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LE CINQUE SESSIONI | I RELATORI |
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CIASCUNA
DELLE CINQUE SESSIONI PREVEDE |
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I
RELATORI (click sui loro nomi per una breve presentazione)
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L'UOMO DEI LUPI |
DORA | L'UOMO DEI TOPI |
IL PICCOLO HANS |
SCHREBER |
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Marco Focchi, psicoanalista Un buco senza storia |
Luigi Antonello Armando psicoanalista Dora, o la nemesi |
Carmelo Licitra Rosa, psicoanalista Il caso dell'Uomo dei topi: spunti per una rivisitazione della concezione strutturalista del mito e della sua applicazione nella clinica |
Simone Berti, psicoanalista Ogni gradino fatto lascia un residuo irrisolto |
Mario Rossi Monti, psicoanalista Considerazioni sul Caso Schreber |
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Paola Verrucchi, fisica quantica La scienza liberata: riflessioni su una rivoluzione scientifica |
Nicola Materassi, medico, specialista in
psicologia clinica, psicoterapeuta Il caso di Dora fra psicoanalisi e arte. Note sull'indeterminatezza della prassi umana. |
Sandro Bernardi, critico del cinema Da rivoluzionario a conservatore. La triste avventura del cinematografo. |
Marco Dallari, pedagogista Dire le immagini, vedere le parole; metafore e figure della competenza emotiva |
Paolo Francesco Pieri, psiicologo analista Il caso Schreber e la questione del delirio |
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SUGGERIMENTI
SITO- BIBLIOGRAFICI SUI CASI * Libro o documento suggerito dal relatore |
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L'UOMO DEI LUPI |
DORA |
L'UOMO DEI TOPI |
IL PICCOLO HANS |
SCHREBER |
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Nicholas Abraham, Maria Torok Il Verbario dell'Uomo dei Lupi Preceduto da F(U)ORI di J. Derrida. A cura di Mario Ajazzi Mancini Napoli: Liguori 1992, pp. 256 |
* Octave Mannoni Fictions freudiennes (Dora) Le champ freudien. Collection dirigée par Jacques Lacan. Aux Editions du Seuil1978 Sergio Benvenuto Dora corre via... European Journal of Psychoanalysis JEP - Published by I.S.A.P. - ISSN 2284-1059 Dora in fuga da Freud (cioè la mia bisnonna) Corriere della sera, 26 agosto 2018. Percorsi Biografie |
Nilalienum editore Saggio sull'Uomo dei topi |
Nilalienum editore Caso clinico del piccolo Hans (1908) |
* Daniel Paul Schreber Memorie di un malato di nervi. Tr.it. F. Scardanelli, S. de Waal. A cura, e con una "Nota sui lettori di Schreber" di Roberto Calasso. Milano: Adelphi 1974, pp. 536 Adelphi 2007, pp. 536 Denkwürdigkeiten eines Nervenkranken, nebst Nachträgen und einem Anhang über die Frage; »Unter welchen Voraussetzungen darf eine für geisteskrank erachtete Person gegen ihren erklärten Willen in einer Heilanstalt festgehalten werden?« von Dr. jur. Daniel Paul Schreber, Senatspräsident beim Kgl. Oberlandesgericht Dresden. Leipzig: Mutze 1903. * Paolo Francesco Pieri Breve bibliografia ragionata sul Caso Schreber Marco Focchi La psicosi ipermoderna: da Schreber a Wittgenstein (2013-2015) Sergio Benvenuto Note sul Presidente Schreber Psychiatry online 1° giugno 2017 Adalinda Gasparini Dalle parti di Schreber. (Appunti inediti per la quinta sessione del Piccolo Festival) |
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SUGGERIMENTI SITO- BIBLIOGRAFICI DA ALTRE VOCI |
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FISICA
QUANTICA |
PSICHIATRIA | CINEMA |
PEDAGOGIA |
PSICOLOGIA
ANALITICA |
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* George Hrabovsky,
Leonard Susskind, Il minimo teorico. Tutto quello che
dovete sapere per fare della (buona) fisica. Torino:
Codice Edizioni 2014. * Alfred Goldhaber, Robert P. Crease, Ogni cosa è indeterminata. La rivoluzione dei quanti dal gatto di Schrödinger a David Foster Wallace. Torino: Codice Edizioni 2015. * Jim Al-Khalili: La fisica dei perplessi. L'incredibile mondo dei quanti. Torino: Boringhieri 2014. * Jim Al-Khalili, Johnjoe Mcfadden, La fisica della vita. La nuova scienza della biologia quantistica. Torino: Boringhieri 2015. * David Kaiser, Come gli hippie hanno salvato la fisica. Roma: Castelvecchio 2013. * Georgios M. Nikolopoulos, Igor Jex, et Al., Quantum State Transfer and Network Engineering. Springer International Publishing AG 2017. * Valerio Scarani, Lynn Chua, Shi Yang Liu, Six Quantum Pieces. A First Course in Quantum Physics. Germany World Scientific Europe 2010. |
Sogno,
scene disegnate da Salvador Dalí per Io ti salverò (Alfred
Hitchcock, USA 1945) Fellini, i sogni e la psicoanalisi Rassegna FLP: materiali da testate generaliste su Freud, Lacan, la psicoanalisi |
* Paolo Francesco Pieri Breve bibliografia ragionata sul Caso Schreber Memoirs of my nervous illness Film (Julian Hobbs, US 2006; sottotitoli in spagnolo) |
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SUGGERIMENTI SITO- BIBLIOGRAFICI SU FREUD |
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Thomas Mann, Romain Rolland, Jules Romains, H.G. Wells, Virginia Woolf, Stefan Zweig, Lettera di auguri a Freud per il suo ottantesimo compleanno, Londra, 17 giugno 1936 (versione originale e traduzione italiana). Wystan Hugh Auden, Alla memoria di Sigmund Freud, settembre 1939 (versione originale e traduzione italiana). Read by Tom O'Bedlam, YouTube Sigmund Freud: bibliografia; http://web.tiscalinet.it/psicoanalisistudium/freudbib.htm Elenco opere di Sigmund Freud; http://www.lacan-con-freud.it/1/upload/freud_elenco_delle_opere_boringhieri.pdf Sigmund Freud - Die Erfindung der Psychoanalyse, écrit par Elisabeth Roudinesco et Elisabeth Kapnist. Une coproduction France 3 / BCF Productions en association avec la Sept ARTE. 12/01/13 1/2 (57,09) https://www.youtube.com/watch?v=Q6fsbGKhS-k 2/2 (56,48) https://www.youtube.com/watch?v=4tbwTW82h34 Sigmund Freud, biografia 1/3 (15,05). https://www.youtube.com/watch?v=muIKADZUAkY 2/3 (15,12) https://www.youtube.com/watch?v=4gmxs-hbBeQ 3/3 (12,54) https://www.youtube.com/watch?v=AjLkr45PoCo&t=5s Galleria fotografica Freud Museum, London Photo Library |
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BREVE PRESENTAZIONE DEI RELATORI E DI
CHI RENDE POSSIBILE LA REALIZZAZIONE DEL PICCOLO
FESTIVAL (click sui nomi per aprire pagine web con ulteriori informazioni) |
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Marco Focchi | Luigi
Antonello Armando |
Carmelo
Licitra Rosa |
Simone
Berti |
Mario Rossi Monti |
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Membro AME della SLP e Direttore dell’Istituto freudiano per la clinica la scienza la terapia sede di Milano | Psicoanalista,
Roma. Già docente universitario e membro della Società psicoanalitica italiana, autore di numerose pubblicazioni. |
Psichiatra e psicoanalista dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi; Roma, Scuola Lacaniana di Psicoanalisi | Psicoanalista, Firenze. Laboratorio Ricerca Freudiana. | Psichiatra, psicoanalista SPI, Ordinario di Psicologia Clinica (Univ. di Urbino) | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ha
scritto diversi libri e tiene regolarmente conferenze e
seminari in Italia e all’estero. Ha pubblicato vari
articoli su riviste italiane e straniere. La sua ricerca riguarda le punte più avanzate della psicoanalisi contemporanea, che ha ampliato i propri mezzi d’intervento per offrire una terapia in grado di affrontare il reale della sofferenza e del disagio psicologico. È membro AME della Scuola lacaniana di psicoanalisi, di cui è stato presidente dal 2008 al 2011, e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi. È consulente della LIDAP (Lega Italiana per i Disturbi da Attacchi di Panico). L'esperienza pluriennale nei contesti scolastici ha portato all'apertura del blog Problemi a Scuola, punto informativo e d’incontro con i genitori e gli operatori del settore. |
Laureato
nel 1961 in Filosofia a Roma, ha poi proseguito i
suoi studi a Parigi dove ha fatto un’analisi con O.
Mannoni. Tornato in Italia, ha iniziato il training
psicoanalitico intraprendendo un’analisi didattica con B.
Bartoleschi. E’ passato per tutto l’iter dei seminari e
dei controlli individuali e di gruppo con F. Corrao, N.
Perrotti e I. Matte-Blanco per diventare nel 1971 membro
della Società italiana di psicoanalisi. Da essa è stato
espulso nel 1976 a conclusione di una vicenda (ricostruita
in un articolo apparso sul n° 4/2015 di Psicoterapia e scienze
umane, pp. 629-644) che lo ha visto, insieme ad altri,
muovere alcune critiche alla teoria di Freud e tentare di
introdurre cambiamenti nel percorso istituzionale di
formazione degli psicoanalisti. A partire dal 1972 e fino al 2002, ha insegnato, successivamente, Psicologia generale, Psicologia dinamica e Psicologia della comunicazione a Siena, a Roma, a Napoli e a Lecce. Oltre ai lavori elencati nel suo sito (www.antonelloarmando.it), ha contribuito a fare scrivere o pubblicare lavori di altri avendo a lungo curato le collane di Psicologia, Psichiatria e Psicoanalisi della casa editrice paterna. Ha contribuito alle seguenti riviste: “Nuova Rivista Storica”, “Letture di Storia”, “Studi filosofici”, “Psiche”, “Psicoterapia e Scienze Umane”, “Psychiatry on line”, “The European Journal of Psychoanalysis”, “Psichiatria culturale”. |
Carmelo Licitra Rosa è medico-chirurgo, psichiatra e psicoanalista a Roma. Già AE (analyste de l’Ècole), è membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi (SLP) e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP), e docente della Sezione Clinica di Roma. È stato professore a contratto di psichiatria presso l’omonima Scuola di specializzazione dell’Università Cattolica di Roma. Pubblica sulle riviste La Psicoanalisi, Attualità lacaniana e su altre riviste specializzate. È direttore responsabile della rivista Attualità Lacaniana. Ha pubblicato con Alpes Studi lacaniani, Forse tu non sapevi ch’io loico fossi, Scrivere ciò che non si può scrivere, La luce del logos negli abissi del desiderio. Ha al suo attivo diversi interventi e conferenze in varie città italiane ed estere. | Psicoanalista, svolge
la sua attività clinica a Firenze dal 1989. Ha svolto la
sua formazione con Aldo Rescio presso la Scuola
Psicanalitica Freudiana di cui è stato membro del
direttivo fino al 2000 quando costituisce con Giuliana
Bertelloni e Pier Giorgio Curti il Laboratorio
di Ricerca Freudiana di cui è Presidente. Ha fatto parte del Comitato di redazione della rivista Trieb e dal 2002 co-dirige la collana Percorsi di psicanalisi per le edizioni ETS di Pisa nelle quali pubblica numerosi suoi lavori. Nel 2010 è tra i fondatori del gruppo clinico sul Tratto del caso e nel 2012 del gruppo Libertà e psicanalisi. E’ in pubblicazione per ETS nella collana Libertà di psicanalisi il suo libro Psicanalisi, scienza aperta allo stupore (titolo non ancora definitivo). |
Socio Fondatore della Scuola di Psicoterapia Fenomenologico-Dinamica (Firenze); Socio del Centro Psicoanalitico di Firenze - SPI; Centro di Ricerca, Formazione e Intervento in Psicologia Clinica (Urbino) | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Paola Verrucchi |
Nicola Materassi |
Sandro Bernardi |
Marco Dallari |
Paolo
Francesco Pieri |
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Fisica teorica, CNR, Istituto dei Sistemi Complessi. Università di Firenze, Dipartimento di Fisica e Astronomia | Medico, specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta | Storico e critico del cinema. Università di Firenze | Pedagogista,
Bologna Università di Trento, Pedagogia generale e sociale |
Psicologo
analista, Firenze Centro Italiano di Psicologia Analitica |
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Paola Verrucchi si laurea in Fisica
nel 1991 a Firenze. Consegue il titolo di Dottore di
Ricerca, in collaborazione con l'Istituto di Fisica
Teorica di Hannover, e prosegue l'attivita' ad Oxford
con un finanziamento della Comunita' Europea. Nel 1997
rientra a Firenze, dove usufruisce di borse di studio,
assegni di ricerca, e contratti a termine fino al 2008,
quando diviene ricercatore dell'Istituto dei Sistemi
Complessi del CNR. Lavora a Firenze, in collaborazione
con il Dipartimento di Fisica, e si occupa di fisica
teorica dei sistemi quantistici. E' docente per il Corso
di Dottorato in Fisica ed il Corso di Laurea Magistrale
in Logica, Filosofia e Storia della Scienza. Prende
parte ad iniziative dei progetti Openlab e
PianetaGalileo rivolte a studenti e docenti delle scuole
superiori. |
Medico
specialista in Psicologia Clinica, psicoterapeuta docente
di Psicopatologia Generale, Terapia Cognitiva e
Comportamentale presso la sede fiorentina della Scuola di
specializzazione in psicoterapia comparata. |
Sandro
Bernardi è professore ordinario di Storia del cinema
all’Università di Firenze. E’ redattore delle
riviste “Bianco e nero”, Cinéma et C.ie” e “Fata
Morgana” Fra le sue principali pubblicazioni ricordiamo: Kubrick e e il
cinema come arte del visibile; Parma, Pratiche,
1990. Introduzione
alla retorica del cinema, Firenze, Le Lettere,
1994. Le regard
esthétique, ou la visibilité selon Kubrick,
Paris, PUV, 1994. Marco
Bellocchio, Milano, Il Castoro Cinema, 2000. Il paesaggio nel
cinema italiano, Venezia, Marsilio, 2002. Antonioni,
personnage paysage, Paris, PUV, 2006, L’avventura
del cinematografo, Venezia, Marsilio, 2007, (3
edizione, 2010) |
Marco Dallari è stato docente di
Pedagogia e didattica dell'Educazione Artistica presso
l'Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze,
professore straordinario di Educazione Comparata
all'Università di Messina e professore ordinario
di Pedagogia generale e sociale all'Università di
Trento, dove ha fondato e dirige il Laboratorio di
Comunicazione e Narratività. Abstract dell'Intervento Con il termine competenza emotiva possiamo intendere la capacità di riconoscere, accettare, esprimere correttamente i propri stati emozionali, saper riconoscere, nominare, accettare e gestire le caratteristiche emozionali proprie e altrui ed essere dotati di capacità empatiche. Per riconoscere, nominare e descrivere gli stati emozionali un linguaggio razionale e denotativo basato su concettualità e classificazione non basta, occorre la dimensione connotativa e analogica della metafora, che non si esprime solo attraverso il linguaggio delle parole ma trova straordinarie risorse nell'universo delle immagini. |
Analista,
membro ordinario dell’International Association of
Analytical Psychology (IAAP, Zurigo) e del Centro italiano
di psicologia analitica (CIPA, Roma). Già docente di
Psicoterapia e di Psicologia dinamica all’Università di
Firenze, è membro della rivista on line «Aisthesis.
Pratiche, linguaggi e saperi dell’estetico», e di «Archivi
di psicologia giuridica», ed è direttore della rivista
«Atque. Materiali tra filosofia e psicoterapia» che ha
fondato oltre venticinque anni fa. Tra le sue opere: Dizionario junghiano 1998; Introduzione a Jung 2003. Sua la cura di vari volumi – tra i più recenti: Il presente (2006); Perché si ride. Umorismo, comicità, ironia (2007); Fare e pensare in psicoterapia (2008); Corpo-linguaggio (2009); La coscienza e il sogno (2010); Prima e terza persona (2013); Dove comincia la malattia mentale (2014); Il lavoro delle emozioni (2015); Le figure della cura. Pratiche filosofiche e pratiche psicoterapeutiche (2015); L’opacità dell’oggettuale (2016); Logiche del risentimento (2016); Il suono delle parole (2017); e, in corso di pubblicazione, Volontà. Una sfida contemporanea. |
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L'UOMO DEI LUPI Claudia Chellini |
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Quando nel gennaio del 1910 bussò alla porta di Freud, il russo Sergej Pankejeff aveva 23 anni ed era un ricco e nobile proprietario terriero proveniente da Odessa. Fino ad allora era stato in cura dai più importanti psichiatri dell’epoca, fra i quali Theodor Ziehen, uno dei più agguerriti avversari di Freud e della psicanalisi, ed Emil Kraepelin, il famoso Emil Kraepelin. Con i suoi medici Pankejeff aveva sperimentato una grande quantità di terapie diverse, ma continuava ad essere, come scrive Freud, «assolutamente incapace di affrontare la vita e di fare a meno dell’altrui aiuto». La vicinanza con la malattia mentale aveva caratterizzato l’infanzia e l’adolescenza di Sergej. Il nonno paterno era morto alcolizzato e la nonna era sprofondata nella depressione. Si racconta che uno zio paterno, affetto da paranoia, avesse vissuto come un selvaggio fra gli animali schivando il contatto con gli uomini e concludendo la sua vita in un ospedale psichiatrico; mentre un cugino materno soffriva di delirio di persecuzione ed era ricoverato all’ospedale psichiatrico di Praga. La madre di Sergej era affetta da vari disturbi psicosomatici e all’età di 20 anni il giovane Pankejeff aveva già dovuto affrontare il suicidio dell’amatissima sorella maggiore Anna e del padre che, come farà successivamente anche lui, aveva consultato Kraepelin senza successo. L’analisi di Pankejeff con Freud durò 4 anni e si concluse il giorno in cui a Sarajevo fu ucciso l’imperatore austro-ungarico Francesco Ferdinando. Era scoppiata la Prima Guerra Mondiale, che sconvolse l’Europa e la vita di Sergej. Sulle prime un tremendo fantasma si formò nella mente di Freud: che il figlio Martin, partito per il fronte, potesse essere ucciso da Sergej Pankejeff, che, essendo russo, si trovava sul fronte nemico. Sono questi i mesi in cui Freud scrisse quello che diventerà famoso come il “il caso dell’Uomo dei lupi”, senza però mai ricorrere alla denominazione “Uomo dei lupi”. In questo saggio Freud compie una specifica focalizzazione narrativa: non parla infatti di tutta l’analisi del suo paziente, circoscrive invece il racconto e l’interpretazione alla storia della nevrosi infantile di Pankejeff, considerandola un esempio illuminante della teoria sessuale che così tante e aspre critiche aveva suscitato. La pubblicazione del testo avverrà soltanto a guerra conclusa e rappresenterà una salda presa di posizione contro Adler e Jung e le loro interpretazioni riduttive dell’importanza della sessualità infantile. Con la fine della terapia e l’inizio della Grande Guerra, il rapporto di Sergej Pankejeff con la psicoanalisi non si concluse affatto. a tornare in Russia, perse «la patria, il patrimonio e tutti i suoi rapporti familiari» a causa della Rivoluzione d’Ottobre e quando la moglie Teresa dovette tornare a Vienna per la malattia mortale della figlia, Sergej riuscì a seguirla non senza difficoltà. Ma non era più l’aristocratico d’un tempo: era un emigrato povero e senza risorse, costretto a impiegarsi in una compagnia di assicurazioni, dove avrebbe lavorato fino alla pensione. A Vienna Sergej chiese di nuovo l’aiuto di Freud, che di nuovo lo accettò come paziente, stavolta per una breve tranche di analisi, e promosse una colletta fra i membri della Società Psicoanalitica Viennese per sostenere la sua situazione finanziaria. Da allora Sergej Pankejeff cominciò a identificarsi con la storia del proprio caso e ad attribuire a se stesso il nome di Wolfsmann, l’Uomo dei lupi. Quando qualche anno più tardi, Pankejeff si rivolse ancora a Freud per riprendere l’analisi, Freud lo mandò dalla sua allieva Ruth Mac-Brunswick e Sergej si trovò così all’interno di una sorta di «groviglio transferenziale». Infatti Freud era l’analista contemporaneamente di Ruth, del marito e del fratello del marito, e inoltre, proprio quell’anno, inviò da Ruth la psicoanalista americana Muriel Gardiner, che diventò nel tempo amica e confidente di Pankejeff. In disaccordo con la diagnosi di Freud, poi, Ruth Mac-Brunswick pubblicò un saggio con la propria versione del caso, nel quale chiamava il suo paziente con il nome che ormai lui stesso utilizzava: Uomo dei lupi. La Seconda Guerra Mondiale portò al povero Pankejeff un altro terribile lutto: pochi giorni prima che i nazisti entrassero a Vienna trovò nella sua casa la moglie morta suicida. Ma per lui il sostegno “psicoanalitico” non venne mai meno. Dopo la fine della guerra, infatti, gli fu conferita una pensione a nome dell’Archivio Sigmund Freud e con l’aiuto di Muriel Gardiner scrisse un libro di memorie in cui raccontava lui stesso il proprio caso, presentandosi ancora una volta come l’Uomo dei lupi. Il libro, pubblicato nel 1971, è stato tradotto e commentato in tutte le lingue. E sempre l’ammirazione per Freud accompagnò Sergej Pankejeff. Tanto che, quando alla metà degli anni ’70 in un’intervista dichiarò che per lui non sarebbe mai stato possibile vedere il famoso coito a tergo dei genitori, perché in Russia a quell’epoca i bambini non dormivano mai con i genitori, ci tenne a dire che considerava comunque corretta la diagnosi di Freud, prendendo posizione non solo contro gli psichiatri che lo avevano curato prima di incontrarlo, ma anche contro Ruth Mac-Brunswick che lo aveva curato dopo. Morì all’età di 92 nella città che aveva visto nascere la psicoanalisi, assistito da uno dei medici che, nel secondo dopoguerra, avevano dato il via alla nuova fondazione della Società Psicoanalitica Viennese. Le tante versioni della propria storia che Sergej continuò a raccontare a ciascuno dei suoi interlocutori, l’importanza attribuita da Freud al suo caso, il rapporto nato fra i due uomini, i molti scritti e le molte interpretazioni che sono state pubblicate successivamente, fino a una contemporanea graphic novel che narra con disegni particolarmente suggestivi la storia di Pankejeff, tutto contribuisce al fascino suscitato dall’Uomo dei lupi, che continua a interrogarci, ancora oggi, sulla natura del transfert e sul carattere infinito dell’analisi. |
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DORA Patrizia Cammunci |
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Sono trascorsi solo sei
mesi dalla pubblicazione de “L’Interpretazione dei
sogni” e in quell’estate del ‘900, Freud aveva
ricevuto, al suo corso universitario sul sogno, le
domande di altri due allievi: il dottor Max Kahne e
il dottor Rudolf Reitler. Questo lo rallegra, ma
permane l’amarezza per la poca attenzione
riscontrata dal suo testo a fronte del duro lavoro e
alla costante passione che ha accompagnato la sua
stesura e la formulazione delle sue teorie discusse,
in tanti passaggi, anche con l’amico Fliess. |
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IL PICCOLO HANS Patrizia Cammunci |
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Una bella foto dell’epoca ritrae Freud che
tiene sulle sue ginocchia il piccolo Herbert Graf, il
bambino che passerà alla storia della psicoanalisi,
come “Il Caso del piccolo Hans”. All’epoca, in
occasione del suo terzo compleanno, Freud era andato a
trovarlo e gli aveva portato un regalo. Il bambino era
figlio di una coppia che Freud conosceva molto bene,
particolarmente sensibile e interessata alle prime
scoperte della psicoanalisi. Infatti il padre, Max
Graf, partecipava assiduamente alle riunioni del
mercoledì ed era un fervente ammiratore delle idee di
Freud, mentre la madre, Olga Honig, in passato era
stata una sua paziente. |
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L'UOMO DEI TOPI Claudia Chellini |
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C’è qualcosa nel caso del paziente Ernst Lanzer che avvince Freud e lo tiene legato. Fin dalle prime volte in cui ne parla nelle sue lettere, lo chiama Rattenmann, Uomo dei topi, mostrando una certa simpatia per questo giovane di ventinove anni, impegnato nella carriera di avvocato e ufficiale dell’esercito, che nell’ottobre del 1907 chiede il suo aiuto. Freud lo identifica come un caso di nevrosi ossessiva che, scriverà poco dopo, «per durata, conseguenze dannose e valutazione dello stesso soggetto, poteva essere annoverato tra quelli piuttosto gravi». Un anno importante per Freud, il 1907. In marzo, infatti, Carl Gustav Jung, accompagnato dalla moglie e dall’amico e collega Ludwig Binswanger, aveva fatto visita a Freud nel suo studio, a Vienna. Era la prima volta che i due si incontravano di persona, dopo due anni di intenso rapporto epistolare. Come sappiamo, in questo incontro molto cordiale, Freud e Jung parlarono per tredici ore di fila, discutendo e confrontandosi fino a notte fonda. Si racconta che, durante la conversazione, uno schianto proveniente dalla biblioteca li fece sobbalzare entrambi. Jung immediatamente si disse convinto che si trattasse di un episodio di «esteriorizzazione catalica», cioè dell’emanazione di fluido da parte di un soggetto in stato di catalessi, e affermò quindi che ci sarebbe stato un nuovo schianto. Freud liquidò queste affermazioni definendole «una vera sciocchezza». Un secondo schianto lasciò ciascuno dei due sicuro della propria opinione... È nell’autunno di quello stesso anno che Ernst Lanzer bussa alla porta di Freud. Non passa un mese da quel primo ottobre e già Freud presenta il caso in una delle riunioni del mercoledì della Società psicoanalitica, parlandone come di un «caso molto istruttivo di nevrosi ossessiva». E in quella stessa sede ne discute a più riprese nei mesi successivi, aggiornando i membri della Società psicoanalitica sui progressi del suo paziente che si vanno via via consolidando. Ma non gli basta: Freud sembra avere un grande desiderio di parlare di questo caso. Non solo lo fa diffusamente nelle sue lettere, ma nell’aprile del 1908, mentre il suo paziente è ancora in analisi, pronuncia un lungo discorso al primo Congresso Internazionale degli Psicoanalisti di Salisburgo, seducendo il suo uditorio: l’andamento narrativo e la struttura del racconto ammaliano tutti quanti. Così racconta questo episodio molti anni dopo Ernest Jones: «Freud sedeva all’estremità di un lungo tavolo, ai lati del quale erano distribuiti tutti gli altri e parlava con il suo tono abituale di voce, sommesso ma distinto. Aveva cominciato a parlare alle otto del mattino e noi ascoltavamo completamente assorti. Alle undici si interruppe, supponendo che ne avessimo abbastanza, ma eravamo tutti talmente presi dal suo discorso, che insistemmo affinché continuasse, e allora egli andò avanti fino all’una. [...] Ciò che ci affascinava [...] era non soltanto la novità di quello che egli andava esprimendo, ma anche la sua straordinaria capacità di esporre le cose con ordine.» (Ernest Jones, Vita e opere di Freud, Vol. II Gli anni della maturità - 1901-1919, Milano: Il Saggiatore, 1962, pp. 65-66.) L’anno successivo questo discorso diventerà il saggio Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, ma il passaggio da un testo pensato per essere esposto oralmente in un congresso a un testo pensato per essere pubblicato presenta una serie di difficoltà che Freud sembra non aver previsto. Nel saggio, infatti, per una questione di discrezione, non può includere molti elementi della storia personale di Ernst Lanzer, di cui invece aveva parlato a Salisburgo, e questo rende il lavoro di scrittura molto, molto complesso: «il lavoro sull’uomo dei topi», scrive a Jung un mese circa prima del loro viaggio in America, «è quasi superiore alle mie capacità espositive e risulterà inaccessibile a tutti, salvo a coloro che mi sono più vicini. Quanto sono inadeguati i nostri tentativi di descrivere un’analisi, e in che modo pietoso facciamo a pezzi questi grandi capolavori che la natura ha creato nella sfera psichica! » (Ibidem, p. 325.) Eppure, anche se si dichiara insoddisfatto del risultato, con il racconto dell’analisi dell’Uomo dei topi, l’esposizione delle interpretazioni e lo stesso stile narrativo Freud riesce a far sentire al lettore tutto il faticoso procedere della nevrosi ossessiva. Dunque Freud parla, parla molto di questo caso, e pubblicamente. E, insieme a questo, compie un gesto per lui inusuale. Ernest Jones ci racconta che Freud di solito distruggeva gli appunti che prendeva a conclusione delle sedute con i pazienti (Ibidem, p. 286). Ebbene, il manoscritto con gli appunti delle sedute dell’Uomo dei topi, Freud lo conserva, almeno per i primi quattro mesi del trattamento che durò in tutto circa un anno. Come sia accaduto che quel manoscritto non sia stato gettato via non lo sappiamo, e non sappiamo neanche il perché. Colpisce però questo gesto. E ci sembra significativo. Da una parte Freud diffonde con i colleghi notizie e riflessioni su questo caso, nelle lettere, nelle discussioni del mercoledì e in contesti formali, con discorsi orali e per scritto. Dall’altra trattiene per sé le parole, le reazioni, i racconti dell’Uomo dei topi, conservando ciò che non ha potuto dire o scrivere, invece di lasciarlo all’oblio riservato a tutti gli altri suoi pazienti. |
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SCHREBER |
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Roberto
Calasso, "Nota sui lettori di Schreber" (pp. 501-512) in: Daniel Paul Schreber, Memorie di un malato di nervi, a cura di Roberto Calasso. Milano: Adelphi 2007, pp. 536 |
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Adalinda Gasparini
Il folle come caricatura o specchio deformante del normale Riflessioni a lato di Schreber
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a cura di Fairitaly ONLUS - http://www.fairitaly.eu/ online dal 20 luglio 2017 ultimo aggiornamento: 11 settembre 2017 |
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