.
Leipzig: Mutze
1903.

* Paolo Francesco Pieri
Breve bibliografia ragionata
sul Caso Schreber


Marco Focchi
La psicosi ipermoderna: da Schreber a Wittgenstein (2013-2015)

Sergio Benvenuto
Note sul Presidente Schreber
Psychiatry online 1° giugno 2017

Adalinda Gasparini
Dalle parti di Schreber. (Appunti inediti per la quinta sessione del Piccolo Festival)


SUGGERIMENTI SITO- BIBLIOGRAFICI DA ALTRE VOCI
FISICA QUANTICA
PSICHIATRIA CINEMA
PEDAGOGIA
PSICOLOGIA ANALITICA
* George Hrabovsky, Leonard Susskind, Il minimo teorico. Tutto quello che dovete sapere per fare della (buona) fisica. Torino: Codice Edizioni 2014.

* Alfred Goldhaber, Robert P. Crease, Ogni cosa è indeterminata. La rivoluzione dei quanti dal gatto di Schrödinger a David Foster Wallace. Torino: Codice Edizioni    2015.

* Jim Al-Khalili: La fisica dei perplessi. L'incredibile mondo dei quanti. Torino: Boringhieri 2014.

* Jim Al-Khalili, Johnjoe Mcfadden, La fisica della vita. La nuova scienza della biologia quantistica. Torino: Boringhieri 2015.

* David Kaiser, Come gli hippie hanno salvato la fisica. Roma: Castelvecchio 2013.

* Georgios M. Nikolopoulos, Igor Jex, et Al., Quantum State Transfer and Network Engineering. Springer International Publishing AG 2017.

* Valerio Scarani, Lynn Chua, Shi Yang Liu, Six Quantum Pieces. A First Course in Quantum Physics. Germany    World Scientific Europe    2010.

Sogno, scene disegnate da Salvador Dalí per Io ti salverò (Alfred Hitchcock, USA 1945)

Fellini, i sogni e la psicoanalisi
Rassegna FLP: materiali da testate generaliste su Freud, Lacan, la psicoanalisi


* Paolo Francesco Pieri
Breve bibliografia ragionata
sul Caso Schreber

Memoirs of my nervous illness
Film (Julian Hobbs, US 2006; sottotitoli in spagnolo)




SUGGERIMENTI SITO- BIBLIOGRAFICI SU FREUD

Thomas Mann, Romain Rolland, Jules Romains, H.G. Wells, Virginia Woolf, Stefan Zweig, Lettera di auguri a Freud per il suo ottantesimo compleanno, Londra, 17 giugno 1936 (versione originale e traduzione italiana).

Wystan Hugh Auden, Alla memoria di Sigmund Freud, settembre 1939 (versione originale e traduzione italiana).
Read by Tom O'Bedlam, YouTube
 

Sigmund Freud: bibliografia; http://web.tiscalinet.it/psicoanalisistudium/freudbib.htm
Elenco opere di Sigmund Freud; http://www.lacan-con-freud.it/1/upload/freud_elenco_delle_opere_boringhieri.pdf

Sigmund Freud - Die Erfindung der Psychoanalyse, écrit par Elisabeth Roudinesco et Elisabeth Kapnist.
Une coproduction France 3 / BCF Productions en association avec la Sept ARTE. 12/01/13
1/2 (57,09) https://www.youtube.com/watch?v=Q6fsbGKhS-k
2/2 (56,48) https://www.youtube.com/watch?v=4tbwTW82h34

Sigmund Freud, biografia
1/3 (15,05). https://www.youtube.com/watch?v=muIKADZUAkY
2/3 (15,12)  https://www.youtube.com/watch?v=4gmxs-hbBeQ
3/3 (12,54) https://www.youtube.com/watch?v=AjLkr45PoCo&t=5s

Galleria fotografica
Freud Museum, London
Photo Library




BREVE PRESENTAZIONE DEI RELATORI E DI CHI RENDE POSSIBILE LA REALIZZAZIONE DEL PICCOLO FESTIVAL
(click sui nomi per aprire pagine web con ulteriori informazioni)





Marco Focchi Luigi Antonello Armando
Carmelo Licitra Rosa
Simone Berti
Mario Rossi Monti
Membro AME della SLP e Direttore dell’Istituto freudiano per la clinica la scienza la terapia sede di Milano Psicoanalista, Roma.
Già docente universitario e membro della Società psicoanalitica italiana, autore di numerose pubblicazioni.
Psichiatra e psicoanalista dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi; Roma, Scuola Lacaniana di Psicoanalisi Psicoanalista, Firenze. Laboratorio Ricerca Freudiana. Psichiatra, psicoanalista SPI, Ordinario di Psicologia Clinica (Univ. di Urbino)
Ha scritto diversi libri e tiene regolarmente conferenze e seminari in Italia e all’estero. Ha pubblicato vari articoli su riviste italiane e straniere.
La sua ricerca riguarda le punte più avanzate della psicoanalisi contemporanea, che ha ampliato i propri mezzi d’intervento per offrire una terapia in grado di affrontare il reale della sofferenza e del disagio psicologico.
È membro AME della Scuola lacaniana di psicoanalisi, di cui è stato presidente dal 2008 al 2011, e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi.
È consulente della LIDAP (Lega Italiana per i Disturbi da Attacchi di Panico).
L'esperienza pluriennale nei contesti scolastici ha portato all'apertura del blog Problemi a Scuola, punto informativo e d’incontro con i genitori e gli operatori del settore.

Laureato nel 1961 in Filosofia a Roma, ha poi proseguito i suoi  studi a Parigi dove ha fatto un’analisi con O. Mannoni. Tornato in Italia, ha iniziato il training psicoanalitico intraprendendo un’analisi didattica con B. Bartoleschi. E’ passato per tutto l’iter dei seminari e dei controlli individuali e di gruppo con F. Corrao, N. Perrotti e I. Matte-Blanco per diventare nel 1971 membro della Società italiana di psicoanalisi. Da essa è stato espulso nel 1976 a conclusione di una vicenda (ricostruita in un articolo apparso sul n° 4/2015 di Psicoterapia e scienze umane, pp. 629-644) che lo ha visto, insieme ad altri, muovere alcune critiche alla teoria di Freud e tentare di introdurre cambiamenti nel percorso istituzionale di formazione degli psicoanalisti.
A partire dal 1972 e fino al 2002, ha insegnato, successivamente, Psicologia generale, Psicologia dinamica e Psicologia della comunicazione a Siena, a Roma, a Napoli e a Lecce. Oltre ai lavori elencati nel suo sito (www.antonelloarmando.it), ha contribuito a fare scrivere o pubblicare lavori di altri avendo a lungo curato le collane di Psicologia, Psichiatria e Psicoanalisi della casa editrice paterna. Ha contribuito alle seguenti riviste: “Nuova Rivista Storica”, “Letture di Storia”, “Studi filosofici”, “Psiche”, “Psicoterapia e Scienze Umane”, “Psychiatry on line”, “The European Journal of Psychoanalysis”, “Psichiatria culturale”.
Carmelo Licitra Rosa è medico-chirurgo, psichiatra e psicoanalista a Roma. Già AE (analyste de l’Ècole), è membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi (SLP) e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP), e docente della Sezione Clinica di Roma. È stato professore a contratto di psichiatria presso l’omonima Scuola di specializzazione dell’Università Cattolica di Roma. Pubblica sulle riviste La Psicoanalisi, Attualità lacaniana e su altre riviste specializzate. È direttore responsabile della rivista Attualità Lacaniana. Ha pubblicato con Alpes Studi lacaniani, Forse tu non sapevi ch’io loico fossi, Scrivere ciò che non si può scrivere, La luce del logos negli abissi del desiderio. Ha al suo attivo diversi interventi e conferenze in varie città italiane ed estere. Psicoanalista, svolge la sua attività clinica a Firenze dal 1989. Ha svolto la sua formazione con Aldo Rescio presso la Scuola Psicanalitica Freudiana di cui è stato membro del direttivo fino al 2000 quando costituisce con Giuliana Bertelloni e Pier Giorgio Curti il Laboratorio di Ricerca Freudiana di cui è Presidente.

Ha fatto parte del Comitato di redazione della rivista Trieb e dal 2002 co-dirige la collana Percorsi di psicanalisi per le edizioni ETS di Pisa nelle quali pubblica numerosi suoi lavori. Nel 2010 è tra i fondatori del gruppo clinico sul Tratto del caso e nel 2012 del gruppo  Libertà e psicanalisi. E’ in pubblicazione per ETS nella collana Libertà di psicanalisi il suo libro Psicanalisi, scienza aperta allo stupore (titolo non ancora definitivo).



Socio Fondatore della  Scuola di Psicoterapia Fenomenologico-Dinamica (Firenze); Socio del Centro Psicoanalitico di Firenze - SPI; Centro di Ricerca, Formazione e Intervento in Psicologia Clinica (Urbino)





Paola Verrucchi
Nicola Materassi
Sandro Bernardi
Marco Dallari
Paolo Francesco Pieri
Fisica teorica, CNR, Istituto dei Sistemi Complessi. Università di Firenze, Dipartimento di Fisica e Astronomia Medico, specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta Storico e critico del cinema. Università di Firenze Pedagogista, Bologna
Università di Trento, Pedagogia generale e sociale
Psicologo analista, Firenze
Centro Italiano di Psicologia Analitica
Paola Verrucchi si laurea in Fisica nel 1991 a Firenze. Consegue il titolo di Dottore di Ricerca, in collaborazione con l'Istituto di Fisica Teorica di Hannover, e prosegue l'attivita' ad Oxford con un finanziamento della Comunita' Europea. Nel 1997 rientra a Firenze, dove usufruisce di borse di studio, assegni di ricerca, e contratti a termine fino al 2008, quando diviene ricercatore dell'Istituto dei Sistemi Complessi del CNR. Lavora a Firenze, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica, e si occupa di fisica teorica dei sistemi quantistici. E' docente per il Corso di Dottorato in Fisica ed il Corso di Laurea Magistrale in Logica, Filosofia e Storia della Scienza. Prende parte ad iniziative dei progetti Openlab e PianetaGalileo rivolte a studenti e docenti delle scuole superiori.
Medico specialista in Psicologia Clinica, psicoterapeuta docente di Psicopatologia Generale, Terapia Cognitiva e Comportamentale presso la sede fiorentina della Scuola di specializzazione in psicoterapia comparata.

Sandro Bernardi è professore ordinario di Storia del cinema all’Università di Firenze.

E’ redattore delle riviste “Bianco e nero”, Cinéma et C.ie” e “Fata Morgana” Fra le sue principali pubblicazioni ricordiamo:

 Kubrick e e il cinema come arte del visibile; Parma, Pratiche, 1990. Introduzione alla retorica del cinema, Firenze, Le Lettere, 1994.  Le regard esthétique, ou la visibilité selon Kubrick, Paris, PUV, 1994.  Marco Bellocchio, Milano, Il Castoro Cinema, 2000. Il paesaggio nel cinema italiano, Venezia, Marsilio, 2002. Antonioni, personnage paysage, Paris, PUV, 2006,  L’avventura del cinematografo, Venezia, Marsilio, 2007, (3 edizione, 2010)

Marco Dallari  è stato docente di Pedagogia e didattica dell'Educazione Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze, professore straordinario di Educazione Comparata all'Università di Messina e  professore ordinario di Pedagogia generale e sociale all'Università di Trento, dove ha fondato e dirige il Laboratorio di Comunicazione e Narratività.

Abstract dell'Intervento
Con il termine competenza emotiva possiamo intendere la capacità di riconoscere, accettare, esprimere correttamente i propri stati emozionali, saper riconoscere, nominare, accettare e gestire le caratteristiche emozionali proprie e altrui ed essere dotati di capacità empatiche. Per riconoscere, nominare e descrivere gli stati emozionali un linguaggio razionale e denotativo basato su concettualità e classificazione non basta, occorre la dimensione connotativa e analogica della metafora, che non si esprime solo attraverso il linguaggio delle parole ma trova straordinarie risorse nell'universo delle immagini.
Analista, membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology (IAAP, Zurigo) e del Centro italiano di psicologia analitica (CIPA, Roma). Già docente di Psicoterapia e di Psicologia dinamica all’Università di Firenze, è membro della rivista on line «Aisthesis. Pratiche, linguaggi e saperi dell’estetico», e di «Archivi di psicologia giuridica», ed è direttore della rivista «Atque. Materiali tra filosofia e psicoterapia» che ha fondato oltre venticinque anni fa.

Tra le sue opere: Dizionario junghiano 1998; Introduzione a Jung 2003. Sua la cura di vari volumi – tra i più recenti: Il presente (2006); Perché si ride. Umorismo, comicità, ironia (2007); Fare e pensare in psicoterapia (2008); Corpo-linguaggio (2009); La coscienza e il sogno (2010); Prima e terza persona (2013); Dove comincia la malattia mentale (2014); Il lavoro delle emozioni (2015); Le figure della cura. Pratiche filosofiche e pratiche psicoterapeutiche (2015); L’opacità dell’oggettuale (2016); Logiche del risentimento (2016); Il suono delle parole (2017); e, in corso di pubblicazione, Volontà. Una sfida contemporanea.








Chiara Guarducci
Drammaturga, https://www.facebook.com/chiara.guarducci.3




Laura Cioni Psicoterapeuta, Associazione Dedalo, Attrice




Patrizia Cammunci
Psicoanalista, Fairitaly ONLUS




Claudia Chellini
Ricercatrice, Fairitaly ONLUS; www.percorsi di pensiero




Federico Paino
Speaker, responsabile laboratori Heta, Centro Multidisciplinare per il Disagio Psichico e i Disturbi Alimentari, Ancona




Adalinda Gasparini
Chairperson, psicoanalista, Fairitaly ONLUS, www.alaaddin.it







AI TEMPI DEL CASO

L'UOMO DEI LUPI
DORA
IL PICCOLO HANS
L'UOMO DEI TOPI
SCHREBER
Claudia Chellini
Patrizia Cammunci
Patrizia Cammunci
Claudia Chellini
Roberto Calasso


L'UOMO DEI LUPI
Claudia Chellini

Quando nel gennaio del 1910 bussò alla porta di Freud, il russo Sergej Pankejeff aveva 23 anni ed era un ricco e nobile proprietario terriero proveniente da Odessa.
Fino ad allora era stato in cura dai più importanti psichiatri dell’epoca, fra i quali Theodor Ziehen, uno dei più agguerriti avversari di Freud e della psicanalisi, ed Emil Kraepelin, il famoso Emil Kraepelin. Con i suoi medici Pankejeff aveva sperimentato una grande quantità di terapie diverse, ma continuava ad essere, come scrive Freud, «assolutamente incapace di affrontare la vita e di fare a meno dell’altrui aiuto».
La vicinanza con la malattia mentale aveva caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza di Sergej.
Il nonno paterno era morto alcolizzato e la nonna era sprofondata nella depressione. Si racconta che uno zio paterno, affetto da paranoia, avesse vissuto come un selvaggio fra gli animali schivando il contatto con gli uomini e concludendo la sua vita in un ospedale psichiatrico; mentre un cugino materno soffriva di delirio di persecuzione ed era ricoverato all’ospedale psichiatrico di Praga. La madre di Sergej era affetta da vari disturbi psicosomatici e all’età di 20 anni il giovane Pankejeff aveva già dovuto affrontare il suicidio dell’amatissima sorella maggiore Anna e del padre che, come farà successivamente anche lui, aveva consultato Kraepelin senza successo.
L’analisi di Pankejeff con Freud durò 4 anni e si concluse il giorno in cui a Sarajevo fu ucciso l’imperatore austro-ungarico Francesco Ferdinando.
Era scoppiata la Prima Guerra Mondiale, che sconvolse l’Europa e la vita di Sergej.
Sulle prime un tremendo fantasma si formò nella mente di Freud: che il figlio Martin, partito per il fronte, potesse essere ucciso da Sergej Pankejeff, che, essendo russo, si trovava sul fronte nemico.
Sono questi i mesi in cui Freud scrisse quello che diventerà famoso come il “il caso dell’Uomo dei lupi”, senza però mai ricorrere alla denominazione “Uomo dei lupi”. In questo saggio Freud compie una specifica focalizzazione narrativa: non parla infatti di tutta l’analisi del suo paziente, circoscrive invece il racconto e l’interpretazione alla storia della nevrosi infantile di Pankejeff, considerandola un esempio illuminante della teoria sessuale che così tante e aspre critiche aveva suscitato. La pubblicazione del testo avverrà soltanto a guerra conclusa e rappresenterà una salda presa di posizione contro Adler e Jung e le loro interpretazioni riduttive dell’importanza della sessualità infantile.
Con la fine della terapia e l’inizio della Grande Guerra, il rapporto di Sergej Pankejeff con la psicoanalisi non si concluse affatto.
a tornare in Russia, perse «la patria, il patrimonio e tutti i suoi rapporti familiari» a causa della Rivoluzione d’Ottobre e quando la moglie Teresa dovette tornare a Vienna per la malattia mortale della figlia, Sergej riuscì a seguirla non senza difficoltà. Ma non era più l’aristocratico d’un tempo: era un emigrato povero e senza risorse, costretto a impiegarsi in una compagnia di assicurazioni, dove avrebbe lavorato fino alla pensione.
A Vienna Sergej chiese di nuovo l’aiuto di Freud, che di nuovo lo accettò come paziente, stavolta per una breve tranche di analisi, e promosse una colletta fra i membri della Società Psicoanalitica Viennese per sostenere la sua situazione finanziaria. Da allora Sergej Pankejeff cominciò a identificarsi con la storia del proprio caso e ad attribuire a se stesso il nome di Wolfsmann, l’Uomo dei lupi.
Quando qualche anno più tardi, Pankejeff si rivolse ancora a Freud per riprendere l’analisi, Freud lo mandò dalla sua allieva Ruth Mac-Brunswick e Sergej si trovò così all’interno di una sorta di «groviglio transferenziale». Infatti Freud era l’analista contemporaneamente di Ruth, del marito e del fratello del marito, e inoltre, proprio quell’anno, inviò da Ruth la psicoanalista americana Muriel Gardiner, che diventò nel tempo amica e confidente di Pankejeff.
In disaccordo con la diagnosi di Freud, poi, Ruth Mac-Brunswick pubblicò un saggio con la propria versione del caso, nel quale chiamava il suo paziente con il nome che ormai lui stesso utilizzava: Uomo dei lupi.
La Seconda Guerra Mondiale portò al povero Pankejeff un altro terribile lutto: pochi giorni prima che i nazisti entrassero a Vienna trovò nella sua casa la moglie morta suicida.
Ma per lui il sostegno “psicoanalitico” non venne mai meno. Dopo la fine della guerra, infatti, gli fu conferita una pensione a nome dell’Archivio Sigmund Freud e con l’aiuto di Muriel Gardiner scrisse un libro di memorie in cui raccontava lui stesso il proprio caso, presentandosi ancora una volta come l’Uomo dei lupi. Il libro, pubblicato nel 1971, è stato tradotto e commentato in tutte le lingue.
E sempre l’ammirazione per Freud accompagnò Sergej Pankejeff.
Tanto che, quando alla metà degli anni ’70 in un’intervista dichiarò che per lui non sarebbe mai stato possibile vedere il famoso coito a tergo dei genitori, perché in Russia a quell’epoca i bambini non dormivano mai con i genitori, ci tenne a dire che considerava comunque corretta la diagnosi di Freud, prendendo posizione non solo contro gli psichiatri che lo avevano curato prima di incontrarlo, ma anche contro Ruth Mac-Brunswick che lo aveva curato dopo.
Morì all’età di 92 nella città che aveva visto nascere la psicoanalisi, assistito da uno dei medici che, nel secondo dopoguerra, avevano dato il via alla nuova fondazione della Società Psicoanalitica Viennese.
Le tante versioni della propria storia che Sergej continuò a raccontare a ciascuno dei suoi interlocutori, l’importanza attribuita da Freud al suo caso, il rapporto nato fra i due uomini, i molti scritti e le molte interpretazioni che sono state pubblicate successivamente, fino a una contemporanea graphic novel che narra con disegni particolarmente suggestivi la storia di Pankejeff, tutto contribuisce al fascino suscitato dall’Uomo dei lupi, che continua a interrogarci, ancora oggi, sulla natura del transfert e sul carattere infinito dell’analisi.


DORA
Patrizia Cammunci

Sono trascorsi solo sei mesi dalla pubblicazione de “L’Interpretazione dei sogni” e in quell’estate del ‘900, Freud aveva ricevuto, al suo corso universitario sul sogno, le domande di altri due allievi: il dottor Max Kahne e il dottor Rudolf Reitler. Questo lo rallegra, ma permane l’amarezza per la poca attenzione riscontrata dal suo testo a fronte del duro lavoro e alla costante passione che ha accompagnato la sua stesura e la formulazione delle sue teorie discusse, in tanti passaggi, anche con l’amico Fliess.
Anche con Fliess ora le cose non vanno altrettanto bene.
Quella stessa estate Freud esausto per l’afa e la solitudine che la città deserta emanava per l’esodo estivo, decise di combinare un “Congresso” di tre giorni con Fliess sulle rive del lago Achensee, nel Tirolo, ma come riportano le biografie e si evince dall’epistolario, questo fu l’ultimo “Congresso” tra Freud e l’amico. Fu proprio in questa occasione che i segni della loro, a breve separazione, divennero sempre più evidenti.
Di questo difficile momento Fliess, in una lettera, riporta la seguente versione: “ Freud fu tanto violento con me che in un primo momento non capii. La ragione fu che discutendo con Freud sui suoi pazienti io asserii che i processi periodici erano indubbiamente operanti nella psiche come altrove; sostenni, in particolare, che essi avevano conseguenze su quei fenomeni psicopatici nell’analisi dei quali Freud si era addentrato a scopi terapeutici. Quindi non si potevano attribuire solamente all’analisi e alla sua influenza né improvvisi peggioramenti né improvvisi miglioramenti….Mi sembrò di scoprire un’animosità personale dettata dall’invidia da parte di Freud nei miei confronti.” (Lettera 251).
In questo clima di dolorosa rottura, Freud continua a scrivere a Fliess accorgendosi, però sempre più di quanto ormai questo rapporto così importante e sofferto sembra giunto a qualcosa che non contempla ritorno. E’ infatti nella lettera del 14 Ottore del ‘900 che comunica all’amico, con un certo entusiasmo l’arrivo di una giovane paziente. “E’ stato un periodo attivo” – scrive Freud all’amico – “ che mi ha portato un nuovo paziente, una ragazza di diciotto anni; il caso ha ceduto facilmente alla mia collezione di grimaldelli.” (Lettera 255).
Dora (Ida Bauer), di cui Freud ne pubblicherà il caso nel 1905, precisando che si tratta di un “frammento”, varca la soglia del suo studio nell’ ottobre del ‘900 e rimarrà in trattamento con lui per soli tre mesi. Di sua spontanea volontà la ragazza abbandonerà l’analisi gettando Freud in un turbinio di considerazioni e di affermazioni scientifiche fondamentali per il lavoro psicoanalitico e per la crescita di una scienza, che solo allora inizia a muovere i suoi passi più significativi.
Dora, una bella ragazza di appena diciotto anni, sembra insegnare molto a Freud, che dal canto suo, ha la profonda umiltà di ammettere i propri errori, le proprie flessioni: quel non-visto, che ogni analista incontra al confronto con l’inconscio.
“Io non riuscii a dominare tempestivamente la traslazione, a causa della prontezza con cui Dora mise a mia disposizione il materiale patogeno durante il trattamento, il che mi fece trascurare la precauzione di tenere d’occhio i primi sintomi della traslazione…” – scrive Freud – “.. io mancai di scoprire tempestivamente e di informare la paziente..”.
Freud si rimprovera, ci fa vedere le sue mancanze, Dora lo ha messo in seria difficoltà e lo ha abbandona dandogli il preavviso, quasi come una domestica. “ Lo sapete che oggi sono qui per l’ultima volta?”- dice la ragazza il giorno della sua ultima seduta; decisione che aveva preso già quindici giorni prima.
Dora, con la sua freschezza e la sua valanga di sintomi isterici, sollecita le aspettative di Freud, non solo di interesse scientifico e di cura, ma anche forse economiche e narcisistiche. Lui ci tiene a fare bella figura con questo trattamento, perché Dora già la conosceva, come conosceva la sua famiglia e in particolare il padre: uomo poco più che cinquantenne, intelligente, attivo e con una buonissima posizione economica dovuta al suo lavoro di imprenditore. Freud lo aveva curato anni fa per una sifilide e aveva già conosciuto anche Dora quando, a 16 anni, a seguito di uno svenimento, il padre l’aveva portata da lui. La cosa era rientrata, ma la ragazza, che già fin da bambina soffriva di sintomi nervosi fino a sfociare a dodici anni in forti emicranie e tosse nervosa persistente, a 18 anni si ripresenta, accompagnata dal padre, perché in preda a sintomi psichici che si manifestano sotto forma di ribellione, rifiuti e inquietudine: farà trovare alla famiglia una lettera in cui avanza tendenze suicide.
Il padre spaventato vuole che Freud ponga rimedio a tutto questo trasformando Dora in un’amabile donna libera dalle sue fantasie morbose. E’ il padre che fornisce a Freud tanti elementi dell’anamnesi della figlia. Dora ama profondamente suo padre, così tanto da riattivare sul filo del transfert con il suo medico, tutte le ambivalenze e le seduzioni di un amore edipico. Ma il padre non ama lei e neppure la madre, bensì la signora K, moglie del signor K: amici di famiglia, mentre il signor K è molto attratto da Dora, al punto da tentare di baciarla, quando aveva 14 anni e di dichiararle quanto la desiderava, nella famosa “scena del lago”. Vero o falso? Dora è solo un’isterica che si nutre di fantasie sessuali per appagare il suo desiderio di sedurre, senza trarne reale piacere, anzi “disgusto”, oppure è tutto vero: il signor K ha veramente tentato approcci contro la sua volontà e desiderio? No, non è vero. Al racconto di Dora alla famiglia, il padre interroga il signor K che nega quanto Dora ha raccontato. Tutto viene messo a tacere. Dora si inventa tutto e lui può continuare la sua storia con la moglie del signor K., sua amante. Ma Dora vuole bene a quella donna, le è molto affezionata. Lei è riuscita dove la ragazza ha fallito? Nell’avere l’amore di suo padre.
Dora confonde, è il desiderio che sferra le sue arti, le sue seduzioni, i suoi appelli e molto altro, compresa la sua sofferenza. Freud la vuole curare a tutti i costi, ma in seguito metterà in guardia i futuri analisti da tanta ambizione. La tecnica che Freud ci mostra nel maneggiare tanto materiale incandescente, (come il fuoco nel sogno di Dora?), è messa a dura prova: la teoria subisce contraccolpi, retrocede, la potenza del transfert evoca l’inconscio e sembra travolgere il debole argine della tecnica e del pensiero. Ma Freud ne esce più consapevole, forse più forte nella sua umiltà di scienziato, trasformando questo “insuccesso”, questa analisi interrotta, in uno dei lavori più fecondi e ricchi della letteratura psicoanalitica.


IL PICCOLO HANS
Patrizia Cammunci

Una bella foto dell’epoca ritrae Freud che tiene sulle sue ginocchia il piccolo Herbert Graf, il bambino che passerà alla storia della psicoanalisi, come “Il Caso del piccolo Hans”. All’epoca, in occasione del suo terzo compleanno, Freud era andato a trovarlo e gli aveva portato un regalo. Il bambino era figlio di una coppia che Freud conosceva molto bene, particolarmente sensibile e interessata alle prime scoperte della psicoanalisi. Infatti il padre, Max Graf, partecipava assiduamente alle riunioni del mercoledì ed era un fervente ammiratore delle idee di Freud, mentre la madre, Olga Honig, in passato era stata una sua paziente.
Il 1908, anno in cui Freud inizierà a interessarsi di questo bambino, anche in senso clinico, per l’esordio della sua fobia per i cavalli e l’emergere di forti angosce, è per lui un anno particolarmente ricco, sia rispetto al lavoro clinico che all’avanzamento della teoria e della ricerca.
Ha già pubblicato i “Tre saggi sulla teoria sessuale”, “Il caso di Dora” , le considerazioni psicoanalitiche sul motto di spirito e riorganizzato, con Jung, Abraham e Eitingon, il gruppo del mercoledì come Società Psicoanalitica di Vienna.
Max Graf, il padre del piccolo Hans, è un musicologo, scrittore e laureato in giurisprudenza, direttore del New Wiener Journal e collaboratore musicale di molti giornali e riviste.
Da quando il piccolo ha tre anni, il padre inizia ad annotare molte osservazioni in merito al comportamento e alla crescita del suo bambino, soprattutto dopo la nascita della sorellina Hanna, che aveva destato in Hans sentimenti di gelosia e di grande curiosità.
Le ipotesi che Freud aveva elaborato nei “Tre Saggi sulla teoria sessuale”, nel 1905, avevano uscitato molto interesse intorno alla sessualità infantile, ma al contempo anche non poco scalpore e sconcerto in tutti coloro che vedevano nelle sue idee e in quelle dei suoi seguaci una sorta di pansessualismo, connotando Freud come un “libertino viennese” che dava vita a storie “pornografiche”.
Ma se in molti casi le critiche divennero vere e proprie offese, questo non fu motivo per desistere dal continuare sulla strada che la psicoanalisi stava aprendo intorno alla sessualità e ai processi di crescita del soggetto e ai meccanismi della realtà psichica.
Lo scalpore di queste idee e la pubblicazione dei Tre Saggi, ebbero risonanze, non solo nella pudica Vienna, ma anche oltre, basti pensare a quanto, nel 1908, Karl Abraham, aveva riferito a Freud dopo che nel Novembre di quello stesso anno, si era tenuta alla Società Berlinese di Psichiatria, una riunione dove, il nome di Freud, pronunciato troppo spesso, era come “il drappo rosso” per i tori li riuniti.
Da Theodor Ziehen, quegli scritti di Freud vengono definiti “sciocchezze irresponsabili”, fino a confluire, nel 1909, nel testo di Albert Moll, uno studioso e stimato sessuologo che nel suo lavoro sulla sessualità infantile, non si risparmia nel confutare tutto quello che Freud stava dicendo da ormai un decennio.
Ancora, nel 1910, il professor Wilhelm Weygandt, che aveva recensito “L’Interpretazione dei Sogni”, in un Congresso di neurologi e psichiatri tenuto a Amburgo, dirà che le argomentazioni di Freud non sono materiale di carattere scientifico, ma semmai materiali utili alla polizia. Non va meglio oltre oceano: le notizie che Ernst Jones comunica a Freud sempre in quello stesso anno riguardano un professore di psichiatria di Toronto che sferra attacchi velenosi e denigratori verso Freud e le sue teorie.
Ma lo scalpore e lo sconcerto suscitato da quanto la psicoanalisi viene a scoprire e ipotizzare intorno alla realtà affettiva del bambino e alla sessualità infantile, non fa desistere Freud e il suo gruppo di giovani medici e seguaci dal desiderio di continuare a lavorare su questa strada. Infatti vi è semmai un’esortazione maggiore a raccogliere ulteriori informazioni, osservazioni, esperienze e materiali in merito alla sessualità infantile e ai meccanismi che regolano l’ambivalenza della fase edipica e la rimozione nel bambino. Il potenziale sovversivo di queste scoperte, della psicoanalisi stessa, crea negli ambienti scientifici, medici e psichiatrici dell’epoca un movimento di non ritorno che cambierà sostanzialmente il modo di guardare al bambino e alla sua infanzia.
Freud non aveva mai avuto bambini in trattamento, anzi, pensava che i bambini non potessero essere analizzati; il bambino che lui aveva incontrato era dentro l’adulto, sepolto e ben protetto dietro le difese nevrotiche. Freud conosceva la strada a ritroso per sondare l’infanzia e le sue costellazioni psichiche, ma ascoltare un bambino era qualcosa che esulava dalla sua pratica. Eppure del piccolo Hans dirà: “Non ho mai avuto una più sottile intuizione dell’animo di un bambino.” Sarà entusiasta del successo di questo caso di guarigione e un giorno, a distanza di anni da questa esperienza entrerà nel suo studio un bel giovane di diciannove anni al quale, dopo aver letto il caso clinico che profondamente lo riguardava, non solo tutto era sembrato estraneo, ma soprattutto, come annoterà Freud, non si potevano riscontrare in lui quei danni futuri alla sua crescita e alla sua innocenza di bambino, che tanti critici avevano ipotizzato e sostenuto, e magari, nei casi peggiori, sperato.


L'UOMO DEI TOPI
Claudia Chellini

C’è qualcosa nel caso del paziente Ernst Lanzer che avvince Freud e lo tiene legato.
Fin dalle prime volte in cui ne parla nelle sue lettere, lo chiama Rattenmann, Uomo dei topi, mostrando una certa simpatia per questo giovane di ventinove anni, impegnato nella carriera di avvocato e ufficiale dell’esercito, che nell’ottobre del 1907 chiede il suo aiuto. Freud lo identifica come un caso di nevrosi ossessiva che, scriverà poco dopo, «per durata, conseguenze dannose e valutazione dello stesso soggetto, poteva essere annoverato tra quelli piuttosto gravi».
Un anno importante per Freud, il 1907.
In marzo, infatti, Carl Gustav Jung, accompagnato dalla moglie e dall’amico e collega Ludwig Binswanger, aveva fatto visita a Freud nel suo studio, a Vienna. Era la prima volta che i due si incontravano di persona, dopo due anni di intenso rapporto epistolare. Come sappiamo, in questo incontro molto cordiale, Freud e Jung parlarono per tredici ore di fila, discutendo e confrontandosi fino a notte fonda. Si racconta che, durante la conversazione, uno schianto proveniente dalla biblioteca li fece sobbalzare entrambi. Jung immediatamente si disse convinto che si trattasse di un episodio di «esteriorizzazione catalica», cioè dell’emanazione di fluido da parte di un soggetto in stato di catalessi, e affermò quindi che ci sarebbe stato un nuovo schianto. Freud liquidò queste affermazioni definendole «una vera sciocchezza».
Un secondo schianto lasciò ciascuno dei due sicuro della propria opinione...
È nell’autunno di quello stesso anno che Ernst Lanzer bussa alla porta di Freud.
Non passa un mese da quel primo ottobre e già Freud presenta il caso in una delle riunioni del mercoledì della Società psicoanalitica, parlandone come di un «caso molto istruttivo di nevrosi ossessiva». E in quella stessa sede ne discute a più riprese nei mesi successivi, aggiornando i membri della Società psicoanalitica sui progressi del suo paziente che si vanno via via consolidando.
Ma non gli basta: Freud sembra avere un grande desiderio di parlare di questo caso.
Non solo lo fa diffusamente nelle sue lettere, ma nell’aprile del 1908, mentre il suo paziente è ancora in analisi, pronuncia un lungo discorso al primo Congresso Internazionale degli Psicoanalisti di Salisburgo, seducendo il suo uditorio: l’andamento narrativo e la struttura del racconto ammaliano tutti quanti.
Così racconta questo episodio molti anni dopo Ernest Jones: «Freud sedeva all’estremità di un lungo tavolo, ai lati del quale erano distribuiti tutti gli altri e parlava con il suo tono abituale di voce, sommesso ma distinto. Aveva cominciato a parlare alle otto del mattino e noi ascoltavamo completamente assorti. Alle undici si interruppe, supponendo che ne avessimo abbastanza, ma eravamo tutti talmente presi dal suo discorso, che insistemmo affinché continuasse, e allora egli andò avanti fino all’una. [...] Ciò che ci affascinava [...] era non soltanto la novità di quello che egli andava esprimendo, ma anche la sua straordinaria capacità di esporre le cose con ordine.» (
Ernest Jones, Vita e opere di Freud, Vol. II Gli anni della maturità - 1901-1919, Milano: Il Saggiatore, 1962, pp. 65-66.)
L’anno successivo questo discorso diventerà il saggio Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, ma il passaggio da un testo pensato per essere esposto oralmente in un congresso a un testo pensato per essere pubblicato presenta una serie di difficoltà che Freud sembra non aver previsto.
Nel saggio, infatti, per una questione di discrezione, non può includere molti elementi della storia personale di Ernst Lanzer, di cui invece aveva parlato a Salisburgo, e questo rende il lavoro di scrittura molto, molto complesso: «il lavoro sull’uomo dei topi», scrive a Jung un mese circa prima del loro viaggio in America, «è quasi superiore alle mie capacità espositive e risulterà inaccessibile a tutti, salvo a coloro che mi sono più vicini. Quanto sono inadeguati i nostri tentativi di descrivere un’analisi, e in che modo pietoso facciamo a pezzi questi grandi capolavori che la natura ha creato nella sfera psichica! » (
Ibidem, p. 325.)
Eppure, anche se si dichiara insoddisfatto del risultato, con il racconto dell’analisi dell’Uomo dei topi, l’esposizione delle interpretazioni e lo stesso stile narrativo Freud riesce a far sentire al lettore tutto il faticoso procedere della nevrosi ossessiva.
Dunque Freud parla, parla molto di questo caso, e pubblicamente.
E, insieme a questo, compie un gesto per lui inusuale. Ernest Jones ci racconta che Freud di solito distruggeva gli appunti che prendeva a conclusione delle sedute con i pazienti (
Ibidem, p. 286). Ebbene, il manoscritto con gli appunti delle sedute dell’Uomo dei topi, Freud lo conserva, almeno per i primi quattro mesi del trattamento che durò in tutto circa un anno.
Come sia accaduto che quel manoscritto non sia stato gettato via non lo sappiamo, e non sappiamo neanche il perché.
Colpisce però questo gesto. E ci sembra significativo. Da una parte Freud diffonde con i colleghi notizie e riflessioni su questo caso, nelle lettere, nelle discussioni del mercoledì e in contesti formali, con discorsi orali e per scritto. Dall’altra trattiene per sé le parole, le reazioni, i racconti dell’Uomo dei topi, conservando ciò che non ha potuto dire o scrivere, invece di lasciarlo all’oblio riservato a tutti gli altri suoi pazienti.



SCHREBER
Roberto Calasso, "Nota sui lettori di Schreber" (pp. 501-512)
in: Daniel Paul Schreber, Memorie di un malato di nervi, a cura di Roberto Calasso. Milano: Adelphi 2007, pp. 536
Adalinda Gasparini
Il folle come caricatura o specchio deformante del normale
Riflessioni a lato di Schreber
Daniel

                                Paul Schreber
Daniel G.M. Schreber
Strumenti progettati da D.G.M. Schreber per una postura corretta e sana Daniel Paul Schreber
 









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ultimo aggiornamento: 11 settembre  2017