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RIFERIMENTI | ||||
Testo | Alessandro D'Ancona, La leggenda di
Vergogna e la Leggenda di Giuda, Testi del buon
secolo in prosa e in verso e La Leggenda di Giuda,
testo italiano antico in prosa e francese antico
in verso. Bologna: Gaetano Romagnoli 1869; http://www.archive.org/stream/laleggendadiverg00dancuoft#page/n7/mode/2up; consultato il 6 novembre 2011. Il libro, dedicato a Domenico Comparetti, comincia con la presentazione delle due leggende, che allo stesso tempo, come nota D'Ancona, si somigliano e si differenziano. Nella prima un re, suggestionato dal diavolo, che compare anche nelle fiabe popolari del tipo Pelle d'asino (vedi, in questa raccolta, Il dente d'oro e Maria di Legna) si unisce a sua figlia. Leggendo l'inizio della storia si ricorda la bella regina madre della fiaba che morendo raccomanda al re la bellissima figlia: nella leggenda non gli dice di sposarsi solo se troverà una donna bella come lei, o alla quale vadano bene il suo anello o il suo dente d'oro, ma insiste nel decantargliene la bellezza e nel chiedergli di prendersi cura di lei. Nella prima, osserva d'Ancona, domina la convinzione cristiana che non esista una colpa che non possa essere perdonata da Dio, se il pentimento è sincero e se il peccatore fa penitenza. La leggenda di Giuda aggiunge all'orrore del tradimento dell'apostolo quello dell'incesto Alla dedica a Domenico Comparetti segue il saggio di Alessandro D'Ancona (pp. 5-113) Segue un'Appendice con una storia cipriota tradotta dal greco moderno dall' amico Prof. Comparetti (p. 115-123), che invita a prendere le distanze dall'editore greco della storia, il quale la considera come una versione moderna del mito tragico greco. Vedi in questo sito La mela cipriota, http://www.alaaddin.it/_TESORO_FIABE/AF/AF_E_xix_Mela_Cipriota_Comparetti.html Segue La legienda di Vergognia de' Reame di Faragona in versi, sec. XIV, cod. Magliabechiano VIII 3 (pp. 1-29 [sic]) http://www.archive.org/stream/laleggendadiverg00dancuoft#page/n89/mode/2up Segue quindi La legienda di Vergognia e Rosana, testo inedito del buon secolo; in prosa, codice palatino panciatichiano N. 75; pp. 31-60; [testo accuratamente controllato il 6 novembre 2011]. Appendice, pp. 115-123. Fonte: Legienda di Giuda Scariotte, testo italiano antico in prosa (ed. 1477), pp. 63-73; [Jacopo da Varagine?] cod. Riccardiano 1254, car. 78 La leggenda di Giuda, testo francese antico in versi; pp. 75-100.cod Gallic. xxxvi, g. ii, 13 della Biblioteca di Torino, Cod. Mss. Biblioth. R. Thaurinens. Athen. vol. II, p. 472. Datata MCCCIX Di questo testo scrive Alessandro D'Ancona che ne sarebbe autore Francesco di Barone di Salvi di Belforti da Pretognano di Val d' Elsa di Firenze, nato nel 1413. http://www.archive.org/stream/laleggendadiverg00dancuoft#page/n89/mode/2up |
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NOTE | ||||
I' ne' reame nel porto d'Egitto | In Egitto, come Mosè, il bambino
biblico abbandonato alle acque e raccolto dalla
sorella del faraone. |
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Rispondo a
tutti : de, non ci pensate, E di marito non mi ragionate. |
La scena è la stessa di Penelope
assediata dai Proci, che saranno cacciati dallo
sposo Ulisse e dal figlio Telemaco. |
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Ch'argiento ed oro v' è oltra misura | L'angelo in sogno rivela la
presenza di tesori nascosti: in una fiaba di Giovan
Francesco Straparola il fratello minore, che vivendo
solo in un bosco, come un eremita, ha imparato il
linguaggio degli uccelli saprà dal loro canto dove
si trova un tesoro sepolto (vedi in questa raccolta L'uomo selvatico).
Nella fiaba di Sette colombelli di
Basile sarà una quercia che forma la bocca con la
sua corteccia a dire alla sorella minore e ai suoi
sette fratelli maschi di prendere il tesoro che è
trattenuto dalle sue radici. Molti sono i tesori che
nelle fiabe trasformano attanti fiabeschi da poveri
in ricchi, rivelati da figure magiche che nulla
hanno a che fare con la sfera trascendente della
religione, di cui hanno assunto alcune prerogative.
Le stesse prerogative, come quella di scoprire
l'ubicazione di tesori sepolti, erano degli dei
greci e latini, che frequentavano continuamente i
mortali: è come se l'affermazione del Cristianesimo
facesse migrare nel suo ambito i motivi narrativi
mitici nel proprio leggendario, con angeli che
portano agli uomini e alle donne mortali annunci
divini. Il Rinascimento opera una grandiosa
unificazione della tradizione mitica classica e di
quella cristiana, integrando simultaneamente la
tradizione narrativa araba, a sua volta erede di
storie alessandrine e indo-iraniche. Da questa
rivoluzione nell'immaginario narrativo, colto e
popolare, si afferma con Boccaccio la nuova forma
narrativa della novella laica, libera da qualunque
obbligo verso la mitologia elevata a dogma della
religione. Per quanto riguarda i motivi fantastici,
miracolistici o magici, dal leggendario medievale
migrano in due direzioni, tutt'altro che nettamente
separate: una parte costituisce l'agiografia
approvata dall'autorità religiosa, una parte diventa
il campo della favola, che come la novella laica e
realistica non chiede né ottiene alcuna
legittimazione dall'autorità religiosa. Nel mondo classico il soggetto delle storie è un semidio il cui compito è di bonificare l'oikùmene dai mostri arcaici, anteriori alla sovranità degli dei olimpici e di stabilizzare la legge. Nel mondo cristiano le storie raccontano di una salvezza etica, a partire dai primi secoli della cristianità, anche nei romanzi greci e latini come Apollonio re di Tiro. I filologi si sono chiesti se romanzi come quello di Apollonio siano stati scritti da un pagano o da un cristiano, e se la loro composizione dipenda dall'influsso del Cristianesimo, per la presenza di invocazioni a un dio unico e di richiami all'amore per il prossimo. Quel che è certo è che l'immaginario europeo a partire dai primi secoli dopo Cristo si dispiega in una cornice universale, che ha nella koinè greca di Alessandro Magno e nella lingua latina imperiale la sua realizzazione. Il cristianesimo orientale e occidentale parla queste due lingue universali, e le narrazioni di entrambe, insieme a quelle classiche di cui sono eredi fedeli e infedeli allo stesso tempo, si separano e si ricongiungono incessantemente. Come l'eroe classico combatteva per bonificare l'oikùmene dai mostri, l'eroe ecumenico cristiano combatte gli avversari del cristianesimo, sia con la guerra santa, fino alle Crociate e alla sanguinosa conquista dell'America, sia con la conversione dei pagani che formano il filo conduttore di tutto il leggendario medievale, che ha il suo testo fondamentale nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. A partire dalla controriforma l'autorità ecclesiastica ha condotto sui racconti dei santi un'operazione volta a rimuovere gli episodi più vicini alla mitologia pagana e alla favola, incompatibili col rigore teologico, operazione analoga alla pittura di foglie di fico o di un perizoma sui genitali dei nudi rinascimentali. La necessità di stabilire una discontinuità con l'immaginario precedente il crisitanesimo procede quindi nel medioevo annettendo tutto quello che è possibile alle nuove narrazioni: basta pensare al Giuda medievale, al quale viene attribuita tutta la storia di Edipo Re, per condannare nuovamente l'eroe tragico greco aggiungendo alle sue colpe quella del tradimento di Gesù. Allo stesso tempo la colpa di Edipo, imperdonabile nell'Edipo Re, diventa il motivo per raccontare come nel cristianesimo non esista colpa, nemmeno la peggiore, che non possa essere perdonata. Quel che non può essere annesso viene rimosso, ma il rimosso, come ha ben visto Freud, torna sempre. La scissione fra l'immaginario classico e quello cristiano, come la scissione fra l'immaginario orientale e quello occidentale, è possibile nella dottrina, ma i motivi mitici e fiabeschi non conoscono confini, e migrano e migrano, con la stessa forza con cui Giulietta si innamora del nemico Romeo. Dal punto di vista dei motivi mitici e fiabeschi il Rinascimento riconosce la loro universalità, operazione che aveva d'altra parte trovato la sua perfetta espressione, inaugurando il loro studio moderno, nell'opera di Boccaccio, Genealogie Deorum Gentilium. Il genio letterario di Boccaccio, dopo aver ha portato a perfetta espressione la novella laica, dedica gli ultimi quindici anni della sua vita a questa opera, nella quale ogni mito classico è letto come verità parziale di un fenomeno della natura o di una parte della vera religione cristiana. La comprensione della naturale universalità del mito e delle strutture narrative è talmente forte da far impallidire la pretesa di qualunque assetto dogmatico, religioso o ateo, di determinare una radicale discontinuità nella storia dell'uomo. Questo sarebbe da imparare e da insegnare prima di qualunque disciplina, per favorire la formazione di anticorpi che contrastino la nostra tendenza a unificare paranoicamente il bisogno di rinsaldare la nostra identità personale e collettiva e motivi isolati dal loro sfondo universale per farne la ragione e la giustificazione per convertire e distruggere il diverso. Ieri la mitologia fascista che ha fatto uso di simboli dell'impero romano, e quella nazista che ha attinto ai miti celtici, oggi i partiti che muovono folle e milioni di di votanti utilizzando miseri miti legati alle acque del Po o a improbabili razze padane, dovrebbero ricordarci che la potenza dell'immaginario umano è pari a quella della magia. Ne sono consapevoli i pubblicitari e i politici di successo. Nessuno può guidare l'immaginario sul lungo periodo, ma chi faccia un uso spregiudicato dei suoi simboli può ottenerne vantaggi impressionanti quanto pericolosi. Però è possibile aumentare la nostra consapevolezza di questo dato, ed è possibile farlo in area psiconalitica partendo dal saggio postumo di Freud L'Uomo Mosè e il monoteismo (1938). Il tono del saggio non chiede compassione, ma suscita nel lettore consapevole dellavitadi Freud e della storia la risposta di un uomo che di fronte all'affermarsi del Nazismo ha bisogno di combattere con la sua sola arma, quella voce dell'intelletto, della ragione, fioca, certo, ma che insiste finché non ottiene udienza. Freud ne ha scoperto la potenza nella sua autonalisi, nel lavoro clinico e nellaricerca teorica. E così è la voce dell'immaginazione o della fantasia, la più profonda, non quella dei singoli motivi di cui possono impadronirsi dittatori e custodi dei dogmi religiosi e ideologici, ma quella morfogenetica, che consente alla voce fioca dell'intelletto di trovare riparo e di rigenerarsi nell'eterna vocazione all'universalità della figure e dei motivi narrativi del mito e della fiaba, dove il soprannaturale e il naturale, l'umano mortale e l'immortale divino, come sempre e per sempre dialogano, si combattono, si uniscono, e generano esseri meravigliosi che a loro volta si mettono in cammino per incontrarci. Chiunque studi con rigore e onestà i frutti della fantasia l'immaginario, qualunque sia il suo punto di partenza, arriverà a imparare due cose: la prima è che non si può stabilire quale popolo, in quale tempo, in quale luogo, abbia dato la battuta d'avvio di un generre o di un motivo narrativo, vale a dire la sua appartenenza a un cultura particolare; la seconda è che, pur raccogliendo un numero immenso delle sue varianti è impossibile stabilirne la forma tipica, una sorta di idea iperuranica della narrazione stessa, perché nello stesso momento in cui pare di poterla afferrare compare obliquamente un'altra variante che costringe a rimettere in discussione il risultato raggiunto. Se si volessero intendere le narrazioni come insieme in chiave platonica, si potrebbe dire che esiste un iperuranio dove i motivi 'puri' prototipici sono raccolti, perché abbiamo bisogno di pensarlo, ma affermando allo stesso tempo che si tratta di un luogo assolutamente inaccessibile. Se poi, per esigenze strettamente personali, o per una violenza disonesta alla propria materia di studio, il ricercatore crede di essere penetrato in questo mondo, la sua ricerca approda al falso, che non ha nulla a che fare con la comprensione dell'immaginazione stessa. Che non si cura di vero e falso nel senso comune in cui si intendono, ma persegue la possibilità di dare nutrimento a chi tenda alla ricerca del vero: la scienza si nutre dell'immaginazione senza impadronirsi dei suoi tesori, mentre le ideologie la depredano cercando di vincerne la natura indomabile. Quando Einstein dice che se si vogliono bambini intelligenti occorre raccontare loro fiabe, e si vogliono bambini molto intelligenti occorre raccontare loro molte fiabe, o quando afferma che ci sono due modi di guardare il mondo, una escludendo il miracolo, l'altra vedendolo ovunque, ci offre un'etica della ricerca che non dipende dall'immaginazione, e non dipendendone evita sia di sfruttarla sia di distruggerla. |
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Che Fior e Biancifior non s'amar tanto. |
Floris and Blancheflour è
la storia di due amanti, la cui prima versione
scritta, in francese colto, è del 1160. Da allora
alla prima metà del sec. XIV ebbe grande diffusione
in Europa.
http://en.wikipedia.org/wiki/Floris_and_Blancheflour Tema del Filocolo di Bocaccio, che risponde alla richiesta della sua amata di nobilitare con lasua arte la leggenda popolare di Fiore e Biancofiore. La fiaba di Fiore e Cambedefiore riecheggia nel titolo la leggenda di origine provenzale. Nel Filocolo Florio raggiunge Fiore chiusa nella torre saracena in una cesta: motivo presente nelle Mille e una notte. |
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A proposito di Edipo |
Quando Edipo trovò sepoltura ad
Atene, conferendo col suo corpo invincibilità alla
città della giusta legge, accolto dal re Teseo che
lo difese dalla violenza del cognato Creonte, che
regnava su Tebe con Eteocle, dopo che aveva
rifiutato di seguire il figlio Polinice, la sua
storia tragica si concluse. Ma il racconto di
Edipo non era finito, e quando Sigmund Freud pose
la vicenda dell'Edipo Re di Sofocle come
architrave della teoria psicoanalitica, l'enigma
dell'eroe tragico per eccellenza non aveva mai
smesso di essere posto apertamente, in
innumerevoli storie popolari amorevolmente
registrate da oscuri trovatori, notai, narratori e
scrittori.
Come un pellegrinaggio, peregrinatio in latino, viaggio, quête, verso il cuore della giusta legge, che il Cristianesimo ha posto in Gerusalemme, o a Roma, o al termine della Via Lattea, a San Giacomo di Compostela, il movimento di Edipo, con nomi diversi e diversi esiti, che non giunge mai alla meta, fra leggende, favole, miti, poemi, sempre legato all'incesto consumato inconsapevolmente, da espiare, o dal quale è impossibile uscire, sia per ritrovare il proprio posto in questo mondo sia per averlo nell'Aldilà, il movimento narrativo nel mare delle storie è talmente ricco che da un lato è impossibile sottrarsi al suo fascino, dall'altro al dovere di esporne la ricchezza. Possiamo domandare ai poeti quel che non si conosce, perché sono loro i primi, e restano i migliori, conoscitori di Psiche, la creatura alla quale Freud ha dedicato il suo lavoro scientifico, che da Edipo trae forza e contraddizioni, possibilità di movimento e vicoli ciechi. Di questo tragico personaggio, nel nostro Medioevo ora dannato ora elevato al soglio pontificio, al quale sono apparentati padri e figlie di fiaba, proponiamo qualche racconto poco conosciuto. |
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La leggenda di Gregorio nel Patranuelo di Juan de Timoneda (Spagna, sec. XVI) | Un
nino en la mar hallado Un abad le doctrinò Y Gregorio le llamò Y después fué rey llamado. Vi si racconta di Fabio e Fabella [Il nome della fanciulla significa favoletta, in latino, ed è il termine con cui Apuleio introduce la storia di Amore e Psiche] figli del re di Palidonia, che, rimasti soli alla morte del padre, s'innamorano e compiono il peccato, il frutto del quale da Fabio, che parte per Roma e naufraga per strada, viene confidato ad un siniscalco. Questi, al solito, lo getta al mare in una barca con alcuni oggetti preziosi ed un foglio, col quale è raccomandato alla pietà degli uomini. Un pescatore lo raccoglie, e lo dà in custodia ad un abate che gli pone il nome di Gregorio. Ma divenuto grandicello, altercando col vero figlio del pescatore, Gregorio conosce il mistero della sua nascita: e presi seco gli oggetti della barca, parte alla ricerca de' genitori. Intanto il principe di Borgogna assedia strettamente la città della regina Fabella, che sempre ha ricusato di congiungersi in matrimonio con chicchessia [Il rifiuto delle nozze attesta la presenza del tema incestuoso, come nelle favole meno esplicite a questo proposito del tipo Turandot]. Gregorio libera la regina dall' assedio, e i baroni la pregano di prenderlo per marito. Ed essa acconsente: ma prima che ciò avvenga, la vista degli oggetti conservati da Gregorio fortunatamente scuopre il vero alla donna: la quale, ingiungendo al figlio il massimo segreto, lo consiglia a sposare, com' e' fa, la vedova del siniscalco [sempre una figura materna! è colei che lo ha cresciuto] (Alessandro D'Ancona, cit.; pp. 55-57). |
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Tommaso Grapputo (Venezia 1772-1834), Il Convito borghesiano... Opera di messer Grappolino. Londra: Jacson 1800. | La Novella VII [di dieci] racconta: « Erennio credendosi con Angelica sua fante giacere, con sua madre si giace, la quale rimastane pregna, onde nascondere il suo delitto va girando l'Italia, e giunta in Bologna si sgrava di una bellissima figlia a cui di Bella Nina il nome è dato. Ritorna in Vicenza appo il figlio, e temendo di nuovamente inciampare, lo manda a studio in Roma. Di là egli si porta per tutta l'Europa, e dopo molti anni capitato in Bologna vede Bella Nina, se ne innamora e le dà la fede di sposa. La madre di lui quando ciò intende, non sapendo come impedire il nuovo delitto, in pochi dì addolorata muore, ed Erennio del tutto ignaro, torna in Bologna e con Bella Nina si sposa » (pp. 62-63) La storia riferita alle pp. seguenti (pubblicata a Venezia nel 1806) racconta dei tre pellegrini che vanno a Roma per chiedere perdono - fratello e sorella incestuosi col figlio di loro che, dopo essere stato abbandonato sul Po' ed essere stato raccolto da un estraneo lo lascia quando la sua dubbia nascita gli viene rivelata per scherno dal figlio legittimo di quello, è capitato presso la coppia dei fratelli che amandolo decidono che diventi sposo della sorella. Il papa li assolve dando loro come penitenza di tornare a casa in ginocchio. Poco fuori rRoma si raccolgono in preghiera e le loro anime volano in cielo: a quel punto il Papa fa portare i loro corpi a Roma e dà loro solenne sepoltura. (pp. 64-66) |
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Symone il trovatello, racconto serbo | Emilio Teza trasmise ad Alessandro
D'Ancona questo bellissimo riassunto del racconto
serbo Symone il trovatello. « Va al Danubio il vecchio monaco: va per acqua, per lavarsi e pregare : eccoti una cassetta di piombo, e forse là dentro c' è l' oro : la porta alla sua cella, e c' è dentro un bambino. Lo battezza, gli dà nome Simone il trovatello, e, senza balia, lo nutre di miele e di zucchero. Simone cresce più che gli altri fanciulli, e sa meravigliosamente di lettere, e non ha paura di alcuno, nemmeno del vecchio abate. Giocavano al salto o a gettar le pietre, e Simone vinceva tutti i compagni; ma se ne vendicano i tristi, rimproverandogli la nascita, e eh' ei non può dire di chi sia [c'è una favola delel Mille e una notte in cui un fanciullo lascia la madre e va in cerca del vero padre, nelle stesso condizioni digioco e scherno]. Il giovinetto se ne addolora, piange, e cerca nel vangelo consolazione. Il frate lo trova scorato e vuole appagarne la brama; lo lascia andare per il lucido mondo; gli dà il bianco cavallo, e splendide vesti e mille ducati. Passano nove anni, e Simone stanco delle inutili sue cure, vuole tornarsene al frate. Passa di sotto a Buda, e la regina lo vede. Bello era Simone, e cantava colla bianca gola: la regina se ne invaghisce, e chiamatolo a se, gli mesce vino ed acquavite: ma ella non beve [questo rimanda un pochino alla favola di re Porco, quando la regina usurpatrice lo addormenta con l'oppio]. Poi, a notte, la donna lo invita a spogliarsi ed abbracciarla : Simone, già brillo, obbedisce; ma la mattina, riscotendosi, conosce il peccato; si pente e fugge; invano la regina vorrebbe trattenerlo. Poco andò che s'accorse di non avere il suo Vangelo, e ritorna: la regina legge in quel volume e piange amaramente: « Misero Simone, tu hai baciata tua madre ! » Simone corre all' abate, narra l' accaduto, e il pio uomo lo caccia in una prigione, e chiusolo dentro, getta la chiave nel fiume. Dopo nove anni un pescatore trova la chiave in un pesce; il frate ricorda il prigioniero e va alla carcere; Simone siede in un trono d' oro, e tiene nelle mani il santo vangelo ». (Alessandro D'Ancona, cit.; pp. 77-79) |
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Leggenda anonima in langue d'oil (secoli
XII-XIII) |
Alessandro D'Ancona riassume una anonima
leggenda in langue d'oil, composta fra il XII e l'XI
sec. Gli orfani gemelli del conte d'Aquitania per consiglio diabolico si uniscono, e per il senso di colpa il giovane parte come pellegrino per Gerusalemme, mentre il frutto della colpa viene abbandonato alle acque con alcuni gioielli e questa scritta: Qui trovera icest enfantDue pescatori trovano la culla navicella, e mentre uno di loro prendere i preziosi, l'altro prende il bambino, che l'abate battezza col nome di Gregorio. Il bambino viene preso in giro per la sua incerta origine dai figli del pescatore, e una volta cresciuto prene la tavoletta con l'iscrizione che era nella sua culla e andando per il mondo, capita nelle terre della madre che è assediata dai baroni del regno, ed è senza difesa, perché il fratello è morto ancora prima arrivare in Terrasanta. Gregorio mirabile cavaliere vince gli assedianti, e ottiene la mano della regina, che solo dopo un certo tempo scopre dalla tavoletta che ha sposato suo figlio e nipote. Sopraffatti dalla colpa, madre e figlio, zia e nipote, marito e moglie, si lamentano del diavolo e decidono di dedicare la vita alla penitenza. Gregorio si ritira in una caverna scavata in uno scoglio e circondata dalle acque: il pescatore che ve lo conduce chiude i piedi nei ceppi e butta via le chiavi. Intanto a Roma la sedia papale è vacante, e un angelo in sogno ordina ad alcuni laici e religiosi di andare a cercare il penitente che si trova in quella certa grotta. Arrivati i romani dal pescatore, l'uomo che ha chiuso in ceppi i piedi di Gregorio ne trova le chiavi nel pesce che ha pescato servendolo per cena. Gregorio viene costretto ad accettare la nomina voluta da Dio. La fama di santità del nuovo papa giunge alle orecchie della penitente contessa di Aquitania, che decide di andare a Roma per chiedergli perdono. Madre e figlio si riconoscono, e la donna si ritira in convento, da dove, alla sua morte, l'animast sale al cielo. Non si può stabilire se questa storia fosse attribuita a papa Gregorio Magno (540-604) o a Gregorio VII (1020-1085). Il primo è autore dei Dialogorum Gregorii Papae Libri Quattuor de Miraculis Patrum Italicorum, che sarà la base della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, il secondo è il grande riformatore dei costumi dei prelati, e difensore dell'autonomia della chiesa dal potere imperiale. In questo secondo caso all'avversario dei costumi sessuali corrotti dei ministri del culto sarebbe stato attribuito lo stesso peccato che combatteva. http://www.archive.org/stream/laleggendadiverg00dancuoft#page/n29/mode/2up. |
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La legienda di Vergognia de' Reame di Faragona |
La Leggenda di
Vergogna in prosa e in verso. Testi del buon
secolo. La legienda di Vergognia de' Reame di
Faragona.
Prima della Legenda di Vergogna in versi riportata in questa pagina, Alessandro D'Ancona (cit.) pubblica per la prima volta una versione in prosa: La legienda di Vergognia de' Reame di Faragona. (pp. 1-29) Vi si racconta che alla morte di lui la madre moglie sorella, ora badessa, chiese al papa di essere sepolta insieme a Vergogna, e il papa glielo concesse. Alla sua morte la sposa e sorella e madre incestuosa doveva essere stata ampiamente perdonata, visto che il suo corpo profumava, come quello dei santi. In particolare emanava un soave profumo di muschio: ... che parea che tutt' i moscadi del mondo fossero in verità. Il profumo che emana dal corpo dei santi rappresenta la vittoria dello spirito sulla carne: anziché andare verso la putredine e la consunzione, il corpo profuma e si conserva intatto. Ancora oggi si venerano all'interno delle chiese i corpi di santi che non si sono dissolti; il miracolo del sangue di San Gennaro, vescovo e martire (272-305), la cui liquefazione miracolosa fu attestata la prima volta nel 1389, si ripete più volte l'anno: torna vivo, scorre, per poi tornare in uno stato di quiete. Allora il papa fece scrivere a lettere d'oro queste parole sul loro sepolcro: QUI
GIACCIONO DUE CORPI MORTI
MADRE E FIGLIUOLO E FRATELLO E S1ROCHIA E MOGLIE E MARITO NATI DI GRAN BARONAGGIO DELLO REAME DI FARAGONA E SONO IN PARADISO _______ |
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Gregorius di Hartmann von Aue (XII secolo) |
Il romanzo è basato sul poema
in versi “Gregorius” di Hartmann von Aue (XII
secolo). È una versione fantastica
della vita di Papa Gregorio I, san
Gregorio Magno, ispirata al mito di Edipo. Vedi: Eugenio
Burgio, La fonte del Gregorius di Hartmann von
Aue: In
margine ad alcune recenti ricerche. In:
Medioevo Romanzo, 16(1991), H. 1-2, S. 141-187.
Gregorius, di Hartmann von Aue: Una leggenda apocrifa sulle sue origini vuole che i suoi genitori biologici fossero due gemelli di nobile nascita, che avrebbero commesso incesto su istigazione del diavolo. Ancora neonato, sarebbe stato affidato al mare dalla madre, che lo aveva posto all'interno di una cesta nella quale sarebbe stato trovato e poi allevato da un pescatore. All'età di sei anni sarebbe entrato in un convento, successivamente lasciato per inseguire una carriera da cavaliere. Viaggiando fino alla sua terra di origine, vi avrebbe sposato la regina del luogo, che era, a sua insaputa, sua madre. Dopo aver scoperto questo doppio incesto, avrebbe speso diciassette anni nel pentimento prima di essere, infine, eletto papa. Questo mito ha ispirato il
romanzo L'eletto (Der
Erwählte) di Thomas Mann. |
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Motivo dell'enigma e dell'incesto nelle epigrafi medievali |
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Heptameron, Margherita d'Angoulême Regina di Navarra, 1558 | La XXX novella della raccolta,
pubblicata postuma, ha questo tema: « Un jeune
gentil homme, aagé de quatorze à quinze ans, pensant
coucher avec l' une des damoiselles de sa mere,
coucha avec elle-me-sme, qui au bout de neuf moys
accoucha, du faict de son filz, d' une fille, que
douze ou treize ans après il espousa ne sachant qu'
elle fust sa fille et sa seur, ny elle, qu'il fust
son pere et son frère » (Testo francese cit. da A.
D'Ancona, cit., p. 46) Ai tempi di Luigi XII una nobile signora era rimasta vedova, e non volle più sposarsi, sia per rispetto verso il marito, sia per amore del figlio. Diede a questo figlio un pio precettore, ma quando ebbe quattordici o quindici anni, pur parendo alla madre ancora un bambino, prese a corteggiare con insistenza una delle damigelle. Quando questa si rivolse alla sua padrona, non fu creduta, ma per appurare la verità la nobile signora disse alla sua damigella di dare un appuntamento per la notte al proprio figlio, e si mise lei ad attenderlo nel letto della damigella. Quando suo figlio entrò, volendo ancora credere che fosse un bambino, non lo smascherò subito, pensando di attendere le prove, ma attese troppo, e a un certo punto la collera si trasformò in desiderio. Come l'acqua a lungo rattenuta è inarrestabile se rompe gli argini, così la nobile signora fu dominata dalla passione e giacque col figlio, restando incinta. Sentì subito e per il resto della sua vita il rimorso, ma l'orgoglio la indusse a nascondere il frutto dell'incesto: mandò il figlio ad apprendere l'arte della guerra e poi lei, fingendosi malata, si allontanò dal suo castello. Partorì lontano senza svelare la sua identità e affidò la bambina a un gentiluomo di fiducia che la crebbe come se fosse sua. La nobildonna tornò nel suo castello dove visse in modo ancor più austero di prima. Il figlio aveva completato la sua formazione e scrisse alla madre che intendeva tornare a casa sua, ma la madre, temendo di ricadere nello stesso peccato, gli rispose che non doveva tornare se non quando si fosse sposato per amore. La figlia e sorella del giovane nobile era cresciuta, e col consenso della sua vera madre, che era anche sua nonna, fu mandata alla corte della regina di Navarra, che molto l'amava per la sua grazia. Giunse a corte il giovane in cerca di una sposa, e quando la vide se ne innamorò, e alla sua richiesta la regina rispose di sì, perché dava alla sua favorita un giovane nobile, ricco e bello d'aspetto. Quando il giovane annunciò l'avvenuto matrimonio a sua madre, questa per pocò non morì seduta stante, sapendo quale relazione esisteva fra loro, e non sapendo come affrontare la situazone si rivolse a un altissimo prelato, che le disse di non dir nulla ai due giovani, che non avevano nessuna colpa, prescrivendo a lei una vita di penitenza. I due giovani, come racconta Margherita di Navarra si amarano per sempre, tanto che non si poteva vedere una coppia pù felice della loro. . Una versione in inglese del testo integrale online dell'Heptameron è nel sito A Celebration of Women Writers, http://digital.library.upenn.edu/women/ navarre/heptameron/heptameron.html#N30; consultato il 19 ottobre 2011, ma ne è esclusa la novella XXX. Vi si legge la seguente motivazione: "This story has not been included in the online edition because of its content. Suffice it to say that if Gerry Springer had been alive back then, the chracters [sic!] of this story would have made great guests. ". Il contenuto è inaccettabile, per spiegarne l'esclusione basta qualificare i personaggi come adatti a un gossip show: il popolare conduttore, se fosse stato loro contemporaneo, li avrebbe certamente invitati. L'edizione ottocentesca alla quale il sito fa riferimento, mettendone online le incisioni (a cura di Antoine Le Roux de Lincy, Paris: Lahure, Société des bibliophiles, 1853-54; 3 voll.) contiene anche la XXX novella, con l'illustrazione sopra riprodotta. Il sito la presenta, ma la rimozione opera nella didascalia: "The Young Gentleman Embracing his Mother" (http://www.heptameron.info/day3/tale10.html). Non è difficile capire che la figura rappresenta la giovane coppia ignara e felice, mentre la madre colpevole e afflitta dal segreto si porta la mano al volto. Non è per la vicenda incestuosa che la XXX novella della Regina di Navarra è rimossa, ma perché si assegna il finale felice a una coppia composta da un marito e da una moglie che sono anche padre e figlia e fratello e sorella. Quando Edipo, giunto a Colono, afferma che non sarà ricordato come empio, opera una distinzione tra un delitto compiuto consapevolmente o inconsapevolmente, nettamente ripresa dalla regina di Navarra anche sul piano religioso. Il Legato d'Avignone dice alla nobile signora di non rivelare alla giovane coppia una colpa non loro, ed è la Regina di Navarra del tempo di Luigi XII che protegge come una fata madrina la fanciulla fino alle nozze felici. |
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The Mysterious Mother. A Tragedy, Horace Walpole, 1768. | Sir Horace Walpole, che ha
inaugurato il genere gotico, scrisse la sua
tragedia: The Mysterious
Mother (1768),
ispirata alla leggenda di Gregorio. Sir Walpole
non avrebbe conosciuto, a suo dire, né la
versione di Margherita di Navarra né
quella di Matteo Bandello, ma si sarebbe
ispirato a un racconto che gli veniva fatto fin
dalla prima giovinezza: la storia, riferita come
un fatto realmente accaduto, di una donna che
era andata dall'arcivescovo Tillotson, per
confessargli la sua colpa e chiedergli
consiglio. La donna aveva avuto una relazione
incestuosa e ne era nata una figlia, che poi si
era sposata il figlio nato successivamente.
L'arcivescovo le disse di non rivelare nulla ai
due ignari sposi, ma di non sperare di essere
mai perdonata per la sua colpa. Walpole, in the preface, says he is “sensible that the subject is disgusting”, Samuel Taylor Coleridge pompously announced “no one with a spark of true manliness, of which Horace Walpole had none, could have written it”, and Lord Byron (who had his own issues) loved it. (http://www.goodreads.com/book/show/6070320-the-mysterious-mother) |
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La treccia rossa (fiaba della tradizione orale toscana) 1866 | Herman Knust, Jahrbuch für Romanische Literatur, vol. VII; Leipzig, 1866; p. 398; tradotto da Alessandro D'Ancona che lo cita ne La leggenda di Vergogna e la Leggenda di Giuda, Gaetano Romagnoli, Bologna, 1869; http://www.classicitaliani.it/intro/dancona_vergogna_giuda.htm; Introduzione, p. 67; consultato il 23 ottobre 2011. | |||
Der Erwählte (L'Eletto). Thomas Mann, 1951 | Ispirato al poema in versi di Hartman
von Aue Gregorius (sec.
XII), il romanzo di Thomas Mann racconta di un re
che non ha figli: la sua sposa finalmente rimane
incinta ma muore dando alla luce due gemelli
bellissimi. Dopo la morte del padre i due gemelli si
uniscono e dalla loro unione nasce un bambino che
viene abbandonato alle acque in una botte con un
tesoro. Cresciuto da un pescatore, che lo battezza
col nome di Gregorio, a sei anni va a istruirsi nel
chiostro, dove resta finché a diciassette anni
apprende di essere un trovatello. Allora diventa
cavaliere per cercare i suoi veri genitori, e si
ferma nel regno di Sibilla per liberarla dal
pretendente che la assedia. Diventa suo marito, e un
giorno Sibilla scopre che ha sposato suo figlio:
glielo rivela ed entrambi decidono di far penitenza
per il resto della vita. Gregorio si fa incatenare
da un pescatore su uno scoglio, dove resta per
diciassette anni. Quando a Roma non si riesce ad eleggere un nuovo papa, due pii e illustri cittadini sognano contemporaneamente che è destinato a salire al soglio di San Pietro l'uomo che vive in penitenza su un certo scoglio, e vanno a cercarlo. Quando arrivano dal pescatore, questi prepara loro un pesce che ha appena pescato nella cui pancia trova la chiave del catenaccio col quale ha serrato le catene di Gregorio, che ha perduto le catene per la sua incredibile magrezza. Gregorio viene condotto a Roma e diventa papa. La madre Sibilla si reca a Roma per implorare il perdono papale, e durante il loro colloquio madre e figlio si riconoscono. Sibilla entra in un convento di suore a Roma e Gregorio prosegue nel suo papato con l'approvazione di tutti. (http://it.wikipedia.org/wiki/L'eletto#Trama; consultato il 17 ottobre 2011). Il romanzo rappresenta una riflessione sulla condizione tragica dell'essere umano, e sul rapporto fra responsabilità e colpa, centrale nel lavoro psicoanalitico. Come ha ricordato Paul Ricoeur, l'uomo in Freud scopre anzitutto di essere accusato ingiustamente Potrebbe aver influito sulla scelta del tema il rapporto di Thomas Mann con Freud, che non analizzò l'etica rivoluzionaria e utopica implicita nell'Edipo a Colono. La leggenda edipica di Gregorio Papa mette in scena in tante versioni un caleidoscopio di possibile superamento della colpa e dell'angoscia di colpa della condizione incestuosa, grazie all'appello rivolto a una legge giusta, come quella di Teseo ad Atene nella trilogia di Sofocle, e quella cristiana nel caso di Edipo/Papa. |
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Paul Ricoeur |
[Piú che nell'interpretazione di fenomeni culturali, il contributo della psicoanalisi consiste forse nell'] atteggiamento etico connesso con la psicanalisi in quanto metodo d'indagine, tecnica terapeutica e teoria fondamentale. [In prima battuta appare riduttivo di tutti i 'valori':] La spiegazione economica del fenomeno culturale induce la psicanalisi a smascherare le falsificazioni del desiderio che riguardano la vita 'superiore' dell'uomo. La forza della psicanalisi è quella del 'sospetto', non quella della giustificazione, della legittimazione, ancor meno quella della prescrizione. [Un po' come in Genealogia della morale di Nietzsche] l'esplorazione degli arcaismi della coscienza morale rivela che l'uomo è anzitutto accusato a torto. Per questo è vano chiedere alla psicanalisi un'etica senza prima aver mutato la posizione della coscienza morale nei riguardi di se stessa. |
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IMMAGINI | Cod. Manesse, sec. XIV.[?] Fonte: http://kidslink.bo.cnr.it/irrsaeer/bestiario/beslat/manes1.html; ultimo accesso: 27 settembre 2022. |
Michael Pacher, S. Agostino e il diavolo (1471-1475); Alte Pinakotech, Monaco di Baviera. | http://3.bp.blogspot.com/-VKwGG8ri-2o/Tn-KR4DvKXI/AAAAAAAAA7I/ylZ3jqI_XoU/s1600/diavolo+michael+pacher.jpg;
ultimo accesso: 7 marzo 2013. http://it.wikipedia.org/wiki/File:Michael_Pacher_004.jpg; ultimo accesso: 7 marzo 2013. |
Gregorio I Magno, nato a Roma nel 540, papa dal 590 al 604. | http://www.treccani.it/enciclopedia/gregorio-i-papa-detto-magno-santo/;
ultimo accesso: 7 marzo 2013. |
San Gregorio Magno e il diacono Pietro, che mentre gli porta stilo e tavoletta di cera vede la colomba dello Spirito Santo sulla sua spalla. Miniatura dal "Registrum Graegorii", 983 Treviri, Stadtbiblithek | http://ilpalazzodisichelgaita.files.wordpress.com/2012/0/registrum_ gregorii_san_gregorio_magno_ispirato_dalla_colomba_983_miniatura_treviri_ stadtbiblithek_198x27_cm.jpg; ultimo accesso: 7 marzo 2013. |
Gregorio VII, nato a Sovana fra il 1013 e il 1024, papa dal 1073 al 1085. | http://www.treccani.it/enciclopedia/gregorio-vii-papa-santo/; ultimo accesso: 7 marzo 2013. |
San Gregorio VII, pagina miniata. Anche Gregorio VII viene raffigurato con la colomba dello Spirito Santo che gli parla all'orecchio. |
http://www.controappuntoblog.org/wp-content/uploads/2013/12/437px-Pope_gregory_vii_illustration.jpg;
ultimo accesso 27 settembre 2022 |